1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
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In Basilicata la quasi totalità delle aziende con terreni ha superficie agricola utilizzata
(SAU) (99,4%), e la forma di utilizzazione più importante, in termini di superficie
investita, è quella dei seminativi, ma è anche molto diffusa la coltivazione delle legnose
agrarie, praticata dal 70,3% delle aziende con terreni, fra cui spicca con rilievo la
coltivazione dell’olivo (21). Rispetto alle tre regioni confinanti, Puglia, Calabria e
Campania, che rappresentano tre forti sistemi produttivi, l’olivicoltura non rappresenta
un punto di forza dell’agricoltura lucana: l’incidenza dell’olivo sulla SAU non supera il
5%, mentre il peso della filiera olio-olivo sulla produzione lorda vendibile regionale si
attesta intorno al 6% (21) Relativamente alla superficie aziendale investita ad olivo, si
registra come oltre il 40% delle aziende olivicole abbia oliveti di estensione inferiore
all’ettaro, con una dimensione media aziendale che si attesta intorno a 0,7 ettari. Altro
elemento caratterizzante l’olivicoltura lucana è la tipologia di conduzione aziendale che,
nella maggioranza dei casi, risulta di tipo familiare, con pratiche agronomiche
tradizionali e basso livello di meccanizzazione, ed ha come sbocco prevalente
l’autoconsumo. I piccoli e medi produttori si limitano a vendere sul mercato locale l’olio
che eccede il loro fabbisogno, e l’eventuale accesso al mercato nazionale o estero
avviene attraverso canali familiari legati all’emigrazione. Nelle aziende olivicole più
grandi, con produzione media di 250 q di olive, il prodotto trasformato è destinato per
oltre il 60% al mercato locale, per il 3% è immesso sul mercato estero e la rimanente
parte è destinata all’autoconsumo (21).
E’ evidente come l’olivicoltura in Basilicata tenda ad assumere sempre più importanza
sotto il profilo della tutela ambientale e della conservazione del paesaggio, piuttosto che
sotto l’aspetto economico e produttivo. Tuttavia le aree marginali, soprattutto quelle
dell’alta collina, sono spesso quelle maggiormente vocate alla produzione di oli tipici di
alta qualità, motivo per cui risultano giustificati i tentativi di valorizzazione le produzioni
olearie attraverso la specificazione dell’origine. Occorre inoltre aggiungere che la
frammentazione presente a livello di produzione primaria si riscontra anche a livello
della trasformazione, con la presenza sul territorio regionale di circa 180 frantoi. Di
questi non tutti sono attivi in ogni annata produttiva, e il numero di quelli in funzione
segue l’andamento produttivo stagionale, aumentando nelle annate di carica e
diminuendo in quelle di scarica (21).
L’estrema frammentazione aziendale e produttiva rende la filiera olivicola lucana poco
competitiva per quanto riguarda le quantità di olio prodotto e commercializzato, per cui
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
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una possibile via di promozione dell’olio lucano potrebbe essere rappresentata dal
mettere in risalto le sue peculiarità qualitative, nutrizionali e salutistiche, elementi di
notevole interesse, e che potrebbero sicuramente trovare un favorevole riscontro da
parte dei consumatori.
La Basilicata è stata suddivisa da Rotundo et al. (22) in cinque areali olivicoli
caratterizzati da diverse varietà autoctone (Tab. 1), ma insieme a queste antiche
cultivar ce ne sono altre, come Coratina, Leccino e Frantoio, presenti ormai da tempo in
Basilicata e distribuite su tutto il territorio; queste si ritrovano soprattutto nell’ambito dei
nuovi impianti.
Tab.1 - Areali olivicoli e principali varietà autoctone presenti sul territorio lucano (22).
