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Introduzione
Il merito e la meritocrazia sono parole all’ordine del giorno, presenti sia nel
dibattito politico contemporaneo sia in quello pubblico. Il consenso sulle virtù
della meritocrazia è pressoché unanime e il suo valore è condiviso dai diversi
orientamenti politici. L’idea di riconoscere e ricompensare il merito degli
individui, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza, e di penalizzare
i non meritevoli esercita una comprensibile attrazione. Tuttavia, tale importante
obiettivo è rivestito spesso di connotazioni morali che, a ben vedere, sono assai
discutibili.
Lo scopo principale del presente elaborato è quello di muovere alcune critiche
al concetto di merito e alla sua applicazione all’interno delle dinamiche di
mercato, sulle quali si fondano le società liberali. La contrapposizione tra
meritocrazia e mercato liberale potrebbe apparire, in un primo momento,
irrazionale. È infatti, comune opinione, che merito, mercato e pensiero liberale
siano concetti interconnessi. Sostengo invece, come la connessione tra
liberalismo, mercato e meritocrazia, sia un fraintendimento grave, dovuto
principalmente al fatto che molti sostenitori del libero mercato abbiano adottato
la terminologia della meritocrazia, alterandone profondamente il significato.
Infatti, già nella seconda metà del XX secolo, attraverso i concetti di «merito»
e «talento» vennero prese le distanze dalla cultura socialista ed egualitaria che,
si contrapponeva, timidamente, a quella liberista.
L’intero elaborato è corroborato da una folta letteratura che prende in
considerazione le difficoltà, o addirittura l’incapacità, della concezione
meritocratica di raggiungere gli scopi dichiarati all’interno della società
contemporanea. La sua stessa applicazione comporta delle notevoli distorsioni
del concetto di merito, come già dichiarato, negli anni Novanta, dallo stesso
inventore del termine Michael Young.
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Per evitare di cadere in imprudenti interpretazioni, è opportuno affermare come
l’intento del presente studio, sia quello di criticare la meritocrazia senza però
negare l’importanza morale che il concetto di merito riveste per i liberali.
All’interno della trattazione vengono esaminate le diverse problematiche che
riguardano la concezione meritocratica. Vedremo come le nozioni di «merito»
e «talento», basi dell’intero sistema meritocratico, abbiano di rado un contenuto
specifico. Il risultato è che la meritocrazia viene impiegata all’interno di un
ampio contenitore terminologico, che riunisce i molteplici obbiettivi che
mutano secondo dinamiche storico-sociali.
Il richiamo a chiavi di lettura “ideologicamente” critiche, porterà ad una
valutazione sistematica del concetto di meritocrazia, intesa come principio di
giustizia e criterio ascrittivo autonomo nell’allocazione delle posizioni sociali.
Vedremo come la difettosa applicazione della concezione meritocratica,
comporti una conseguente e diretta corrosione del concetto di bene comune.
L’assetto che deriva dall’applicazione rigida dei principi meritocratici, richiede
condizioni incompatibili con molte delle attuali istituzioni che reggono le
società liberali; merito e meritocrazia, infine, rimandano a criteri allocativi e a
un modello di organizzazione sociale per molti versi antagonisti al mercato.
All’interno della terza e ultima parte della trattazione, verranno infatti analizzati
i possibili rapporti tra merito e mercato. Si cercherà di individuare alcuni
correttivi, dal carattere generale e sintetico, che non hanno nessuna ambizione
ad essere una soluzione a problemi intrinsecamente radicati all’interno della
società; essi, invece, avranno come principale intento quello di riflettere alcuni
personali convincimenti, affinché possa riemergere un dibattito costruttivo
sulle distorsioni dovute ad un’indiscriminata applicazione dei principi
meritocratici ad ogni ambito della vita.
