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CAPITOLO 1
LA I-GENERATION
1.1 Chi sono gli iGens
Come prima cosa, in premessa di questo lavoro, risulta fondamentale definire l’oggetto
della trattazione, quindi partire da chi siano gli iGens e per quali caratteristiche si
contraddistinguano.
Si può iniziare da un’affermazione di Jean Twenge, l’autrice che più di tutti si è occupata
di studiare questa fascia di popolazione.
Sulla rivista Emotion
1
infatti la Twenge ha detto che “gli adolescenti che trascorrono molto
tempo usando lo smartphone sono più infelici”.
Tale dichiarazione nasce da uno studio pilota condotto dalla stessa autrice presso
l’Università di San Diego, poi riportato in sintesi sulla rivista suddetta.
Si trattava nello specifico di misurare, per un campione di N=1,1 milioni di studenti
dell'ottava, decima e dodicesima inizia la “middle school”, cioè la scuola media, ecc…,
secondo il sistema degli Stati Uniti; il benessere psicologico misurato secondo i seguenti
parametri:
- autostima;
- felicità;
- soddisfazione circa la propria vita.
1
Twenge, J. M., Martin, G. N., & Campbell, W. K. (2018). Decreases in psychological well-being among
American adolescents after 2012 and links to screen time during the rise of smartphone technology. Emotion,
18(6), 765–780. https://doi.org/10.1037/emo0000403
7
Quello che si è visto è stato che, apparentemente senza una spiegazione plausibile, questo
livello, misurato per il periodo compreso tra il 1991 e il 2016, è apparso improvvisamente
diminuito dopo il 2012. In sostanza i ragazzi che usufruivano di più della tecnologia (che si
trattasse di fare i compiti a casa o anche di frequentare le funzioni religiose) mostravano un
minor benessere dal punto di vista psicologico.
Al contrario, i ragazzi che trascorrevano meno tempo in rete o comunque impegnati nelle
forme di comunicazione elettronica apparivano più felici.
Si notava anche che gli indicatori di tipo economico non apparivano influire su questo
benessere, che dipendeva invece dal tempo trascorso online e sullo schermo.
La rapida trasformazione digitale occorsa per una certa fascia della popolazione giovanile,
con l’uso sempre più massiccio di smartphone e con il cambiamento nelle abitudini e nella
gestione del tempo, sembrava essere il motivo di questo declino.
I ragazzi intervistati in questo studio longitudinale dell’associazione Monitoring the
Future, con età compresa tra i 13 e i 18 anni erano, come detto, più di un milione,
rappresentando quindi un campione notevole
2
.
Visitando il sito dell’associazione si notano alcuni comunicati stampa del 2022 i cui
contenuti saranno ripresi nel secondo capitolo, in quanto pertinenti agli argomenti trattati
successivamente, Colpisce però come tra i temi trattati spicchino studi sull’uso della
nicotina vaporizzata quale principale forma di consumo di sostanze tra gli adolescenti
3
,
oltre che sull’uso di marijuana, arrivato nel 2021 ai massimi storici
4
.
Tornando al sondaggio in analisi, la Twenge, commentando i risultati desunti, ritiene che
sia proprio il tempo che i giovani passano davanti allo schermo (che sia il pc, il tablet o lo
smartphone) la causa della crescente infelicità di questi ragazzi.
Per la precisione, l’analisi era di tipo descrittivo e non sperimentale, quindi l’autrice si è
concentrata sul fenomeno, ma non in termini di causa ed effetto tra variabili misurate.
L’aspetto interessante però, come supportato anche da altro studi, è che mentre il tempo
passato online sembra causare infelicità, non appare il contrario, cioè i ragazzi non
sembrano passare molto tempo davanti a uno schermo perché sono infelici e questa
distinzione è determinante.
