2
Inoltre, in alcuni studi non viene considerata "rinnovabile" l'energia geotermica, mentre nell'ambito
dei movimenti ambientalisti, spesso viene scartata l'energia prodotta dai rifiuti solidi urbani, in
quanto questi sono prodotti anche con materie prime fossili o prodotti sintetici non biodegradabili
(mentre solo la parte organica dei rifiuti sarebbe da considerarsi "rinnovabile").
Un'altra distinzione che spesso viene fatta è quella tra fonti rinnovabili "classiche" (essenzialmente
idroelettrico e geotermia) e fonti rinnovabili "nuove" (anche dette "NFER"), tra cui vengono
generalmente incluse l'energia solare, eolica e da biomassa.
Nell'ambito della produzione di energia elettrica le fonti rinnovabili vengono infine classificate in
"fonti programmabili" e "fonti non programmabili", a seconda che possano essere programmate in
base alla richiesta di energia oppure no. Secondo la definizione del Gestore Servizi Elettrici (GSE,
anche conosciuto come GRTN), nel primo gruppo rientrano "impianti idroelettrici a serbatoio e
bacino, rifiuti solidi urbani, biomasse, impianti assimilati che utilizzano combustibili fossili,
combustibili di processo o residui", mentre nel secondo gruppo (non programmabili) si trovano
"impianti di produzione idroelettrici fluenti, eolici, geotermici, fotovoltaici, biogas".
1.1.2 Impatto ambientale
Le fonti rinnovabili sono fonti di energia che possono permettere uno sviluppo sostenibile all'uomo,
senza che si danneggi la natura e per un tempo indeterminato. Alcune di questi tipi di energia (in
particolare quella solare) possono essere microgenerate, ossia prodotte in piccoli impianti domestici
che possono soddisfare il bisogno energetico di una singola abitazione o piccolo gruppo di
abitazioni. Questo permette di risparmiare l'energia che si perde nella fase di distribuzione di
energia elettrica, per esempio sugli elettrodotti, sebbene comporti anche la necessità di ridefinire la
struttura della rete elettrica nazionale.
Si deve comunque ricordare che è ancora oggetto di discussione il fatto che sia realmente possibile
soddisfare tutto l'attuale fabbisogno energetico del pianeta solo con il potenziale energetico
proveniente da fonte rinnovabile.
1.1.3 Produzione rinnovabile italiana
Nel 2006 l'Italia ha prodotto quasi 52 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 15,2% del totale
di energia elettrica richiesta, con il 12,6% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data
dalla somma di geotermico ed eolico (in pratica, circa il 90% della produzione rinnovabile è
prodotto con impianti definiti "programmabili").
Con tali valori, l'Italia risulta essere il quarto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell'UE-25,
seppur ancora lontana dagli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di
energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010. È inoltre da notare che negli ultimi anni la
produzione rinnovabile italiana è cresciuta molto poco o si è mantenuta pressoché stabile,
nonostante una forte crescita della fonte eolica (ma con basse percentuali), a causa di una
sostanziale stasi della preponderante produzione idroelettrica, di fatto quasi giunta alla saturazione
del potenziale economicamente sfruttabile.
Inoltre, nonostante gli incentivi, l'Italia deve anche fare i conti con ritardi legislativi e di
adeguatezza delle reti di distribuzione.
3
1.2 L’EROEI
Uno dei parametri più importanti per la valutazione di una fonte di energia è il "fattore di guadagno
energetico”.
EROEI è un acronimo inglese che sta per Energy Returned On Energy Invested (o Energy Return
On Energy Investment), ovvero "energia ricavata su energia consumata"; tale parametro indica
precisamente la resa energetica, un rapporto tra l’energia ottenibile da un prodotto e l’energia spesa
per la sua lavorazione. Un processo è energeticamente conveniente se presenta un valore di EROEI
maggiore di 1; se il suo valore è minore di 1 vuol dire che si spende più energia di quanta se ne
possa ricavare. In alcuni casi l’energia restituita, anche se minore di quella impiegata, può offrire
particolari utilità. Con questo ausilio teorico è possibile comparare efficacemente processi
diversissimi fra loro, quasi ogni attività umana: dalla semplice legna da ardere alle componenti di
un pannello solare, che richiedono un considerevole investimento in energia “congelata” per la loro
produzione, e si rivela fondamentale nell'operare una scelta fra le diverse fonti energetiche. Si noti
anche che l’EROEI si ottiene dal rapporto di quantità di energia messe in gioco anche in tempi
diversi, e la sua rilevanza dipende dal tasso di sconto assunto per l’energia investita.
Spesso per l'EROEI non viene indicato un solo valore ma una forbice fra due estremi: questo perché
ogni processo è soggetto ad imprevisti, costi collaterali o esternalizzati ed evoluzioni tecnologiche.
