Con la risoluzione della crisi, negli anni Novanta le relazioni
hanno vissuto un periodo di riflusso e stagnazione. Nel mondo
globalizzato prodotto dalla fine della guerra fredda, superati gli scottanti
problemi politici degli anni precedenti, le questioni economiche hanno
polarizzato l’attenzione dei rapporti regionali; così, se da un lato
l’Unione Europea ha continuato promovendo la cooperazione come
strumento principale per combattere le sfide principali della regione
centroamericana, dall’altro sono emersi contrasti, che non hanno trovato
soluzione, relativamente alle questioni commerciali e di apertura dei
mercati.
Un futuro accordo di associazione rappresenta un passo
importante per lo sviluppo delle relazioni. Un accordo di questo tipo ha
le potenzialità di risolvere le questioni più urgenti e costituisce
un’opportunità per i paesi centroamericani nella lotta alla povertà e
all’esclusione sociale. L’Unione Europea nel portare avanti la
negoziazioni non può prescindere né dalla propria natura di attore
pluristatale frutto di un processo di integrazione, né dalle direttrici
principali che hanno dato vita e accompagnato il dialogo di San José,
cioè la cooperazione e la particolare attenzione alle deficienze strutturali
della regione dell’istmo. In questo senso le motivazioni del primo
coinvolgimento europeo in America Centrale sono più che mai attuali.
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Capitolo primo
Dalla crisi alla cooperazione
1. Gli anni della crisi
All’inizio degli anni Ottanta i paesi dell’istmo centroamericano
attraversarono uno dei periodi più drammatici della loro storia
contemporanea. Il trionfo della rivoluzione sandinista in Nicaragua nel
1979, l’offensiva insurrezionale del 1981 in Salvador, l’allargamento
della guerriglia in Guatemala, così come i collegamenti fra le varie
fazioni in lotta nei diversi Stati, rappresentarono le punte emergenti di
un conflitto dalle dimensioni regionali.
L’esplosione dei contrasti fu provocata da un insieme di elementi
critici, concatenati in un autentico circolo vizioso: la mancanza di
libertà, la repressione sindacale, il sottosviluppo, gli elevati tassi di
denutrizione, gli enormi squilibri tra le classi sociali, l’alta
concentrazione della ricchezza in pochi gruppi economici tradizionali, le
divisioni etniche, le tendenze inflazionistiche, il dissesto delle finanze
statali, in particolare nella bilancia dei pagamenti.
A questi fattori, di carattere strutturale, se ne sommarono altri
all’inizio del decennio. Fra questi, l’accelerato processo di
deterioramento politico come conseguenza dell’esaurimento di un
sistema di stampo autoritario e militare (solamente il Costa Rica
possedeva un regime democratico già dal 1949); la recessione
economica, la crisi del debito estero, la fuga dei capitali e le difficoltà
per le esportazioni; il fallimento del modello di sviluppo economico
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impiantato negli anni Sessanta, della sostituzione delle importazioni.
Tutti i paesi della regione fecero registrare in quegli anni tassi di crescita
negativi.
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2. Gli Stati Uniti dal sostegno ai Contras al disimpegno
L’ingerenza degli Stati Uniti nell’area, con l’appoggio ai
controrivoluzionari nicaraguensi, più conosciuti come “Contras”, e il
concomitante coinvolgimento dei restanti Stati dell’istmo, di Cuba,
dell’Unione Sovietica e di altri paesi extraregionali, trasformarono
questa crisi in un focolaio di tensione rilevante su scala mondiale e la
situarono nel contesto del conflitto Est-Ovest.
Già nel corso del 1981, all’esordio del suo mandato, il Presidente
Reagan aveva mostrato un forte interesse per le vicende di questa area,
accusando i Sandinisti di voler importare in Nicaragua un regime
socialista sul modello cubano e di aiutare i guerriglieri comunisti in
Salvador. Contestualmente aveva dato mandato alla CIA di sostenere
l’azione dei Contras, fornendo aiuti militari per 19 milioni di dollari, con
la motivazione di appoggiare movimenti di opposizione a governi filo-
sovietici. L’aiuto militare diretto fu ben presto interrotto con
l’approvazione da parte del Congresso, nel dicembre 1982,
dell’emendamento Boland. Tuttavia, funzionari dell’amministrazione
continuarono a fornire finanziamenti e supporto militare attraverso
intermediari segreti.
Nel 1984 il Nicaragua denunciò gli Stati Uniti di fronte alla Corte
Internazionale di Giustizia per l’appoggio fornito all’opposizione armata
dei Contras e per aver minato alcuni porti nicaraguensi. Il 27 giugno
1986 la Corte sentenziò in favore del Nicaragua, ritenendo che gli Stati
Uniti, avendo fatto ricorso all’uso illegale della forza contro un altro
Stato, avessero agito in contrasto con il diritto internazionale
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consuetudinario. La Corte ingiunse agli Stati Uniti il pagamento di un
risarcimento; tuttavia l’amministrazione Reagan si rifiutò di rispettare le
decisioni della Corte, di cui non accettò la giurisdizione.
