La società attuale si trova sempre più costretta, dall'erosione progressiva delle risorse
ecologiche del pianeta e dalle tensioni sociali che riappaiono, sotto forma di
insicurezza personale e collettiva, a fare i conti con un progresso che non si può più
esclusivamente riferire alla crescita economica, ma che dovrà, necessariamente,
ricondurre questa ultima alla sua ovvia, (ma purtroppo spesso dimenticata), posizione
di strumento atto a migliorare la qualità della vita dell'intera collettività.
Da queste premesse l'importanza della qualità della vita come oggetto di studio che
possa contribuire al progetto scientifico e perché no, politico, di ripensare lo sviluppo
urbano nella direzione di una sostenibilità ed una maggiore equità, che appare un
traguardo ormai presente nella progettualità politica ideale dell'Europa, ma anche di
molta parte degli altri paesi, come dimostra la sottoscrizione dei vari protocolli
ambientali sulle emissioni di CO
2.
Questo lavoro, è strutturato in cinque capitoli:
Nel primo, di carattere introduttivo, sarà trattata un’analisi della nascita e
dell’evoluzione della sociologia urbana e di come questo seme arrivato in Italia
d’oltreoceano, si sia trasformato in un albero estremamente rigoglioso e fitto di intrecci
con altre specie arboree (altri campi di studio come ad esempio la geografia,
l’architettura, l’ingegneria, l’ecologia e l’urbanistica).
Nel secondo capitolo si farà un’analisi storica fino ad arrivare al dibattito
odierno, riguardante il tema della qualità della vita nell’occidente, inteso in senso
sociologico e non: individueremo quali sono le mutazioni sociali che, oggigiorno,
4
minacciano la qualità della vita urbana e pongono seri interrogativi, sull’opportunità di
rivedere alcuni aspetti del nostro modello di sviluppo.
Nel terzo capitolo si definiranno i termini del problema urbano odierno,
partendo dal presupposto che nel suo insieme ogni aggregazione urbana, arriva a
formare una figura simbolica complessiva nella quale si riconosce e viene a sua volta
riconosciuta e di come l’avvento della telematica stia cambiando la forma delle città.
Nel quarto capitolo si esaminerà in dettaglio il concetto di sostenibilità urbana e
di come esso sia inevitabilmente connesso alla qualità sociale di vita nelle città.
Nel quinto ed ultimo capitolo infine, prendendo atto dei processi di
decentramento produttivo che stanno avvenendo in tutte le metropoli dei paesi
sviluppati, si delineeranno le idee guida al fine di riuscire a pilotare questo
decentramento ed ottenere un riequilibrio dell’effetto urbano e della vivibilità nelle
aree urbane.
5
Capitolo 1: Sociologia urbana
1.1 Concetto di Sociologia urbana
La Sociologia urbana è analisi dello sviluppo urbano con la finalità precipua, tramite
un’indagine sui più vari aspetti della vita sociale di collocarli in una precisa
dimensione spazio-temporale e ambientale.
1
Tramite lo studio del legame tra popolazione e territorio, condotto sia a livello
macrosociologico che microsociologico e l'analisi storiografica, si possono infatti
comprendere le trasformazioni subite dai sistemi sociali.
Proprio perchè il suo oggetto è costituito dai fenomeni urbani che presentano aspetti di
grande complessità, la sociologia urbana condivide il proprio campo di interesse con
numerose altre discipline ( sociologiche, "umane" - l’antropologia, l’etnografia, la
psicologia sociale, la psicologia ambientale, la demografia - territoriali e progettuali –
la geografia, l’architettura, l’urbanistica – economiche e normative - economia, diritto,
scienze politiche e dell’amministrazione).