Bisogna infine ricordare che si tratta di una stima, la cui verifica sarà possibile solo alla fine del
ciclo, e su campi d'indagine in cui quasi ogni realtà (ogni giacimento o ogni modello di generatore
elettrico) fa potenzialmente caso a sé.
1.2.1 L'EROEI del petrolio
L'esempio più classico è quello del petrolio: in questo caso l'EROEI sarà pari all'energia resa da un
barile di petrolio fratto l'energia necessaria per ottenere la stessa quantità di petrolio (le indagini
geologiche, la trivellazione, l'estrazione ed il trasporto). Agli inizi dell'era petrolifera questo
rapporto era ovviamente molto favorevole, con un EROEI di circa 100: l'energia impiegata per
estrarre 100 barili di petrolio era pari ad 1 solo barile. Andando avanti con gli anni si è passati allo
sfruttamento di giacimenti via via più isolati, piccoli e difficili da raggiungere, tutte circostanze che
contribuiscono a diminuire l'EROEI del petrolio. È per questa ragione che molti studiosi hanno
ipotizzato che l'umanità non consumerà la totalità del petrolio disponibile nel sottosuolo, ma una
quantità considerevole resterà comunque intatta perché l'industria petrolifera non avrà l'interesse
economico ed energetico ad estrarlo, almeno per quanto riguarda i suoi impieghi tradizionali di
combustibile.
1.2.2 L'EROEI di un impianto
È possibile definire un EROEI anche per gli impianti dedicati alla produzione di energia elettrica. In
questo caso l'EROEI dell'impianto sarà pari al rapporto fra l’energia investita per costruirlo,
mantenerlo ed alimentarlo e l’energia che produrrà durante il suo ciclo di attività.
Nel caso delle energie rinnovabili ad esempio avremo un costo energetico molto alto per la
costruzione dell'impianto (si pensi ad una diga) ma da quel punto in poi solo costi di manutenzione,
mentre per le energie non rinnovabili (petrolio, gas, carbone) l'energia impiegata nella costruzione e
manutenzione, seppur minore, sarà solo una piccola parte di quella che sarà necessario fornire col
combustibile.
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1.2.3 Esempi di EROEI
EROEI largamente positivo
ξ Grande idroelettrico fra 50 e 250
ξ Mini idroelettrico fra 30 e 270
ξ Fotovoltaico a film sottile fra 25 e 80
EROEI certamente positivo
ξ Petrolio fra 5 e 15
ξ Eolico fra 5 e 80
ξ Fotovoltaico convenzionale fra 3 e 9
ξ Carbone fra 2-7 e 7-17
ξ Gas naturale fra 5 e 6
ξ Biomassa fra 3-5 e 5-27
Stime dell'EROEI molto divergenti
ξ Nucleare da meno di 1 a 60-100
EROEI potenzialmente minore di 1
ξ Etanolo (da coltivazioni dedicate) fra 0.6 e 1.4
ξ Sabbie bituminose minore di 1
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1.3 Fonti Energetiche Combustibili
1.3.1 Biomasse
Le fonti di energia da biomassa sono costituite dalle sostanze di origine animale e vegetale, non
fossili, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia. Alcune fonti come
la legna non necessitano di subire trattamenti altre come gli scarti vegetali o i rifiuti urbani devono
essere processate in un digestore.
Biocombustibili per la produzione di energia elettrica
In alcuni paesi si stanno sperimentando coltivazioni pilotate di vegetali a crescita veloce da
utilizzare per produrre energia, ad esempio per alimentare piccole centrali elettriche come già
avviene negli USA, in India e in Giappone. Fra le sperimentazioni in corso si segnala la
coltivazione di alcuni incroci ibridi del Miscanto (Miscanthus Giganteus), un'erba graminacea alta
fino a quattro metri con una notevolissima redditività potenziale (60 tonnellate di materia secca per
ettaro, equivalenti a circa 60 barili di petrolio).
Biomassa secca e legna ecologica
Acquisisce sempre più importanza e ogni anno cresce la produzione di legna ecologica e biomassa
secca ottenute dallo sfruttamento razionale delle foreste. La biomassa secca e la legna ecologica per
dirsi tali devono avere questa caratteristiche:
- abbattimento di piante già morte senza intaccare alberi vivi
- biomassa secca, foglie, rametti, scarti lavorazioni agricole, potature di parchi e giardini, metodo
del ramo bello annuale
- sfruttamento razionale delle foreste metodo della matricina per piccole strisce di bosco o 1 pianta
ogni 4
- salvaguardia alberi secolari, generi protetti, boschi storici, habitat, ecosistema
- produzione locale
- lavorazione ecologica
- assenza di spese aggiuntive di costi energetici di trasporto via nave e via terra per migliaia di
chilometri
6
1.3.2 Biocombustibili
Recentemente i biocombustibili hanno suscitato l’attenzione di economisti, media, politici e
associazioni di consumatori. Il fenomeno si spiega in parte con l’elevato prezzo del petrolio e in
parte con i benefici ambientali che derivano dalla sostituzione di benzine e diesel con i loro alter
ego biologici.
