VII
creazione di un rapporto, di una relazione capace di far accedere all’esperienza e alla
scoperta delle diverse parti costitutive, alle luci e alle ombre, alle risorse e ai limiti
non solo di chi vive una situazione di disabilità e sperimenta il processo di
riabilitazione, ma anche di chi l’accompagna lungo questo percorso: la famiglia, gli
amici, la comunità.
Riflettere sull’accesso ad una esperienza come quella della disabilità, che nessuno
vorrebbe incontrare personalmente anche a causa delle difficoltà non solo personali,
ma culturali, ambientali, comunitarie e di organizzazione dei servizi di aiuto alla
persona che non sempre riescono a prendersi cura di coloro che, spesso
improvvisamente, si trovano a vivere e convivere con una situazione difficile e
dolorosa, ha rappresentato lo spunto maggiore per questa tesi.
Prendersi cura degli altri, non è riferito unicamente a chi subisce personalmente la
malattia o la disabilità, ma vuol dire prendersi cura anche di chi assiste, e non è
affatto un compito meno importante. Imparare a prendersi cura della comunità in cui
si vive nel tentativo di entrare in armonia con essa, è un compito complesso che
richiede tempo, amore, conoscenze, riflessioni, incontri e scontri, di risorse umane e
materiali. Ma può essere fatto. Richiede un cambiamento profondo ed una
trasformazione dei presupposti culturali e dei paradigmi di riferimento alla presa in
carico dell’altro. Si tratta di intraprendere un cammino di ricerca e di scoperta della
cura, della salute intesa non sempre come guarigione ma spesso come il
raggiungimento della maggior autonomia permessa dai propri limiti, dalle mancanze,
dalla fragilità e vulnerabilità umane, nel tentativo di costruire una sintesi che
permetta all’uomo di ri-scoprirsi e ri-conoscersi nella nuova condizione che
accompagna la sua vita.
Ma quale è la figura capace di assumere su di sé la responsabilità di una
rivoluzione così forte della propria vita, nel momento in cui le istituzioni
riconsegnano il paziente alla propria famiglia? Questa figura è rappresentata dal
caregiver, che nasce per gemmazione spontanea all’interno della famiglia, esempio
concreto, nelle avversità, di quella solidarietà ed affettività che rendono coeso un
rapporto familiare. Stabilito il ruolo del caregiver è possibile stabilire quali sono i
suoi bisogni, le sue aspettative, le sue rinunce? Come cambia il suo concetto di
qualità della vita? Quale è la figura che in qualche modo si prende cura di lui?
VIII
Questo studio nasce dalla volontà di trovare la giusta risposta a queste domande,
scoprire insomma in che modo l’infermiera, che secondo Virginia Henderson ha il
dovere professionale di rispondere ai bisogni dell’uomo, possa fornire supporto,
aiuto ed educazione, utili all’ assistenza del paziente ma nello stesso tempo della sua
famiglia che lo assiste, considerando entrambi come realtà inscindibili, terre vicine
ed uniche.
Voce corpo volto per comunicare,
esprimere desiderio, bisogno,
conoscenza, pensiero…
orecchi occhi cuore per recepire parole,
gesti non sempre espliciti,
non sempre comprensibili
ma vivi,
comunicare:
bisogno primario di ogni essere umano…
come nutrirsi, come respirare.
Sara Giacomini.
1
1 AFASIA
1.1 Definizione e cause
L’afasia (o afemia - dal greco α privativa + φημη parola) è l’alterazione o la
perdita della facoltà del linguaggio, che si manifesta in seguito ad una lesione delle
aree del cervello deputate all’elaborazione del linguaggio (area di Broca e area di
Wernicke, e nelle connessioni profonde tra queste strutture), aree che sono sempre
collocate nell’emisfero sinistro del cervello per i destrimani, e nel 70% dei casi dei
mancini.
1
Qualsiasi noxa che determini distruzione di cellule e fibre nervose nelle
aree corticali responsabili dei processi di codificazione e decodificazione dei
messaggi verbali rappresenta un elemento etipoatogenico di sindrome afasica.
L’afasia quindi è sempre il risultato di una lesione cerebrale dovuta
frequentemente a cause vascolari.
Le malattie cerebrovascolari rappresentano la terza causa di morte nei paesi
industrializzati dopo le cardiopatie e le neoplasie, e la prima causa di invalidità. Le
due categorie diagnostiche più importanti sono l’ictus (stroke per la letteratura
anglosassone) e l’attacco ischemico transitorio, o TIA.
L’ictus secondo la definizione proposta dall’ OMS è una sindrome caratterizzata
dall’esordio improvviso di deficit neurologici focali o diffusi di durata superiore alle
24 ore o con esito letale, dovuto a cause circolatorie. Si può fare una distinzione tra
ictus troncoencefalico e ictus sovratentoriale. Nel primo caso sono compromesse
strutture troncoencefaliche: bulbo, ponte e mesencefalo. Nel secondo le strutture di
encefaliche: talamo e gangli della base, o telencefaliche. Nell’ 80-85% dei casi
l’ictus è di natura ischemica, mentre nei restanti 15-20% la causa è emorragica.
