Capitolo 1 Introduzione
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5
Attualmente in Italia sono inceneriti 2.2 [6] Mt/anno di RSU, in 52
impianti attivi [6], che possono produrre secondo una stima circa
66000/110000 t/anno [7] di ceneri volanti; queste sono smaltite in discarica
di seconda categoria del tipo C in quanto classificate, secondo la Normativa
italiana [8], come rifiuti tossici e nocivi per la presenza oltre le
concentrazioni limite di metalli pesanti quali Pb, Cd, Ni, Cr, Zn.
Nel nostro paese quindi solo il 10% dei RSU è incenerito, mentre il
restante 90% è smaltito in discariche autorizzate o abusive, situazione del
tutto anomala se confrontata con quella d'altri paesi industrializzati nei quali
la quota dei rifiuti termodistrutti è notevolmente superiore, dal 75% del
Giappone al 42% della Francia, al 40% della Germania o al 18% della Gran
Bretagna [6].
Se si mettono a confronto le emissioni al camino connesse
all'esercizio di un impianto di termodistruzione, con quelle di un impianto di
potenza ad olio combustibile a parità di KWh d'energia elettrica prodotta, la
valutazione dell’impatto ambientale globale è favorevole per il primo (g
SO
2
/KWh 0.66-1.6, g NO
X
/KWh 2.6-1.6, g ceneri/KWh 0.13-0.16, essendo
i primi valori riferiti all'impianto di termodistruzione [9]). Da considerazioni
ambientali ed economiche (incenerire i RSU costa 100 Lit./kg comprensivo
dei ricavi derivanti dalla vendita d'energia, mentre smaltirli in discarica di
prima categoria costa fino a 250 Lit./Kg senza condizionamento) si può
prevedere che in futuro ricorreremo nel nostro paese alla termodistruzione
in maniera sempre più incisiva, con la conseguente crescita della produzione
di residui solidi da trattare.
Da tali considerazioni prende spunto il lavoro di tesi, atto a valutare
la possibilità d'impiego delle ceneri volanti nella preparazione di malte
cementizie. Si è cercato di utilizzare i residui in parziale sostituzione del
legante e/o degli inerti, in analogia con quanto avviene ormai da diverso
Capitolo 1 Introduzione
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6
tempo per i calcestruzzi confezionati con ceneri volanti prodotte dalla
combustione di carbone negli impianti di potenza.
Il lavoro è stato articolato dapprima nella caratterizzazione dal punto
di vista fisico e chimico delle ceneri provenienti da un impianto
d'incenerimento di RSU e rifiuti tossici ospedalieri (ROT) nella misura del
90% e 10% rispettivamente. I test includono l’analisi chimica, la
valutazione della struttura superficiale, il contenuto e l’assorbimento
d'umidità, l’analisi granulometrica, la perdita in peso per calcinazione, la
densità e i sali solubili in acqua. E' stato studiato il comportamento delle
diverse tipologie di ceneri provenienti dall'inceneritore, in pratica quelle
raccolte in corrispondenza della caldaia, dell'elettrofiltro, del reattore, dei
filtri a maniche e dello stoccaggio finale e in una seconda fase sono stati
realizzati impasti sostituendo fino al 60% di cemento con due dei cinque tipi
di ceneri volanti (del tipo caldaia ed elettrofiltro) separatamente.
Infine sono stati indagati i tempi d'inizio e fine presa, la resistenza a
compressione e il rilascio d'elementi tossici con lo scopo di poter valutare
l'utilizzo di tali matrici per applicazioni non strutturali quali, ad esempio, la
realizzazione di sottofondi stradali e piste per aeroporti.
Una possibile alternativa, nell’impossibilità di poter realizzare
applicazioni non strutturali di tali malte, potrebbe riguardare il collocamento
delle matrici in discarica di tipo 2B con risparmio di costi rispetto all'attuale
smaltimento delle ceneri in discarica di tipo 2C.
E' stata raccolta e analizzata la Normativa vigente legata ai residui
ceneri volanti in vista dell'eventuale utilizzo anche se, a tutt'oggi, sono del
tutto assenti nel nostro paese Normative che disciplinano l'impiego delle
ceneri volanti nei calcestruzzi.
