12
Figura 1: Strati in cui viene divisa l'Atmosfera [42]
I più comuni fenomeni meteorologici avvengono nello strato atmosferico compreso fra
la Terra ed un livello variabile da circa 8-10 Km, ai Poli, fino a circa 14-18 Km,
all'Equatore. Tale strato è denominato Troposfera; in esso l'aria, mescolata di continuo
da moti orizzontali e verticali, mantiene ovunque pressoché costante la composizione
dei gas sopracitati [10].
Una delle caratteristiche principali della Troposfera è rappresentata dalla diminuzione
della temperatura al crescere della quota. Tale diminuzione cessa ai limiti superiori
dello strato; al di sopra di questo, la temperatura dapprima si mantiene costante (o
quasi) per circa 10 Km, poi prende ad aumentare (inversione termica) per circa 20-30
km: questo strato è detto Stratosfera. Troposfera e Stratosfera sono separate da un
sottile strato di transizione dello spessore di poche centinaia di metri, noto col nome di
Tropopausa.
Nella Troposfera l’aria viene riscaldata soprattutto dalla superficie terrestre e, come
già detto, la sua temperatura diminuisce con l’altitudine (circa 0,65° C ogni 100 m di
quota). Ciò perché, man mano che la quota aumenta, l'influenza della radiazione
terrestre diminuisce; infatti, su scala temporale giornaliera, l’influenza del suolo è
ristretta ad uno strato iniziale di 1-1,5 km, denominato Planetary Boundary Layer o
Strato Limite Planetario, la cui profondità subisce dei cicli stagionali e diurni in funzione
della tipologia di suolo [11]. Gli strati atmosferici inferiori, essendo più densi e più
ricchi di vapor acqueo, assorbono la radiazione stessa in misura maggiore degli strati
superiori; quando nell'atmosfera si verificano dei moti ascensionali, l'aria che sale si
13
espande e di conseguenza si raffredda. L’aria degli strati più bassi, quindi, tendendo a
salire genera grandi correnti convettive da cui hanno origine vasti sistemi barici di alta
e bassa pressione.
Nella figura 2 è riportato il tipico profilo verticale della temperatura, che mostra come
l’atmosfera terrestre sia schematizzabile in strati, ognuno dei quali presenta un
andamento lineare della temperatura con la quota e risulta separato dal successivo da
zone di atmosfera isoterma. Il passaggio da uno strato all’altro è contraddistinto da un
cambiamento di segno del gradiente della temperatura.
Figura 2: Schema di stratificazione dell'Atmosfera - Profilo verticale medio della temperatura
(fonte: http://roma2.rm.ingv.it/it/aree_di_ricerca/5/media-alta_atmosfera)
Anche la pressione atmosferica diminuisce all’aumentare della quota sul livello del
mare, ma non linearmente, bensì seguendo una legge esponenziale (vedi figura 3).
14
Figura 3: Andamento della pressione con la quota [13]
Sebbene la pressione costituisca il fattore più importante da cui dipende la densità,
anche la temperatura gioca un ruolo decisivo nell’andamento della densità, in quanto
aumenti di temperatura implicano aumenti di volume e conseguenti diminuzioni di
densità.
1.2. CIRCOLAZIONE GENERALE DELL’ATMOSFERA
La circolazione atmosferica delle grandi masse d’aria è dovuta al riscaldamento solare
differenziato sulla superficie terrestre, più intenso sulle fasce equatoriali e meno su
quelle polari. I motivi per cui la radiazione solare non si distribuisce in modo uniforme
nel sistema Terra-Atmosfera sono essenzialmente due: la forma geometrica della Terra
e l'inclinazione del suo asse di rotazione rispetto alla perpendicolare al piano
dell'orbita intorno al sole. La differenza di riscaldamento fra i Poli e l'Equatore produce
una differenza di temperatura, che l'atmosfera tende a riequilibrare attraverso il
movimento delle masse d'aria dall'Equatore verso i Poli, con conseguente formazione
di vaste strutture convettive, che prendono il nome di (vedi figura 4) [8]:
- Cella di Hadley, nella zona tropicale;
- Cella di Ferrel, nella zona temperata;
- Cella Polare, nella zona polare.
15
Figura 4: Circolazione generale dell’atmosfera
(fonte: Atlante geografico metodico DE AGOSTINI 2005-2006)
La circolazione dell’aria associata a queste celle crea grandi sistemi barici di alta a
bassa pressione.