2
L’ictus ischemico consiste in una riduzione del lume del vaso sanguigno, che
comporta una non adeguata circolazione del sangue. Le conseguenze variano a in
base all’entità della lesione che può essere parziale o completa, alla zona colpita, e
all’estensione della lesione stessa.
Le forme ischemiche si possono suddividere in:
1
Rimura 1983
2
Bergamini L., Bergamasco B., Mutani R., Manuale di neurologia clinica
2
lesioni emisferiche, per occlusione della carotide interna o di uno dei grandi vasi
del circolo di Willis con ampie lesioni di parenchima cerebrale;
lesioni lacunari, causate da ripetuti deficit di irrorazione delle piccole arterie
penetranti del parenchima.
Le ramificazioni minori delle arterie encefaliche sono terminali per cui un
qualsiasi meccanismo che ne causi l’ostruzione, determina in pochi minuti il
deterioramento irreversibile del tessuto nervoso da esse irrorato.
L’arteria cerebrale media o silvana (in quanto decorre per un ampio tratto nella
scissura di Silvio) irrora sostanzialmente tutte le aree del cervello deputate alla
codificazione e decodificazione del linguaggio verbale, per cui una sua lesione,
ostruzione o patologia in genere, è la responsabile quasi esclusiva delle cause
vascolari di afasia.
3
I meccanismi patogenetici vascolari sono quattro:
1) ischemia transitoria o TIA: è un episodio caratterizzato da improvvisa comparsa
di segni e sintomi riconducibili a deficit focali cerebrali di durata inferiore alle 24
ore. Tale episodio determina un diminuito apporto di ossigeno che ha come
conseguenza una sofferenza della sostanza cerebrale, ma non la sua distruzione
come nel caso di ictus. I disturbi funzionali conseguenti, di tipo afasico, motorio,
intellettuale mnestico e comportamentale, hanno una durata limitata e
regrediscono quasi completamente in tempi medio brevi. Un TIA può essere
causato da fenomeni generali di varia origine: anemie acute, gravi ipotensioni ed
alterazioni emodinamiche dovute a temporanee ed improvvise riduzioni della
pressione del flusso sanguigno cerebrale per cardiopatie o coesistenza di
anomalie del circolo di Willis, ma la causa riconosciuta come la più frequente è
l’embolia: occlusione di un vaso sanguigno da parte di un corpo estraneo che può
essere costituito da un coagulo di sangue, gas, goccioline di grasso, ammassi di
cellule tumorali, ammassi batterici o parassiti, che viene trasportato lungo il
torrente ematico fino ad incontrare un vaso di dimensioni inferiori ad esso, e
causarne quindi l’occlusione. La conseguenza dell’ embolia è proprio la lesione
ischemica a valle di tale occlusione;
3
Dumas R., incidence and survival rates during intracerebral and subarachnoid haemorrhages
3
2) infarto o icuts cerebrale: nella maggior parte dei casi è causato da una occlusione
arteriosa locale, sebbene possa verificarsi anche in seguito ad alterazioni
unicamente emodinamiche, come per esempio ipoperfusione acuta diffusa o
riduzione critica della pressione di perfusione a valle di una stenosi di una arteria
di medio o grosso calibro. Gli effetti di stenosi o occlusioni variano a seconda
dell’integrità dei circoli collaterali e dei meccanismi di autoregolazione. La causa
principale delle occlusioni trombotiche è l’aterosclerosi: la trombosi può avvenire
lentamente su arterie di calibro importante, non occludendole completamente, ma
di sovente per distacco di una parte del trombo che va ad occludere un’arteria di
piccolo calibro a valle, o per sovrapposizione di uno spasmo arterioso, più
semplicemente per completamento dell’occlusione di base. Gli emboli originano
nella maggior parte dei casi dal cuore e dalle arterie per una lesione ateromatosa.
Altre origini risalgono occasionalmente a emboli di grasso, emboli tumorali,
gassosi, paradossi e iatrogeni. Gli effetti di una embolia sono variabili e
dipendono dalla natura e dalle dimensioni del materiale embolico. Gli emboli si
arrestano per lo più nelle arterie circonferenziali, in particolare nella media,
questo rende la sede corticale tipicamente soggetta a infarto embolico.
