Premessa
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PREMESSA
Il presente lavoro di tesi si basa su un argomento di particolare importanza e
attualità, riguardante la risorsa idrica destinata al consumo umano nel territorio della
nostra regione.
In particolare mi riferisco alla risorsa idrica proveniente da falda sotterranea, che
oggi è sfruttata a scopo integrativo nel servizio idrico integrato della Regione Puglia,
gestito dalla S.p.A. Acquedotto Pugliese (A.Q.P.), ma in futuro sarà utilizzata a titolo
emergenziale, per sovvenire a eventuali situazioni, future, di emergenza idrica, come
già avvenuto nel passato.
A tal proposito si prevede la realizzazione di nuove opere di captazione delle
acque sotterranee per l’approvvigionamento potabile, o l’utilizzo di quelle opere già
esistenti, che rispettino, comunque, i requisiti di potabilità dettati dal Decreto
Legislativo 2 febbraio 2001 n.31, e in particolare i requisiti dettati dal Regolamento
della Regione Puglia 16 giugno 2011 n. 12 “Disciplina degli insediamenti o delle
attività ricadenti all’interno delle zone di rispetto delle opere di captazione delle
acque sotterranee destinate al consumo umano” [art.94 – commi 5 e 6 – del D.L.vo
152/2006 s.m.i.].
È onere dell’Azienda Sanitaria Locale avviare, dunque, delle procedure di
controllo per giungere all’emissione di un giudizio di qualità ed idoneità d’uso di
un’opera.
Perché uno studio sui generis?
La risposta nasce in primis grazie alla grande importanza che ha per me la risorsa
idrica. L’esperienza insegna che tutte le cose nascono e si sviluppano grazie alla
presenza di umidità; l’acqua, secondo gli antichi filosofi elleni e in particolare
secondo Talete, era la materia prima, l’insieme indistinto da cui tutto ha origine. Da
sempre poi la disponibilità di acqua ha determinato in larga misura la mappa della
civilizzazione; non a caso le grandi civiltà del passato, come anche le principali
capitali odierne, sono sorte proprio in prossimità di grandi corpi idrici.
Le risorse idriche sono di particolare importanza ecologica e biologica; infatti,
anche se è abbastanza comune in tutto l’universo, l’acqua è presente in abbondanza
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esclusivamente sul nostro pianeta, il quale ospita circa mille miliardi di tonnellate
d’acqua che ricoprono il 71% del globo. Inoltre essa è una delle sostanze essenziali
per l’uomo e per tutti gli esseri viventi. È il loro costituente principale; il corpo
umano ne è composto per circa il 70%, ma altri esseri possono superare anche il
95%.
L’acqua, dunque, è un bene fondamentale per la vita dell’uomo, nonché una
preziosa risorsa da tutelare e gestire responsabilmente, soprattutto da quando si è
acquisita la consapevolezza che essa non è una fonte inesauribile da sfruttare, ma, al
contrario, un bene da preservare.
Purtroppo, il sovrappopolamento, gli sprechi, la minaccia dell’inquinamento delle
falde e dei corsi d’acqua, l’eutrofizzazione dei bacini, la mal educazione e la mal
informazione da parte della gente, ne limitano notevolmente la disponibilità, e la
gestione delle risorse idriche del pianeta è ormai ritenuta una delle principali sfide
che attendono l’umanità nei prossimi decenni.
