CAPITOLO I:
LA PUBBLICITÀ
1.1. La pubblicità in parole
Secondo Ghiglione (1988) chi comunica co-costruisce, con il suo
interlocutore, mondi possibili in cui la realtà ed il vero, sono solo
un caso particolare del verosimile. Chi fa pubblicità sta parlando
a qualcuno in particolare, al suo ricevente. Ogni pubblicità
dunque, costruisce una realtà con il suo pubblico di cui conosce
bisogni ed attese. Ogni spot è portatore e creatore di micromondi
e macromondi. Comunicare è la costruzione di mondi diversi, ma
tutti possibili per gli interlocutori; parlando si costruisce una
realtà condivisa dai soggetti coinvolti.
Ghiglione, portando l'esempio di un giornalista che scrive un
articolo per il suo pubblico di lettori, asserisce che quando una
persona si esprime, lo fa attraverso il pensiero dell'altro, cioè in
funzione delle rappresentazioni dell'altro soggetto coinvolto, co-
costruendo un mondo con il suo pensiero; la pubblicità
ugualmente crea mondi in funzione delle rappresentazioni che
pensa il pubblico abbia, costruisce mondi possibili per i
consumatori di quel prodotto. La pubblicità parla il linguaggio
dell'altro, proponendo l'idealizzazione dei suoi desideri.
Comunicare è, per Ghiglione, "effettuare questo gioco di co-
costruzione di un mondo possibile per gli interlocutori"
(Ghiglione, 1988, p.29).
Si comunica secondo tre principi: primo, instaurando una
relazione, secondo, quando ci sono degli scopi e terzo, con il fine
di costruire mondi possibili.
Come Watzlawick (1967, edizione italiana, 1971), anche secondo
Ghiglione, comunicare implica instaurare una relazione con il
proprio interlocutore. Si comunica al fine di costruire mondi
possibili per raggiungere determinati scopi: lo scopo di una
comunicazione pubblicitaria è quello di proporre il proprio mondo
come quello reale. La comunicazione, soprattutto quella
pubblicitaria, è competizione per una posta in gioco: ogni scambio
comunicativo rappresenta una negoziazione finalizzata a fare
assumere all'altro la propria definizione di realtà. Lo scopo ultimo
della pubblicità è proprio questo: fare in modo che il consumatore
condivida il mondo di immagini, parole, valori che in 30 secondi
uno spot propone. Fare una pubblicità sembra dunque essere la
costruzione di un mondo attraverso le rappresentazioni del target
di riferimento, al fine di proporlo come reale.
La referenziazione, cioè l'attribuzione di un significato ad un
simbolo, è un processo dinamico, mediato dai soggetti, di
costruzione e ricostruzione del significato. L'uomo è attore ed
agente sociale perché apprende e crea referenze sociali. Anche la
pubblicità attinge e contribuisce a creare significati, rispetto agli
oggetti e al mondo sociale. Watzlawick (1967, edizione italiana,
1971), propone un altro modello, studia la pragmatica della
comunicazione ovvero gli effetti della comunicazione sul
comportamento. Secondo l'autore la comunicazione umana segue
determinati assiomi; la pubblicità è una forma di trasmissione di
informazioni, progettata da individui, che si rivolge ad altri
individui e, per estensione, anche la comunicazione pubblicitaria
seguirà questi assiomi.
Il primo recita che e impossibile non comunicare: ogni pubblicità
dunque comunica qualcosa in bene o in male. L' obiettivo di un
pubblicitario è riuscire a comunicare in modo giusto, veicolando
il messaggio progettato; se ciò non avviene, sicuramente si
comunicherà qualcos'altro. Chi si occupa di promozione di
immagine conosce bene questo principio ed è cosciente che
qualsiasi cosa si riferisca al personale, all'azienda o al prodotto è
comunicazione.