Il discrimine tra chi è meritevole e chi no, sembra divenire una nuova forma
dell’esclusione. Certo non è questa l’unica, né probabilmente la principale
barriera di estraneità che si è venuta innalzando nella società globalizzata, ma
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nondimeno è una forma d’esclusione la cui analisi critica è tanto più urgente
quanto più la nozione in questione e la sua applicabilità è data per scontata.
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PARTE PRIMA
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Dentro la retorica del merito
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Capitolo I
POLISEMIA DEL MERITO
Sommario: 1. Caratteri generali del concetto di merito; 1.1 Etimologia del merito
1.2 Riformulazione moderna; 1.3 Criterio morale ed istituzionale.
1. Caratteri generali del concetto di merito
La “meritocrazia” è una nozione assai confusa, essa prende a prestito un
concetto, quello di “merito”, che in determinati ambiti è sicuramente
rispettabile, e lo trasferisce in un contesto di ordine differente e generalizzato,
dove tale concetto risulta privo di ogni significato delineato.
1
Nel nostro paese il dibattito pubblico sulla meritocrazia è dominato in via
esclusiva dai suoi sostenitori ed il consenso legato all’idea di merito nella sua
accezione più ampia è apparentemente unanime, in particolar modo, all’interno
dell’etica teorica e della filosofia. Dopo un periodo di scarsa fortuna,
conseguenza indiretta delle critiche mosse a tale concetto e alla difficoltà nel
definirne i contorni, vi è di nuovo, chi propone il merito come una componente
fondamentale e primaria, se pur non esclusiva, di una concezione complessiva
della giustizia.
2
Se premiare il merito significa riconoscere e ricompensare competenze e
prestazioni migliori, vi sarebbe ben poco da obbiettare, tuttavia le connotazioni
morali che rivestono tale obbiettivo sono del tutto discutibili.
1
P. Barrotta, I demeriti del merito: una critica liberale alla meritocrazia, Catanzaro,
Rubbettino, 1999, p.5-15.
2
R. Brigati, Sul concetto di merito, Ragion pratica, Fascicolo 1, web in rivisteweb.it, Ed. Il
Mulino Bologna, giugno 2012.
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L’idea di fondo, della meritocrazia, è che favorisca l’efficienza economica,
valorizzando allo stesso tempo l’equità e la giustizia sociale. Lo slogan
«premiare chi merita e punire chi demerita» sembra essere inequivocabilmente
giusto, tuttavia è rischioso confondere capacità e prestazioni degli individui con
i loro meriti morali; esse, infatti, dipendono da una serie di fattori spesso fuori
dal controllo degli agenti, come posizione sociale di partenza o capacità
naturali.
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Attualmente il termine di «merito» e della sua applicazione più concreta
all’interno del principio «meritocratico»
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, ha perso ogni traccia di quella
connotazione negativa e sospetta tipica della cultura politica e storiografica
successiva al Sessantotto, ed oggi sono concetti ostentati da governo ed
opposizione, seppur come vedremo, il concetto di merito è «un concetto vuoto»,
se non contestualizzato all’interno del momento storico-sociale stabilendo
criteri di misura e di verifica.
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L’idea di applicazione del merito in ogni campo pubblico o privato non è mai
stata così insistente. Nonostante la difficoltà o addirittura incapacità della
meritocrazia di raggiungere i propri scopi, in particolare quello di promuovere
la mobilità sociale, essa rimane un concetto centrale degli ordinamenti moderni,
dov’è sempre più frequente la richiesta di un assetto meritocratico delle
istituzioni e delle imprese private, si veda ad es. la Gran Bretagna intrisa da
valori meritocratici e da un’asfissiante corsa alla competitività fin
dall’istruzione primaria.
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È possibile notare anche impieghi, moralmente discutibili, dei principi
meritocratici come avviene ad esempio, sempre più frequentemente, nella
3
C. Barone, Le trappole della meritocrazia, Bologna, ed. Il mulino, 20 settembre 2012.
4
J. Rawls, Una teoria della giustizia, Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, quinta
edizione 2019, cap. I.