In questo contesto mi sono immerso e appassionato soprattutto nel corso del
tirocinio professionale che ho svolto presso il Servizio di Igiene degli Alimenti e
della Nutrizione (S.I.A.N.) del Dipartimento di Prevenzione di Grottaglie, l’Unità
Operativa orientale dell’A.S.L. di Taranto. Il S.I.A.N. svolge molteplici attività che
spaziano dal settore ispettivo e autorizzativo delle attività di produzione, commercio
e somministrazione di alimenti e bevande, al controllo igienico - sanitario sulla
qualità delle acque destinate al consumo umano. È stato, durante tale occasione, che,
nel periodo compreso tra Luglio e Settembre 2013, ho preso parte al controllo
igienico - sanitario, eseguito dal Servizio, presso le opere di captazione d’acqua
sotterranea ad uso potabile dell’A.Q.P. presenti nella provincia di Taranto; a tal
proposito ho assunto il ruolo di affiancare i Tecnici della Prevenzione dell’A.S.L., sia
durante la fase operativa dell’ispezione, sia durante gli adempimenti in ufficio.
Questa esperienza è stata per me fondamentale, poiché mi ha dato quel qualcosa
in più, che mi ha permesso di iniziare questo lavoro.
Devo a tal proposito ringraziare il mio Relatore, il mio Correlatore, i tecnici
dell’A.Q.P. e i tecnici dei comuni presso i quali sono state eseguite le ispezioni, per
avermi permesso di assistere e partecipare a tali operazioni.
Introduzione
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▲ FIGURA 1: Logo di
A.Q.P. S.p.A.
INTRODUZIONE
La nostra regione, da sempre, affronta situazioni di emergenza idrica.
La Puglia, infatti, pur avendo una delle più imponenti ed esemplari opere
d’ingegneria idraulica realizzate al mondo per estensione e capacità, ossia
l’Acquedotto Pugliese, è caratterizzata da uno stato di grave emergenza idrica.
Innanzitutto cos’è l’Acquedotto Pugliese?
Cenni generali sull’Acquedotto Pugliese
L’Acquedotto Pugliese è l’infrastruttura di
approvvigionamento idrico - potabile della regione
Puglia e, di alcuni comuni della Basilicata e della
Campania, e, per mezzo di un vasto sistema d’impianti
per il prelevamento delle acque, condotte e
interconnessioni dislocati in un’area geografica molto
vasta e ad elevata densità di popolazione, con una
lunghezza complessiva di oltre 21.000 Km è il più
grande acquedotto d’Europa.
La sua costruzione fu avviata, dopo una lunga fase burocratica, nel 1906, con
l’intento di risolvere il millenario problema della penuria d’acqua nella regione. La
Puglia, infatti, già definita nell’antichità “Sitibonda Apulia” dal poeta latino
Orazio, ha sofferto per secoli una cronica penuria d’acqua dovuta, in parte alla
mancanza di riserve d’acqua superficiali, e, in parte alla particolare conformazione
geologica di tipo carsico. Né la pietra viva calcarea né quella carsica porosa,
infatti, sono in grado di trattenere l’acqua che, di conseguenza penetra verso il
basso concentrandosi soprattutto a grande profondità. A tal proposito vi si poteva
far fronte solo mediante la costruzione di pozzi profondi o attraverso la raccolta
delle acque piovane. Possiamo ben immaginare che, per la popolazione dell’epoca,
fosse più facile sfruttare l’acqua piovana raccolta in cisterne. Queste ultime, però,
non garantivano quantità sufficienti d’acqua, specialmente nel periodo estivo, né,
soprattutto, la necessaria prevenzione da malattie o epidemie; infatti, essendo le
città prive di fogne, l’acqua prima di giungere alle cisterne, scorreva per le strade
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raccogliendo i liquami che vi erano gettati. Naturalmente, tifo, dissenteria, malaria,
colera, peste e vaiolo dilagavano provocando un alto tasso di mortalità.
Agli inizi del XX secolo dunque, dopo l’ennesima epidemia che aveva causato
migliaia di morti, fu avviata la costruzione dell’Acquedotto Pugliese.