L’idea di risparmiare e di avere allo stesso tempo aria più pulita è allettante. A parte alcuni tentativi
fantasiosi, e folkloristici, di fare “il pieno” nei supermercati riempiendo i serbatoi di olio di colza
puro, la diffusione dei biocombustibili è in rapida crescita in tutto il mondo (+ 25,7 per cento
nell’Unione europea a 25, durante il 2004). La Commissione europea, poi, si è impegnata a
sostituire, entro il 2010, il 5,75 per cento dei consumi per trasporto con combustibili di origine
vegetale.
I biocombustibili sono idrocarburi ottenuti dalla lavorazione di materie prime vegetali. Sono in
forma liquida (etanolo o biodiesel) o gassosa (idrogeno e biogas). Quelli in forma gassosa non sono
ancora diffusi perché non possono essere usati dal parco auto in circolazione e necessitano di una
specifica rete di distribuzione.
I sostenitori dei biocombustibili ritengono che dalla diffusione di bioetanolo e biodiesel si ottengano
tre vantaggi: maggiore sicurezza energetica per la minore dipendenza dai paesi produttori di
petrolio, ridotto impatto ambientale (in termini di emissioni di CO2 e di gas nocivi) e, in Europa, un
più razionale impiego delle terre coltivabili.
1.3.2.1 Biodiesel
Qualità del carburante, specifiche e proprietà
Il biodiesel è un biocombustibile liquido, trasparente e di colore ambrato, ottenuto interamente da
olio vegetale (colza, girasole o altri). Il Biodiesel ha una viscosità simile a quella del gasolio per
autotrazione ottenuto per distillazione frazionata del petrolio grezzo.
Per l'identificazione delle miscele si ricorre alla siglatura BD (analoga alla BA per le miscele
contenenti bio-alcol). Al biodiesel puro viene assegnata la sigla BD100, alle miscele un numero
corrispondente alla percentuale di biodiesel contenuto (ad esempio, BD20 per un gasolio tagliato al
20% con biodiesel). Negli Stati Uniti la siglatura è simile, ma senza la D (B100, B20, B50,
eccetera.).
Le specifiche internazionali standard per il biodiesel sono fissate nella norma ISO 14214; gli Stati
Uniti fanno riferimento inoltre alla specifica ASTM D 6751; la Germania ad una apposita specifica
DIN
Le specifiche fissano alcuni punti importanti nei processi di produzione del biodiesel:
ξ completezza della reazione
ξ rimozione del glicerolo
ξ rimozione del catalizzatore
ξ rimozione degli alcoli
ξ assenza di acidi grassi liberi
La conformità a queste caratteristiche viene generalmente verificata tramite gascromatografia.
7
Il carburante ottenuto secondo questi standard qualitativi risulta molto poco tossico; la dose letale
LD
50
è poco maggiore di 50 ml/kg, ben dieci volte superiore a quella del sale da cucina.
Il biodiesel può essere mescolato con il gasolio in ogni proporzione ed impiegato nei moderni
motori diesel, anche se alcuni autoveicoli possono subire una degradazione di tubi e giunti in
gomma per via del maggior potere solvente del biodiesel rispetto al gasolio tradizionale. La gomma
sciolta dal biodiesel può poi formare depositi o intasare le linee dell'alimentazione del veicolo.
L'adozione di gomme più resistenti nei veicoli di recente fabbricazione (dal 1992 in poi) dovrebbe
aver risolto questo inconveniente, senza contare che il maggior potere solvente del biodiesel aiuta a
mantenere pulito il motore sciogliendo residui eventualmente presenti.
Il Biodiesel puro (BD100 o B100) può essere utilizzato in qualsiasi motore Diesel a petrolio, anche
se viene più comunemente utilizzato in concentrazioni inferiori. In alcune zone è richiesto l'uso di
diesel a bassissimo contenuto di zolfo, che riduce la naturale viscosità e lubrificazione del
carburante poiché sono stati rimossi lo zolfo e certe altre sostanze. Per far sì che scorra
propriamente nei motori sono richiesti degli additivi, e il biodiesel è una popolare alternativa.
Concentrazioni fino al 2% (BD2 o B2) si sono mostrate in grado di restituire la lubrificazione.
Inoltre, molte municipalità hanno iniziato ad usare il biodiesel al 5% (BD5 o B5) nei mezzi per la
rimozione della neve e in altri sistemi. Usato come additivo al gasolio, ne migliora il potere
lubrificante.