Il secondo assioma postula che in ogni messaggio si esplicita un
contenuto e si sottointende una definizione di relazione. Ogni
comunicazione veicola una certa quantità di informazioni e nel
contempo definisce una relazione tra l'emittente e il ricevente. Il
contesto nel quale si svolge la comunicazione aiuta a definire il
livello di relazione. Il messaggio pubblicitario crea comunque una
relazione con il suo consumatore, se instaura una relazione
positiva, si tratterà di una buona campagna pubblicitaria; secondo
Watzlawick il livello di relazione è veicolato da un implicito
"ecco come ti vedo" o in altre parole "ecco qual è la nostra
relazione". L 'interlocutore può comprendere e quindi confermare
o rifiutare la comunicazione, oppure può negare la realtà
dell'emittente (si veda Watzlawick 1971, p.78).
Quando si comunica, oltre ad un contenuto, si dà una definizione
dell'intervistatore e della relazione che si vuole instaurare con lui,
il quale comunque può decidere di accettare la comunicazione,
confermando la definizione di sé data dall'emittente e la relazione
che intende instaurare, oppure può rifiutarla. Ogni comunicazione
pubblicitaria veicola una definizione del suo consumatore.
Il terzo postulato afferma che le informazioni sono veicolate dalla
comunicazione numerica e che gli aspetti relazionali sono
trasmessi da una comunicazione di tipo analogico.
L 'ultimo assioma che interessa la comunicazione pubblicitaria è
il quinto, secondo il cui la relazione tra due interlocutori può
essere simmetrica o complementare. Nella seconda un soggetto
sarà in posizione one-up, e necessariamente l'altro in posizione
one-down. Il contributo che ci viene da questo autore è soprattutto
l'importanza della relazione veicolata nella comunicazione.
1.2. La pubblicità in numeri
Nel decennio 1980-1990 il mercato pubblicitario italiano è
aumentato di più del doppio (fonte: AssAP), è incrementato
soprattutto il mercato della pubblicità televisiva. Uno dei motivi
dello sviluppo della spesa in pubblicità in Italia è stata infatti la
maggior disponibilità di spazio offerto dalle televisioni
commerciali: secondo gli autori Brigida Francia e Vesne, (1993)
le grandi aziende preferiscono investire in spot televisivi, perché
il costo-contatto è minore.
Il costo-contatto è un valore che misura quanto costa raggiungere
una persona, di uno specifico target, con un determinato mezzo
pubblicitario: in Italia un costo contatto per la TV è di 10 lire, 19
lire per i periodici e 59 lire per i quotidiani. L'investimento in
pubblicità sostiene in modo determinante l'intero sistema delle
comunicazioni di massa; rappresenta circa il 40-50% degli introiti
della stampa quotidiana e periodica, il 34% della Rai, il 100% di
quelli delle televisioni e radio commerciali (fonte: Brigida,
Francia, Vesne 1993 p.13).
Diversamente dall'Italia, negli altri paesi europei la stampa è il
mezzo pubblicitario principale; in Europa nel '92 gli investimenti
pubblicitari divisi a seconda del mass-media è ripartita secondo le
seguenti percentuali: stampa 52.9%, televisione 34.5%, affissione
6.2%, radio 5.4%, cinema 0.9% (fonte: Media Forecast, Carat).
L'Italia si discosta dalla media europea: gli italiani sembrano
preferire la televisione alla stampa (fonte: Media Forecast, Carat).
Esaminiamo dati Nielsen del '95 (Tab. 1 ): la pubblicità televisiva
in Italia raccoglie oggi il 58% degli investimenti pubblicitari, con
un incremento del 6%, rispetto al '94.
La stampa si aggiudica il 38%, anche se la sua quota relativa va
diminuendo da oltre quindici anni. La radio raggiunge l'1.7%,
confermando un trend di crescita; mentre le affissioni registrano il
2.7%. Nel periodo gennaio-dicembre '95 gli investimenti
pubblicitari, grazie ad un incremento del 5.6% rispetto all'anno
precedente, hanno raggiunto gli 8.425 miliardi di lire. Il consumo
di televisione in Italia, è tra i più alti in Europa, si aggirava nel
1990 attorno alle 3,17 ore medie di ascolto pro capite (fonte:
Carat).
