Introduzione
Introduzione
“Si, amici miei, credo davvero che un giorno l’acqua sarà impiegata come
propellente e che l’idrogeno e l’ossigeno di cui essa è composta, impiegati
singolarmente o assieme, forniranno un’inesauribile fonte di calore e luce, e di
un’intensità assai maggiore di quella del carbone… sarà l’acqua il carbone del
futuro”.
Jules Verne, 1874
Con questa affermazione Jules Verne, in un suo libro del 1874, l’Isola Misteriosa,
sembrerebbe voler predire il futuro di un mondo alimentato ad idrogeno.
Immaginare un mondo alimentato da una fonte di energia pulita e, soprattutto,
abbondante in natura, stimolò e stimola ancora la parte futurista ed ambientalista che c’è
in ognuno di noi. L’idrogeno è l’elemento chimico più semplice e leggero esistente in
natura: formato soltanto da un protone ed un elettrone, compone il 90% degli atomi del
nostro universo. Se fosse davvero possibile trovare una fonte inesauribile di idrogeno
probabilmente vedremmo risolti tutti i problemi derivati dal reperimento delle fonti di
energia e avremmo sicuramente un mondo più pulito e vivibile di quello attuale.
Purtroppo per noi, l’idrogeno nativo non è presente nell’ambiente circostante,
questo a causa della sua elevata capacità di legarsi agli altri elementi. Non essendo una
fonte di energia, l’idrogeno non può che essere considerato un vettore energetico che
abbisogna di energia per essere prodotto. Prima di analizzare il “combustibile
idrogeno”, da tanti definito “del futuro”, è necessario fare una panoramica sulle
problematiche attuali del settore energetico.
L’energia preoccupa le persone solamente quando è scarsa: tutti noi ricordiamo i
gravi disagi che abbiamo subito, come fruitori di energia elettrica, durante la nota crisi
della scorsa estate e dell’estate precedente. Il non poter usare l’energia elettrica per
accendere una lampadina, per rinfrescare la nostra stanza, per far funzionare un
dispositivo elettro-medicale, ci ha reso coscienti di quanto importante sia l’energia per
2
Introduzione
la nostra vita. Il nostro stile di vita cambierebbe radicalmente se non ci fosse l’energia
che attualmente alimenta le nostre vite: i beni e i servizi che oggi sembrano banali non
potrebbero essere prodotti, le automobili e gli aerei non si metterebbero in moto, non
avremmo riscaldamento, né elettricità per alimentare i nostri elettrodomestici e i nostri
computers. Se l’accendere una semplice lampadina per illuminare la stanza diventasse
meno ovvio, probabilmente inizieremmo a chiederci cosa ci sia dietro quell’interruttore
che ci dona la luce quando il buio avanza.
Le più recenti proiezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia
1
, per il periodo
fino al 2030, delineano un futuro in cui il consumo energetico continua a crescere
inesorabilmente e in cui i combustibili fossili continuano a predominare il mix
energetico. I paesi in via di sviluppo, infatti, si avvicinano sempre più ai consumi dei
paesi O.C.S.E.
2
aumentando di conseguenza la richiesta di energia globale.
Le risorse energetiche della Terra sono indubbiamente sufficienti a far fronte
all’aumento della domanda di energia per i prossimi trent’anni, o anche più, ma si
pongono gravi preoccupazioni circa la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la
minaccia di danni ambientali irreversibili dovuti alla produzione e all’uso dell’energia e,
non ultimo, il disuguale accesso all’energia moderna da parte delle varie popolazioni del
mondo.
Dopo il controshock petrolifero del 1986, l’Europa sembra beneficiare di una
relativa abbondanza energetica, grazie in particolare al programma elettronucleare di
alcuni paesi come la Francia, il Belgio o la Spagna o alla penetrazione del gas naturale
su mercati importanti come quelli del riscaldamento e dell’elettricità, ma il futuro
potrebbe essere meno roseo. Le risorse energetiche interne che garantiscono oggigiorno
la metà del nostro fabbisogno si esauriscono, mentre i consumi aumentano.