Alfredo Mela individua quattro campi di interesse principali nella sociologia urbana
contemporanea
2
:
• la dimensione economica: la città si presenta come sede di una molteplicità di
attività economiche, volte a produrre beni e a erogare servizi; tali attività
presentano fitte interazioni sia all’interno dei singoli ambiti urbani sia come
1
Antida Gazzola, Sociologia dello spazio urbano, COEDITAL, Genova , 2000
2
Mela A., Sociologia delle città, NIS, Roma, 1996
6
rete tra le città, rappresentativa dell’ossatura fondamentale della struttura
economica di un Paese;
• la dimensione politica e la struttura sociale della città: i centri urbani sono i
luoghi in cui sono presenti e agiscono differenti classi, strati, ceti sociali e dove
si organizzano gli interessi collettivi;
• la dimensione ecologica: in senso tradizionale – come è evidente nei lavori
della Scuola di Chicago – rimandava alla forma dell’insediamento urbano dal
punto di vista sociale e alla distribuzione dei vari gruppi e attività nei diversi
spazi urbani; oggi si riferisce anche al rapporto tra l’ambiente costruito e quello
naturale di cui fa parte l’uomo stesso in quanto organismo vivente;
• la dimensione culturale: la città è sede di un continuo confronto tra culture e
subculture (intese nel senso antropologico di complessi strutturati di norme,
valori, simboli, schemi di comportamento di vari gruppi sociali, etnici, religiosi
ecc.) ed è luogo di continua elaborazione di simboli oltre che di manifestazioni
della vita culturale.
1.2 La Scuola di Chicago
La sociologia urbana ha mosso i suoi primi passi negli Stati Uniti, e nacque come
risposta alla industrializzazione e alla forte urbanizzazione avvenuta alla fine del XIX°
secolo.
Il 1925 è l’anno in cui si fa risalire la nascita ufficiale della sociologia Urbana in
America come disciplina distinta. In quell’anno, negli Stati Uniti, L’American
Sociological Society dedicò uno dei suoi convegni annuali alla “ Sociologia urbana”.
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Si trattava del punto di arrivo di una situazione ormai ampiamente consolidata, dove
l’articolazione delle variabili ed il livello di concettualizzazione raggiunto, non
lasciava alcun dubbio sulla opportunità della scelta e sulla necessità di una
istituzionalizzazione autonoma della disciplina.
I primi sociologi urbani erano personalità impegnate sul piano sociale, provenivano da
ambienti rurali o religiosi; il loro ideale era quello di una vita municipale ordinata e
comunitaria che la realtà del progresso urbano ed industriale stava distruggendo
rapidamente.
Lo sviluppo della sociologia americana trova origine in questo periodo perché
l’ambiente accademico era assai sensibile ai problemi dell’urbanizzazione, con le
grandi Università situate nelle metropoli della costa atlantica, ma soprattutto del Mid-
West, si cercava di portare avanti un discorso unitario tra scienze e riforme sociali.
In sintesi l’impronta della sociologia urbana si definisce in quattro punti:
1). Utilizzo di fonti sociologiche, storiche, letterarie, geografiche provenienti
dall’Europa. Non si dimentichi che l’urbanesimo, legato allo sviluppo
dell’industrializzazione, per primo si manifesta in Inghilterra tra la fine del XVIII sec.
e l’inizio del XIX.
2). Il tipo d’approccio di analisi dei primi studiosi americani dei fenomeni urbani è
quello statistico, con uso comparato di dati provenienti dai paesi dei quattro continenti.
3). Una forte esigenza di riforme sociali unita al desiderio di conoscere le condizioni
sociali ed ambientali degli emigranti che vivevano ammassati negli slums. Ciò che
caratterizzava questi riformatori, era l’ottimismo e la fiducia che avevano negli
individui e di scoprire i mali della società e di porre rimedio ad essi. La figura più
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rappresentativa di questo periodo è Lincoln Steffens, la cui opera ‘The Shame of Our
Cities’, ebbe una risonanza straordinaria e contribuì a portare alla luce le condizioni
patologiche che il progresso industriale e la rapida urbanizzazione avevano creato nelle
grandi città americane.
4). Tuttavia se le radici della sociologia urbana americana affondano nel filone
progressista del movimento di riforme dell’epoca, le condizioni sociali della città e il
rimpianto per un ideale di vita municipale e democratica, dette vita anche a correnti
moralistiche di contenuto generico, tendenzialmente fondamentalistiche, che si
richiamavano alle passate tradizioni e rivolgevano accuse non contro forze sociali
specifiche, ma contro la società industriale e in particolare contro la città che ne era il
prodotto principale.