I risultati di tale lavoro sono positivi in quanto le caratteristiche
meccaniche degli impasti preparati sono discrete anche a percentuali di
Capitolo 1 Introduzione
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7
sostituzione del cemento pari al 40%, mentre il rilascio dei metalli pesanti è
al di sotto dei limiti della Normativa italiana, anche per le malte con il
maggiore tenore di rifiuto.
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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2. SMALTIMENTO DEI RIFIUTI: NORMATIVE
VIGENTI
2.1 INTRODUZIONE
La Normativa italiana nel settore dei rifiuti risente del ritardo che il
nostro paese ha nei confronti delle altre nazioni dell'Unione Europea in
materia ambientale. Poiché per molti anni le Regioni italiane si erano date
una Legislazione autonoma per lo smaltimento dei rifiuti, nel 1982 lo Stato
intervenne con un D.P.R. che è ormai diventato "guida" per lo smaltimento
e il riutilizzo di ogni tipo rifiuto: il D.P.R. 915/82.
La mancanza di una pianificazione nazionale organica e la necessità
di recepire le Direttive Comunitarie (nel 1982 le Direttive n° 75/442,
76/403, 78/319) hanno determinato un continuo susseguirsi di Leggi,
Decreti e Regolamenti (vedi allegato 2.1). Questi, legati anche alla necessità
di fronteggiare situazioni d'emergenza, hanno dato luogo a notevoli
difficoltà per gli operatori del settore e, al tempo stesso, una mancanza di
coscienza generale del problema.
2.2 LINEE GUIDA DEL D.P.R. 915/82
Il D.P.R. 915/82 disciplina lo smaltimento dei rifiuti ed impone le
modalità di realizzazione e gestione degli impianti di scarico controllato. Il
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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decreto divide così i rifiuti in tre categorie: i rifiuti urbani, i rifiuti speciali e
i rifiuti tossici e nocivi.
Riportando le definizioni si possono dunque individuare le seguenti
classi di rifiuti:
• RSU (rifiuti solidi urbani):
- i residui provenienti da fabbricati o da altri insediamenti civili in
genere;
- i rifiuti ingombranti quali beni di consumo durevoli, d'arredamento,
d'impiego domestico, d'uso comune, provenienti da fabbricati o da
altri insediamenti civili in genere;
- i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade
pubbliche o private o sulle spiagge marittime, lacuali e sulle rive dei
fiumi.
• RS (rifiuti speciali):
- i residui derivanti da lavorazioni industriali, quelli derivanti da
attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi che, per
quantità e qualità non siano dichiarati assimilabili ai RSU;
- i ROT (rifiuti ospedalieri) non assimilabili a quelli urbani;
- i materiali provenienti da demolizioni e scavi e i macchinari e le
apparecchiature deteriorati e obsoleti;
- i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
- i residui di attività di trattamento dei rifiuti e quelli derivanti dalla
depurazione di effluenti.
• RTN (rifiuti tossici nocivi) tutti i rifiuti che contengono o sono
contaminati dalle sostanze elencate nel D.P.R. 915/82 (vedi allegato 2.2),
inclusi i Policlorodifenili e i Policlorotrifenili e loro miscele.
Le sostanze tossiche e nocive dell’allegato 2.2 sono state classificate
secondo il criterio d'etichettatura delle sostanze pericolose dettato dalla
Direttiva CEE 89/831 in molto tossiche, tossiche, nocive in funzione della
concentrazione limite (CL) come riportato in Tabella 2.1.
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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Tab. 2.1 - Criterio di classificazione dei rifiuti tossici e nocivi
Categoria CL (mg/Kg)
Tossiche 500
Molto tossiche 5000
Nocive 50000
In generale i RTN possono essere classificati anche secondo uno dei
seguenti criteri:
- tipologia (classificato tossico e nocivo in base alla sua appartenenza alla
classe di rifiuti prodotti da attività industriali o da servizi, contenuto nella
Normativa);
- sostanze chimiche (un rifiuto è tossico e nocivo se contiene sostanze
chimiche in CL superiore al limite fissato dall’allegato 2.3);
- processi produttivi (un rifiuto è tossico e nocivo se proviene da un
determinato processo produttivo, vedi allegato 2.4)
In Italia sono adottati tutti e tre i criteri, come da Delibera del
27/7/1984, a completamento del D.P.R. 915/82.