Loyola de Palacio, vicepresidente dell’ultima Commissione europea, evidenzia
come, nel giro di 20-30 anni, in assenza di interventi, l’impatto ambientale dell’energia
diventerà insostenibile e la dipendenza esterna aumenterà fino a raggiungere in media il
70 %, ma sarà del 90 % per i prodotti petroliferi. Questa situazione ci rende vulnerabili
soprattutto a causa della concentrazione della dipendenza economica da alcune energie,
1
I.E.A International Energy Agency
2
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD Organization for Economic
Cooperation and Development)
3
Introduzione
come il petrolio e il gas naturale, quindi da alcuni paesi esportatori come la Russia per il
gas naturale e il Medio Oriente per il petrolio.
Come se non bastasse, la produzione e il consumo di energia sono responsabili della
quasi totalità delle emissioni antropiche di anidride carbonica, considerata il più
pericoloso, poiché il più abbondante, gas serra. Emissioni che stanno cambiando il
clima del pianeta in cui viviamo e potranno portare a conseguenze, in parte calcolabili e
in parte no, drammatiche per la vita delle generazioni future.
Il consumo di energia, quale che sia la fonte che l’ha generata, crea delle
“esternalità” negative che è necessario calcolare per avere coscienza del vero benessere
che ci viene donato.
Il petrolio è, ad oggi, la fonte energetica più economica e comoda esistente.
Attualmente viene prodotto e venduto ai consumatori ad un prezzo vicino ai 50 dollari
al barile; barile che sprigiona un’energia utile all’uomo in molti modi, la stessa energia
che ha permesso lo sviluppo della società odierna e del benessere di cui noi tutti
beneficiamo.
Il problema dell’esaurimento delle riserve di petrolio, e del conseguente aumento dei
prezzi, è un dato di fatto che bisogna affrontare nonostante la comunità scientifica sia
ancora spaccata tra chi sostiene che il raggiungimento del picco produttivo si avrà a
breve termine, e chi invece fa delle previsioni a lungo termine: tra 30-40 anni. Sia che si
accettino le tesi degli ottimisti o che si accolgano i pensieri degli ottimisti, la realtà
rimane la stessa: il petrolio è destinato ad un lento, ma inesorabile, esaurimento.
Si prefigura quindi, per le ragioni suddette, la necessità di realizzare una
conversione energetica che porti allo sfruttamento di nuove risorse e che renda
possibile, al contempo, di evitare gravi problemi economici dovuti all’esaurimento delle
risorse non rinnovabili ed all’eccessivo aumento del loro costo. La conversione deve
permettere, peraltro, di limitare l’impatto ambientale e consentire ai vari paesi del
mondo più sicurezza nell’approvvigionamento energetico, senza però limitare la
quantità di energia necessaria a soddisfare tutti i bisogni umani ed economici.
Negli anni più recenti la letteratura, sia scientifica che divulgativa, sull’utilizzo
dell’idrogeno è aumentata a dismisura, facendo sì che esso sia visto come il
combustibile prescelto per l’economia del futuro. Indubbiamente l’idrogeno possiede
delle qualità uniche e potrebbe teoricamente risolvere tutti i problemi prodotti
4
Introduzione
dall’attuale sistema energetico. E’ un elemento molto comune, lo si può ottenere da
quasi tutte le fonti energetiche, comprese le rinnovabili, e potrebbe quindi essere
prodotto dovunque con le fonti presenti in ogni paese, rendendo i paesi utilizzatori liberi
da qualunque emissione inquinante. Nel caso specifico delle risorse rinnovabili
consentirebbe, attraverso il suo stoccaggio, di risolvere il problema della loro
intermittenza, rendendo disponibile l’energia anche nei momenti di “assenza” della
fonte rinnovabile (ad esempio durante le ore notturne per l’energia solare).