2
https://monitoringthefuture.org/ ultimo accesso 20/07/2023
3
https://news.umich.edu/nicotine-vaping-now-one-of-the-top-forms-of-substance-use-among-teens/ ultimo
accesso 20/07/2023
4
https://news.umich.edu/marijuana-hallucinogen-use-at-all-time-high-among-young-adults/ ultimo accesso
20/07/2023
8
Per essere ancora più precisa, la Twenge sottolinea come l’uso dei devices quali lo
smartphone di per sé non sia deleterio, anche perché la sua completa assenza non
determina comunque il benessere psicologico o la felicità; i ragazzi che mostrano i
punteggi più elevati circa la dimensione della felicità usano lo smartphone e i social per
meno di un’ora al giorno.
Passata questa soglia, più tempo si passa davanti a uno schermo, maggiore sarà il
peggioramento del benessere.
La Twenge parlava, nel suo studio, di uno spartiacque temporale rappresentato dall’anno
2012.
Come riferito in un articolo pubblicato sulla rivista The Atlantic che riassume il testo
“iGen: Why Today’ s Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More
Tolerant, Less Happy–and Completely Unprepared for Adulthood”
5
, in quell’anno si
sarebbe verificato un cambiamento nei giovani, sia a carico dei comportamenti sia a carico
degli stati emotivi.
Si cominciò a parlare di iGen (Generazione “i”) per distinguerla dalle altre e in particolare
da quella dei cosiddetti Millenial immediatamente precedenti.
Una delle caratteristiche che distinguerebbero questi giovani sarebbe legata alla peculiare
visione della vita, oltre che al modo in cui trascorrono il loro tempo, tanto che le
esperienze che vivono ogni giorno influenzerebbero le relazioni sociali e finanche la salute
mentale.
Gli studi su questa fascia della popolazione indicano che gli iGens sono fisicamente più
sicuri dei loro predecessori, ma a rischio salute mentale
6
.
Chi sono quindi questi ragazzi e in cosa sarebbero peculiari? Vengono così definiti coloro
che sono nati tra il 1995 e il 2012, rappresentando solo negli Stati Uniti una popolazione di
circa 74 milioni di giovani.
Valutandone sia la dimensione sia la composizione, si tratta certamente della generazione
più importante nella storia, iGens quindi sta a significare la generazione di “I”nternet.
Si tratta di una coorte numerosissima, che ha superato come si diceva anche i Millennial e i
Baby Boomers, essendo peraltro anche molto diversificata.
5
Twenge, J.M. (2017). iGen: Why Today's Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More
Tolerant, Less Happy--and Completely Unprepared for Adulthood--and What That Means for the Rest of
Us. Atria Books
6
Twenge., J.M. (2017). Have smartphones destroyed a generation? in
https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2017/09/has-the-smartphone-destroyed-a-generation/534198/
ultimo accesso 20/07/2023
9
La Twenge, autrice e docente di psicologia, pubblicò a tal proposito nel 2006 un testo
intitolato “Generation Me
7
”, nel quale peraltro rivendica di aver usato per la prima volta
l’espressione iGens, e sottolineò come la composizione della coorte fosse molto eterogenea
(ad esempio un ragazzo su 4 sarebbe ispanico e uno su 20 multirazziale). In sostanza non
esiste un gruppo in maggioranza.
Non si tratta però solo di etnia; a differenziare questa generazione è fondamentalmente la
tecnologia e, per essere ancora più precisi, il fatto che questi ragazzi siano stati esposti,
praticamente dalla nascita, a una dose massiccia di tecnologia.
Si pensi solo al fatto che questi ragazzi hanno avuto accesso a una mole di informazioni
desunte dalla rete in modo permanente e continuativo dalla prima volta che hanno iniziato
a usare un pc o uno smartphone.
Si pensi anche al fatto che in media un ragazzo dispone di circa 150.000 applicazioni
potenzialmente scaricabili e installabili sul cellulare in pochi secondi per comprendere il
potenziale tecnologico cui questi ragazzi sono sempre stati esposti.
Già nel 2015 infatti la percentuale di minori che usavano un cellulare arrivava al 60%,
percentuale che allo stesso tempo usa il telefono ogni giorno fino a 80 volte.
Si tratta di una percentuale che l’anno prima, quindi nel 2014, era “appena” del 40%,
essendo quindi raddoppiata in soli 12 mesi.