Con questa delibera furono definiti RTN quelli che:
1.
contenessero una o più delle sostanze indicate nell’allegato 2.3 in
concentrazioni superiori ai valori di concentrazione limite (CL) indicate
nello stesso allegato e/o una o più delle altre sostanze appartenenti ai
ventotto gruppi dell'allegato 2.2 del D.P.R.915/82 in concentrazioni
superiori ai valori di CL espressi nell’allegato 2.3, con il quale si posero
dei criteri generali per la classificazione dei RTN. Nel caso in cui un
rifiuto contenesse due o più sostanze ognuna in concentrazione inferiore
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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11
alla CL si classificò tossico nocivo se la sommatoria dei rapporti tra la
concentrazione effettiva (cei) di ogni sostanza e la rispettiva CL
risultasse maggiore di uno
( / cl )ice i
i
n
=
∑
〉
1
1
;
2. figurassero nell'allegato 2.4 come provenienti da attività di produzione
o di servizi salvo che il produttore dimostri la non tossicità del rifiuto.
Con il D.P.R. 915/82 si è regolamentato il regime delle attività di
smaltimento dei RTN; secondo l'articolo 16 deve essere autorizzata ogni
fase dello smaltimento e quindi:
• raccolta e trasporto;
• stoccaggio provvisorio;
• trattamento;
• stoccaggio definitivo in discarica controllata.
L'articolo prevede anche un registro di carico e scarico.
Le disposizioni attuative dell'articolo 4 del D.P.R. 915/82 (Delibera
27/7/84) classificano le discariche controllate in tre categorie di seguito
indicate:
1.PRIMA CATEGORIA:
• RSU e rifiuti speciali assimilabili ai RSU; fanghi non tossici e nocivi
provenienti dagli impianti di depurazione di acque di insediamenti civili.
2.SECONDA CATEGORIA:
• Tipo A. Rifiuti inerti, materiali ceramici, cotti, vetri, rocce e materiali
da costruzione, materiali da demolizione e scavo.
• Tipo B. Rifiuti speciali: tossici e nocivi non contenenti
concentrazione di sostanze pericolose superiori ad un centesimo delle
concentrazioni limite indicate dalle disposizioni del D.P.R. 915/82; rifiuti
contenenti fibre d'amianto in concentrazione superiori a 10 g/Kg.
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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• Tipo C. Rifiuti industriali ed agricoli non assimilabili ai RSU; rifiuti
provenienti dalla depurazione degli effluenti e trattamento rifiuti; rifiuti
tossici e nocivi eccetto quelli contenenti concentrazioni superiori a dieci
volte la CL.
3.TERZA CATEGORIA:
• RTN contenenti sostanze pericolose aventi concentrazione superiore
a dieci volte la concentrazione limite.
I rifiuti in forma liquida, solida, di emulsione, di liquame o di fango,
sono spesso costituiti da una miscela di composti chimici diversi. Molto
spesso i RTN prima di essere stoccati in discarica subiscono dei trattamenti
fisici, chimici e biologici che implicano l'applicazione di diverse tecnologie
finalizzate alla riduzione del volume e della tossicità dei rifiuti stessi. I
principali trattamenti sono riassunti nella seguente tabella 2.2:
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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Tab. 2.2 - Principali trattamenti dei rifiuti
A) Trattamenti di separazione in base alla diversità dei materiali
1-Sedimentazione-ispessimento
2-Centrifugazione
3-Flottazione
4-Separazione di più fasi solide
B) Neutralizzazione e coagulazione flocculazione
1-Neutralizzazione
2-Coagulazione-flocculazione
C) Filtrazione
1-Su letti
2- A flusso incrociato
3-A pannelli
D) Precipitazione chimica
1-Con idrossidi
2-Con carbonati
3-Con boroidruro di sodio
E) Ossidazione chimica
1-Clorazione
2-Con ipocloriti
3-Con biossido di cloro
4-Con permanganato di potassio
5-Con perossido di idrogeno
6-Ozonizzazione
7-Con perossido di idrogeno e raggi UV
8-Con perossido di idrogeno e ozono
9-Con perossido di idrogeno, ozono e raggi UV
F) Riduzione chimica
1-Con solfito di sodio
2-Con bisolfito di sodio
3-Con metabisolfito di sodio
4-Con anidride solforosa
5-Con solfuro di sodio
6-Con boroidruro di sodio
7-Con metalli in forma elementare
8-Con idrazina
9-Con ione ferroso
G) Adsorbimento su carbone attivo
H) Strippaggio con aria
I) Distillazione
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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14
2.3 I RESIDUI ED IL LORO UTILIZZO
2.3.1 Il quadro nazionale sulle materie prime secondarie (MPS)
La problematica attinente il riutilizzo dei cosiddetti "residui" di
produzione, cioè di quei materiali che, pur non essendo l'oggetto principale
della produzione di un'impresa trovano comunque una forma d'utilizzo in un
processo produttivo e non sono "smaltiti", è da molto tempo al centro
dell'attenzione sia del legislatore sia di coloro che si occupano della materia.