L’idrogeno, però, non è la panacea ai mali del mondo. E’ importante sottolineare
nuovamente come esso sia un mero vettore che necessita di energia per essere prodotto,
quindi può essere “pulito” o “sporco” così come lo è la fonte energetica che è stata
utilizzata nel processo produttivo. Inoltre dato che l’idrogeno deve essere scisso da altre
fonti, e questo processo consuma energia, si deve valutare l’effettiva efficienza di
questo passaggio, rispetto all’utilizzo diretto delle fonti energetiche. Valutare, quindi, se
le molte opportunità offerte dall’idrogeno (aumento rendimenti delle applicazioni) siano
in grado di compensare le inevitabili perdite termodinamiche che il processo richiede.
Qualora sia possibile un’economia all’idrogeno, dal punto di vista fisico-tecnico, è
necessario peraltro fare i conti con le situazioni di lock-in generate dalle tecnologie “del
petrolio”. Questi aspetti di teoria economica applicata all’idrogeno saranno visti nella
parte III di questa tesi, intitolata “L’Idrogeno e la Teoria Economica”, in cui sarà fatta
una panoramica dei vari pensieri economici, da quello neoclassico a quello
termodinamico (Georgescu-Roegen), legati al contesto del cambiamento tecnologico e,
più in particolare, della transizione verso l’idrogeno.
L’ultima parte di questa tesi è invece dedicata all’esempio di intervento pubblico,
nel settore dei trasporti ad idrogeno, datoci dal Comune di Torino e dalla G.T.T.
Torinese. Questa parte è stata resa possibile dall’aiuto congiunto di due responsabili
della Centrale Operativa della G.T.T., l’ing. Eandi e l’ing. Zanini, che hanno permesso
il reperimento del materiale riguardante il progetto e la visita alla stazione di
rifornimento costruita nel comune di Torino.
Nelle pagine che seguiranno si cercherà, in definitiva, di mettere in luce i punti
critici dell’attuale sistema energetico per poi passare all’analisi delle varie soluzioni
offerteci dall’Idrogeno. Soluzioni che, peraltro, verranno visionate con sguardo critico,
cercando di non cedere alle “utopie” che sono nate intorno all’economia all’Idrogeno.
5
Dipendenza
1. Dipendenza
L’I.E.A.
3
, in un suo recente studio, arriva alla considerazione che il volume del
commercio internazionale di energia crescerà rapidamente. In particolare avremo un
aumento notevole delle importazioni da parte delle regioni a maggior consumo di
petrolio e metano. Questo maggior consumo andrà ad aumentare, di conseguenza, la
reciproca dipendenza fra le nazioni produttrici e quelle consumatrici.
Lo sviluppo di un paese, o di una comunità di paesi, non è definibile “sostenibile” se
tale paese importa una alta percentuale di energia dall’estero. Per essere davvero
sostenibile, la struttura economica e produttiva del paese dovrebbe essere commisurata
alle risorse energetiche che ha a disposizione: una volta analizzate, il paese, dovrebbe
organizzarsi e strutturarsi sulla base delle analisi fatte, non cercare di ovviare
all’insostenibilità rivolgendosi all’estero. Infatti se i paesi dotati di notevoli risorse
energetiche decidessero di tenere per se stessi la risorsa, l’economia del paese
dipendente crollerebbe in pochissimo tempo, come un castello di sabbia.
Nel corso di lenti processi durati centinaia di milioni di anni, una piccola parte
dell’energia accumulata dalle piante nel processo di fotosintesi si è immagazzinata nel
sottosuolo sottoforma di carbone, petrolio e gas naturale. L’uomo ha imparato con il
tempo ad utilizzare questa forma di energia: sono passati solo 150 anni da quando ha
iniziato ad usare i combustibili fossili per alimentare le proprie attività.
Senza i combustibili fossili il mondo non avrebbe mai raggiunto i livelli di sviluppo
attuali e l’uomo non potrebbe beneficiare dello stile di vita a cui è stato abituato.