5
L. Sacconi, Neoliberismo e meritocrazia, Roars, nelmerito.com, 30 settembre 2011
6
B. Serra, Il lato spietato, ma necessario, della meritocrazia, TEDxMatera, Matera, 20
maggio 2014.
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distribuzione delle risorse sanitarie. Da qualche tempo il “bisogno” di cura non
è più l’unico criterio preso in considerazione per la distribuzione di tali risorse.
Secondo parte dell’opinione pubblica certi trattamenti, anche salvavita,
andrebbero “meritati”, ad es., nell’etica utilizzata per i trapianti d’organo.
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Il merito è però una nozione plastica, che ha attraversato metamorfosi e
incarnazioni diverse nel corso della storia, delle prassi e delle idee, ed è
impossibile riuscire a fornire un catalogo completo delle possibili basi che
possono costituirlo.
1.1 Etimologia del merito
La configurazione di un concetto così complesso e fondamentalmente legato
alle concezioni sociali e culturali rende la sua categorizzazione difficile.
Tale inafferrabilità del «merito» è dovuta anche alla sua astrattezza: cambia
d’oggetto, di grado, di scopo e di misura non solo tra le varie culture che si sono
alternate nella storia, ma anche tra le varie classi sociali all’interno delle stesse
città e nel medesimo momento storico.
La constatazione della polisemia del merito, come della sua storicità, dovrebbe
essere il punto di partenza di qualunque discussione filosofica a riguardo. Da
questo punto di vista potremmo affermare che il merito sia un pollachos
legomenon ossia “si può dire in molti modi”.
Le indicazioni stesse offerte dall’etimologia sono abbastanza complesse, ad
esempio il latino “merit̅re”, indica «guadagnare un salario, servire» ma la
matrice indoeuropea (s)meru dalla quale deriva il termine latino possiede una
7
R. Brigati, Il Giusto a chi va: filosofia del merito e della meritocrazia, Bologna, ed. Il
Mulino, 2015, p.10.
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straordinaria densità di significati che rinviano alla sfera del ricordo
(lat.memoria, sanscrito smrti-«memoria») o del provvedere a qualcuno.
La si ritrova anche nel greco μέρος «parte assegnata, sorte ruolo» in cui
l’affinità col termine μσίρα mostra bene il nesso con la nozione di “destino”
inteso come destinazione individuale, di un posto da occupare da parte di un
soggetto.
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Il merito appare in sintesi come qualcosa o qualcuno che va rievocato, tenuto a
mente, annunciato, come una pratica in cui si provvede alle esigenze e ai doveri
quotidiani e infine come qualcosa che identifica l’allocazione di un oggetto in
una categoria.
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1.2 Riformulazione moderna
Venendo alla parola moderna, questa ricchezza semantica del concetto di
merito sembra essersi progressivamente ridotta, ma è comunque possibile
individuare una polarizzazione del merito e formulare una accezione che seppur
datata ci offre un buon punto di partenza. Infatti, il sociologo inglese Michael
Young nel 1958 ha inteso il merito come idea alla base del principio
meritocratico di organizzazione sociale che fonda ogni forma di promozione e
di assegnazione di potere esclusivamente sul merito. La formula descritta
dall’autore nel suo “The rise of meritocracy” prevede che il merito sia la
sommatoria tra quoziente d’intelligenza (Qi) e sforzo(E) che ognuno deve
compiere per ottenere un determinato risultato.
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8
R.Brigati, Il Giusto a chi va: filosofia del merito e della meritocrazia, Bologna, ed. Il
Mulino, 2015, pp 60 e ss.
9
D. Schmidtz, R. Nozick., Contemporary philosophy in focus. Cambridge, UK; New York:
Cambridge University Press. 2002.
10
G. Tognon, La democrazia del merito, Salerno editrice, Roma, 1° gennaio 1996, pp 33 e ss.