Una prima regolamentazione ha cercato di disciplinare le "materie
prime secondarie" (articolo 2 della Legge 475/88, Decreto ministeriale
26/1/90 e a seguito di tali disposizioni varie Regioni hanno adottato
apposite norme), ma dapprima la Corte Costituzionale (sentenza n. 512 del
30/10/90) e successivamente vari interventi della giurisprudenza hanno
totalmente, e con varie motivazioni, vanificato e reso inapplicabile questa
Normativa.
Per porre rimedio alla situazione di estrema confusione ed incertezza
venutasi a creare sul territorio nazionale in seguito al venire meno, nei fatti,
della disciplina relativa alle "materie prime secondarie", il Governo è
intervenuto emanando il Decreto-Legge 9 novembre 1993, n. 443 (G.U.
10/11/93, n. 264), contenente "Disposizioni in materia di riutilizzo dei
residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo
produttivo o in un processo di combustione".
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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Il provvedimento, sicuramente necessario nella situazione
contingente, non è stato convertito in Legge dal Parlamento nei termini
previsti ed è stato quindi più volte reiterato. Attualmente, si è arrivati dopo
due anni alla tredicesima versione (Decreto-Legge 8 marzo 1996, n° 113)
recante "Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di
produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di
combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti" (G.U. 9/3/96, n.°
58).
Nel corso di questo biennio il provvedimento originario, D. L. n.
443/93, ha subito più volte delle modificazioni ed integrazioni, la più
evidente delle quali sta, già nel titolo del Decreto ove si evince che la
materia trattata non è esclusivamente quella dei residui riutilizzabili, ma
anche quella dello smaltimento dei rifiuti (nelle varie reiterazioni sono,
infatti, stati aggiunti vari articoli riguardanti lo stoccaggio provvisorio dei
rifiuti tossici e nocivi, l'albo smaltitori, i rifiuti solidi urbani, ecc.).
E' evidente che in questo contesto, caratterizzato da una Normativa,
che per le caratteristiche proprie dello strumento legislativo utilizzato, non
può certamente essere definita stabile (sta ormai diventando una regola la
prassi della decretazione d'urgenza) il tentativo di fare chiarezza e di dare
delle certezze agli operatori è riuscito solo parzialmente, anzi con il passare
del tempo e delle reiterazioni del Decreto-Legge, va aumentando nei
destinatari della disciplina il convincimento che ben difficilmente questa
sarà la soluzione definitiva del problema.
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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2.3.2 Le nuove norme sui rifiuti e residui: aspetti tecnici
Dal punto di vista dei contenuti la Normativa relativa ai "residui
riutilizzabili" si caratterizza, nelle sue linee essenziali per i seguenti
principi:
1. la disciplina si applica esclusivamente ai cosiddetti "residui"
derivanti non solo da processi di produzione, ma anche di consumo,
destinati ad essere riutilizzati, cioè impiegati, in ulteriori processi
produttivi, per l'ottenimento di prodotti o materie prime, ovvero per la
produzione di energia, e puntualmente individuati con i seguenti
provvedimenti ministeriali: decreto del Ministro dell'ambiente 5/9/94
(Sup. Ord. alla G. U. 10/9/94, n. 212), nel quale sono stati individuati,
nell'allegato III del D.M., i residui riutilizzabili in processi produttivi e le
norme tecniche generali per il loro riutilizzo, Decreto del Ministro
dell'ambiente 16/1/95 (Sup. Ord. alla G.U. 30/1/95, n. 24), nel quale sono
stati individuati i residui riutilizzabili come fonte d'energia e le norme
tecniche per il loro riutilizzo;
2. sono state previste delle esclusioni dall'ambito di applicazione del
provvedimento (pertanto in questi casi non si applica la Normativa sui
residui, né, tantomemo, quella dei rifiuti), fra le quali si segnalano in
particolare quelle relative ai residui (o materiali) quotati con precise
specifiche merceologiche in borse merci o in listini e mercuriali ufficiali
delle Camere di Commercio dei capoluoghi di Regione ed elencati
nell'allegato I del decreto del Ministro dell'ambiente 5/9/94 ed alle