Poiché il biodiesel viene più spesso utilizzato in miscela con il diesel di petrolio, ci sono meno
informazioni e studi formali sugli effetti del biodiesel puro sui motori non modificati e sui veicoli
attualmente in uso, tuttavia non ci si attendono particolari problemi nell'utilizzo del biodiesel puro
con i motori attuali, quantomeno finché tutte le parti del motore siano compatibili con il suo
maggior potere solvente.
Il punto di fusione del biodiesel è influenzato dalla natura e dalla quantità di esteri che contiene. La
maggior parte di esso tuttavia, compreso quello ottenuto dall'olio di soia, ha un punto di fusione
superiore a quello del gasolio; questo rende necessario il riscaldamento dei serbatoi di stoccaggio,
soprattutto nelle zone a clima rigido.
Il biodiesel ha un numero di cetano superiore a quello del gasolio, si incendia quindi più facilmente
quando viene iniettato nel motore.
Il biodiesel, rispetto al gasolio, non è esplosivo, con un flash point posto a 150 °C per il biodiesel
rispetto ai 64 °C del gasolio. Contrariamente al gasolio, è biodegradabile e non tossico, e riduce
significativamente le emissioni tossiche quando viene bruciato come carburante.
Impatto ambientale
Dal punto di vista ambientale, il biodiesel presenta alcune differenze rispetto al gasolio:
ξ il biodiesel, rispetto al gasolio, riduce le emissioni nette di ossido di carbonio (CO) del 50%
circa e di anidride carbonica del 78,45% perché il carbonio delle sue emissioni è quello che
era già presente nell'atmosfera e che la pianta ha fissato durante la sua crescita e non, come
nel caso del gasolio, carbonio che era rimasto intrappolato in tempi remoti nella crosta
terrestre.
ξ il biodiesel praticamente non contiene idrocarburi aromatici; le emissioni di idrocarburi
aromatici polinucleati (benzopireni) sono ridotti fino ad un massimo del 71%.
8
ξ il biodiesel non ha emissioni di diossido di zolfo (SO2), dato che non contiene zolfo.
ξ il biodiesel riduce l'emissione di polveri sottili fino ad un massimo del 65%.
ξ il biodiesel produce più emissioni di ossidi di azoto (NOx) del gasolio; inconveniente che
può essere contenuto riprogettando i motori diesel e dotando gli scarichi di appositi
catalizzatori.
Produzione
Sintesi chimica
Chimicamente il biodiesel è un carburante composto da una miscela di esteri alchilici di acidi grassi
a lunga catena. Un processo di trans esterificazione dei lipidi viene usato per convertire l'olio base
nell'estere desiderato e per rimuovere gli acidi grassi liberi.
Reazione di trans esterificazione: R-COOH+CH
3
OH→ R-CO-OCH
3
+H
2
O
Il processo produttivo più diffuso impiega metanolo per produrre esteri metilici, tuttavia anche
l'etanolo può essere usato, ottenendo così un biodiesel composto da esteri etilici. Come
sottoprodotto del processo di transesterificazione, si ottiene il glicerolo.
Oli base
Una varietà di biolipidi può essere usata per produrre il biodiesel. Tra questi troviamo:
ξ Oli vegetali vergini: l'olio di colza o di soia è quello più comunemente usato, anche se altre
coltivazioni come, senape, olio di palma e alghe sono promettenti;
ξ Olio vegetale di scarto:quali, ad esempio, quelli provenienti dalle mense;
ξ Grassi animali.
Molti sostenitori suggeriscono che l'olio vegetale di scarto sia la miglior fonte di olio per la
produzione del biodiesel. Comunque, le forniture disponibili sono decisamente meno della quantità
di carburante derivato dal petrolio che viene bruciato per i trasporti e il riscaldamento domestico in
tutto il mondo. Secondo l'Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti, i ristoranti
degli USA producono circa 13.6 milioni di litri (3 milioni di galloni) di olio da cucina di scarto
all'anno mentre ad esempio in Italia si consumano annualmente 39 miliardi di litri di gasolio e
benzina.
Anche se è economicamente vantaggioso usare gli oli vegetali di scarto per produrre il biodiesel, è
ancor più profittevole utilizzarli per convertirli in prodotti come il sapone. Perciò, la gran parte
degli oli vegetali di scarto non viene gettato in discarica, ma usato per altri scopi. I grassi animali
hanno limitazioni simili nella disponibilità, e non sarebbe efficiente allevare animali solo per il loro
grasso. Comunque, produrre biodiesel con grassi animali che altrimenti verrebbero scartati potrebbe
sostituire una piccola percentuale del diesel di petrolio.
Per avere una fonte veramente rinnovabile di olio, dovrebbero essere considerate coltivazioni
apposite. Le piante utilizzano la fotosintesi per convertire parte dell'energia del sole in energia