Nella fascia equatoriale l’aria si innalza a causa del forte riscaldamento, creando una
zona di bassa pressione (associata a condizioni meteo perturbate). Le correnti verticali
equatoriali si riversano, dopo aver raggiunto una certa quota, verso i Poli, dando luogo
ai cosiddetti controalisei; allontanandosi dall’Equatore l’aria subisce un progressivo
raffreddamento diventando più pesante, finché in prossimità dei Tropici (30° di
latitudine), ridiscende verso la superficie, dando origine a una fascia di alte pressioni
tropicali, in corrispondenza delle quali si trovano i deserti più estesi del pianeta.
Nelle regioni comprese fra i due Tropici (regioni intertropicali) l'aria si sposta in
superficie dai Tropici all'Equatore per prendere il posto di quella innalzatasi a causa del
forte riscaldamento, deviando verso destra nell'emisfero nord e verso sinistra
nell'emisfero sud, a causa della forza di Coriolis, forza apparente che ha origine dal
moto di rotazione della Terra. I venti che si registrano in conseguenza di questa
situazione sono pressoché costanti e si chiamano Alisei (gli Alisei sono venti di NE
nell'emisfero Nord, di SE nell'emisfero Sud). Tra l’Equatore ed i Tropici si ha, quindi,
una cella di circolazione, detta cella di Hadley.
16
Nelle regioni delle latitudini intermedie esiste una fascia di bassa pressione (60° di
latitudine) verso la quale affluisce, in superficie, aria proveniente dalla fascia delle alte
pressioni tropicali e dalle regioni polari (anch'esse ad alta pressione); in conseguenza di
ciò si registrano, al suolo, venti di SW nell'emisfero Nord e venti di NW in quello Sud,
dando origine ai cosiddetti venti occidentali.
Completano il quadro della circolazione atmosferica generale le due aree polari, in cui
le temperature costantemente basse determinano aree di alta pressione, dalle quali
spirano venti da NE nell'emisfero boreale e da SE in quello australe verso le depressioni
circumpolari [12].
1.3. I VENTI
Il vento è un fenomeno naturale che consiste nel movimento, quasi orizzontale, di
masse d'aria, dovuto alla differenza di pressione tra due punti dell'Atmosfera.
In presenza di due punti a differente pressione si origina infatti una forza, detta forza
del gradiente di pressione o semplicemente forza di gradiente, diretta dall’alta (H) alla
bassa pressione (L), che agisce per tentare di ristabilire l'equilibrio (vedi figura 5); più
grande è la differenza di pressione, maggiore sarà tale forza [13].
Figura 5: Influenza del gradiente di pressione in assenza di altre forze [13]
Il flusso d'aria, però, non si sposta in maniera diretta da un punto all'altro, cioè con la
stessa direzione della forza di gradiente, ma subisce una deviazione dovuta alla forza di
Coriolis, forza apparente che, come già detto, tende a spostarlo verso destra
nell'emisfero settentrionale e verso sinistra nell'emisfero meridionale. A causa di
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questo effetto il vento soffia parallelamente alle isobare (linee ideali che uniscono i
punti con uguale pressione atmosferica al livello del mare). In questo caso si parla
di vento geostrofico (vedi figura 6).
Figura 6: Vento geostrofico
In natura i venti non sono esattamente geostrofici, ma nella parte superiore della
Troposfera, con buona approssimazione, possono essere considerati vicini a questa
condizione.
I venti possono infatti essere considerati geostrofici quando le isobare sono dritte e
non ci sono altre forze che agiscono sul sistema, ma queste condizioni sono difficili da
trovare.
Poiché le isobare sono curve, oltre alla forza di gradiente e a quella di Coriolis,
compare una terza forza: la forza centrifuga, forza apparente che agisce su un corpo in
moto curvilineo. Tale forza altera l’iniziale equilibrio tra le due, generando un vento di
gradiente non geostrofico.
Se consideriamo un sistema di bassa pressione (ciclone), in cui il vento spira in senso
antiorario (nell’emisfero settentrionale), la forza centrifuga agisce nella stessa
direzione della forza di Coriolis (vedi figura 7). Mettendosi in moto la particella tenderà
ad allontanarsi dal centro, in questo modo la forza centrifuga diminuisce e la forza di
gradiente diventa dominante: la particella torna quindi al raggio originale. Questo
permette al vento di gradiente di soffiare parallelo alle isobare.
