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INTRODUZIONE
La necessità dell’uomo di sopravvivere in ambienti ricchi di pericoli sia naturali che
derivanti da altri esseri umani, ha fatto nascere in tutto il mondo diversi approcci per
potersi difendere in modo efficace. La nascita e lo sviluppo di discipline di
combattimento è un fenomeno che ha sempre accompagnato la civiltà umana sin
dall’antichità dove era necessario sapersi difendere da nemici pronti a conquistare nuovi
territori e garantire la sopravvivenza delle persone. Le arti venivano tramandate da
generazione in generazione permettendo di sviluppare tecniche e strategie alternative
sempre più efficaci. Oggi, invece, l’insegnamento di queste discipline prendono posto
anche nelle attività sportive e nelle competizioni. La pratica di sport e arti marziali
consente alle persone di esplorare un mondo che riguarda sia la difesa personale in sé
sia la crescita personale. Attraverso la pratica di queste arti, gli atleti si mettono a
confronto con le proprie abilità e i propri limiti che impareranno a superare poco a poco
usando tutte le loro energie per sviluppare nuove strategie per migliorarsi. Attraverso il
combattimento, l’atleta impara ad affrontare gli ostacoli con determinazione e nel
rispetto delle regole, superando anche le proprie paure e insicurezze. Il contatto fisico
tra gli atleti consente di prendere consapevolezza del proprio corpo e di quello delle
altre persone, gestendo le emozioni, il dolore e le reazioni interne, ma anche
controllando i propri comportamenti i quali hanno sempre delle conseguenze. Infatti, il
controllo della forza e delle tecniche servono proprio per evitare di provocare danni agli
atleti. Nonostante molti sport di combattimento sembrino sport individuali in quanto
nelle competizioni gli atleti combattono da soli, in realtà l’insegnamento e la pratica
vede un costante scambio di interazioni con gli altri basate sulla disciplina e sul rispetto
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soprattutto con gli allievi più anziani e con i maestri. Per questo motivo le discipline
sportive non sono solo insegnamenti di tecniche e di movimenti, ma sono soprattutto
insegnamenti di vita.
Nel lavoro qui presente verranno esaminate brevemente la storia delle arti marziali, la
nascita e lo sviluppo della Kick-boxing, mentre in maniera più approfondita verranno
presi in considerazioni regolamenti vigenti delle specialità all’interno di questo sport
marziale, lo strumento CBA-Sport e successivamente verranno analizzati i dati
riguardanti le statistiche di maggior rilievo.
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CAPITOLO I
Le arti marziali
1.1. Breve inquadramento storico delle arti marziali
Esaminare tutta la storia delle arti marziali e il suo sviluppo è un’impresa molto
complessa data, da una parte, dalla vastità di tipologie di discipline marziali e da
documenti al riguardo, dall’altra, una difficoltà a classificare questi documenti in base
alla loro attendibilità. Possiamo invece affermare che l’evoluzione dell’uomo è sempre
stata affiancata dall’esigenza e dal bisogno di sopravvivere non solo in un ambiente
saturo di pericoli, ma anche da conflitti di natura militare o meno. Saper combattere tra
uomini è diventa un’esigenza che ha portato alla creazione di discipline e scuole di
addestramento in tutto il mondo, al fine di tramandare la propria arte e garantire la
sopravvivenza dei praticanti. A fianco della necessità di sapersi difendere,
successivamente le discipline di combattimento hanno assunto un ruolo importante
anche nelle competizioni sportive. In questa sede verranno riportate in modo generale le
principali discipline di combattimento nate e sviluppate nel mondo al fine di ottenere un
inquadramento sia storico che geografico.
Nell’Africa, le arti da combattimento sono state un’esigenza fin dai tempi degli Egizi
che dovevano respingere gli attacchi nemici, tuttavia il loro sistema di combattimento
restò isolato per molti anni a causa della loro posizione geografica (Green, 2001). La
prima evidenzia di sistemi di combattimento senza armi risale al Medio Regno (2040 -
1785 a.C.) dove tecniche di lancio, pugni, calci e prese sono visibili nei muri delle
tombe di Beni-Hassan. Invece, tra le altre popolazioni africane più note, gli Zulu
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combattevano con mazze, per tecniche a breve distanza, lance, per combattimenti a
distanza più elevata, e scudi per proteggersi dagli attacchi avversari.
Nell’antica Grecia, invece, dove ebbero origine i giochi olimpici, comparve la Boxe
europea. Gli antichi pugilisti greci e romani svilupparono l’arte dell’usare i pugni contro
l’avversario mentre indossavano cinghia di pelle avvolte attorno alle mani e ai polsi. La
Boxe fu importata anche nel Colosseo dove i gladiatori davano spettacolo delle proprie
abilità, fino a quando non furono introdotte le armature pesanti, che rendevano obsoleto
questo genere di combattimento. Tuttavia l’introduzione delle armi da fuoco, che
penetravano le armature, fecero rinascere questa disciplina. Le armi da fuoco
cambiarono il modo di vedere la difesa personale sia in termini militari che come abilità
di combattimento introducendo nelle arti anche tecniche e strategie per contrastare
avversari armati. Ancora oggi molte arti prevedono tecniche di difesa da armi da fuoco.
