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scuola classica. John Hicks, con il suo celeberrimo articolo del 19372, è
considerato il capostipite di questa corrente, conosciuta anche come “sintesi
neo-classica”.
Patinkin e Modigliani aggiungono tratti di notevole interesse ed originalità
al contributo iniziale di Keynes. Molti sono i punti che li accomunano:
entrambi ebbero lo stesso mentore: Jacob Marschak fu maestro e relatore, nel
1943, della tesi di dottorato di Modigliani, alla New School di New York3; nel
1948 Patinkin, a Chicago, presentò la propria tesi svolta sotto l’egida
dell’economista polacco transfuga negli Stati Uniti4 (sebbene il supervisore
ufficiale fosse Jacob Viner), con il quale collaborò a lungo alla Cowles
Commission. Modigliani e Patinkin erano pressoché coetanei: questo permise
loro di confrontarsi e percorrere due carriere parallele, ancorché mai
incrociatesi. Infine erano entrambi di origine ebraica (come Marschak e
Viner), e, seppure per diverse ragioni, esuli dalla propria terra natale5.
Ciò nonostante, le loro vedute ed interpretazioni del pensiero di Keynes
non sono così facilmente assimilabili, come si è spesso portati a credere. Ed
infatti la motivazione per intraprendere questo lavoro nasce proprio
dall’avvertire una discrasia più o meno accentuata su molti aspetti della teoria
economica presa in esame. Certamente i loro contributi sono accomunati
dall’interesse per la teoria monetaria, ma su molti punti non è riscontrabile
una piena unità di vedute; salvo rilevare, talvolta, una completa discordanza.
Questo è particolarmente vero per la lettura di Keynes6: il suo pensiero visto
2 J.R. Hicks Mr. Keynes and the “classics”: a suggested interpretation in Econometrica, vol.5, pagg. 147-159
3 Ci riferiamo, ovviamente all’articolo del 1944 Liquidity Preference and the theory of interest and money apparso
su Econometria, vol. 12., fasc. 1, pagg. 45-88
4 La tesi di Patinkin fu pubblicata sotto forma di vari articoli, fra il 1948 e 1949, che saranno presi in
esame nel corso dello studio. Tuttavia per quanto riguarda una più precisa cronologia si rimanda a P.
Mehrling Don Patinkin and the origins of post-war monetary orthodoxy in European journal of history of
economic thought, 2002, vol. 9, fasc. 2, pagg. 161-185
5 Patinkin nacque in realtà negli Stati Uniti, ma il senso di appartenenza alle sue radici ebraiche era
sicuramente molto forte. Al punto che, come testimonia Mehrling, la sua principale mira era di
ottenere una cattedra che gli permettesse di andare ad insegnare in Israele.
6 In particolare, ci riferiremo alla General Theory, senza dubbio l’opera keynesiana di maggior spessore.
Tuttavia, di volta in volta, sarà possibile riferirsi al Tract oppure al Treatise, con particolare riguardo per
i problemi monetari.
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attraverso gli occhi dei neo-keynesiani, è stato più volte indicato, è ben
diverso da quello vero. In particolare ci riferiamo al lavoro di Leijonhufvud7 il
quale, in un’analisi molto accurata ed approfondita ha messo in rilievo tutte
quelle che, a suo parere, sono le storture della visione neo-keynesiana rispetto
al corpo teorico originale. Faremo largo uso, nel corso di questo lavoro, della
sua opera come riferimento o punto di partenza per lo studio delle diverse
questioni da affrontare. In tal proposito occorre fare una precisazione
metodologica doverosa: la dottrina è sostanzialmente concorde sul fatto che
esistano due modi di fare storia del pensiero economico. Il primo, quello à la
Schumpeter per intenderci, che si riduce ad una mera analisi delle teorie
economiche (detta appunto storia dell’analisi); il secondo consiste nel
raccontare al lettore come altri studiosi abbiano già descritto, interpretato o
narrato un qualsiasi oggetto di studio della storia del pensiero economico (sia
esso un personaggio, una teoria etc.). Non è chiaro neanche a chi scrive in
quale dei due ambiti si collochi il presente lavoro; talvolta sarà infatti uno
scritto di schietta storia dell’analisi, certe altre sarà uno studio del secondo
tipo, in cui prendono campo le idee economiche nell’accezione più lata. Ma
qui ci piace far nostra la tesi di James il quale ebbe ad affermare che:
Lo storico che non volesse far altro che una rassegna degli strumenti d’analisi,
farebbe una storia molto incompleta e può darsi che Schumpeter l’abbia capito.