L’affidamento che si è dato nei confronti di questa risorsa è stato sempre più alto tanto
da raggiungere livelli “critici”.
Come evidenziato nel Libro Verde della Commissione Europea
4
, la dipendenza
verso i combustibili fossili del mondo, ma più in particolare dell’Europa e dell’Italia, è
altissima: il 41% del fabbisogno energetico del nostro continente viene soddisfatto dal
petrolio, il 22% dal gas naturale e il 16% dal carbone. In totale circa l’80% delle
3
I.E.A., 2002
4
Commissione Europea, “Libro Verde: Verso una strategia europea di sicurezza
dell’approvvigionamento energetico”, Lussemburgo 2001
6
Dipendenza
richieste energetiche viene soddisfatto grazie all’utilizzo dei combustibili fossili, nelle
tre forme conosciute.
L’uso dei combustibili fossili, nonostante l’alto numero di vantaggi economici che
possiede, presenta una serie di inconvenienti
5
:
• Le riserve di combustibile sono distribuite disegualmente fra i Paesi del mondo;
• I combustibili vengono consumati a un tasso di gran lunga superiore a quello della
loro rigenerazione naturale;
• Il loro consumo comporta gravi danni all’ambiente.
Per quanto riguarda il primo punto si deve ricordare che l’Unione Europea, più in
particolare l’Italia, non è ricca di risorse interne e la loro estrazione risulta, dove è
possibile, più cara che nelle altre parti del mondo.
Il settore dei trasporti dipende per il 90% dai combustibili fossili, ci si riferisce in
particolare al petrolio e al metano. Questo dato di fatto, unito alla consapevolezza di non
possedere risorse interne sufficienti a soddisfare la domanda, ci rende dipendenti
dall’estero nell’approvvigionamento energetico.
5
Di Fazio: “Le connessioni fra la guerra dei Balcani e la crisi energetica prossima ventura”, 1999
7
Dipendenza
Inoltre, la distribuzione diseguale delle risorse fossili determina una situazione
squilibrata e politicamente destabilizzante a livello globale. La seguente cartina
6
offre
una chiara spiegazione di quanto detto finora:
Le riserve maggiori di petrolio e gas naturale si trovano infatti in Medio Oriente,
Russia, Mar Caspio, Nord Africa e Venezuela. E’ un fatto che il 70% del petrolio
mondiale si trovi nei Paesi aderenti all’O.P.E.C.
7
; organizzazione che in questo
momento possiede un potere enorme sulla scena internazionale (potere peraltro mitigato
solo da altri paesi esportatori, quali gli Stati Uniti d’America e la Russia).
Non a torto la Commissione Europea
8
ammette che “la dipendenza energetica è il
tallone d’Achille dell’economia europea”. Chiaramente i problemi della dipendenza
esterna variano a seconda dei prodotti energetici: Per il carbone e l’uranio non vi sono
problemi poiché il mercato mondiale è molto fluido, ben distribuito geograficamente e
6
Fonte: www.eniscuola.it
7
Organization of Petroleum Exporting Countries
8
Commissione Europea, 2001, “Libro Verde: Verso una strategia europea di sicurezza
dell’approvvigionamento energetico”, Luxemburg
8
Dipendenza
senza tensioni sui prezzi; viceversa il mercato del petrolio e del gas naturale è molto
fragile e le riserve sono ripartite in modo disuguale.
Le fluttuazioni di prezzo possono incidere gravemente sull’economia, attraverso
l’aumento dell’inflazione “da costi”, è lecito quindi chiedersi cosa succederà quando la
domanda energetica esploderà nei paesi in via di sviluppo. Gli attuali fornitori
dell’Unione non sono numerosi, sostanzialmente dipendiamo dal Medio Oriente per il
petrolio e dalla Russia e dal Nordafrica per il gas. Inoltre le forniture vengono pagate in
dollari statunitensi, generando problemi di rischio di cambio. A ciò dobbiamo
aggiungere i rischi fisici e politici legati al transito dei prodotti energetici verso
l’Europa, più importanti per il gas che per il petrolio. Le considerazioni geopolitiche
dovrebbero prevalere su quelle meramente economiche ed è un fatto che, nella
situazione attuale, il livello di vulnerabilità del sistema è alto.
