Introduzione
La precisione e l’accuratezza sempre migliori delle missioni spaziali, volte alla ricerca
degli aspetti più intriganti e scientificamente più rilevanti del cosmo, accompagnata dal-
l’avanzamento delle conoscenze teoriche e matematiche a riguardo, ha elevato lo studio
dell’Universo a disciplina di ormai rispettabile dignità scientifica. La cosmologia si pone
l’ambizioso compito di sondare i fenomeni cosmici su scale via via più grandi, indagan-
do sulle affascinanti questioni relative alla nascita e all’evoluzione dell’Universo stes-
so. Spesso, l’indotto di tali scoperte interessa, in aggiunta, svariati settori della fisica,
da quella delle alte energie (fornendo degli “acceleratori naturali”, la cui sola ideazio-
ne sarebbe impensabile con le tecnologie a nostra disposizione), fino a coinvolgere gli
argomenti più stimolanti della fisica teorica, in particolare con l’affinamento della com-
prensione della Teoria della Gravitazione, auspicandone una conciliazione con le teorie
dell’“infinitamente piccolo”. Sussistono, tuttavia, ancora alcuni aspetti dell’Universo che
sfuggono, completamente o parzialmente, alla nostra comprensione.
Fra le scoperte più rilevanti nel corso del XX secolo, ricordiamo il redshift cosmologi-
co, che ha permesso di scoprire l’espansione sorprendentemente accelerata dell’Universo,
in opposizione alla convinzione più standard di una decelerazione per effetto dell’azione di
tipo attrattivo della forza gravitazionale. In aggiunta, non solo le rilevazioni sperimentali
mostravano una espansione di tipo accelerato, ma evidenziavano che tale processo stesse
avvenendo ad una velocità maggiore rispetto a quella attesa. La rivoluzione che ne è sca-
turita ha innescato una decisiva revisione della conoscenza del cosmo, con l’introduzione
della misteriosa “dark energy”, e, più in generale, delle caratteristiche proprie della forza
di gravità. Questi aspetti saranno solo sfiorati nel presente lavoro, in favore di altre due
fondamentali rivelazioni, quali la radiazione cosmica di fondo e la struttura su larga scala
dell’Universo.
La radiazione cosmica di fondo costituisce la preziosa “traccia” della struttura dell’U-
v
Introduzione vi
niverso risalente a pochi istanti dopo la singolarità iniziale: si tratta della nostra unica
possibilità di vedere soddisfatti i quesiti riguardanti la geometria primordiale dello spazio-
tempo o la composizione chimico-fisica dell’Universo “vecchio” solo 380000 anni a partire
dal big bang. In questo contesto si inserisce il presente lavoro di tesi, finalizzato ad una
comprensione critica del cosiddetto principio cosmologico, secondo cui, in maniera più o
meno aprioristica, l’Universo sarebbe sempre lo stesso, su grande scala, a prescindere da
qualunque punto o lungo qualunque direzione lo si osservi. Tale assunto assegna dunque
al cosmo caratteristiche di omogeneità e anisotropia, generalmente accettate dalla comu-
nità scientifica, fino al momento in cui qualche anomalia ha cominciato ad affacciarsi
nel panorama cosmologico.
Le previsioni del modello cosmologico standard (corredato di una espansione inflazio-
naria, ossia fortemente accelerata, delle fluttuazioni di tipo quantistico durante gli istanti
assai prossimi al big bang), sebbene spieghino con estrema accuratezza il comportamento
di tale radiazione fossile a piccole scale di osservazione, non risultano così soddisfacenti
nel momento in cui ci portiamo a grandi scale, regime in cui sembra essere presente qual-
cosa che ancora trascuriamo. L’idea è quella di mettere in dubbio l’isotropia dell’Universo
su grandi scale
1
, apportando qualche modifica alla metrica omogenea ed isotropa utilizzata
nel suddetto modello standard: consentendo una anisotropia non trascurabile nella geo-
metria primordiale dello spazio-tempo, si è riusciti a spiegare la cosiddetta “anomalia di
quadrupolo”, senza andare ad influenzare la fisica delle piccole scale di osservazione. La
prova del nove di questa pesante assunzione risiede nello studio della polarizzazione della
radiazione cosmica di fondo, una osservabile in grado di fornire una istantanea “pura”
come poche dello stato del cosmo primordiale.