Il suo libro, malgrado il titolo che porta, tratta (accessoriamente, è vero) di ben
altri problemi che non quelli posti dal miglioramento progressivo dei concetti
che servono come strumento di analisi (E. James Storia del pensiero economico,
Milano, 1963).
Difatti, lo ripetiamo, Patinkin e Modigliani, il primo in particolare, sono
stati spesso essi stessi storici del pensiero, allorquando si sono inerpicati nella
scalata della montagna keynesiana. Ecco quindi che il lavoro di Leijonhufvud,
storico dell’analisi, ci tornerà di estrema utilità, per permettere al lettore di
7 A. Leijonhufvud On Keynes and Keynesian economics trad. It: L’economia di Keynes ed I neo-keynesiani,
Torino, Utet, 1976.
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raccapezzarsi meglio nella giungla delle letture che i diversi protagonisti hanno
fornito riguardo alle idee dell’economista di Cambridge.
Particolare oggetto di questo studio sarà dunque la teoria del ciclo
economico formulata da ciascuno dei due studiosi. Fino alla fine degli anni
sessanta, questo termine non era molto utilizzato; si era più spesso portati a
parlare di “aggiustamento dinamico”, aspettative, lungo periodo e dunque non
è facilmente rinvenibile, nelle rispettive produzioni scientifiche, un’opera
organica verso quella meta. Lo stesso volume Money, Interest and Price non ha
un approccio tipico della scienza economica modernamente intesa; e questo è
ancor più vero per Modigliani, la cui pubblicistica è particolarmente
frammentata e sparsa. Eppure i due autori sono pervenuti a teorie del ciclo da
considerarsi tali a tutti gli effetti. Ecco pertanto che la nostra analisi sarà volta
ad analizzare, più che altro, i singoli aspetti del pensiero concernente il ciclo
economico. Temi quali le aspettative, la domanda di moneta, la dicotomia, la
neutralità etc. saranno presi in considerazione singolarmente e posti a
confronto. Laddove possibile, si cercherà di adottare un criterio che, dalla
microeconomia, muova verso i macro-aggregati, cercando sempre di coglierne
le peculiarità essenziali. Ed è qui che le parole di Keynes sembrano trovare la
loro incarnazione, giacché vedremo come le due teorie muovano sempre da
quella del grande economista. Sempre le barche salperanno dallo stesso porto.
In questo mare procelloso, Hicks rappresenta sovente un faro di cui servirsi,
un’indicazione cui entrambi gli studiosi sembrano non saper (o voler)
rinunciare.
Per tornare alla sentenza keynesiana, vedremo quanto vera fosse anche
nella seconda parte. Difatti ogni teoria economica non può esimersi dal
prescrivere una ricetta di politica economica che l’economista-consigliere
propone al Re-Governo, al quale spetta la decisione se somministrare la
medicina al malato. Le indicazioni di politica economica di questi studiosi
sono state proposte più volte come rimedi alle fluttuazioni cicliche. E la
partecipazione di Patinkin alla Cowles Commission (sotto l’egida dello stesso
Marschak), così come la fitta collaborazione di Modigliani con la Banca
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d’Italia, ne sono la migliore testimonianza. Resta dunque da vedere quali
fossero i reali intendimenti di ciascuno dei due riguardo agli spazi della politica
economica, alla potenziale efficacia di politiche fiscali attive dal lato della
domanda, e di politiche monetarie più o meno accomodanti da parte delle
banche centrali.