L 'Italia detiene anche un altro primato: il numero di spot
trasmessi durante il giorno, dalle televisioni private e statali è il
più alto d'Europa (fonte: Carat): a causa di un tale affollamento
l'efficacia dei singoli messaggi può risultare compromessa. Una
caratteristica degli investimenti pubblicitari italiani e che essi si
riferiscono a categorie merceologiche che hanno uno scarso peso
sul totale dei consumi.
Consideriamo le sette categorie merceologiche che raccolgono il
13% dei consumi: alimentari confezionati, bevande analcoliche e
alcoliche, chimico casa, igiene e bellezza, elettrodomestici,
acquisto auto ed altri mezzi di trasporto, questi prodotti
realizzano circa il 46% del totale degli investimenti pubblicitari.
Quindi la maggioranza dei consumi degli italiani riguarda beni
scarsamente pubblicizzati, come ad esempio gli alimentari non
confezionati (fonte: Assap ). La pressione pubblicitaria varia nei
diversi settori merceologici: è molto elevata nelle categorie igiene
e bellezza, molto meno nelle calzature, intimo, abbigliamento,
vini e settore tessile.
1.3. Definizioni della pubblicità
Vediamo alcune definizioni di pubblicità tratte da alcuni
vocabolari.
Secondo il Garzanti, mi riferisco all'edizione del 1963, e l'insieme
di mezzi con cui si rendono noti ai consumatori i prodotti in
commercio, è largamente usata nei paesi civili, dove ha assunto
soprattutto negli ultimi decenni, un'importanza tale da dare luogo
alla formazione di agenzie apposite. Secondo Garzanti, la
pubblicità è strettamente legata all'industrialismo, da cui attinge i
mezzi necessari per autofinanziarsi.
Secondo il Melzi, la pubblicità è un mezzo per rendere nota e
raccomandare al pubblico un'offerta di vendita, una richiesta,
attraverso la televisione, annunci sui giornali, sui muri, con
insegne luminose e comunicazioni radiofoniche.
Secondo lo Zingarelli si tratta di una attività aziendale, diretta a
far conoscere l'esistenza di un bene o di un servizio e ad
incrementarne il consumo e l'uso; comprende anche qualsiasi
forma di annuncio diretto al pubblico per scopi commerciali.
Agli effetti del codice civile il termine pubblicità comprende
"ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la
vendita di prodotti e servizi, quali che siano i mezzi utilizzati"
(Roman, Maas, 1992, edizione italiana, 1995 p.240).
In queste definizioni si vede come la pubblicità sia: un mezzo, un
insieme di mezzi, una attività aziendale ed anche ogni
comunicazione che relativamente rende noto, promuove,
raccomanda, incrementa le vendite di un certo prodotto.
"La pubblicità è la presentazione di un prodotto, di un servizio, di
un'idea fatta da una fonte ben identificata attraverso un canale non
personalizzato la cui utilizzazione comporta un costo" (Pellicelli,
1988, p.551). Di nuovo la pubblicità è una presentazione di
qualcosa, una forma particolare di comunicazione. Per un altro
autore la pubblicità serve per aumentare gli introiti dell'azienda:
"è uno strumento di no price-competition che l'impresa operante
in un mercato oligopolistico usa ai fini di massimizzare il proprio
profitto. La concorrenza oligopolistica è caratterizzata
dall'esistenza di pochi grandi leader di mercato, che producono
beni sostanzialmente simili dal punto di vista delle specifiche
tecniche, del prezzo e della distribuzione" (Brigida, Francia,
Vesme, 1993, p.33).