attività finalizzate al riutilizzo dei residui come materia prima effettuate
nell'ambito dello stabilimento di produzione degli stessi;
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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3. l'esercizio delle attività di raccolta e trasporto, stoccaggio, trattamento e
riutilizzo dei residui individuati nei due decreti ministeriali sopracitati,
non è subordinato ad alcun atto d'assenso formale (autorizzazione) delle
amministrazioni competenti, bensì al semplice invio alla Regione o
Provincia autonoma o delegata e alla sezione regionale dell'Albo
nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti (per
l'attività di raccolta e trasporto la comunicazione va presentata al solo
Comitato Nazionale dell'Albo delle imprese esercenti servizi di
smaltimento dei rifiuti) di una comunicazione preventiva, da ripresentare
annualmente, in cui vanno indicate le informazioni relative ai residui, al
ciclo produttivo cui sono destinati ed alle caratteristiche merceologiche
dei prodotti derivanti dai cicli di riutilizzo;
4. l'esercizio di attività di stoccaggio, trattamento e riutilizzo di residui
non individuati nei due decreti ministeriali sopra indicati è assoggettato
al regime autorizzatorio;
5. coloro che esercitano attività di produzione, stoccaggio,
importazione, esportazione, trattamento e riutilizzo dei residui individuati
devono tenere un apposito registro di carico e scarico e dare una
comunicazione annuale (D.P.C.M. 6/7/95, in Suppl. Ord. G.U. 28/7/95,
n. 175, con la quale è stato approvato il modello unico di dichiarazione
ambientale da utilizzarsi, anche per la comunicazione dei residui, a
decorrere dalle dichiarazioni da presentarsi entro il 30 aprile 1996 con
riferimento all'anno 1995).
In questo contesto, è necessario osservare e commentare alcuni punti
interessanti relativi agli elenchi dei residui riutilizzabili.
Come accennato in precedenza la disciplina sui "residui riutilizzabili"
si applica solamente nei confronti dei residui espressamente elencati
nell'allegato III al D.M. 5/9/94, nel quale sono indicate le norme tecniche
Capitolo 2 Smaltimento dei rifiuti: Normative vigenti
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18
generali per il riutilizzo dei residui in un processo produttivo, e nell'allegato
I al D.M. 16/1/95, nel quale sono indicate le norme tecniche per il riutilizzo
dei residui in un ciclo di combustione per la produzione di energia.
La logica perseguita dal legislatore è stata, quindi, quella di
consentire una forma agevolata d'utilizzo (previa semplice comunicazione)
solo per i residui positivamente e tassativamente elencati. In questo modo si
è ritenuto di superare tutte le difficoltà, presenti nella precedente Normativa
e segnalate da vari operatori, legate all'estrema soggettività con cui erano
individuati quelli che potremmo chiamare "i non rifiuti". E', peraltro,
evidente che una scelta di questo genere, in quanto vincolata all'esistenza di
un atto normativo che elenca i materiali assoggettati alla disciplina,
disincentiva gli operatori dallo studiare e sperimentare forme d'utilizzo di
materiali non espressamente elencati, e che quindi sono da considerarsi e da
trattare alla stregua dei rifiuti.
Un accenno particolare dev'essere fatto in merito al D.M. 16/1/95
(Norme tecniche per il riutilizzo dei residui in cicli di combustione). Il
provvedimento elenca ventitré tipologie di residui riutilizzabili come
"combustibili non convenzionali" e per ognuno di essi descrive:
caratteristiche del residuo, modalità di recupero, caratteristiche dell'impianto
in cui i residui vengono utilizzati.
In particolare per quanto concerne le caratteristiche dell'impianto,
sono fissati, nella quasi totalità dei casi dei limiti minimi di potenza termica
nominale (p. es. per i residui della lavorazione del legno e affini trattati
l'utilizzo è consentito in impianti di potenza termica nominale non inferiore
a 3 MW) e dei limiti alle emissioni più restrittivi rispetto a quelli previsti
per la medesima tipologia d'impianto o per le medesime sostanze nel D.M.
12/7/90, che se non rispettati impediscono, di fatto, l'utilizzo del residuo.