La prima importante realizzazione, che tuttora rappresenta la spina dorsale
dell’intero sistema acquedottistico pugliese, è il canale principale, un’opera in
muratura a pelo libero e alimentato dalle sorgenti del fiume Sele, in provincia di
Avellino. L’impresa fu terminata con rapidità e, il 24 aprile del 1915, alcuni giorni
prima dello scoppio del primo conflitto
mondiale, fu inaugurato a Bari il primo
tratto dell’acquedotto, con l’alimentazione
della prima fontana, costruita in piazza
Umberto I di fronte al palazzo Ateneo
(Figure 2 e 3). Solo dopo la fine della guerra,
i lavori furono ripresi e terminati alla
vigilia del secondo conflitto mondiale, e
l’acquedotto raggiunse le zone di Taranto,
Brindisi, Lecce e Foggia.
Nel frattempo la gestione per la costruzione
dell’Acquedotto Pugliese era passata, nel
1919, da un Consorzio fra lo Stato e le
province pugliesi a un Ente Autonomo
Acquedotto Pugliese (E.A.A.P.) completamente gestito dai pugliesi con sede in Bari.
Agli inizi degli anni ’90, l’E.A.A.P., era ormai un complesso sistema di grandi
acquedotti (Sele - Calore, Fortore, Pertusillo, acque del Sinni e dell’Ofanto) tra i più
importanti del mondo, le cui funzioni erano molto ampliate rispetto a quelle
esercitate nei primi decenni del secolo.
Nel 1999 l’E.A.A.P. fu trasformato nell’attuale società per azioni, con la nuova
denominazione di Acquedotto Pugliese S.p.A.; alla stessa società è stata affidata,
fino al 2018, la gestione del servizio idrico integrato, che prevede la captazione, la
raccolta, la potabilizzazione, la distribuzione per uso civile, l’allontanamento dei
reflui, la loro depurazione e lo smaltimento dell’effluente depurato nell’ambiente, il
▲ FIGURA 2: Inaugurazione fontana di
piazza Umberto I a Bari, il 24/04/1915
▲ FIGURA 3: Fontana di piazza
Umberto I a Bari, oggi
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▲ FIGURA 4: Schemi idrici dell’Acquedotto Pugliese
tutto in Puglia e in parte della Basilicata e dell’Irpinia, ove sono serviti attualmente
330 centri abitati per un totale di oltre quattro milioni di abitanti.
Le principali fonti attuali e future di approvvigionamento idrico dell’acquedotto
sono le sorgenti della Madonna della Sanità del fiume Sele, le cui opere di
captazione sono ubicate nell’abitato di Caposele (in provincia di Avellino), e il gruppo
sorgentizio del fiume Calore di Cassano Irpino (in provincia di Avellino).
Altra importante risorsa è l’acqua piovana che viene raccolta in bacini artificiali
(invaso di Occhito, invaso del Pertusillo, invaso del Sinni, invaso di Conza, invaso del Locone) e
distribuita dopo un accurato processo di potabilizzazione.
La distribuzione avviene attraverso sei schemi idrici interconnessi (Figura 4), che
permettono di convogliare l’acqua nei diversi ambiti territoriali:
schema idrico del
Sele - Calore,
prima opera
realizzata, porta
l’acqua dalle
sorgenti di
Caposele e
Cassano Irpino
in gran parte
della Puglia;
schema idrico del
Fortore, che
nasce dall’invaso
di Occhito sul
fiume Fortore nel territorio di Foggia, e alimenta l’area del litorale garganico;
schema idrico del Pertusillo, che nasce dall’invaso omonimo sul fiume Agri nel
territorio di Potenza, e alimenta buona parte della Puglia e della Basilicata;
schema idrico Jonico - Sinni, che nasce dall’invaso del Sinni sul fiume omonimo
nel territorio di Potenza, alimentando le provincie di Bari e Taranto;
schema idrico dell’Ofanto, che nasce dall’invaso di Conza sul fiume Ofanto nel
territorio di Avellino, alimentando la parte centrale della Puglia;
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schema idrico del Locone, che nasce dall’invaso del Locone sul torrente
omonimo nel territorio di Barletta-Andria-Trani, è utilizzato per alimentare lo
stesso territorio e il litorale del nord Barese.