Per altri autori la pubblicità e una forma di comunicazione che
porta a delle azioni concrete. Per Fabris la pubblicità è una forma
di comunicazione unilaterale in cui è sempre citato chi la
promuove, veicolata dai mezzi di comunicazione di massa, rivolta
a stimolare la propensione al consumo. "Un sistema di
comunicazione messo a punto da individui che intendono
comunicare con altri individui, sia pure nella fattispecie del
messaggio di vendita, per influire sui loro comportamenti ed
atteggiamenti, veicolato dai mass- media, in continua correlazione
con il sociale" (Fabris, 1994, p.24); "è ogni forma non personale
di comunicazione di massa, a pagamento e con esplicita
indicazione dell'inserzionista, volta ad indurre, direttamente o
indirettamente, ad azioni vantaggiose per l'inserzionista stesso"
(Pratesi, 1995, p. 169).
Gli autori citati non sono concordi nel definire che cosa e la
pubblicità: la maggior parte di questi comunque asserisce che si
tratta di una forma di comunicazione che ha degli scopi più o
meno costrittivi: informa, ma anche spinge a cambiare determinati
atteggiamenti o comportamenti del consumatore.
In conclusione si può vedere come la pubblicità sia soprattutto
una forma di comunicazione, che può promuovere un prodotto per
stimolarne la propensione al consumo; cerca anche di influenzare
i comportamenti dei consumatori.
Kotler (1993), sostiene che non si può dare una definizione di
pubblicità, date le diverse forme che può presentare; ne definisce
alcune caratteristiche. E' una presentazione pubblica, cioè uno
strumento di comunicazione diretto al pubblico; l'offerta è
standardizzata e si caratterizza per una sorta di legittimazione
perché, come sostiene l'autore, chi acquista è cosciente che le
motivazioni che determinano la sua scelta sono note a tutti.
Un'altra caratteristica è la persuasività: la pubblicità è
penetrante perché é ripetitiva e fornisce immediatamente delle
informazioni positive sulla grandezza di una impresa, sulla sua
popolarità e successo. Grazie ai mezzi tecnici permette una
amplificata espressività del messaggio. L'ultima caratteristica
considerata da Kotler è l'impersonalità.
La definizione di pubblicità cambia a seconda dell'ottica
attraverso cui viene guardata. Possiamo considerarla in una
prospettiva economica e vederla come un investimento da parte
dell'azienda, uno strumento oneroso di comunicazione. La
pubblicità, in questa prospettiva, è un mezzo utilizzato da
un'azienda, per raggiungere gli obiettivi proposti. Se ad esempio
un'azienda deve iniziare una nuova attività, una volta definiti il
prodotto, le caratteristiche di servizio, il prezzo ed i canali di
distribuzione, l'organizzazione valuterà la necessità di un'attività
di promozione. Il mix promozionale è costituito da quattro
strumenti: la pubblicità, la promozione, le pubbliche relazioni, la
vendita personale. (Kotler, Scott, 1993, p.822).
La fruizione articolata di questi elementi sarà un fattore
importante per ottenere i risultati che l'azienda vuole conseguire.
Gli obiettivi di vendita saranno raggiunti solo se anche gli altri
elementi implicati nella strategia, cioè il prodotto, il prezzo, il
servizio e la distribuzione saranno coerenti con l'attività
promozionale del prodotto. La pubblicità è dunque un elemento
del marketing mix.
Se l'azienda decide di investire in pubblicità, le scelte più
importanti saranno innanzitutto il mezzo o i mezzi di cui si
avvarrà la comunicazione e le caratteristiche del messaggio. Per
formulare una comunicazione efficace le ricerche hanno un ruolo
molto importante perché danno informazioni su come e cosa è
meglio comunicare in riferimento a quello specifico target.
La pubblicità a questo punto può essere definita come l'atto
conclusivo di una lunga pianificazione strategica dell'azienda;
deve sottostare alle indicazioni del budget commerciale, agli
obiettivi di marketing, alle indicazioni delle ricerche di mercato
ed alle caratteristiche del mezzo attraverso cui è veicolata:
televisione, radio, carta stampata, affissioni, internet.