Nel presente lavoro di tesi si partirà nel capitolo 1 con una veloce analisi del modello
cosmologico standard, delle sue previsioni, dei suoi successi e delle sue problematiche,
con un approccio prevalentemente geometrico, in linea con i principali testi di cosmologia
moderna.
Il capitolo 2 sarà invece dedicato all’introduzione dei modelli geometrici a simmetria
planare, che tengono conto, in generale, di anisotropie non trascurabili, originate da
sorgenti particolari a cui si farà cenno.
Nel terzo capitolo saranno sviscerati tutti gli aspetti più importanti legati alla ra-
diazione cosmica di fondo, con particolare attenzione alle anisotropie in temperatura,
1
L’omogeneità non sarà invece qui trattata.
Introduzione vii
sperimentalmente osservate. Sarà ricavata anche l’equazione di evoluzione dei fotoni del-
la radiazione cosmica di fondo, interagenti con la nube elettronica che permeava il cosmo
all’epoca del disaccoppiamento radiazione-materia.
Nel capitolo 4 sarà introdotto il concetto di polarizzazione, in un secondo momen-
to applicato alla radiazione fossile. Si tratteranno i meccanismi che la generano e la
sua modellizzazione matematica, evidenziando continuamente la sua rilevanza nella com-
prensione di fenomeni fisici ancora non completamente chiari, quali ad esempio le onde
gravitazionali.
Argomento dell’ultimo capitolo sarà il calcolo vero e proprio del segnale di polariz-
zazione indotto da una geometria di tipo anisotropo. E’ la parte davvero originale del
presente lavoro, al termine della quale sarà finalmente possibile la verifica decisiva del no-
stro modello, previa confronto con i dati di polarizzazione aggiornati del satellite WMAP,
in ansiosa attesa di quelli ancora più accurati della recente missione PLANCK, le cui
rilevazioni saranno attese entro l’anno. Le prime indiscrezioni tuttavia, sembrano essere
decisamente confortanti.
Capitolo 1
Il modello cosmologico standard
Il modello cosmologico standard è il framework teorico comunemente accettato e impli-
citamente condiviso dalla quasi totalità degli studi cosmologici: fornisce una dettagliata
descrizionedellostatoattualedell’Universoedeiprocessievolutivichel’hannodetermina-
to, basandosi su un numero limitato di assunzioni sufficientemente generali, riconducibili
a quattro ipotesi fondamentali:
• l’interazione gravitazionale su scale cosmologiche è correttamente descritta dalle
equazioni della Relatività Generale;
• le sorgenti del campo gravitazionale cosmico possono essere rappresentate da un
fluidoperfetto, ditipobarotropico(sivedalasezioneC.4dell’appendiceC), condue
componenti principali: materia (caratterizzata da una equazione di stato p = 0) e
radiazione (con equazione di stato p = =3);
• la radiazione presente a livello cosmico si trova in uno stato di equilibrio termodi-
namico;
• le forme di energia e materia presenti su queste scale di distanze sono distribuite in
maniera omogenea ed isotropa dal punto di vista spaziale: il campo gravitazionale
da esse prodotto può essere rappresentato da una geometria del tipo Friedmann-
Lemâitre-Robertson-Walker (di seguito FLRW). Tale ipotesi va riferita alle sorgenti
gravitazionali e alla geometria opportunamente mediate su regioni spaziali suffi-
cientemente ampie: una metrica così altamente simmetrica, è da interpretare come
una descrizione della geometria “media” dell’Universo, valida su larga scala, dove
1
1 Il modello cosmologico standard 2
ci aspettiamo che le disomogeneità e le anisotropie locali diventino trascurabili. Il
procedimento di media spaziale in esame si è dimostrato essere assai delicato, in
quanto non soddisfa alle equazioni di Einstein ordinarie ma ad alcune equazioni
generalizzate che tengono conto degli effetti residui delle disomogeneità sulla di-
namica dell’evoluzione cosmologica (per un recente lavoro di rassegna si veda [1]).