Il problema fondamentale è che la nostra società è abituata a consumare più energia
di quanta può, ragionevolmente, produrne. La crescita del consumo di elettricità, di
trasporti, di richiesta di calore, è dovuta soprattutto alle famiglie e al settore terziario.
L’industria, fortunatamente, ha stabilizzato il suo consumo grazie ad investimenti di
ammodernamento e i trasporti sono quindi diventati il settore chiave per la domanda di
energia. Il trasporto assorbe il 67%
9
della domanda finale di petrolio da cui è totalmente
dipendente (al 98%), inoltre le previsioni di crescita da ora al 2010 sono quantomeno
incredibili: +16% per le automobili, +90% per gli aerei, +50% per il traffico stradale.
Secondo il Consiglio Mondiale dell’Energia
10
la domanda mondiale dell’energia
crescerà del 50% nei prossimi 20 anni, per cui “tutte le nazioni industrializzate si
rendono conto che si debba perseguire una diversificazione dei combustibili… e che
nessuna fonte d’energia dovrà essere trascurata per arbitrarie ragioni politiche”.
Il problema della dipendenza dai combustibili fossili è importante e diventa
drammatico se unito al discorso dell’esaurimento delle riserve. I pareri sotto questo
punto di vista rimangono diversi: c’è chi prevede un rapido esaurimento delle riserve
con conseguenze drammatiche per l’economia mondiale e chi, invece, prevede un
lentissimo deperimento con ripercussioni secondarie sullo scenario economico
mondiale.
9
Commissione Europea, 2002, fascicolo: “Energia: Controlliamo la nostra dipendenza”, Luxemburg
10
WEC, World Energy Council
9
Dipendenza
Sia che si accettino le tesi degli ottimisti, sia che si preferiscano quelle dei pessimisti
è necessario fare una distinzione tra esaurimento fisico della risorsa ed esaurimento
economico.
L’esaurimento fisico si ha quando la risorsa, limitata, su cui si fa affidamento si
esaurisce cioè quando viene consumata totalmente. L’esaurimento economico è invece
qualcosa di diverso che può non coincidere con l’esaurimento fisico. Nel caso specifico
del petrolio e dei combustibili fossili, l’esaurimento economico precede di gran lunga
l’esaurimento fisico: esso infatti si riferisce all’estrazione economicamente accettabile
di una risorsa.
Per chiarire questo concetto è necessaria una panoramica degli studi effettuati, ormai
più di 40 anni fa, da un geologo americano, King Hubbert (1903-1989).
10
L’esaurirsi delle risorse – La curva di Hubbert
2. L’esaurirsi delle risorse
I campi di utilizzo dei derivati del petrolio, più in generale dei derivati dei
combustibili fossili, sono pressoché illimitati ed abbracciano tutti i settori economici.
Sfortunatamente, il sangue che scorre nelle vene del mondo non è illimitato e non è
neanche pulito: da quando James Watt diede il via all'epoca dei combustibili fossili e
alla rivoluzione industriale, inventando il motore a vapore alimentato carbone, i livelli
di CO2 (considerato il più rilevante gas serra) presente nell'atmosfera sono saliti da 280
a 370 p.p.m.
11
causando, secondo alcuni esperti, un aumento di 0,6 °C delle temperature
medie globali nell'ultimo secolo.
Tralasciando per ora i, seppur importanti, problemi ambientali si deve ricordare che
l'energia prodotta dai combustibili fossili è un'energia esauribile. Una fonte esauribile è
caratterizzata dal fatto che la sua produzione aumenta col passare del tempo
raggiungendo il picco quando è stata estratta la metà delle riserve sfruttabili. Una volta
raggiunto questo punto, la produzione scende seguendo una distribuzione gaussiana
conforme alla classica curva a campana elaborata da Hubbert.