Ancor prima di procedere allo studio, abbiamo fatto una ricognizione di
quale sia lo stato attuale del dibattito storico intorno al tema della teoria del
ciclo. La constatazione principale è stata che oggi, spesso, non esiste più una
riflessione su questo argomento. La possibilità di un approccio con caratteri
autonomi è pressoché impossibile; la teoria delle aspettative razionali di Lucas
ed in maniera più forte la Real Business Cycle theory (di cui Kydland e
Prescott sono i maggiori esponenti) hanno spazzato via ogni altra visione; è
decisamente difficile, spogliando l’esiguo numero di riviste di storia del
pensiero economico presenti oggi sul mercato, imbattersi in una visione
“alternativa” rispetto a quella dominante. Forse per scarso interesse degli
storici; più probabilmente, temiamo, per l’affermazione di un modello
imperante cui non è lecito e conveniente opporsi. L’unico lavoro che ci è
sembrato distinguersi per un maggior spunto critico, è quello scritto da un
autore francese8 (una scuola questa che appare particolarmente vivace, come
vedremo nel prosieguo del lavoro). Egli, dopo aver passato in rassegna i
principali tipi di teorie del ciclo presenti oggi, giunge alla conclusione di una
possibile nuova sintesi (come suggerisce il titolo) fra la teoria neokeynesiana9,
che analizzeremo anche noi, ed appunto la Real Business Cycle Theory.
Questo processo sarebbe reso possibile dalla presenza di due elementi:
Un comune fondamento microeconomico (in particolare
l’accettazione, da parte della sintesi neoclassica, del
comportamento razionale dell’individuo).
8 A. Zouache Towards a ‘new-neoclassical synthesis’? An analysis of the methodological onvergence between new-keynesian
economics and real business cycle theory in History of Economic Ideas, 2004, vol. 12, fasc. 1 pagg. 95-125.
9 Da precisare che l’autore, con questo termine, intende quella parte del pensiero che considera
inesistente il principio classico della dicotomia fra settore monetario e reale.
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L’opportunità, offerta dalla Real business cycle theory alla sintesi
neoclassica, di rendere dinamico un modello statico, basato sulla
rigidità dei prezzi e dei salari.
La nuova sintesi neoclassica dovrebbe quindi possedere le seguenti peculiarità:
Essere una teoria dell’equilibrio generale alla quale si possano
applicare modelli dinamici.
Fondare la propria teoria sul comportamento razionale dell’agente
rappresentativo.
Accompagnare la propria ricerca teorica ad una costante verifica
empirica.
La strada da percorrere, a detta dell’autore, sarebbe già stata imboccata
irreversibilmente. Da qui, crediamo di poter prendere le mosse per iniziare la
nostra esplorazione.
Riguardo ai limiti temporali oggetti del presente lavoro, occorre dire che lo
studio sarà circoscritto al ventennio che decorre dal conseguimento, per
entrambi, del titolo dottorale. Se l’individuazione di questo arco temporale è
più netta per Modigliani (che dopo gli anni sessanta diventa un economista
matematico con spiccate propensioni econometriche), non lo sarà altrettanto
per Patinkin. Certo, quello indicato ha rappresentato, anche per lui, il periodo
più fecondo, ma sino agli ultimi anni della sua vita si è dedicato con energia a
questi temi; assumendo sempre di più, col passare degli anni, una prospettiva
storica che meglio si addice a questo lavoro. Non sarà dunque infrequente
riferirsi a scritti o documenti degli anni settanta ed ottanta, utili a chiarire
concetti precedentemente espressi.
Le fonti di cui faremo uso saranno essenzialmente la bibliografia secondaria,
quella primaria ed il materiale di archivio rinvenuto nelle carte di entrambi gli
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autori10. Ci serviremo della bibliografia secondaria per meglio contestualizzare
il tema trattato; riferendosi allo stato di avanzamento del dibattito; l’uso della
bibliografia primaria sarà la superficie da cui iniziare gli scavi, ma è dalle carte
che ci aspettiamo il contributo più genuino ed interessante sull’argomento. Se
il lettore avrà la pazienza di seguire un percorso segmentato e non sempre
lineare, speriamo che possano emergere punti di vista ed angolazioni utili a
fornire una visione alternativa delle cose. Un’interpretazione diversa da quelle
usualmente proposte.
10 A tal proposito, d’ora in avanti utilizzeremo gli acronimi DPP (Don Patinkin Papers) e FMP (Franco
Modigliani Papers) per indicare i documenti d’archivio. Entrambi sono conservati presso la Rare
Manuscripts Book library della Duke University, alla quale siamo grati per la collaborazione prestata
nello svolgimento delle nostre ricerche. Desideriamo inoltre ringraziare la Sig.ra Serena Modigliani per
l’autorizzazione a citare ed utilizzare le carte richiamate nello scritto.