PARTE INTRODUTTIVA
1. La cromatografia
La cromatografia fu inventata subito dopo l’inizio del secolo dal
botanico russo Mikhail Tswett, che successivamente la impiegò per
separare alcuni pigmenti vegetali, quali clorofille e xantofille. La
separazione fu ottenuta facendo passare soluzioni dei pigmenti
attraverso colonne di vetro impaccate con carbonato di calcio finemente
suddiviso. Le specie separate apparivano come bande colorate lungo la
colonna e da questo esperimento deriva il nome che Tswett scelse per il
metodo (in greco: chroma significa colore e graphein significa scrivere)
(Chromatography and Electrophotometric Methods, Part A,
Foundamentals, part B, Applications; 1983).
Il termine cromatografia viene oggi utilizzato per indicare tutta una
serie di tecniche analitiche di separazione di una miscela nei suoi
componenti, basata sulla distribuzione differenziale dei vari componenti
tra due fasi, di cui una fissa, detta anche fase stazionaria, e una mobile.
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Flusso di
fase mobile
Sistema di iniezione
o deposizione
del campione
Colonna
Cromatografica
Sistema di rivelazione
o dei componenti
eluiti
La cromatografia rappresenta oggi uno dei procedimenti di
separazione più efficaci, nessun altro metodo di separazione infatti è
così potente e di così generale applicabilità; la sua efficienza è di gran
lunga superiore alla distillazione frazionata o alla cristallizazione
frazionata.
In generale, il processo cromatografico può essere definito come un
metodo fisico nel quale i componenti da separare vengono a distribuirsi
tra due fasi, una fissa, detta stazionaria, costituita da un letto attraverso
il quale si muove una seconda fase detta mobile.
Il processo cromatografico è il risultato di una serie ripetuta di azioni
di adsorbimento e desadsorbimento durante il movimento dei
componenti di un campione attraverso la fase stazionaria, e la
separazione è dovuta alla differenza nei coefficenti di distribuzione dei
singoli componenti del campione nelle due fasi,cioè la diversa affinità
dei componenti per ciascuna fase.
Un dispositivo cromatografico può essere schematizzato con il
seguente schema a blocchi (Figura 1).
Figura 1
2.Classificazione delle tecniche cromatografiche
La classificazione delle tecniche cromatografiche viene fatta
considerando le caratteristiche della fase fissa e della fase mobile, le
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quali chiaramente influenzano il tipo di meccanismo su cui si basa la
distribuzione dei soluti tra le due fasi ovvero, in ultima analisi, il
processo separativo.
La fase stazionaria può essere disposta in una colonna
(cromatografia su colonna), e in questo caso la fase mobile è forzata a
passare sotto pressione o per gravità. In alternativa la fase stazionaria
può essere disposta su strato sottile (thin layer chromatography, TLC) e
la fase mobile si muove attraverso la fase stazionaria per azione di
capillarità o sotto l’influenza della gravità.
La fase stazionaria può essere solida o liquida. Nel caso in cui sia
liquida viene distribuita su un supporto inerte di adatta granulometria o
sulla carta; più di recente sono state introdotte fasi stazionarie non più
semplicemente fatte aderire meccanicamente ma legate chimicamente al
supporto inerte (fasi legate, Bonded Phase Chromatography, BPC).
La fase mobile può essere liquida o gassosa. A seconda delle
combinazioni tra i vari tipi di fase mobile e stazionaria le diverse
tecniche cromatografiche possono essere classificate in:
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CROMATOGRAFIA
LIQUIDA (LC)
Liquido-Liquido (LLC)
Ripartizione
(Colonna, Carta, TLC, HPLC)
Liquido-Solido (LSC)
Adsorbimento
(Colonna, TLC, HPLC)
GASCROMATOGRAFIA (GC)
Gas-Liquido (GLC)
Ripartizione
Gas-Solido (GSC)
2.1. La cromatografia liquida
Nella Cromatografia Liquida la fase mobile è un liquido ed in base
alla fase stazionaria usata e al processo di ripartizione applicato
esistono quattro processi distinti:
Cromatografia di ripartizione liquido-liquido: la fase stazionaria è
rappresentata da un liquido, immiscibile con la fase mobile, che
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impregna un supporto solido inerte; il meccanismo di separazione è
basato sulla diversa ripartizione di due o più soluti tra le due fasi liquide.
La cromatografia su carta può essere considerata una cromatografia
di ripartizione in quanto la cellulosa si comporta da supporto inerte cui è
sempre legata una certa quantità di acqua. Durante l’analisi la fase
mobile viene adsorbita sulla cellulosa ed essa, insieme all’acqua già
legata al supporto di cellulosa, costituisce la fase stazionaria.
Ovviamente le cromatografie di ripartizione possono essere eseguite
su colonna o su strato sottile (TLC).
La BPC (Bonded Phase Chromatography) è uno degli ultimi sviluppi
nelle fasi stazionarie; in questo caso la fase stazionaria non si limita ad
aderire semplicemente al supporto inerte (silice o farina fossile) ma
viene legata strutturalmente ad esso. Generalmente le fasi legate sono
apolari oppure la loro polarità è minore di quella della fase mobile.
Storicamente nei primi cromatografi liquidi la fase stazionaria era
costituita da silice (materiale molto polare) e l’eluizione veniva effettuata
con solventi apolari o poco polari poiché con solventi polari non si
verificherebbe separazione e l’analita fuoriuscirebbe con il fronte del
solvente: in pratica la fase mobile era meno polare della fase fissa e
questa situazione viene indicata come Cromatografia a Fase Normale.