L’aterosclerosi è favorita da numerosi fattori di rischio tra cui ricordiamo
l’ipertensione arteriosa, obesità, iperlipidemie, diabete mellito, coagulopatie. La
presenza di numerosi di questi fattori di rischio nelle popolazioni industrializzate
giustifica l’alta incidenza di affezioni cerebrovascolari;
3) emorragie cerebrali. Sono distinte in intracerebrali e subaracnoidee.
a) l’emorragia intracerebrale è dovuta abitualmente alla rottura di un vaso
arterioso con conseguente travaso di sangue nel parenchima cerebrale, con
invasione degli spazi subaracnoidei o del sistema ventricolare. L’esordio
clinico a un esame superficiale è identico a quello da ictus ischemico ed è
caratterizzato da comparsa di deficit focali accompagnato di frequente da
perdita di coscienza. Le rotture vascolari, nei giovani sono in genere causate
da malformazioni vascolari come aneurismi, angiomi o malformazioni atero-
venose, mentre nei soggetti adulti ed anziani è frequentemente conseguenza
di una ipertensione arteriosa associata a diabete, obesità o insufficienza
4
renale. Altre cause sono riscontrabili in tumori cerebrali, trasformazione
emorragica di un ictus ischemico, coagulopatia, trauma cranico;
b) l’emorragia subaracnoidea è una forma ad insorgenza per lo più improvvisa,
causata principalmente da processi sistemici, traumi cranici, anomalie dei
vasi cerebrali, tumori endocranici molto vascolarizzati. Come gia visto,spesso
l’emorragia cerebrale e l’ischemia non sono altro che una delle espressioni di
una malattia di base del distretto cardiovascolare con interessamento
sistemico (aterosclerosi). Questo comporta verosimilmente che siano diverse
le zone del SNC malirrorate anche se non francamente ischemiche. A ciò
consegue che anche la sintomatologia clinica sarà più accentuata che non nel
caso di patologie maggiormente circoscritte, come ad esempio le neoplasie
cerebrali.
4
I territori vascolari che, se danneggiati possono determinare carenze della capacità
linguistica, sono quelli della carotide interna sinistra, dell’arteria cerebrale media e
dell’arteria cerebrale anteriore.
Più nello specifico, un’occlusione della carotide interna può causare un’afasia
globale, come anche molte occlusioni emboliche dell’arteria cerebrale media. Il
territorio ischemico è simile ma la modalità di esordio è differente: improvvisa e con
sintomi altalenanti nel caso di un embolo alla arteria cerebrale media, preceduta da
un TIA nel caso di una occlusione carotidea. La stenosi carotidea può anche causare,
tramite un embolo proveniente da zone distanti come il cuore o attraverso una
riduzione del flusso di sangue, ischemie nelle branche della arteria cerebrale media.
Se il danno è a carico delle branche frontali, la conseguenza è un’afasia di Broca.
Se il danno è a carico della branche temporali, si verificherà una afasia di
Wernicke.
Gli infarti del territorio dell’arteria cerebrale anteriore sono associati all’afasia
transcorticale motoria e ad una emiparesi che risulterà più invalidante a livello
dell’arto inferiore rispetto a quello superiore, e più pronunciata a livello della spalla
che della mano.
4
Dumas R., incidence and survival rates during intracerebral and subarachnoid haemorrhages
5
Quando sono coinvolte le arterie cerebrali anteriori, si verifica il cosiddetto
“mutismo acinetico”. In questa situazione il paziente parla poco, è vigile, ha gli occhi
aperti, ma tutte le risposte sono ritardate o assenti.
Le lesioni cerebrali traumatiche sono la seconda causa, dopo l’ictus, a determinare
sindromi afasiche. Quando sono molto gravi ed il danno è diffuso, si può rimanere in
uno stato di coma per periodi variabili di tempo e, al risveglio, presentare deficit
comportamentali e cognitivi globali.
Traumi al lobo frontale possono causare una compromissione del linguaggio
narrativo, cioè della capacità di unire logicamente e di organizzare l’espressione. Nel
caso invece di una compromissione più ampia possono risultare problemi della
fluidità, della denominazione e della comprensione.
5
Le altre più frequenti cause di lesione sono rappresentate da :
neoplasie cerebrali;
I tumori cerebrali provocano in molto casi un’afasia. afasie a lenta evoluzione
possono essere indicatici di patologie neoplastiche cerebrali. I più comuni sono i
tumori infiltrativi primari come ad esempio i glomi, i tumori benigni extracerebrali
come i meningiomi ed infine le metastasi da carcinomi, che in funzione della loro
localizzazione e delle loro dimensioni sono responsabili di vari tipi di afasia.
infezioni del SNC;
Infezioni ed infiammazioni possono produrre lesioni cerebrali nelle regioni
preposte al linguaggio. Le più frequenti sono gli ascessi cerebrali: un ascesso frontale
causa in genere un’afasia di Broca , mentre un ascesso temporale causa afasia di
Wernicke. La meningite batterica attraverso trombosi delle vene corticali e
l’endocardite batterica attraverso embolizzazione, possono causare attacchi ischemici
con conseguente afasia.
Le encefaliti virali, in particolare quella da herpes simplex, possono esordire con
afasia globale, per poi degenerare in una permanente perdita di memoria con
danneggiamento dei lobi frontale e temporale.
5
Bergamini L., Bergamasco B., Mutani R., Manuale di neurologia clinica