18
Figura 7: Bilancio delle forze in presenza della forza centrifuga in un sistema di bassa pressione
Poiché la forza di gradiente di pressione non cambia e tutte le forze devono essere in
equilibrio, la forza di Coriolis diventa più debole. Questo a sua volta riduce la velocità
generale del vento. In questo caso in un sistema di bassa pressione, il vento di
gradiente soffia parallelo alla isobare con una velocità inferiore a quella del vento
geostrofico (subgeostrofico).
Lo stesso accade in un sistema di alta pressione (anticiclone), in cui la circolazione
avviene in senso orario (nell’emisfero settentrionale), con la differenza che questa
volta la forza centrifuga avrà la stessa direzione della forza di gradiente (vedi figura 8).
Figura 8: Bilancio delle forze in presenza della forza centrifuga in un sistema di alta pressione
Dal momento che la forza di gradiente di pressione non varia, la forza di Coriolis deve
adeguarsi al nuovo equilibrio delle forze. In questo caso, però, diventa più forte, e
aumenta anche la velocità reale del vento. Ciò significa che in un sistema di alta
pressione, il vento di gradiente soffia parallelo alla isobare, ma con velocità maggiore
del vento geostrofico (supergeostrofico).
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Alle basse quote (circa 1 km dalla superficie) è necessario tener conto anche
dell'azione dell'attrito con la superficie terrestre, che è in grado di modificare la
direzione del vento rispetto a quella del vento geostrofico (vedi figura 9).
Figura 9: Effetto dell'attrito
Nello strato d’influenza dell'attrito, l'attrito turbolento che la Terra esercita sull'aria
che soffia su di essa, rallenta il vento. Questo rallentamento riduce la forza di Coriolis,
e la forza di gradiente di pressione diventa dominante. Come risultato, il vento devia
leggermente verso il centro di bassa pressione. La grandezza dello scostamento tra il
vento reale e quello geostrofico dipende dalla rugosità del terreno. I meteorologi
chiamano tale differenza vento ageostrofico.
Riassumendo, se si considera un sistema di alta (H) e bassa pressione (L), i venti, senza
l’effetto dell’attrito, tenderebbero a muoversi, nell’emisfero Nord, in senso antiorario
attorno al centro di bassa pressione e in senso orario attorno a quello di alta pressione.
In presenza della forza di attrito, per mantenere l’equilibrio delle forze, il vento devia
verso il centro di bassa pressione e lontano da quello di alta pressione (vedi figura 10).
Nel primo caso (convergenza) si generano nuvole che possono provocare piogge e
temporali, nel secondo (divergenza) si ha l’allontanamento delle nubi e quindi una
condizione di sereno.
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Figura 10: Direzione del vento in presenza dell'attrito, in un sistema di alta (H) e di bassa pressione (L)
1.4. CLASSIFICAZIONE DEI VENTI
I venti provenienti dal largo (foranei) possono essere così classificati: venti regnanti,
che presentano un’alta frequenza di apparizione, e venti dominanti, caratterizzati da
alte velocità. I venti che presentano contemporaneamente le due caratteristiche di alta
frequenza e velocità sono detti prevalenti [12].
Ai venti viene dato il nome della direzione di provenienza; la “Rosa dei Venti”
rappresenta l’insieme di tali direzioni (vedi figura 11) e veniva riportata sulle bussole
fin dai tempi delle Repubbliche Marinare. Nelle prime rappresentazioni cartografiche
del Mediterraneo, la Rosa dei Venti veniva raffigurata al centro del Mar Ionio, oppure
vicino all'isola di Zante.
La più semplice è quella formata dai soli quattro punti cardinali:
- Nord (N 0°), anche detto Settentrione, dal quale spira il vento
denominato Tramontana;
- Est (E 90°), anche detto Oriente o Levante, dal quale spira il vento
denominato Levante;
- Sud (S 180°), anche detto Meridione, dal quale spira il vento denominato
Mezzogiorno oppure Ostro;
- Ovest (W 270°), anche detto Occidente o Ponente, e dal quale spira il vento
denominato Ponente.
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Tra i quattro punti cardinali principali si possono fissare quattro punti intermedi:
- Nord-Est (NE 45°), dal quale spira il vento di Grecale;
- Sud-Est (SE 135°), dal quale spira il vento di Scirocco;
- Sud-Ovest (SW 225°), dal quale spira il vento di Libeccio;
- Nord-Ovest (NW 315°), dal quale spira il vento di Maestrale.