Nel seguito di questo capitolo si farà tuttavia riferimento alla metrica FLRW come
ad una soluzione esatta delle equazioni di Einstein ordinarie nell’approssimazione
in cui le disomogeneità e anisotropie locali siano assenti o trascurabili.
Queste ipotesi, come vedremo, permettono di formulare un modello dinamico che descri-
ve un Universo in espansione (che contestualmente si raffredda) ad un ritmo controllato
dall’intensità di interazione gravitazionale: l’Universo iniziale era assai più caldo e denso
di quello attuale, dunque in grado di ospitare le reazioni termonucleari necessarie per la
produzione degli elementi ad oggi presenti nel cosmo (processo di nucleosintesi primor-
diale ad energie dell’ordine del MeV). L’espansione in termini di una geometria di tipo
FLRW, inoltre, permette di interpretare il redshift che caratterizza le sorgenti cosmiche
in funzione della loro distanza. Per ultime, le proprietà termodinamiche dell’Universo,
spiegano, secondo questo modello, la presenza di un fondo cosmico di radiazione fossile,
direttamente osservato per la prima volta circa quarant’anni fa [2], le cui proprietà sono
oggetto di misure sempre più accurate.
In questo capitolo partiremo dall’enunciato del principio cosmologico (sezione 1.1),
per poi affrontare, mediante alcune osservazioni [3], le motivazioni secondo le quali è
necessario superarlo a vantaggio di una concezione più generale e meno semplicistica
dell’Universo primordiale. Studieremo quindi la geometria FLRW (sezione 1.2), le sue
isometrie spaziali e le possibili scelte del gauge temporale, senza dimenticare qualche
cenno relativo ad alcuni effetti cinematici tipici di una geometria siffatta: lo spostamento
spettrale delle frequenze e la possibile presenza di orizzonti causali della corrispondente
varietà spazio-temporale. Nella parte centrale del capitolo (sezione 1.3), ci si concentre-
rà sulle equazioni gravitazionali che determinano la dinamica del modello cosmologico
standard, discutendo in particolare come tali equazioni possano essere poi confrontate
con le osservazioni astronomiche relative a grandi scale di distanza. Non saranno tra-
scurati i principali problemi del modello cosmologico standard (sezione 1.4): mostreremo
che alcuni di essi possono essere risolti modificando la dinamica in modo da introdurre
una fase di evoluzione accelerata, detta fase inflazionaria. Saranno dunque citati alcuni
1 Il modello cosmologico standard 3
Figura 1.1: Simulazione numerica basata sul modello cosmologico standard che sugge-
risce, su larga scala, una distribuzione sostanzialmente uniforme degli ammassi di ga-
lassie. Tuttavia, le osservazioni mostrano una distribuzione con regioni dove la materia
(filamenti) si trova maggiormente addensata (V. Springel, 2005 [6]).
modelli di evoluzione inflazionaria: da quelli di particolare interesse teorico (de Sitter),
fino a quelli più realistici (slow-roll). Nel paragrafo conclusivo (sezione 1.5) si farà una
breve introduzione alla teoria delle perturbazioni cosmologiche: per motivi di semplicità
ci limiteremo qui alle sole perturbazioni di tipo scalare, riservandoci di approfondire il
discorso su quelle di tipo tensoriale nei capitoli successivi. Ulteriori dettagli sulla teo-
ria delle perturbazioni cosmologiche possono essere trovati in [4]. Gli argomenti trattati
nel presente capitolo, di vitale importanza nei moderni studi cosmologici, costituiscono
tuttavia un bagaglio culturale già fortemente consolidato nella letteratura dedicata: per
questi motivi risulterà assai facile approfondirne gli aspetti nella quasi totalità dei testi
di base del settore. Per ragioni di gusto personale, si è deciso di seguire a grandi linee
l’impostazione adottata dal testo [5] della bibliografia finale.
