4
1. Introduzione
L’impatto della legislazione a protezione dei lavoratori sull’economia di un paese è un
argomento che è stato ampiamente dibattuto – e continua ad esserlo – tra gli economisti. In
particolare, in Italia, il tema assume una rilevanza non solo accademica ma anche nel
dibattito dell’opinione pubblica. Le motivazioni sono molteplici ed evidenti. L’Italia è uno
tra i paesi europei ed OECD il cui mercato del lavoro è maggiormente precario: il tasso di
occupazione complessivo è tra i più bassi, quello giovanile a livelli minimi tra quelli
europei, il delta salariale tra laureati e non è sostanzialmente inesistente, la partecipazione
al mercato del lavoro delle donne è troppo bassa, il capitale umano a livello di impresa non
cresce, la disoccupazione è seppur in diminuzione negli ultimi anni molto alta, gli inattivi
non sono da meno etc... Si potrebbe andare avanti molto. Questi problemi – di cui solo
alcuni sono stati appena citati – non sono di recenti scoperta e nascita, ma sono problema
strutturali che caratterizzano il mercato del lavoro italiano da diversi decenni. Proprio per
tali motivi diversi governi – su impulso dei noti organismi internazionali e delle
associazioni datoriali – negli ultimi 30 anni hanno promulgato diverse riforme che con
strumenti e metodi diversi avevano un comune obbiettivo: ridurre la rigidità del mercato
del lavoro italiano al fine di renderlo maggiormente dinamico e uniformarlo a quello di altri
paesi europei, assumendo appunto che tali rigidità fossero la causa – o perlomeno una delle
– dei problemi elencati precedentemente. Le ultime due riforme che hanno colpito il
mercato del lavoro italiano sono state la riforma Fornero del 2012 - promossa dal governo
tecnico presieduto da Mario Monti - e il pacchetto di norme introdotte e largamente
preannunciate dal governo Renzi nel 2015 detto Jobs Act. L’obbiettivo comune di tali
riforme si può sintetizzare nel seguente: aumentare l’occupazione e l’adozione/conversione
di contratti a tempo indeterminato attraverso una diminuzione e una semplificazione
dell’insieme delle norme che compongono la normativa a tutela dei lavoratori dipendenti.
Altre riforme sono state implementate precedentemente, così come diversi provvedimenti
ad hoc riguardanti il mercato del lavoro del lavoro sono invece stati approvati
successivamente. Tuttavia, in questo contributo mi concentrerò esclusivamente sulla
valutazione d’impatto dell’ultima riforma approvata, il Jobs Act. La valutazione
dell’efficacia della suddetta riforma sotto diversi aspetti è stata già ampiamente condotta in
diverse pubblicazioni accademiche, dunque non è certo obbiettivo della mia tesi riprodurla.
L’obbiettivo è invece quello di provare a mettere in luce un aspetto che è – perlomeno
stando alla letteratura economica a me nota – è stato meno affrontato, cioè l’effetto che tale
5
riforma ha avuto sulla composizione della forza lavoro stabile
1
delle imprese “colpite”
rispetto a quello non. In particolare, mi concentrerò sulla composizione nelle dimensioni
dell’età e del livello di istruzione. Proverò a studiare questo fenomeno avvalendomi
dell’uso di una tecnica di valutazione controfattuale nota come metodo differenze nelle
differenze inserita all’interno di un modello di regressione longitudinale applicata a un
panel di microdati che combina informazioni relative ad un sample di imprese piemontesi
con i rapporti di lavoro attivati o chiusi dal 2013 al 2018. In sintesi, cercherò di capire se le
imprese che hanno potuto usufruire della riforma hanno significativamente modificato la
struttura della forza lavoro sostituendo o introducendo più giovani e più laureati a tempo
indeterminato. Indirettamente, mi chiederò dunque se le imprese siano diventate più
produttive e resilienti grazie un ricambio di forza lavoro indotto dalla maggiore flessibilità.
La mia tesi sarà organizzata nel seguente modo: in seguito all’introduzione la sezione 2
sintetizzerà il framework istituzionale che ha caratterizzato la riforma in esame e la
letteratura accademica, la terza conterrà i risultati attesi sulla base della letteratura, la quarta
descriverà dati in uso e le strategie di identificazione utilizzate al fine di produrre l’analisi,
la quinta le statistiche descrittive, la sesta il modello econometrico, la settima i risultati,
l’ottava alcuni controlli di robustezza, la nona le conclusioni mentre infine nella decima
saranno citati per esteso tutti i lavori accademici di cui mi sono avvalso nell’elaborazione
della tesi.
Mi si consenta infine di ringraziare brevemente le tante persone che direttamente o
indirettamente hanno contribuito al percorso che mi ha portato fin qui: un ringraziamento
particolare al mio relatore, professore Fabio Berton, per l’assistenza continua e
fondamentale, durante tutto il lavoro. Senza il suo aiuto, la fiducia accordatami e la lettera
di referenza non sarei riuscito a raggiungere nessuno degli obbiettivi postomi. Un
ringraziamento anche al professore Fabio Privileggi che, insieme al mio relatore, mi ha
scritto la lettera di referenza e ha reso possibile che io mi laurei nei tempi prestabiliti dal
bando di dottorato. Senza il vostro lavoro non avrei avuto alcuna possibilità di raggiungere
questo obbiettivo. Per le stesse ragioni, un ringraziamento anche a tutti i professori e le
professoresse che hanno acconsentito a sedersi alla sessione di laurea anticipata. La vostra
presenza è segno di grande disponibilità, non scontata né dovuta e dunque molto
apprezzata, nei miei confronti. Un ringraziamento ai miei genitori che mi hanno pagato gli
studi e mi hanno supportato nel mio percorso e ai miei amici, la cui presenza costante in
1
Con stabile si intende a tempo indeterminato.