La BPC, rispetto alla cromatografia a fase normale, dispone di fasi
fisse apolari; l’eluizione in questo caso deve essere effettuata con
solvemti polari. La BPC, nel caso in cui la fase stazionaria sia
effettivamente meno polare della fase mobile, viene anche chiamata
Cromatografia a Fasi Inverse.
Cromatografia Liquido-Solido o Cromatografia di Adsorbimento: la fase
stazionaria è rappresentata da un materiale solido costituito da particelle
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con grande area superficiale; il solido qui non è semplicemente un
supporto inerte, ma è in grado di adsorbire superficialmente i soluti. Il
meccanismo di separazione è quindi basato sull’adsorbimento
differenziale dei vari soluti.
I materiali utilizzati per la fase stazionaria sono allumina, silice
attivata (la si attiva mediante riscaldamento con conseguente
eliminazione dell’acqua adsorbita che impegnerebbe i siti attivi) e simili.
Cromatografia a Scambio Ionico: la fase stazionaria è costituita da un
supporto organico con gruppi ionici o ionizzabili legati ad essa (ad
esempio -SO3-). I gruppi ionici della resina trattengono mediante
interazioni elettrostatiche i controioni di carica opposta i quali possono
essere poi scambiati con gli ioni presenti nella fase mobile. Il
meccanismo di separazione è basato quindi sulla diversa affinità che i
vari controioni hanno nei confronti dei gruppi ionici della resina.
L’eluente è in genere una soluzione contenente ioni scambiabili, la
cui affinità per i gruppi ionici della resina deve essere inferiore a quella
degli ioni da separare. Questa tecnica può essere utilizzata in ambito
biochimico per separare ad esempio le proteine in base alla carica netta
ad un certo pH.
Cromatografia per Esclusione o Cromatografia per Filtrazione su Gel
(SEC): la fase stazionaria è costituita da un materiale poroso, con pori
delle dimensioni delle molecole da separare, ne sono un esempio i
setacci molecolari inorganici tipo zeoliti, oppure polimeri organici di
porosità controllata, regolata dal grado di reticolazione.
Le molecole più grandi sono escluse da tutti i pori mentre le più
piccole si distribuiscono nella soluzione acquosa sia all’interno dei
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granuli sia intorno ad essi. In questo modo le molecole grandi si
muovono velocemente attraverso la colonna mentre le piccole sono
trattenute dalla fase stazionaria poiché permeano all’interno.
Questa tecnica è utilizzata usualmente per separare macromolecole
come polimeri, proteine, ecc.
Per l’applicazione di queste tecniche viene utilizzato il cromatografo
liquido ad elevata risoluzione.
Oggi la cromatografia liquida su colonna si identifica con la
cromatografia HPLC (High Performance, o High Pressure Liquid
Chromatography).
In HPLC sono utilizzate colonne chiuse, riutilizzabili, impaccate con
materiali di granulometria molto fine (5-10 μm) e controllata,
aumentando quindi la superficie di contatto tra la fase mobile e la fissa e
rendendo più omogeneo l’impaccamento. Questi miglioramenti rendono
quindi possibile l’uso di colonne di dimensioni limitate, inoltre l’iniezione
del campione è resa semplice e riproducibile da adatti dispositivi
(iniettori).
Il flusso dell’eluente attraverso colonne a granulometria così fine
risulta estremamente lento per cui l’uso di queste colonne richiede che
la fase mobile venga fatta fluire ad alta pressione (da cui High Pressure
Liquid Chromatography). Con l’impiego di pompe particolari, capaci di
applicare pressioni dell’ordine di 50-150 atmosfere, diventa possibile
ottenere flussi di alcuni millilitri al minuto, sufficenti a permettere
l’ottenimento dei cromatogrammi in tempi ragionevolmente brevi.
Le tecniche di rilevazione dei soluti nella soluzione eluita sono di tipo
strumentale (rivelatori UV, a indice di rifrazione, ecc.).
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3.Il Processo Cromatografico
Durante lo sviluppo di un cromatogramma vengono alla luce le due
caratteristiche principali del processo cromatografico:
- migrazione differenziale lungo la colonna dei vari composti
contenuti nel campione;
- allargamento della banda che le molecole di ogni soluto occupano
lungo la colonna man mano che esse migrano.
3.1.Migrazione Differenziale
Il concetto di migrazione differenziale dei soluti ed il concetto di
selettività della colonna sono strettamente legati, infattil’efficacia di una
colonna cromatografica come mezzo per separare due soluti dipende in
parte dalle velocità relative a cui le due specie sono eluite. Queste
velocità sono a loro volta determinate dai rapporti di ripartizione dei
soluti tra le due fasi.
La migrazione differenziale dei soluti sta quindi alla base del
processo di separazione cromatografico, infatti senza differenza nelle
velocità di migrazione dei vari composti la separazione non è possibile.
La migrazione differenziale dei soluti deriva dagli equilibri di
distribuzione dei diversi composti (indicati con A e B nella figura 2) fra
le particelle della fase stazionaria e l’eluente liquido che costituisce la
fase mobile.
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Figura 2. Separazione ipotetica di una miscela dei componenti A e B mediante
eluizione cromatografica su colonna e relativo segnale di uscita del rivelatore ai vari
stadi di eluizione.
La velocità con cui il composto X si muove lungo la colonna è
determinata dalla frazione di molecole del composto che si trovano nella
fase mobile ad ogni istante, poiché le molecole di soluto sono impegnate
in interazioni con la fase stazionaria.
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