Dopo aver accennato al significato di pubblicità in un'ottica
economica, ci spostiamo "dall'altra parte del muro o dello
schermo" e vediamo come il pubblico percepisce la pubblicità. In
una ricerca condotta da Fabris sulle rappresentazioni della
pubblicità (1994, p.532, la ricerca, di tipo qualitativo, è stata
condotta nel 1990, 1991 su un campione rappresentativo di 2000
individui) si mette in luce come la pubblicità sia in generale vista
positivamente, nel senso che i vantaggi che le vengono attribuiti
sono maggiori rispetto agli svantaggi.
Gli aspetti positivi si dividono in due categorie, da un lato, la
pubblicità informa il consumatore, dall'altro è allegra e lo diverte.
Le critiche sono meno importanti quantitativamente, ma sono
vissute con più rabbia ed accanimento. Viene riferito che la
pubblicità fa aumentare il prezzo del prodotto, è noiosa,
menzognera e, cosa peggiore, condiziona in modo subdolo il
comportamento sempre degli altri. Le definizioni che le persone
danno alla pubblicità si riferiscono soprattutto alle funzioni che
sembra svolgere. La pubblicità è percepita come qualcosa di
diverso per l'azienda o il consumatore, ma è anche altro.
La pubblicità attinge e contribuisce a costruire i riti e i miti del
nostro tempo, il nostro immaginario collettivo: riprende i valori, i
desideri e i bisogni del pubblico amplificandoli, rendendoli
spettacolari. Secondo Fabris (1994) la pubblicità propone i miti
della famiglia, del successo, della sicurezza, della gioventù, della
naturalità e della sessualità. I valori proposti cambiano seguendo
o anticipando quelli che sono i nuovi trend (si veda il capitolo
sull'evoluzione del consumatore). Sulla pubblicità sono stati fatti
molti studi a carattere sociologico ed antropologico. Il punto di
vista in questo caso è l'impatto che la pubblicità ha sul sociale.
L'interesse è sull'ideologia veicolata dalla pubblicità, sulla
funzione socializzante che svolge.
La pubblicità può essere definita anche come una forma d'arte, si
pensi all'uso figure retoriche utilizzate, all'uso dell'immagine,
della simbologia, all'impiego di grandi attori e registi. Secondo
Borrelli (1995) la funzione promozionale dei prodotti è uno
spunto per autonome performance narrative da sottoporre non
tanto ad un consumatore, ma ad un nuovo tipo di esteta. Borrelli
compara la pubblicità all'arte figurativa medioevale: entrambe
hanno un committente ed entrambe un doppio pubblico, quello che
apprezza il contenuto e quello che apprezza il messaggio creativo.
Che la pubblicità sia un'importante espressione artistica del nostro
tempo, è dimostrato dal fatto che negli ultimi anni si sono
moltiplicati i festival nazionali ed internazionali che premiano le
migliori campagne pubblicitarie. Secondo alcuni autori (Roman,
Maas 1992, Borrelli,1995), la nascita di festival sempre nuovi è
indice che la pubblicità parla sempre di più di se stessa con se
stessa, allontanandosi dal consumatore. La manifestazione più
famosa è quella che si svolge annualmente a Cannes. Vorrei
ricordare che nel 1996 ha vinto il festival la pubblicità del Rholo,
uno spot divertente su una caramella. Lo stesso spot ha vinto
anche il 4° Concorso Internazionale di regia pubblicitaria, svolto
a Torino.
Concludendo, si può dire che la pubblicità è una forma di
comunicazione onerosa, su canali di massa, utilizzata da una
organizzazione come mezzo per raggiungere un obiettivo a breve
o a medio-lungo termine, al fine di. massimizzare il profitto; in
questa comunicazione è sempre specificata l'organizzazione e\o il
prodotto o servizio che viene promosso. Può essere anche definita
come una comunicazione sui generis, con le sue regole e con
obiettivi espliciti, con un format particolare a seconda del mezzo
attraverso cui è veicolata: i linguaggi, il suo modulo narrativo
sono perfettamente riconoscibili. Per il consumatore è qualcosa
che informa, diverte, annoia ed inganna. E' un'espressione sociale
avvicinabile ad una forma di espressione artistica.