2.1 La curva di Hubbert
Il prof. Ugo Bardi, autore del celebre libro “La fine del petrolio”
12
, dà una
spiegazione esaustiva della curva. Per le finalità del mio studio cercherò di sintetizzare
la spiegazione dello studio di Hubbert, basandomi sulle considerazioni fatte dal prof.
Bardi nel suo libro.
Secondo lo studioso americano, la produzione di una risorsa minerale segue una
“curva a campana”. Il picco di questa curva è il punto di massima produzione, una volta
11
Parti per milione
12
Bardi U., 2003,“La fine del petrolio; combustibili fossili e prospettive energetiche nel XXI secolo”,
Firenze
11
L’esaurirsi delle risorse – La curva di Hubbert
superato la produzione comincia inesorabilmente a diminuire. Il petrolio quindi, e più in
generale le risorse fossili essendo risorse minerarie, seguono quest’andamento.
Gli studi di Hubbert non sono solo delle previsioni sull’andamento della produzione
di una determinata risorsa, sono anche una descrizione di casi storici ben noti. Il primo
caso, che ha messo in luce l’andamento produttivo “a campana”, è stato il caso della
produzione di olio di balena degli Stati Uniti nel diciannovesimo secolo. Più evidente,
poiché si hanno dati certi, è il caso della produzione di carbone in Pennsylvania negli
Stati Uniti d’America. Il grafico sottostante ci mostra infatti l’andamento produttivo di
tale risorsa:
Ad ogni modo il caso di maggiore interesse, data l’attuale dipendenza dei paesi
industrializzati verso questa risorsa, è quello del petrolio negli Stati Uniti: La
produzione petrolifera americana ha mostrato il suo picco nel 1970, ed è
inesorabilmente diminuita a partire da questa data. Il grafico ci evidenzia,
oggettivamente, questa realtà empirica:
12
L’esaurirsi delle risorse – La curva di Hubbert
Già negli anni ’60 gli studi effettuati da Hubbert, avevano previsto l’arrivo del picco
produttivo degli Stati Uniti per il 1970. Queste previsioni, peraltro, erano state prese con
scetticismo e Hubbert era stato accusato di essere un folle visionario: come sempre
succede in questi casi la rivalutazione del suo pensiero si ebbe solamente quando nel
1970 le sue previsioni si verificarono, come abbiamo notato nel grafico precedente.
Altri picchi storici, per quanto riguarda la produzione petrolifera, sono stati osservati
nell’Unione Sovietica nel 1990 e un altro nel mare del Nord nel 1999. Non sempre è
possibile osservare dei picchi netti e curve chiaramente “a campana”. In generale, si può
dire che la curva di Hubbert si osserva quando l’estrazione della risorsa avviene in
condizioni di libero mercato. Se siamo in presenza di un mercato monopolistico,
oligopolistico o in un mercato ove persistono dei cartelli tra paesi produttori,
l’andamento della curva produttiva potrà assumere un andamento irregolare e mostrare
diversi punti di picco. Questo sembrerebbe il caso della produzione da parte dei paesi
che aderiscono all’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC).