Areale olivicolo Varietà autoctone
Vulture
Cannellina, Cima di Melfi, Fasolana, Fasolina, Lardaia,
Ogliarola del Vulture, Olivo da Mensa, Orazio, Palmarola,
Provenzale, Racioppa, Roma, Russulella, Scarpetta
Melandro Cornacchiola, Romanella
Colline Materane
Augellina, Ghiannara, Justa, Maiatica di Ferrandina,
Nociara, Ogliarola del Bradano
Medio Agri-Basento
Pollino Carpinegna, Faresana, Sammartinenga, Spinoso
L’identificazione delle varietà di olive presenti è di notevole importanza, in quanto la
cultivar diversifica e caratterizza in modo specifico la produzione olivicola e, unitamente
ai fattori ambientali, l'olio che se ne ottiene. La cultivar riveste un ruolo determinante per
le caratteristiche fisiche dei frutti (dimensioni, rapporto polpa/nocciolo, ecc.), il processo
di inolizione e i livelli delle sostanze chimiche, sia principali che minori, che
compongono l’olio (rapporto fra le varie componenti della frazione lipidica, contenuto in
polifenoli, vitamine e sostanze volatili). La scelta di ecotipi locali, selezionati, certificati e
resistenti alle condizioni climatiche della zona di produzione può esaltare le
caratteristiche di tipicità che un olio deve presentare, ossia essere dotato di qualche
peculiarità che contraddistingua la produzione di una determinata area geografica
rispetto ad un’altra.
Scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di effettuare una valutazione chimico-fisica
di oli di oliva prodotti in Basilicata e venduti come “olio di oliva extravergine ”. Inoltre,
poiché una prima sommaria valutazione della categoria merceologica viene spesso
1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
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effettuata in azienda, andando a valutare parametri basilari come acidità e numero di
perossidi, si è voluto testare un apparecchio di recente introduzione sul mercato che
viene commercializzato come una rapida, semplice ed affidabile alternativa all’impiego
dei metodi analitici tradizionali, utilizzabile con facilità anche da parte di operatori non
specializzati.
LA PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
2. PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
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2.1 Olivo: cenni botanici, fenologici e caratteristiche del frutto
L’olivo è pianta arborea, sempreverde, appartenente alla famiglia delle Oleacee (Olea
europaea L.), è originario del Vicino Oriente e sin dall’antichità è utilizzato per
l’alimentazione. L’uso alimentare lo si deve al frutto, l’oliva, una drupa ellissoidale o
ovoidale, a volte asimmetrica, del peso di 1-6 g. A partire dai fiori, le olive si sviluppano
nel periodo estivo ed iniziano a maturare circa alla fine di Settembre. La completa
maturazione si ha, a seconda del clima e delle cultivar, in un periodo compreso tra
Novembre e Gennaio. L’oliva matura è composta da (Fig. 1):
Buccia (Epicarpo): 1%
Polpa (Mesocarpo): 70%
Nocciolo (Endocarpo): 29%
(l’endocarpo è l’involucro legnoso che racchiude il seme contenente l’embrione)
Sulla buccia sono presenti varie sostanze (Fig. 2), e una microflora responsabile delle
reazioni biochimiche col materiale della polpa nel caso di lacerazioni o urti, che portano
alla formazione di prodotti di decomposizione. La buccia e la polpa insieme contengono
il 15-23% di olio (di cui 1-2% nel seme), il 40-55% di acqua (a seconda dello stato di
maturazione del frutto), il 20-40% di altre sostanze, tra le quali zuccheri, polisaccaridi,
pectine, proteine, ac.organici, tannini, polifenoli, sali, pigmenti, resine, cere, vitamine.
Il colore, durante la crescita, cambiadal verde al giallo al viola (“invaiatura”) ed infine al
nero violaceo, a seconda delle cultivar, e contemporaneamente al viraggio del colore si
svolge la maturazione o “inoliazione”: nella polpa diminuisce il contenuto in acqua,
Fig. 1. Struttura dell’oliva.
2. PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
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zucchero e acidi e aumenta quello in olio (1).