Figura 11: La Rosa dei Venti
(fonte: http://www.correrenelverde.com/nautica/venti/rosadeiventi.htm)
Questi venti, non generati da locali circostanze climatiche, ma bensì da evoluzioni
meteorologiche su grande scala, si dicono sinottici.
Si può effettuare un altro tipo di classificazione, tenendo presente la frequenza con cui
i venti spirano lungo una determinata direzione [12]. Si possono quindi distinguere:
- Venti regolari costanti: venti che spirano sempre nella stessa direzione
(Alisei, Venti occidentali);
- Venti regolari periodici: venti che spirano soltanto in determinate epoche e
regioni e possono alternarsi in direzione opposta ad intervalli regolari (per
esempio i Monsoni, a lungo periodo; le Brezze di mare e di terra, a breve
periodo);
- Venti irregolari: venti che non hanno alcuna regolarità nella direzione e cioè
venti variabili e locali (Cicloni tropicali e Cicloni extratropicali).
22
1.4.1. I venti locali
Accanto ai venti che interessano il globo nel suo insieme (detti venti planetari), causati
dalla distribuzione zonale delle temperature, c’è una categoria di movimenti
atmosferici che, determinati da cause regionali o locali, influenzano il clima di certe
regioni in misura anche maggiore degli stessi venti planetari.
Una prima considerazione da fare è legata alle scale dei fenomeni atmosferici in studio,
poiché i moti dell’aria interessano scale temporali che vanno dalla frazione del
secondo alle decine di anni e scale spaziali che vanno dalla frazione del centimetro alla
lunghezza del cerchio massimo terrestre (Orlanski, 1975; Stull, 1988). Si parla, allora, di
macrometeorologia quando la dinamica atmosferica si sviluppa su scale spaziali più
grandi del migliaio di chilometri e scale temporali dell’ordine di una settimana; mentre
si parla di micrometeorologia quando si studiano fenomeni con scale spaziali
dell’ordine di alcuni metri e scale temporali dell’ordine del minuto. Con il termine
mesoscala si fa invece riferimento a tutti quei fenomeni che hanno scale spaziali e
temporali intermedie tra le due.
Le correnti locali vengono divise, a seconda della loro origine, in due classi: i flussi
generati dalla geografia del territorio, propriamente di natura termica ed i flussi
sinottici modificati dalle caratteristiche geografiche del territorio (Stull, 1988).
Al primo gruppo appartengono quelle circolazioni locali che si manifestano quando le
forzanti sinottiche sono deboli e l’irraggiamento solare produce gradienti orizzontali di
temperatura. Questi venti, essendo dovuti alla sola forzante termica, dipendono
dall’alternanza del giorno e della notte e dal diverso irraggiamento solare dovuto
all’alternarsi delle stagioni. Esempi di questo tipo di circolazione sono le brezze di mare
e di terra e le brezze di valle e di monte.
Alla seconda categoria appartengono quei venti che si formano dall’interazione tra la
geografia di una regione e le masse d’aria che interessano la circolazione sinottica.
23
1.4.1.1. Brezze di monte e di valle
In particolari regioni geografiche possono verificarsi circolazioni indotte dal
raffreddamento e riscaldamento dei pendii. Come per le brezze marine, l’assenza di
forzanti sinottiche costituisce la condizione favorevole alla formazione di queste
circolazioni. Essendo legati all’irraggiamento solare, questi venti hanno un
comportamento ciclico, in funzione delle differenze di temperatura che si generano
sulla superficie dei pendii durante il giorno e la notte [8], [11].
Al tramonto si osserva che uno spesso strato di mescolamento si sviluppa al di sopra
della catena montuosa e che la turbolenza decade lasciando spazio ad uno strato
residuo caratterizzato da un gradiente di temperatura potenziale1 nullo
= 0
lungo tutto il sistema monte valle (vedi figura 12a). Il successivo raffreddamento dei
fianchi della montagna sottrae calore allo strato d’aria adiacente al suolo, generando
una corrente fredda discendente, detta vento catabatico, che fluisce verso valle, dove
forma una regione di aria fredda stratificata nota in letteratura come “piscina fredda”,
in cui il gradiente verticale della temperatura potenziale assume valori maggiori di zero
> 0 (vedi figura 12b).
1
La temperatura potenziale θ è definita come la temperatura che una massa d’aria, inizialmente a
pressione p e temperatura T, assumerebbe se fosse portata alla pressione di riferimento p0 attraverso
una trasformazione adiabatica: = 0
0,286
, in cui p è la pressione dell’aria, p0 è la pressione di
riferimento e T la temperatura.