Lo scopo principale di Hubbert dello studio della campana produttiva di una risorsa
mineraria è stato la creazione di un modello puramente empirico; solo in seguito,
chiarificando le ragioni del comportamento della curva, è stato utilizzato come
strumento di previsione. Il ciclo di Hubbert è il risultato logico di come i fattori
economici operano quando si trovano ad avere a che fare con una risorsa fisicamente
limitata: questo è il caso di una risorsa minerale non riciclabile come il petrolio. Se non
vi sono le condizioni precedentemente elencate, se ci troviamo quindi in un’economia di
mercato, la curva a campana di Hubbert risulta quindi inevitabile per la risorsa petrolio
(peraltro è si è già verificata in diversi paesi: abbiamo già evidenziato il caso degli Stati
Uniti). In definitiva si possono distinguere diverse fasi nel ciclo di Hubbert:
I. Espansione Rapida: inizialmente, la risorsa è abbondante e bastano modesti
investimenti per estrarla. In questa fase, la crescita della produzione è
esponenziale;
II. Inizio dell’esaurimento: Le riserve superficiali, di facile estrazione ovvero quelle
meno costose, vengono estratte. Con l’esaurirsi di queste, comincia a essere
necessario sfruttare risorse che richiedono investimenti sempre più consistenti per
13
L’esaurirsi delle risorse – La curva di Hubbert
la loro estrazione. In questa fase la produzione continua a crescere, ma in maniera
meno decisa;
III. Picco e declino: L’esaurimento anche delle risorse ad accessibilità media rende
necessario l’investimento in nuovi macchinari e tecnologie, per raggiungere le
profondità maggiori. Gli investimenti necessari diventano troppo elevati e non più
sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e poi
comincia a declinare;
IV. Declino finale: Questa è la fase caratterizzata dall’assenza di nuovi investimenti
significativi. La produzione continua, ma il declino procede fino a che non diventa
talmente ridotta da cessare completamente. Attenzione però, perché un aumento
considerevole dei prezzi della risorsa potrebbe rendere economicamente possibile
un nuovo investimento, allungando i tempi del declino finale, il quale peraltro
risulta inevitabile nel lungo periodo.
Quando prendiamo in considerazione la produzione di petrolio dobbiamo per prima
cosa chiarire esattamente di cosa si parla. Non sempre gli esperti hanno in mente la
stessa cosa ed esistono diversi tipi di risorse fossili dalle quali si possono estrarre
combustibili liquidi. In primo luogo esiste il petrolio cosiddetto “convenzionale”,
ovvero quello che si estrae in forma di liquida e poco viscoso, dai pozzi. Il petrolio
convenzionale non è però l’unico tipo di petrolio, è possibile includere nella definizione
di petrolio anche il petrolio cosiddetto “non convenzionale”, che comprende diversi tipi
di idrocarburi, come il greggio dalle “acque profonde” o “l’olio pesante”; vi è poi il
petrolio che si può estrarre dalle sabbie bituminose e quello derivato dai gas
condensabili. Se poi consideriamo qualsiasi tipo di combustibile liquido, dovremmo
prendere in considerazione anche la possibilità di ottenerlo dal gas naturale o dal
carbone mediante vari tipi di trattamenti. Quindi, quando si parla di produzione di
petrolio è buona norma definire con chiarezza di che tipo di petrolio si sta parlando. Se
si prende in considerazione il solo petrolio convenzionale, che per ora rappresenta la
frazione più abbondante della produzione, la curva della produzione petrolifera globale
mostrerà questo andamento:
14
L’esaurirsi delle risorse – La curva di Hubbert
Nella curva, possiamo riconoscere una fase iniziale di rapida crescita esponenziale
(circa il 7% all’anno) interrotta dalla fase delle “crisi del petrolio” dal 1973 al 1985
circa. Dopo questa fase, la produzione ha ricominciato a crescere a un ritmo molto più
lento, circa l’1.5% all’anno. Dal 2000, circa, la produzione non è aumentata o è
aumentata debolmente. Questo andamento può essere interpretato come
un’approssimazione delle prime fasi della curva a campana di Hubbert.
L’importante, data l’inevitabilità del raggiungimento del picco, è predirne l’arrivo: i
dati esistenti possono essere estrapolati per determinare la data presunta del picco
globale tenendo conto del dato geologico della quantità totale di petrolio
geologicamente estraibile. Si tratta di un dato molto incerto ma che comunque è,
approssimativamente, noto.
In un articolo della rivista americana "Scientific American",
13
due studiosi di nome
Campbell e Laherrèr hanno effettuato uno studio su un database relativo 18.000 pozzi di
petrolio nel mondo. I due studiosi sono arrivati a conclusioni abbastanza simili sul
raggiungimento del picco produttivo:
13
Fonte: “Scientific American”, marzo 1998
15