Secondo la Twenge, gli iGens si caratterizzerebbero per alcune peculiarità che li distingue
anche dai propri genitori o da eventuali fratelli nati in un’altra fascia generazionale:
1) risultano più tolleranti verso il prossimo, sia per quanto riguarda l’orientamento sessuale
sia relativamente alla all’etnia;
2) si assumono meno rischi e sono più cauti nel prendere decisioni e questo sembra
proteggerli dal rischi di assumere droghe o avere gravidanze premature;
3) La loro emancipazione sembra rallentata, nel senso che escono di casa più tardi e
tardano ad avere relazioni importanti;
4) Sembrano anche avere poca vita sociale, ad esempio manifestando una minor
probabilità di passare del tempo nei centri commerciali o al cinema; al contempo tardano a
prendere la patente di guida e leggono poco;
5) preferiscono una modalità relazionale mediata dal cellulare piuttosto che faccia a faccia,
ma sviluppano più sintomi depressivi rispetti alle generazioni precedenti;
7
Twenge, J.M. (2006). Generation Me: Why Today's Young Americans Are More Confident, Assertive,
Entitled--and More Miserable Than Ever Before. Free Press
10
6) sembra che si sentano soli e non “utili” o “necessari”, palesando tassi di suicidio più alti;
7) trascorrono la maggior parte del tempo connessi, e sono più sorvegliati dai genitori
durante la crescita;
8)Sembrano infine scarsamente inclini a identificarsi con un partito politico ma
politicamente più conservatori..
V olendo trasportare queste caratteristiche in proiezione, immaginando quello che potrebbe
essere il futuro di questi ragazzi, potremmo affermare come questa sia una generazione che
entrerà in un mondo del lavoro che offre loro carriere in settori particolari, come ad
esempio quello dell'assistenza sanitaria e della tecnologia specializzata, o ancora quello
dell'ingegneria, ma non quella automobilistica visto il potenziale limitato di questo settore
(a causa dell’avvento dell’elettrico) e nemmeno di quella civile (a causa del trend negativo
a livello di costruzione di edifici e infrastrutture.
Anche il settore linguistico non sembra offrire molti sbocchi professionali per il futuro di
questi ragazzi e, per via della forte espansione di colossi come Amazon, anche il settore
delle vendite al dettaglio non sarà di certo una possibilità di crescita professionale.
La tecnologia che caratterizza questa generazione quindi potrebbe anche essere interpretata
come un’arma a doppio taglio; si pensi ad esempio al settore dei trasporti, che saranno
sempre più automatizzati rendendo meno necessarie figure di autisti, tassisti e trasportatori.
Il punto è che questi giovani sono convinti di poter trasferire le proprie competenze
digitali, acquisite fin dalla nascita, anche al futuro mondo del lavoro nel quale entreranno
subito dopo il diploma
8
; quindi pensano di poter collegare senza problemi le esperienze
che fanno a scuola a quelle di vita usando gli stessi strumenti digitali
9
.
Questo aspetto può a ben vedere essere interpretato anche in senso positivo; la stessa
Kozinsky, commentando uno studio del Barnes and Noble College secondo il quale gli
studenti di oggi mostrano un tipo di apprendimento attivo, afferma che la iGen vogliono
far parte del processo di apprendimento stesso
10
.
Il 51% degli studenti intervistati nell’ambito di questo studio ha affermato infatti di
apprendere meglio “facendo”, a differenza del 12% del campione che ritiene di imparare
meglio ascoltando.
8
Philip , T., García, A. (2013). L'importanza di insegnare ancora alla iGeneration: nuove tecnologie e
centralità della pedagogia. Harvard Educational Review, 83 (2): 300–
319. doi: https://doi.org/10.17763/haer.83.2.w221368g1554u158
9
Kozinsky, S. (2017). How Generation Z Is Shaping The Change In Education, in
https://www.forbes.com/sites/sievakozinsky/2017/07/24/how-generation-z-is-shaping-the-change-in-
education/ ultimo accesso 21/07/2023
10
Ibidem
11
Il loro ambiente di apprendimento preferenziale sarebbe quindi di tipo collaborativo e gli
strumenti digitali entrerebbero in gran parte nel metodo utilizzato.