Nacque in questo clima una letteratura conservatrice e spesso decisamente reazionaria.
La scuola di Chicago riflette in larga misura le istanze del clima culturale e sociale in
cui si era andata formando la sociologia americana nei decenni precedenti, cioè
l’apertura verso i problemi sociali della comunità dove era inserita.
Gli esponenti più famosi erano: Park, Burgess e Wirth e provenivano dall’ambiente del
giornalismo impegnato e progressista. La loro formazione culturale si caratterizzava di
una forte conoscenza della sociologia europea. I fattori caratterizzanti della scuola di
Chicago erano:
• L’interesse per le osservazioni minute e per la rappresentazione grafica dei
fenomeni sociali.
• La presa in considerazione dei fenomeni culturalmente e socialmente
“devianti”,
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• L’apparato concettuale che si basava sulla identificazione di quattro
fondamentali “processi sociali”o ( tipo di interazione): competizione, conflitto,
adattamento e assimilazione.
Lo sviluppo della sociologia urbana, dopo la scuola di Chicago, è essenzialmente un
processo di tipo centrifugo. Oggi la sociologia urbana è caratterizzata dall’
applicazione alla città di schemi teorici diversi che, in comune, hanno solo l’oggetto di
studio.
1.3 Origine della sociologia urbana in Italia
Lo sviluppo della sociologia urbana e, più in generale della riflessione sociologica sui
fenomeni e sui processi territoriali, nel nostro paese ha seguito un percorso originale
che, pur riallacciandosi al dibattito internazionale, ha definito quadri problematici che
mettono in luce le innegabili specificità del caso italiano.
Per comprendere questi elementi di originalità bisogna prendere in considerazione il
ritardo storico dell’intero campo di studio delle scienze sociali dovuto alla lunga
interruzione provocata dalla politica culturale del regime fascista.
La sociologia urbana si consolida in Italia e si configura come campo di studio
relativamente specializzato in un’epoca alquanto spostata in avanti nel tempo se la si
pone a confronto con il momento del “decollo” della disciplina negli Stati Uniti.
Fin dall’inizio degli anni ’60, i sociologi urbani del nostro paese hanno dovuto far
riferimento all’esperienza e all’elaborazione concettuale maturata in altri paesi europei
ed in modo particolare negli Stati Uniti.
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In minima parte essi presero spunti anche alle ricerche e agli studi sulle piccole
comunità effettuate in Italia negli anni ‘50 con l’aiuto economico di società
multinazionali americane, sempre tenendo ben a mente il fatto che la sociologia delle
piccole e medie comunità, non può essere confusa con una sociologia delle comunità
urbane, nello stesso modo in cui milioni di abitanti non possono essere considerate la
pura e semplice replica in scala maggiore di un comune di poche migliaia di persone .
Le prime opere dei sociologi urbani del nostro paese si pongono in forma molto critica
verso gli strumenti concettuali e verso il patrimonio di ricerca accumulato alle scuole
straniere, in modo particolare quelle statunitensi. Questo spiega perché la scuola di
Chicago, presentata dal sociologo inglese Dickens come l’indiscusso punto d’origine
delle principali correnti della riflessione sociologica sulla città, abbia avuta in Italia un
influenza ridotta.
Una delle maggiori critiche mossa all’approccio statunitense da Guido Martinotti per
esempio, è quello di aver voluto dare una rilevanza spaziale a concetti che si
riferiscono a fenomeni sociali, di cui l’aspetto spaziale è solo un riflesso. In altre
parole questo significa attribuire al modello spaziale una logica e una dinamica interna
che esso non possiede, essendo il risultato dei processi sociali che si sviluppano
essenzialmente in un ambito non spaziale.
Per il sociologo italiano insomma, la scuola di Chic ago ha finito con l’attribuire un
peso eccessivo alle interrelazioni fra ambiente fisico e struttura sociale a discapito di
una comprensione più ampia e multifattoriale della città.
Allo stesso modo Roberto Guiducci, mette in luce gli aspetti limitativi delle teorie
formulate oltreoceano, affermando che interpretando la città moderna come una
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