Infine, la natura carsica del territorio pugliese, consente di disporre di un
importante contributo di risorsa idrica di falda, che l’A.Q.P. attinge attraverso
circa duecento pozzi, dislocati su tutto il territorio regionale.
La quantità complessiva di acqua che l’Acquedotto Pugliese S.p.A. immette nel
sistema idrico pugliese è pari mediamente a 20.000 litri al secondo (l/s), di cui circa
4000 l/s provengono dalla falda idrica sotterranea della regione e in particolare
dall’unità idrogeologica delle Murge e del Salento.
Il contributo della falda idrica sotterranea, però, tende, anno dopo anno, a
diminuire a causa dell’impoverimento della stessa e del conseguente pericolo di
salinizzazione, dovuta all’intrusione marina, per l’eccessivo e incontrollato
emungimento degli ultimi decenni mediante migliaia di pozzi privati. A tal
proposito, occorre considerare che la falda sotterranea andrebbe preservata,
poiché costituisce una risorsa strategica, da utilizzare per le urgenze, ossia quando
anche altre fonti rendono uno scarso apporto a causa della siccità ricorrente.
Lo stato di emergenza idrica si presenta nel momento in cui, a causa di diversi
fattori, si ha un’interruzione temporanea nella distribuzione di acqua potabile.
Ricordiamo certamente che negli anni scorsi, ed in particolare nei bienni 2001 -
2002 e 2007 - 2008, la nostra regione è stata protagonista di periodi di siccità, che
hanno causato casi di emergenza idrica strettamente collegati a fattori come
diminuzione degli apporti meteorici, che hanno visto registrare altezze medie annue
di pioggia tra le più basse negli ultimi cento anni, e gli elevati valori di evaporazione
favoriti soprattutto dal clima estivo e che portano all’inaridimento delle tradizionali
fonti di approvvigionamento (invasi artificiali). In più, ancora oggi avvengono perdite
dalle condotte (oltre il 40% dell’acqua è persa lungo il tragitto). Per tali motivi, oggi
l’Acquedotto Pugliese S.p.A. si ritrova ad essere impegnato in un’opera di
ammodernamento, affinché possa aderire alle nuove esigenze del territorio.
Tutto ciò anche in occasione della rimodulazione del nuovo Piano d’Ambito,
costituito dal programma degli interventi, e redatto nel 2010 dall’Autorità d’Ambito
Territoriale Ottimale della Puglia, ossia il consorzio di comuni, responsabile
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dell’intero servizio idrico integrato della nostra regione. Il nuovo Piano d’Ambito
basando le sue linee di sviluppo sull’analisi dei risultati raggiunti negli anni passati
dalla gestione del servizio idrico integrato sul territorio dell’ATO Puglia, affidata al
soggetto gestore A.Q.P., ha consentito di individuare nuovi obiettivi per un uso
sostenibile ed efficiente della risorsa idrica.
Sono stati elaborati, a tal proposito, una serie di studi e progetti per individuare
risorse idriche integrative e di emergenza; nello specifico sono stati elaborati progetti
riguardanti il ripristino della piena efficienza degli invasi artificiali, al
completamento dei lavori riguardanti le dighe, al recupero delle acque reflue a uso
irriguo, ma cosa più importante si prevede la realizzazione di nuove opere di
captazione delle acque sotterranee per l’approvvigionamento potabile. Nel contesto
vi è anche l’utilizzo di quelle opere già esistenti, che dalla data di scadenza del 31
dicembre 2014, come prevista dalla Legge Regionale 07 ottobre 2009 n. 16 (di
ulteriore proroga dei termini, di cui all’art. 28 della L. R. n. 3/2005, già modificati dalla L. R. n.