Per quanto riguarda la Russia, Anatolij Kharlampiev sviluppò intorno al 1920 un’arte di
autodifesa senza armi prendendo spunto da tecniche provenienti dalla lotta greco-
romana, dalla lotta russa e dal judo. Il risultato fu un sistema di combattimento così
efficace che quando fu introdotto insegnandolo ai praticanti di judo, la Russia vinse
ogni incontro. La Russia, in questo modo, fu la prima a battere i giapponesi al loro
sport, il judo, nelle olimpiadi del 1972.
La storia dello sviluppo delle arti marziali in Giappone, invece, è vecchia quanto la sua
storia. Attraverso le guerre, in Giappone le arti marziali prendono un ruolo
fondamentale attorno alle quali si delinea la storia politica e culturale del paese.
L’arsenale dei guerrieri giapponesi comprendevano molte armi, alcune delle quali
ancora presenti nelle arti moderne, delle quali la più famosa è la katana, una spada a
lama singola ricurva che rappresenta l’anima del guerriero (Green, 2001). Il Judo è uno
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sport che si sviluppò in Giappone da alcune tecniche di Jiu-jitsu, scelte per la loro
efficacia e sicurezza nelle competizioni dal suo fondatore Dr. Kanô Jigorô, il quale
determinò le regole e portò questo sport al di fuori del Giappone nei primi anni del
Novecento (Shohei, 2013). Esso comprende tecniche di lancio, bloccaggio, di
lussazione e di attacco, prevede esercizi formali come i kata e metodi di rianimazione.
La International Judo Federation (IJF) classifica le tecniche in tre categorie: i lanci o
nage waza, i controlli o katame waza e calci o atemi waza, tuttavia quest’ultime non
sono ammesse durante le competizioni.
Il Ninjutsu, tradotto “tecnica della furtività” o “arte dell’invisibilità”, fu introdotto tra il
settimo e l’ottavo secolo, anche se i primi resoconti di attività ninja sono privi di
fondamento (Green, 2001). I praticanti venivano addestrati ad intrufolarsi nei territori
nemici e raccogliere informazioni sulle truppe, sulle armi e sulle fortificazioni. I testi sul
Ninjutsu appaiono molto più tardi rispetto a quelli che descrivono le tecniche, circa nel
1655 con il Ninpiden, una collezione di documenti e tecniche, ignorando la tradizione
basata sulla trasmissione orale dei segreti di questa arte. Completare la propria missione
e sopravvivere per poter trasmettere le informazioni raccolte era la priorità essendo
sostanzialmente delle spie, quindi le tecniche sono state sviluppate per garantire la
sopravvivenza. Venivano insegnate tecniche di occultamento per nascondere oggetti
rubati, tecniche di camuffamento per passare inosservati e varie forme di fuga basate
sulla conoscenza del comportamento animale. Per potersi difendere da eventuali
attacchi, i ninja venivano addestrati nelle arti marziali e nell’uso di molte armi tra cui
spada, lancia, arco e oggetti da lancio (shuriken) come coltelli o stelle a 3, 4, 6 o 8
punte. Praticavano inoltre equitazione, nuoto, corsa, controllo del respiro e varie forme
di camminata per evitare di essere rilevati. Gli studiosi di Ninjutsu notarono forme di
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canto, formule magiche, incantesimi e mudra (gesti delle mani) al fine di focalizzare il
proprio potere mentale e ricevere la protezione divina. Dopo la seconda guerra
mondiale, l’insegnamento del Ninjutsu venne reso internazionale, incorporando tecniche
di altre arti marziali.
L’Aikido è una sistema marziale di derivazione giapponese sviluppato da Ueshiba
Morihei (1883–1969) nel quale si reindirizza l’energia dell’attaccante attraverso delle
tecniche che permettano di difendersi in modo strategico. (Goodman, 2012). L’Aikido
non si basa sui principi della violenza, anzi la maggior parte delle tecniche sono state
sviluppate sul fatto che la prima mossa la compie l’aggressore. Lo scopo è il bloccaggio
dell’avversario seguendo le basi dello yin e yang, la filosofia universale in cui il bene e
il male non sono due entità distinte, ma in una è contenuta l’altra. Secondo questa base
filosofica, la forza non viene contrastata con la forza altrimenti si crea disarmonia. La
stessa forza (yang) deve essere assorbita con un movimento (yin) prima di applicarne
una forza per ristabilire l’armonia o dividere un disequilibrio.
In Cina una delle attività marziali più antiche riguarda la Boxe Cinese (dal ventunesimo
al sedicesimo secolo a.C.) praticata dalle giovani classi dirigenti dove erano presenti
tecniche di pugno e di gambe, prese e proiezioni. Erano presenti delle qualificazioni in
tecniche a mani nude contro armi da taglio, sviluppando abilità di combattimento per
necessità di sopravvivenza. Nata e sviluppata presso i templi dei monaci Shaolin, nei
quali si studiava anche matematica, letteratura e si sviluppavano abilità marziali, questa
arte era una necessità in quanto la difesa dei piccoli villaggi da ladri e assassini era
autogestita. Le origini del Karate risalgono anch’esse in Cina dopo che la Boxe cinese
fu modificata verso la metà del XIX secolo per poi essere introdotta in Giappone nel
1922, dove si sviluppò nel tempo nel moderno sport. Il karate si originò dalla sintesi di