L’accrescimento dei frutti (Fig. 3), sempre a seconda delle cultivar, è già evidente nella
seconda metà di Giugno (frutti piccoli), ma diventa sempre più significativo nel periodo
compreso tra Agosto e fine Ottobre (aumento considerevole delle dimensioni). Tra la
prima e la seconda fase di accrescimento, vi è una terza in cui è temporaneamente
sospeso l’aumento di peso (risulta poco significativo) e si ha invece la lignificazione
(indurimento) del nocciolo con aumento della resistenza al taglio di sezionamento;
quest’ultima si ha nel mese di Luglio e dura 7-25 giorni.
Fig. 2. Composizione oliva matura.
Fig. 3. Accrescimento della drupa.
2. PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
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Dopo aver raggiunto la massima quantità di olio (piena maturazione), compatibile col
tipo di cultivar e le condizioni climatiche, la drupa comincia a raggrinzire perdendo
acqua e consumando le sostanze antiossidanti (Fig. 4). Il grado di maturazione al
momento della raccolta chiaramente influenza le caratteristiche organolettiche dell’olio:
una raccolta precoce dà oli più verdi (ricchi in clorofilla) con note di amaro e piccante;
più gialli e con bassa acidità invece per olive mature; maggiore acidità (e minor quantità
di acidi polinsaturi) unita ad un fruttato dolce per olive molto mature.
Le olive vengono classificate secondo la loro utilizzazione, che è determinata in
funzione della forma, della dimensione e del rapporto polpa/nocciolo. In tal modo esse
sono suddivise in:
olive da mensa: di maggior volume e con elevato rapporto polpa/nocciolo, possono
raggiungere anche un peso di 10-12 g, a causa del loro scarso contenuto in olio
non sono destinate all’ oleificazione;
olive da olio: sono tendenzialmente piccole, con un elevato contenuto in grassi e
con una resa in olio mediamente compresa tra il 15 ed il 20%;
olive a duplice attitudine.
Le olive da mensa possono essere raccolte prima dell’invaiatura (olive verdi come
Ascolana tenera, Sant’Agostino e Oliva di Cerignola), prima della completa maturazione
Fig. 4. Andamento della concentrazione di tocoferoli nella drupa.
2. PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
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(colore rosato) e in piena maturazione (olive nere come Itrana e Majatica). La raccolta
delle olive da olio avviene in diversi periodi dell'anno: ciò dipende dalle condizioni
climatiche delle varie regioni, può andare da ottobre-novembre a dicembre-gennaio
nell’Italia meridionale a fine marzo nell’Italia settentrionale. Dopo la raccolta il frutto
deve presentarsi integro, senza lesioni che potrebbero innescare un processo di
fermentazione che aumenterebbe i valori di acidità dell'olio conferendogli un sapore
sgradevole. L’ottenimento di olive sane è favorito dalla lotta, specialmente quella
biologica, ai parassiti e alla mosca olearia. E’ importante che la raccolta avvenga prima
della caduta (cascola) dei frutti maturi, per permettere di raccogliere il maggior numero
di olive per pianta e per avere una resa maggiore e di migliore qualità.
2.2 Cultivar
Attualmente nel nostro paese sono censite circa 500 varietà di olivo (Tab. 2), ognuna
delle quali si adatta a differenti condizioni ambientali, alcune di esse sono diffuse in tutta
Italia. Esempi sono:
cultivar da mensa: Ascolana tenera, Oliva di Cerignola, Sant’Agostino,ecc;
cultivar da olio: Bosana (Sardegna), Canino, Carboncella, Casaliva, Coratina
(Puglia),Nocellara del Belice (Sicilia), Dolce Agogia, Frantoio, Leccino, Moraiolo,
Pendolino, Rosciola, Taggiasca (Liguria), ecc;
a duplice attitudine: Carolea, Itrana, Tonda Iblea.