1 Il modello cosmologico standard 4
1.1 Il principio cosmologico
Su scale che vanno oltre il centinaio di Mpc (si veda l’appendice A), l’Universo sembra
avere una struttura regolare (fig.1.1): in linea di principio su grande scala, tutti gli osser-
vatori, ovunque essi siano situati, vedono, in ogni direzione, la stessa densità di galassie o
addensamenti di galassie. Questo concetto, che esclude le piccole irregolarità importanti
solo a livello locale, è noto come principio cosmologico: si tratta di un assunto, un’ipotesi
di lavoro ritenuta ragionevole dalla maggior parte della comunità scientifica e che affonda
le sue radici nel cosiddetto principio Copernicano, secondo cui l’uomo non occupa una
posizioneprivilegiatanelcosmo, incontrastoconlateoriageocentrica, eimplica, omeglio
presuppone, che le leggi della fisica debbano essere le stesse in ogni parte dell’Universo.
In un certo senso, alla luce di quanto detto, il principio cosmologico trova un limite nel
cosiddetto principio antropico: osservazioni empiriche limitate a particolari regioni del-
lo spazio (e comunque legate alla condizione limitata della comprensione umana), non
possono dire nulla sullo stato di altri corpi esterni a tali regioni.
L’idea circa l’omogeneità e l’isotropia dell’Universo su grandi scale è sostanzialmente
dovuta ad Einstein e rispecchia un carattere più epistemologico che sperimentale. Tale
pensiero deriva dal principio di Mach, che recita:
“L’inerzia di ogni sistema è il risultato dell’interazione del sistema stesso con
il resto dell’Universo. In altre parole, ogni particella presente nel cosmo ha
influenza su ogni altra particella.”
In questo modo anche le leggi che regolano la gravità dovrebbero essere legate alla distri-
buzione della materia nell’Universo: risulta quindi naturale affermare che, se su grandi
scale la materia è distribuita in modo omogeneo ed isotropo, tale sarà anche l’interazione
gravitazionale.
Una versione più forte del principio cosmologico è il cosiddetto principio cosmologico
perfetto, formulato da Fred Hoyle, Thomas Gold e Hermann Bondi nel 1948 [7]: l’Uni-
verso è lo stesso non solo in ogni punto e in ogni direzione, ma anche ad ogni istante. Le
teorie che ne sono scaturite, in netto contrasto con i modelli che prevedono una singolari-
tà iniziale (il big bang) e una successiva espansione, sono state tuttavia progressivamente
abbandonate.
Una caratteristica degli Universi omogenei ed isotropi, che riprenderemo in dettaglio
nelle sezioni 1.2 e 1.4 è la presenza di orizzonti cosmologici: di fatto una distanza che
1 Il modello cosmologico standard 5
discrimina le zone in connessione causale da quelle che non lo sono. Se due punti dello
spazio-tempo possiedono una distanza maggiore dell’orizzonte, è impossibile che abbiano
scambiato segnali fisici. Tuttavia, in un Universo in cui è valido il principio cosmologico,
si dovrebbe avere omogeneità e isotropia su scale di gran lunga maggiori rispetto a quelle
dell’orizzonte stimato (13:82 miliardi di anni luce
1
). Si pone dunque una questione, che
sarà ripresa più avanti, relativa all’incomunicabilità di regioni tra loro comunque “terma-
lizzate”. Si insinuano a tal proposito delle crepe concettuali nel principio cosmologico,
accentuate da alcuni dati sorprendenti relativi alla radiazione cosmica di fondo, di cui si
parlerà nel capitolo 3.
Affrontiamo per ora, nell’ottica di questo capitolo, lo studio del modello cosmologico
standard in una geometria omogenea ed isotropa, in linea dunque con il principio cosmo-
logico, per poi operare le opportune generalizzazioni nei capitoli seguenti, con riferimento
particolare all’anisotropia della geometria cosmica primordiale. Gli effetti delle eventuali
disomogeneità, anche su larga scala, non saranno invece qui affrontati.