6
questo anno per me difficile mi ha dato spesso la forza di andare avanti nel fare quello che
dovevo e volevo. A Tortuga e a tutti i suoi membri senza cui non avrei mai pensato di poter
fare un dottorato e grazie ai quali ho imparato e continuo ad imparare tutti i giorni. A
Francesco Seghezzi, Emmanuele Massagli, al professore Tiraboschi e ad ADAPT tutta che
mi ha dato la possibilità, a 22 anni, senza alcuna pressione, di fare cose che mai avrei
sognato di poter e saper fare e grazie a cui ho iniziato a realizzare cosa avrei voluto fare
nella vita. Alla radice del mio percorso degli ultimi tre anni che mi ha portato qui ora ci
siete voi.
2. Letteratura e Framework Istituzionale
2.1 Framework Istituzionale
La legislazione a protezione del lavoro in Italia è sempre stata tra le più protettive dei paesi
europei. Tuttavia, negli ultimi anni diversi esecutivi si sono presi la responsabilità politica
di modificarla attraverso diverse riforma. La situazione è dunque radicalmente cambiata.
Pre-stagione riformista il cardine principale intorno a cui ruotava l’interava legislazione a
protezione dei lavoratori era l’articolo 18 – introdotto nel 1970 – il quale tutelava i
lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo, ingiusto e discriminatorio. Nella
sua versione iniziale costituiva applicazione della tutela reale, disciplinando il reintegro con
risarcimento e l'indennità in sostituzione della reintegrazione in caso
di licenziamento illegittimo (cioè effettuato senza comunicazione dei motivi, ingiustificato
o discriminatorio) di un lavoratore. Dunque, la realtà pre-2012 era la seguente: un sistema
estremamente attento alla tutela del lavoratore che limitava le possibilità di licenziamento
lasciando aperte molte porte alla possibilità di reintegro e/o indennizzo a carico
dell’impresa. A più riprese nel corso dei decenni - in particolare intorno al 2000 quando la
questione di riformare le regole alla luce dei cambiamenti in corso nel mondo del lavoro si
è fatta pressante– associazioni datoriali e talvolta anche i sindacati hanno chiesto di
riformarlo.
La riforma Fornero del 2012 – approvata in un contesto di enorme emergenza – l’ha prima
depotenziato mentre infine un pezzo del Jobs Act l’ha invece definitivamente eliminato,
non senza polemiche. La legislazione precedente all’introduzione della riforma Fornero
7
risale al momento dell’introduzione dell’articolo 18
2
, il quale incrementava la protezione a
tutela dei lavoratori nelle imprese medio grandi (i.e. sopra i 15 dipendenti nella stessa unità
locale o sopra i 60 indipendentemente dalla stessa unità locale). La norma prevedeva che
in caso di licenziamento illegittimo – ritenuto tale dal giudice - l’impresa fosse tenuta a
risarcire al lavoratore l’intero ammontare della retribuzione e dei contributi sociali perduti,
il quale aveva poi una duplice scelta: reintegro o pagamento di 15 mensilità (Berton et al.,
2012). La prima opzione è stata storicamente poco frequentemente scelta e questo ha
comportato costi e incertezza ingenti per le imprese.
La riforma Fornero ha modificato questo framework. La possibilità di reintegro è stata
limitata a due casi specifici: assenza di una giusta causa o specifiche casistiche del contratto
collettivo di riferimento. In tutti gli altri casi è previsto un indennizzo monetario oscillante
tra le 12 e le 24 mensilità. In sintesi, la riforma ha operato su diversi fronti: ridotto le facoltà
di scelta del lavoratore, ridotto l’incertezza negli esiti e infine significativamente ridotto il
potenziale costo monetario associato ad un licenziamento per motivi economici.
Con Jobs Act ci si riferisce invece ad un ampio pacchetto di riforme promulgate dal governo
Renzi nel 2015 che consisteva principalmente in due pezzi: una riforma concernente
l’eliminazione nell’articolo 2018 e una parte che introduceva dei sussidi per l’assunzione
di un gruppo di lavoratori. Nella mia tesi, prenderò in esame solo la prima parte, quella
relativa ai costi di licenziamento, in quanto relativa al tema della legislazione a protezione
del lavoratore, mentre la seconda parte attenente alla sfera delle politiche attive non sarà
trattata. La riforma è stata largamente preannunciata: già nel 2014 l’esecutivo aveva
ricevuto mandato per l’approvazione di una sostanziosa riforma del lavoro, annunciata
definitivamente nel dicembre 2014 e approvata nel Marzo del 2015
3
. La situazione la
situazione in caso di licenziamento di lavoratori dipendenti in Italia era fondamentalmente
caratterizzata da incertezza sulla fattibilità dell’atto e sul potenziale costo di indennizzo
spettante al lavoratore. In caso di licenziamento per malcondotta o nel caso di non
recriminazione da parte del lavoratore non sussisteva grossi interrogativi. Tuttavia, se
invece il lavoratore obbiettava che il licenziamento fosse ingiusto era necessario un
processo. In caso il giudice decidesse a favore del lavoratore – cosa piuttosto frequente –
le opzioni erano sostanzialmente due: le imprese sopra la soglia dei 15 dipendenti potevano
scegliere tra il reintegro o il pagamento di un indennizzo che variava con l’anzianità del
2
Statuto dei lavoratori, legge 300/1970.
3
DL 183/2014.