La richiesta di oli con caratteristiche organolettiche, nutrizionali e commerciali ben
definite, ha recentemente rivalutato la funzione delle cultivar come elemento che
concorre alla qualificazione delle nostre produzioni olivicole. In particolare, l'olio di oliva,
risultato del metabolismo della pianta, è fortemente influenzato dalla cultivar. La tutela
di determinate caratteristiche qualitative dell'olio passa attraverso la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio varietale di un determinato territorio. E' possibile così
mantenere negli oli quelle caratteristiche organolettiche che ne definiscono la
"tipicità"(Denominazioni di Origine, D.O.P. e I.G.P).
2. PRODUZIONE DELL’OLIO DI OLIVA
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2.3 L’olio d’oliva
L’olio d’oliva, per tradizione alimentare e legame al territorio, è uno dei prodotti
fondamentali dell’agricoltura mediterranea, di indiscusso valore nutrizionale per la
composizione chimica e le caratteristiche organolettiche esaltate dal suo impiego come
condimento.
2.3.1 Composizione chimica
L’olio d’oliva consta di due frazioni:
Tab. 2. Cultivar italiane di olive suddivise per regione.
Regione Principali cultivar diffuse sul territorio Italiano
Abruzzo
Cucco, Dritta, Gentile del Chieti, Intosso, Morella, Nebbia, Raja, Toccolana,
Castiglionese
Basilicata
Maiatica di Ferrandina, Ogliarola del Bradano, Ogliarola del Vulture, Palmarola o
Fasolina, Cima di Melfi, Coratina, Rapollese di Lavello, Carolea
Calabria
Carolea, Cassanese, Ottobratica, Tonda di Strongoli, Grossa di Gerace, Ciciarello,
Roggianella, Sinopolese, Dolce di Rossano, Borgese, Pennulara, Roggianella,
Rossanese, Sinopolese, Zinzifarica
Campania Pisciottana, Carpellese, Ogliarola, Ravece
Lazio Canino, Itrana, Carboncella, Rosciola
Liguria Taggiasca, Mortina, Razzola, Colombaia, Pinola
Lombardia Grignana, Sbresa, Casaliva, Gargnano, Negrel
Marche Ascolana tenera, Sargano, Olivastra di Montenero, Rosciola di Rotello
Molise Cerasuolo, Cerasa e Olivastra di Montenero, Gentile e Saligna di Larino
Puglia
Coratina, Cellina di Nardò, Ogliarola barese, Bella di Cerignola, Sant'Agostino,
Pizzuta, Leccese, Marinese, Nasuta, Peranzana, Pisciottana (chiamata anche
Picholine), Cipressino, Coratina, Leccese, Marinese, Massafranese, Monopolese,
Peranzana, Pisciottana, Sant'Agostino, Cellina Barese
Sardegna
Bosana, Pizz'e carroga, Tonda di Cagliri , Nera di Gonnos , Semidana, Cariasina,
Cipressino, Corsicana, Nera di Oliena, Pizz'e carroga Semidana
Sicilia
Biancolilla, Nocellara del Belice, Nocellara etnea, Santagatese, Minuta, Nocellara
Messinese, Ogliarola Messinese, Tonda Iblea, Verdello, Brandofino, Buscionetto
Carolea, Calamignara, Cerasuola, Giarraffa, Mandanici, Moresca
Toscana
Frantoio, Leccino, Ogliarola Seggianese, Pendolino, Belmonte, Ciliegino,
Coreggiolo, Leccio del Corno, Maremmano, Melaiolo, Pesciatino, Piangente,
Pitursello, Punteriolo, Scarlinese
Umbria Moraiolo, Pendolino, Dolce agogia, San Felice
Veneto
Casaliva, Grignan, Favarol, Fort, Grignano, Rossanel, Leccio del Corno, Razza
Rondella
Friuli Venezia
Giulia
Bianchera (Belica), Carbona, Leccio del Corno, Buga