Nel novembre 1986, il settimanale libanese Ash-Shiraa riferì che
gli Stati Uniti avevano venduto di nascosto armi all'Iran allo scopo di
assicurarsi il rilascio di sette ostaggi americani tenuti prigionieri da
gruppi libanesi filo-iraniani e che i proventi di questa operazione erano
stati destinati a finanziare i Contras nicaraguensi. Scoppiò così lo
scandalo “Irangate” e, a poco più di 4 mesi dalla condanna da parte della
Corte Internazionale di Giustizia, la credibilità degli Stati Uniti in questo
scenario fu ulteriormente compromessa, tanto che dovettero
abbandonare qualsiasi aspirazione a giocare un ruolo nel travagliato
contesto centroamericano.
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3. Le alterne vicende dell’integrazione regionale
L’integrazione economica centroamericana aveva avuto la sua
origine col Trattato di Managua firmato nel 1960 da Costa Rica,
Guatemala, Honduras, Nicaragua e Salvador e si fondava sul modello
dell’integrazione classica latinoamericana, proposto dalla Commissione
Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL, 1959) e maturato
sulla base del pensiero di Raúl Prebish
1
. In quella data nacquero il
Mercato Comune Centroamericano (MCCA), la Segreteria
dell’Integrazione Economica Centroamericana (SIECA) e la Banca
Centroamericana dell’Integrazione Economica (BCIE). Con un
calendario che fissava riduzioni tariffarie progressive, questo modello
conseguì ben presto risultati positivi prefigurando la creazione di
un’unione doganale: nel 1980 la percentuale del commercio
intraregionale raggiunse il 26% del commercio totale (Del Río,
2004:18), l’indice più alto mai fatto registrare, al di fuori dell’esperienza
europea, da un processo di integrazione.
Tuttavia, non mancavano elementi di crisi: nel 1970 l’Honduras
uscì dal MCCA in seguito alla “guerra del calcio” contro il Salvador e
nel 1979 il Nicaragua instaurò un sistema di economia mista e aprì
relazioni economiche con i paesi del blocco socialista.
Il decennio degli anni Ottanta è anche conosciuto come “decada
perdida” dell’integrazione centroamericana. Tutto ciò per l’effetto
1
Raúl Prebisch (1901–1986). Economista argentino conosciuto per i suoi contributi
alla teoria strutturalista, in particolare per la tesi Prebisch-Singer che costituisce la
base della teoria della dipendenza. Segretario Esecutivo della CEPAL dal 1950 al
1963 e primo Segretario Generale della Conferenza delle Nazioni Unite sul
Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) dal 1964 al 1969.
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combinato di vari elementi: la recessione economica mondiale, la crisi
del debito, le politiche unilaterali di liberalizzazione e di aggiustamento
strutturale adottate su istanza dell’Agenzia per lo Sviluppo
Internazionale degli USA (USAID) e del FMI, il collasso della camera
di compensazione monetaria centroamericana, l’inadeguatezza del
vecchio modello integrazionista basato sulla sostituzione delle
importazioni, i conflitti armati in corso. La crisi del modello di
integrazione e la caduta del commercio intraregionale ai minimi storici
(nel 1985 scese al 13,7%) (Del Río, 2004:18) furono al tempo stesso
causa e conseguenza di questa catena di eventi.
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4. Le tappe di un processo di pace
In questo complesso scenario le prime iniziative per la ricerca di
soluzioni per il conflitto centroamericano risalgono agli inizi del 1983,
quando si costituì il “Gruppo di Contadora” composto da Colombia,
Messico, Panama e Venezuela. Questo gruppo promosse l’idea di una
negoziazione basata sui principi di: autodeterminazione, non intervento,
smilitarizzazione e democratizzazione. Questo tentativo non rimase
isolato e nel 1985 Argentina, Brasile, Perù e Uruguay dettero vita al
“Grupo de Apoyo” al processo di Contadora.
E proprio col percorso individuato da questi primi tentativi di
dialogo si crearono le premesse per una revisione delle relazioni tra i
diversi Stati del Centro America. I Presidenti di Costa Rica, Guatemala,
Honduras, Nicaragua e Salvador si riunirono una prima volta a
Esquipulas il 24-25 maggio 1986 ponendo le basi di un processo di
pacificazione. Furono individuati in quell’occasione tre obiettivi
principali, strettamente correlati per il loro raggiungimento: pace,
democrazia e sviluppo. Inoltre, i Presidenti trovarono un accordo per la
creazione del Parlamento Centroamericano (PARLACEN). Questi
obiettivi furono elaborati nel cosiddetto “Piano Arias”, che venne
approvato l’anno successivo, il 7 agosto 1987, con il trattato conosciuto
come “Esquipulas II”. L’accordo, che vincolava l’ottenimento della pace
allo sviluppo e alla democrazia, costituì un punto fermo per la soluzione
negoziata dei conflitti nella regione e per la successiva ripresa del
processo di integrazione centroamericana.
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