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Capitolo 1
LA COMUNICAZIONE ANIMALE
1.1 Introduzione
La comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal
latino communico = mettere in comune, far partecipe) non è soltanto un
processo di trasmissione di informazioni. In italiano, il termine
"comunicazione" ha il significato semantico di "far conoscere", "rendere
noto".
Nel regno animale la comunicazione comprende l’emissione e la ricezione da
parte di individui differenti di segnali di tipo chimico e fisico. Per far sì che la
comunicazione avvenga è necessario che ci sia un emittente, un ricevente.
L’emittente sotto l’influenza di diversi tipi di stimoli produce un segnale che
verrà colto dal ricevente il quale una volta elaborato il segnale subirà dei
cambiamenti interni che condizioneranno i cambiamenti esterni (Frings,
1971).
Tale risposta potrà essere sia di tipo comportamentale, e quindi diretta, sia
fisiologia – ormonale, rinviata o ritardata. (Dehasse, 1993)
Affinché si possa parlare di comunicazione, non è necessaria la presenza di un
animale che possa rispondere, l’unica cosa fondamentale è che, qualora il
segnale sia recepito, provocherà nel ricevente una risposta (Mariti, 2009).
Ogni specie animale possiede una categoria di segnali che hanno valore
comunicativo, la cui analisi si articola su diversi elementi:
ξ La semantica, cioè il significato dei segni;
ξ La pragmatica, cioè l’obbiettivo del segno;
ξ La sintassi, cioè il modo in cui i segni sono uniti tra loro;
ξ La mediatica, cioè i canali attraverso cui viene trasmesso il segnale.
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Da ciò si può definire la comunicazione come un comportamento che implica
l’uso di alcuni segnali. Per segnale si intende qualcosa che si è evoluto in
seguito alla selezione animale per trasmettere informazioni che modificano il
comportamento di un altro organismo, il quale a sua volta si è evoluto per
rispondere a tale segnale (Gazzano, 2007).
Col trascorrere del tempo i segnali si sono evoluti per divenire più chiari, e
quindi rilevabili dal ricevente. Le caratteristiche dei segnali su cui ha
maggiormente inciso l’evoluzione sono l’Evidenza e la Ridondanza.
La prima include quegli aspetti che rendono percepibile il segnale al di sopra
di ogni rumore di fondo del contesto di emissione. La ridondanza, invece, è
l’insieme degli aspetti che permettono di ridurre gli errori di rilevamento e
riconoscimento dei segnali. La sua forma più semplice è la Ripetizione;
oppure un altro esempio di ripetizione può essere la Duplicazione sotto altre
forme, ad esempio nel cane un segnale di minaccia quale il ringhio può essere
reso ridondante in associazione con altri segnali corporei, come la
piloerezione, lo sguardo fisso o le orecchie erette. Inoltre, la ridondanza può
portare alla Stereotipia di un segnale, cioè la sua emissione avviene in modo
invariato (Gazzano, 2007).
Si possono raggruppare i segnali in due categorie:
1. I segnali discreti (o digitali): i quali operano nel modo tutto/nulla e
possono essere trasmessi solo messaggi molto semplici. Tali segnali
spesso vengono emessi sempre con la stessa intensità, a prescindere da
ciò che li ha provocati, e in genere sono ridondanti, un esempio può
essere i flash luminosi emessi dalle lucciole.
2. I segnali graduati: i quali possono essere, invece, emessi con un grado
di intensità e complessità variabile a seconda dello stimolo che li ha
innescati (Gazzano, 2007).
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Un altro fattore da tenere in considerazione è il Contesto in cui i partecipanti
alla comunicazione agiscono. Il contesto entro il quale il segnale viene
prodotto altera il significato del messaggio per chi lo riceve (Smith, 1965). Il
contesto può essere responsabile della differenza esistente tra la minaccia che
provoca un attacco e quella che provoca una fuga (Cullen, 1977). Un esempio
è il confine territoriale. È, infatti, molto comune tra gli animali che le
tendenze aggressive, in risposta ad una minaccia, vadano diminuendo man
mano che essi si spostano dal centro alla periferia del territorio; se poi si va al
di fuori del territorio, è possibile distinguere, per molte specie, un’ulteriore
differenza di comportamento da quando si trovano in aree note a quando si
trovano in zone ignote, infatti, nelle zone ignote si può osservare un
incremento delle tendenze alla fuga rispetto a quelle che avvengono nel
proprio territorio (Mainardi, 2002).
Inoltre il contesto è di fondamentale importanza nel caso della meta
comunicazione, cioè in casi in cui vengono emessi certi segnali che alterano il
significato di quelli successivi. È il caso dell’invito al gioco in cui il cane
dopo avere chiarito di essere in un contesto ludico, emette dei segnali che
altrimenti sarebbero interpretati in maniera differente (Cullen, 1977).
Si può quindi affermare che un sistema comunicativo per esistere deve avere
un certo numero di componenti che possono essere così rappresentante:
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Tale sistema consente agli individui di cambiare l’altrui comportamento senza
bisogno di usare la forza né di spendere grandi quantità di energie (Gazzano,
2007).