Questo consente loro di imparare praticamente ovunque e non solo in aula; hanno a
disposizione informazioni illimitate e questo aspetto li rende da un punto di vista
conoscitivo più autonomi, portandoli a costruire in prima persona il proprio percorso
formativo e lavorativo.
Il lavoro della Twenge, tornando alla psicologa che più di tutti ha studiato il fenomeno,
identifica diverse aree (o meglio tendenze) che possono definire questi ragazzi, tutte aventi
iniziale “i” come “i”generation
11
.
Si tratta di:
- immaturità;
- iperconnessione;
- incorporeità;
- instabilità;
- isolamento e disimpegno;
- incertezza e precarietà;
- indefinitezza;
- inclusività
12
.
Vediamo dunque nel dettaglio queste caratteristiche.
1.2 Caratteristiche della i-generation: le 8 “i”
Si diceva che gli iGens manifestano delle tendenze che sono identificate da parole che
iniziano con la la lettera “i”, a richiamo della loro definizione
13
.
1.2.1 “I”m m a tu ri tà
La prima di queste tendenze è l’ ”I”mmaturità: questi ragazzi si distinguono dalle
generazioni precedenti perché crescono, come visto prima, più lentamente.
Il fatto di prendere la patente a un’età statisticamente superiore rispetto ai loro predecessori
li rende ad esempio meno autonomi e meno indipendenti; allo stesso modo il fatto di non
11
Twenge, J.M. (2018). Iperconnessi. Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, piú tolleranti, meno felici
e del tutto impreparati a diventare adulti. Torino: Einaudi editore
12
Tosco, E. (2020). Chi sono gli I-gen? Una fotografia della generazione iperconnessa in
https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3301 ultimo accesso 20/07/2023
13
Ibidem
12
impegnarsi precocemente in lavori extrascolastici impedisce loro di andar via di casa prima
vincolandoli alla ricerca di un lavoro post college per poter affittare una casa.
Hanno quindi un maggior bisogno degli adulti, e non solo in senso economico, bensì
anche da un punto di vista emotivo.
Si può dire quindi che questa immaturità possa essere identificata con una storia di
estensione del periodo infantile, nel senso che la iGen sembra tardare non solo a
emanciparsi, ma anche ad assumere i comportamenti tipici dell’età adulta.
1.2.2 “I”pe rc on n e ssi on e
La seconda caratteristica è quella dell’”I”perconnessione, forse quella che meglio distingue
questi ragazzi, nati e cresciuti in un’epoca fortemente digitalizzata. Si consideri che questa
generazione trascorre almeno 5 ore di media al giorno connessa a smartphone e tablet per
comunicare ma anche e soprattutto per giocare o postare contenuti sui social media come
Youtube o Instagram o Snapchat.
Ne risentono molto i libri e i quotidiani classici. Si può anche dire quindi che la vita di
questi ragazzi sia pubblica, nel senso che si svolge online, con contenuti e messaggi visibili
a chiunque, e spesso postati anche per poter essere condivisi.
Ma quale influenza hanno i social media su questi ragazzi? Uno studio italiano si è
concentrato in particolare sull’uso di Instagram, trovando che questo social influisce sulla
costruzione di sé e sull'esperienza interpersonale
14
.
Nella ricerca sono stati intervistati 40 adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, e i
risultati dei questionari somministrati ha mostrato come l'autocostruzione e la distanza
dagli altri venivano influenzate dal fatto che questi ragazzi ricevessero o meno dei
feedback positivi dal gruppo dei pari ai loro contenuti.
A seconda quindi del fatto che i ragazzi ricevessero o meno un “mi piace” sul profilo, la
loro autoaccettazione e la loro desiderabilità sociale aumentava.
Invece si notava una diminuzione dell'autoaccettazione delle ragazze quando queste
postavano delle foto di loro stesse ma dopo averle modificate con programmi appositi,
mostrando quindi un forte bisogno di approvazione.
14
Cipolletta, S., Malighetti, C., Cenedese, C., & Spoto, A. (2020). How Can Adolescents Benefit from the
Use of Social Networks? The iGeneration on Instagram. International journal of environmental research
and public health, 17(19), 6952. https://doi.org/10.3390/ijerph17196952