Introduzione 2
Allo scopo di conferire estrema chiarezza ad un argomento tanto
interessante quanto complesso quale quello affrontato in questo capitolo si Ł
seguito per la sua dissertazione un ordine cronologico. Dapprima si sono
analizzati i criteri che Mundell (MUNDELL, 1961), Mckinnon (MCKINNON,
1963) e Kenen (KENEN,1969), fautori del approccio tradizionale alla teoria
AVO, ritengono decretare il successo di un area valutaria. Il limite di tale
approccio sta nel non prendere in esame gli eventuali benefici derivanti
dall adesione ad un area/unione monetaria ma solo g li svantaggi conseguenti
all abbandono dell autonomia monetaria. A tal propo sito, introduciamo il secondo
approccio conosciuto come analisi costi-benefici ad opera di Ishiyama
(ISHIYAMA, 1975). Qualora i benefici superano i costi risulter conveniente
partecipare ad un unione monetaria. Il capitolo si conclude con la cosiddetta
nuova teoria AVO sviluppata da Tavlas (TAVLAS, 19 93) e basata sulle idee di
Barro e Gordon (BARRO E GORDON, 1983). Essa dimostra che l integrazione
monetaria consente ai paesi aventi una struttura delle preferenze che li rende poco
sensibili all inflazione e piø alla disoccupazione di prendere a prestito
credibilit dai paesi che, viceversa, si sono stori camente contraddistinti per una
condotta piø rigorosa nel controllo dei prezzi.
Il terzo capitolo pone l attenzione sulla politica monetaria implementata
nell UME soffermandosi, in particolar modo, sulle istituzione che ne sono
responsabili, sugli obiettivi che da queste devono essere perseguiti e sulla strategia
messa in atto per perseguirli. La trattazione degli argomenti contenuti nel capitolo
non Ł avvenuta in modo sterile ma mettendo in luce, di volta in volta, le relative
problematiche.
Il quarto ed ultimo capitolo si occupa degli aspetti legati al bisogno di una
politica fiscale disciplinata e coordinata in modo tale che sia in grado di mitigare
gli shock asimmetrici che possono manifestarsi all interno dell UEM. Questo ci
condurr a un analisi del Patto di stabilit e cres cita (PSC).
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Capitolo 1
DALL INTEGRAZIONE ALL UNIONE
ECONOMICA E MONETARIA EUROPEA
1.1 L integrazione economica europea: il percorso storico (1945- 1969)
Sin dalla fine del secondo conflitto mondiale i paesi europei, per far s che
non si verificassero mai piø simili massacri e distruzioni, avvertirono la necessit
di creare le condizioni che consentissero l avvio di un processo di integrazione
economica e di unificazione politica dell Europa. Il primo confronto in merito a
tale progetto si ebbe nel maggio del 1948 all Aia dove si riunirono i
rappresentanti di 17 nazioni: Ł in questa sede che prese forma un approccio al
processo di integrazione europea di tipo funzional ista , i cui padri fondatori
furono Robert Schuman, Ministro degli Esteri Francese, e Jean Monnet,
consulente economico e uomo politico francese, in base al quale la realizzazione
del progetto doveva avvenire per tappe, mediante cessioni graduali di sovranit , in
settori ben individuati, ad istituzioni comuni. In applicazione del suddetto
principio, nell aprile del 1951, sei Paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia,
Lussemburgo e Paesi Bassi) firmarono a Parigi un trattato con cui si convenne di
affidare la gestione delle rispettive industrie carbosiderurgiche ad un organismo
sovranazionale, la Comunit europea del carbone e d ell acciaio (CECA). In tal
modo nessuno Stato avrebbe potuto fabbricare armi proprie da rivolgere contro
altri, come era avvenuto in passato.
Il successivo fallimento del progetto di dare vita anche ad una Comunit
europea di difesa (CED), mise in evidenza che lo slancio verso l integrazione
europea non avrebbe dovuto basarsi sul terreno politico ove le gelosie dei governi
Dall integrazione all unione economica e monetaria europea 4
nei confronti delle proprie prerogative costituivano un ostacolo insormontabile.
L iniziativa comunitaria doveva necessariamente partire dal piano economico,
dove la minaccia all integrit degli Stati ed alla loro sovranit appariva meno
evidente.
Con la nascita della CECA, si diede concreto avvio a quel processo di
integrazione europea la cui tappa successiva fu rappresentata dalla Conferenza di
Messina dove, nel giugno del 1955, i sei Stati membri decisero di estendere
l integrazione europea, iniziata con la CECA, all i nsieme delle attivit
economiche e al settore dell energia atomica; a tal proposito venne istituito un
comitato intergovernativo, presieduto dal ministro degli esteri belga Paul Henry
Spaak, con il compito di esaminare, perfezionare e trasformare in strumenti
concreti le direttive e le idee scaturite dalla conferenza. Segu , nel maggio
dell anno successivo, la Conferenza di Venezia in occasione della quale fu
presentato ed approvato il cd Rapporto Spaak che prevedeva l’istituzione di due
nuove distinte comunit : una, strettamente settoria le si occuper dell’utilizzazione
su scala continentale dell’energia atomica per scopi pacifici, l’altra, piø in generale
economica, dovr portare alla realizzazione di un area all interno della quale i
beni, le persone e i capitali non fossero soggetti ad alcun vincolo di circolazione.