Tuttavia esiste comunque un costo per la comunicazione, e l’energia utilizzata
per comunicare non può essere utilizzata per altri scopi. Si ipotizza che
l’esistenza della comunicazione tra i membri delle società animali sia data dal
fatto che la selezione naturale la privilegia, in altri termini aumenta la
convenienza o il vantaggio per i membri che partecipano alla comunicazione
stessa (Fisher, 1930).
Tale selezione agisce, però, soltanto sulle unità sottoposte a riproduzione, cioè
sulla totalità dell’animale individuale. Dato che però la comunicazione non è
che un aspetto del comportamento sociale, si può considerare che tale
comportamento rechi un vantaggio ad un altro più di quanto giovi al soggetto
stesso. Il comportamento altruistico può essere incoraggiato solo se gli
individui che ne beneficiano sono imparentati con chi emette tale
comportamento (Hamilton, 1964). In molti insetti sociali, infatti, la
comunicazione è assai sviluppata in tutti gli individui, anche se la funzione
riproduttiva è limitata solo ad una piccola porzione della popolazione. Questo
tipo di selezione viene chiamata kin selection o “selezione tramite
consanguinei” e ne è un esempio il comportamento delle api operaie, le quali
essendo sterili, prestano le cure parentali a individui che non sono i loro figli
(Mainardi, 2002).
I segnali di comunicazione evolvono proprio come tutte le attività e le
strutture degli animali (Frings, 1971).
Lo sviluppo della comunicazione ha permesso l’evolversi di un non-
messaggio in messaggio, questo processo viene indicato come ritualizzazione
(Mainardi, 2002).
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Pare che i segnali di comunicazione traggano origine da azioni dotate di una
funzione secolare o come modificazioni di movimenti casuali, ovvero un
animale compie un’azione, e questo se ripetuto diventa gradualmente un
segnale per i suoi compagni (Frings, 1971). Questa trasformazione ha lo
scopo di rendere l’atteggiamento in questione più evidente e meglio
percepibile. Quindi non appena un comportamento che non è un messaggio
tende a divenirlo, muta in parte funzione e cambiano, di conseguenza, le
pressioni selettive che lo modellano (Mainardi, 2002). Alcuni esempi sono ad
esempio lo stridio delle cavallette, la danza delle api (Frings, 1971). Altri
invece riguardano esibizioni di minaccia, che sembra abbiano l’aspetto dei
“movimenti intenzionali” di attacco. In modo analogo gli animali che si
corteggiano spesso paiono essere in conflitto tra le tendenze ad attaccare, a
fuggire o ad accoppiarsi (Cullen, 1977).
Viene sostenuto inoltre che accanto ai movimenti intenzionali ci sia un’altra
vasta classe di azioni che sembrano costruire un potenziale materiale per
l’evoluzione delle esibizioni di minaccia. Tali azioni seppure compaiano nelle
stesse situazioni in cui vengono proposti i movimenti intenzionali, sembra
siano irrilevanti e prive di adattamento a quelle situazioni, a differenza degli
atti di fuggire, attaccarsi o accoppiarsi. Nel mezzo di uno scontro, può ad
esempio succedere, che un animale improvvisamente si metta a beccare per
terra o a toilettarsi. Questi atteggiamenti vengono chiamati “attività di
sostituzione” e permettono il ridirezionamento del comportamento. Ad
esempio, l’attacco che si sposta dall’avversario, che l’animale non osa colpire,
verso qualche altro oggetto (Cullen, 1977).
Il mutarsi che subiscono le esibizioni nel corso dell’evoluzione si chiama
“ritualizzazione” e le differenze esistenti tra specie affini forniscono dati sui
tipi di alterazioni del segnale che la ritualizzazione comporta.
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Si possono elencare:
ξ Differenze di frequenza e di intensità delle esibizioni;
ξ Differenze di coordinamento tra i componenti;
ξ Differenze di velocità di esecuzione;
ξ Sviluppo di ripetizione ritmica;
ξ Differenze di orientamento (Hinde, 1970).
Tali differenze di movimento da specie a specie sono spesso correlate con lo
sviluppo di strutture specializzate che accrescono la capacità distintiva delle
esibizioni (ciuffi, piume, colori vivaci).
Invece, molti segnali ritualizzati tendono a essere stereotipati e si presentano
fissi nel tempo (Cullen, 1977). Ad esempio tra gli uccelli un comportamento
molto frequente è quello di indicare il cielo. Tale comportamento viene
utilizzato come richiamo sessuale, anche se la sua origine è la situazione in
cui esso compare fanno pensare a un’intenzione di volo (Nelson, 1969).
Il grado in cui gli animali usano sistemi di comunicazione nella loro vita è
direttamente proporzionale al livello di sviluppo dei loro sistemi
neurosensoriali. Poiché i segnali devono essere ricevuti attraverso organi di
senso, la natura di questi determina quali sono i canali di comunicazione
disponibili. Tutti i sensi sono usati dagli animali per comunicare. Molti usano
più canali, altri addirittura riescono a utilizzarli tutti, generalmente per
assicurarsi che il segnale arrivi basta combinarne più d’uno (Frings, 1971).
1.2 Comunicazione tattile
La comunicazione tattile è la più limitata nella trasmissione delle
informazioni, ma allo stesso tempo è uno dei segnali comunicativi più
importanti a disposizione dell’animale. Infatti ogni essere vivente risponde al
contatto fisico (Gazzano, 2007).