12/2007), rispettino i requisiti dettati dal Regolamento della Regione Puglia 16 giugno
2011 n. 12.
La Legge Regionale, dunque, prevede la possibilità che, per le opere di
captazione, anche in caso di accertate inosservanze non sanabili delle zone di tutela
assoluta e di rispetto, la loro utilizzazione possa proseguire fino al 31 dicembre 2014,
a condizione che la qualità delle acque sia conforme ai limiti stabiliti dalla normativa
vigente (D.L.vo 31/2001); a tale data, invece, tutti i pozzi gestiti da A.Q.P. non sanabili
dovranno essere dismessi e sostituiti con altre opere di captazione.
Questa tesi nasce con l’intento di fornire un quadro completo sull’attuale stato dei
luoghi delle opere di captazione d’acqua sotterranea ad uso potabile, prendendo in
considerazione i pozzi appartenenti all’Acquedotto Pugliese presenti nel solo
territorio della provincia di Taranto. A tal proposito, in conformità al regolamento
della Regione Puglia n. 12 del 16 giugno 2011, con il quale la Regione, “per
mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque sotterranee
destinate al consumo umano, nonché per la tutela dello stato delle risorse”, deve
individuare “le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di
rispetto”, si giungerà all’emissione di un giudizio di qualità ed idoneità d’uso delle
opere stesse.
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Tale giudizio è espresso dal S.I.A.N. dell’ A.S.L., territorialmente competente, ai
sensi del comma 5 bis dell’art. 6 del D.L.vo 31/2001, e che deve basarsi su una
valutazione globale delle caratteristiche qualitative dell’acqua e deve tenere in debito
conto i risultati del controllo ispettivo e del controllo analitico.
Il lavoro svolto è stato suddiviso da me in quattro capitoli.
Il primo capitolo è dedicato a una descrizione delle generalità dell’acqua destinata
al consumo umano, dei requisiti di potabilità, ossia delle caratteristiche delle acque
riguardo alle proprie specifiche peculiarità organolettiche, fisiche, chimiche e
microbiologiche, tese ad essere meticolosamente rispettate affinché le medesime
possano essere idonee per l’uso potabile, e dei trattamenti di potabilizzazione
necessari per migliorare e garantire tali caratteristiche.
Nel secondo capitolo è descritta, in ogni sua parte, un’opera di captazione delle
acque sotterranee, dopo aver realizzato una breve esposizione idrogeologica del
territorio tarantino, in riferimento alle opere ispezionate nello stesso territorio.
Il terzo capitolo è dedicato all’esposizione di un quadro normativo di riferimento
che disciplina, in particolar modo, le attività di controllo, di tutela e di salvaguardia
delle acque sotterranee, in relazione alle caratteristiche tecnico - strutturali degli
impianti di captazione, delle caratteristiche delle aree attorno al punto di captazione e
delle caratteristiche qualitative dell’acqua emunta.
La parte sperimentale del lavoro svolto include l’ultimo capitolo, nel quale ha
luogo l’esposizione delle procedure attuate per lo svolgimento del monitoraggio. Nel
particolare è descritta la specifica attività ispettiva svolta presso le opere di
captazione sotterranea (pozzi) ricadenti nel territorio tarantino, con particolare
esposizione delle inadempienze di carattere impiantistico riscontrate durante il
controllo ed i successivi provvedimenti intrapresi da parte dell’Autorità Sanitaria
territorialmente competente, atti alla rimozione delle carenze evidenziate.
Inoltre sono descritti i criteri adottati per il prelevamento del campione d’acqua
riguardo alla tipologia d’indagine da eseguire, con particolare riferimento al
campionamento effettuato presso una di queste opere di captazione.
È stato ritenuto opportuno inserire, nel corso del lavoro svolto, delle immagini e
delle fotografie al fine di rendere chiari alcuni concetti.
In appendice sono presenti, invece, alcuni allegati utilizzati nel presente lavoro.