1.2 La geometria FLRW
Introduciamo la metrica Friedmann-Lemâitre-Robertson-Walker
2
, comunemente usata
per modellizzare gli effetti del campo gravitazionale presente a livello cosmico su scale
di distanza confrontabili con il “raggio di Hubble” R
H
= c=H
0
10
28
cm (si veda l’ap-
pendice A), dove con c è indicata la velocità della luce e H
0
è il parametro di Hubble al
tempo attuale. Tale raggio fissa la massima distanza spaziale accessibile alle osservazioni
attuali e di fatto sancisce il limite fisico oltre il quale la teoria classica della gravitazio-
ne newtoniana non è più in grado di fornire, nemmeno in prima approssimazione, una
descrizione dinamica dell’Universo su scala cosmologica.
La metrica FLRW descrive una varietà spazio-temporale che ammette sezioni spaziali
tridimensionali che risultano perfettamente omogenee ed isotrope. Consideriamo una va-
1
Ultimi dati di PLANCK [36]. Il valore precedente per l’età dell’Universo era attestato sui 13:7
miliardi di anni.
2
A seconda delle preferenze di tipo geografico e storico, la metrica è variamente chiamata con i nomi
di un sottoinsieme degli scienziati citati che più o meno indipendentemente arrivarono tra il 1920 e il
1930 alla formulazione di questa soluzione esatta delle equazioni di Einstein; in particolare la Robertson-
Walker (RW) è in realtà da considerare più restrittiva, in quanto assume alcuni prerequisiti che non sono
altrettanto generali.
1 Il modello cosmologico standard 6
rietàspazio-temporaleM
4
, conD = 4dimensionieconsezionispazialichecorrispondono
a varietà tridimensionali a curvature costante (e dunque massimamente simmetriche
3
).
Sia k il parametro di curvatura e x
i
, con i = 1; 2; 3 le coordinate che parametrizzano
le sezioni spaziali massimamente simmetriche. Da semplici considerazioni di geometria
differenziale [5] si può dimostrare che l’elemento di linea diM
4
si può in generale scrivere
come segue:
ds
2
=N
2
(t
0
)dt
02
a
2
(t
0
)
"
jd~ xj
2
+k
(~ x d~ x)
2
1 kj~ xj
2
#
; (1.2.1)
dove il punto indica il prodotto scalare rispetto alla metrica euclidea ij
, mentre le fun-
zioniN eda sono dipendenti solo dalla coordinata temporalet
0
. La funzionea(t
0
), detta
fattore di scala, si determina risolvendo le equazioni di Einstein per questa metrica, men-
tre N(t
0
) verrà scelta in modo arbitrario in base ad una opportuna trasformazione della
coordinata temporale t
0
. Ad ogni istante di tempo fissato t
0
= costante, l’elemento di
linea (1.2.1) si riduce a a
2
d
2
, dove d
2
rappresenta l’elemento di linea di uno spazio
tridimensionale 3
conraggiodicurvaturacostante. Talespazioammette, essendomassi-
mamente simmetrico, 6 isometrie che corrispondono alle tre rotazioni e alle tre traslazioni
lungo le direzioni spaziali x
i
, i = 1; 2; 3. Ciò si traduce nel fatto che 3
non ha nè punti
nè direzioni privilegiate: in altri termini, la metrica delle ipersuperfici 3
descrive una
geometria omogenea ed isotropa e come tale si presta a descrivere gli effetti del campo
gravitazionale cosmico su grandi scale. Può essere utile scrivere la parte spaziale della
metrica in coordinate sferico-polarifr; ; g, mediante la trasformazione di coordinate:
x
1
=r sin cos x
2
=r sin sin x
3
=r cos :
Differenziando tali relazioni e sostituendo nella (1.2.1) si ottiene la forma generale della
metrica FLRW:
ds
2
=N
2
(t
0
)dt
02
a
2
(t
0
)
dr
2
1 kr
2
+r
2
d 2
; (1.2.2a)
d 2
=d
2
+ sin
2
d
2
; (1.2.2b)
dove resta solo da specificare un gauge opportuno per la coordinata temporale. Il sistema
di coordinate in cui la metrica assume la forma (1.2.2) è detto comovente in quanto,
3
Le varietà a curvatura costante sono dette massimamente simmetriche perchè ammettono il massimo
numero consentito di isometrie, numero che, in uno spazio a n dimensioni, è pari a n(n + 1)=2. Per
isometria si intenderà qui una trasformazione di coordinate che lascia la metrica localmente invariata.