La prima tappa di tale processo sarebbe stata la realizzazione di un unione
doganale, con l abolizione dei dazi doganali e di tutte le restrizioni tra gli Stati
membri e l adozione di una politica commerciale ed una tariffa doganale comune
nei confronti dei paesi terzi. ¨ sulla base di ques to rapporto che vennero avviati i
negoziati che condussero, nel marzo del 1957, alla firma dei Trattati di Roma che
istituirono la Comunit economica europea (CEE) e l a Comunit per l energia
atomica (EURATOM).
Tuttavia nei Trattati, ed in particolare in quello che istitu la Comunit
economica europea, vennero definiti gli obiettivi generali senza al tempo stesso
fissarne le condizioni di attuazione. Ad eccezione dell obiettivo dell unione
doganale, per il quale furono stabilite condizioni ben precise e che di fatto fu
realizzato il 1 luglio 1968, cioŁ 18 mesi di anticipo rispetto alla scadenza prevista,
tutti gli altri obiettivi vennero infatti affidati nel Trattato ad un insieme di norme
Unificazione Monetaria Europea e Teoria delle Aree Valutarie Ottimali 5
quadro comportanti, cioŁ, l elaborazione di ulteriori decisioni. Frutto di negoziati
tra i singoli Stati, per la realizzazione del mercato comune nei diversi settori
economici (logica funzionalista).
Alla realizzazione dell unione doganale si accompagn un secondo
importante obiettivo: l avvio di una politica agricola comune che si prefiggeva, in
virtø dell’articolo 33 del trattato istitutivo della Comunit europea, di assicurare
prezzi ragionevoli ai consumatori europei e una remunerazione equa agli
agricoltori soprattutto grazie all’organizzazione comune dei mercati agricoli e al
rispetto dei principi, fissati nella conferenza di Stresa del 1958, dell’unicit dei
prezzi, della solidariet finanziaria e della prefe renza comunitaria.
I risultati positivi ottenuti in questo periodo per il conseguimento
dell unione doganale e la definizione di una politica agricola comune, furono
conseguiti dai paesi CEE grazie anche all esistenza di una serie di condizioni
esterne quali la stabilit economica a livello inte rnazionale e l assenza di
perturbazioni monetarie.
Da allora, come vedremo nel paragrafo successivo, si apr una fase definita
dai commentatori eurosclerosi in cui il processo di crescita dell Europa
comunitaria, ed in particolare la realizzazione di un grande mercato integrato,
avvenne piø lentamente e in presenza di difficolt sia interne che esterne che ne
misero piø volte a repentaglio la stessa sopravvivenza.
1.2 La crisi della cooperazione monetaria internazionale
A fronte dei progressi compiuti nell integrazione economica europea
emerse l esigenza di creare una moneta comune. I trattati, tuttavia, non
prevedevano ancora l adozione di una valuta unica della Comunit economica
europea: non ce n era sostanzialmente bisogno perchØ in quel momento i sei Paesi
della CEE partecipavano a un sistema monetario internazionale che funzionava
sufficientemente bene, il Sistema di Bretton Woods. Quest ultimo, in vigore dal
1944, «fissava il tasso di cambio di ogni paese membro contro il dollaro
Dall integrazione all unione economica e monetaria europea 6
statunitense», che a sua volta poteva essere convertito in oro ad un prezzo
prefissato (35$ per oncia), e, «di conseguenza, fissava il tasso di cambio fra ogni
coppia di monete diverse dal dollaro» (KRUGMAN, 1997, p.369).
Gli USA, a partire dalla seconda met degli an ni 60, non riuscirono piø
a garantire una severa stabilit monetaria, influen zando negativamente la stabilit
internazionale: l eccessivo finanziamento della guerra del Vietnam fece
aumentare a dismisura la valuta statunitense in circolazione, riducendo sia la
probabilit di rispettare l obbligo di conversione del dollaro con l oro, causando
cos la crisi del sistema di Bretton Woods, sia la reputazione antinflazionistica
della politica monetaria statunitense.
Con l instabilit monetaria venne meno da un lato l a «certezza» di operare
in un contesto monetario caratterizzato dalla quasi totale assenza di rischi di
cambio, dall altro l unicit dei prezzi dei mercati agricoli, prevista dalla PAC,
determinando di conseguenza rilevanti sperequazioni fra gli agricoltori dei paesi
membri. Occorreva, dunque, dare un impulso piø energetico al processo
d integrazione monetaria, che arriv nel febbraio d el 1969 con l elaborazione da
parte della Commissione del Piano Barre per il coordinamento delle politiche
economiche e la cooperazione monetaria nell ambito della Comunit
(COMMISSIONE EUROPEA, 1969). Sulla base di tale piano, i capi di Stato e di
governo dei sei Paesi membri della CEE, in occasione della Conferenza tenutasi
all Aia in quell anno, invitarono il Consiglio de ll UE a elaborare una strategia
per la creazione dell Unione economica e monetaria (UEM); questa fu delineata
nel Rapporto Werner del 1970, che proponeva la realizzazione dell UEM in tre
fasi da completare entro il 1980. Obiettivi dell unione, dal punto di vista
monetario, erano: la convertibilit piena e irrever sibile delle valute dei paesi
aderenti, la fissazione irrevocabile delle parit , l eliminazione dei margini di
fluttuazione intorno ai tassi di cambio, la liberalizzazione completa dei movimenti
di capitale.
La prospettiva piø rosea prevedeva inoltre la possibilit di arrivare
all’introduzione di una moneta unica.