4
E nel «sentire il valore ossessivo degli oggetti» ad Ungaretti viene in parte in aiuto
Zdislas Milner, che nel 1928 pubblica in francese presso i parigini “Cahiers d’Art” la versione di
venti sonetti di Góngora, forse una delle prime traduzioni europee organiche (insieme a quella del
1921 di Francis de Miomandre) dei Sonetti del grande ingegno barocco. Milner offrirà spunti
semantici, lessicali, a volte grafici ad Ungaretti: lo guiderà in parte alla scoperta di “un genio
passionale come quello del Góngora”.
«Chi possiede due lingue perde l’anima» diceva Laurence d’Arabia. È mio proposito dimostrare
nelle pagine seguenti come il poeta-uomo-traduttore Ungaretti, invece, grazie a questa pluralità di suoni,
l’anima pare ritrovarla.
5
I
GÓNGORA E L’ITALIA: LA CRITICA DAGLI ANNI TRENTA AI
GIORNI NOSTRI
Gli anni ’40 furono senza dubbio i più fertili per la nascita ed il
rinvigorimento del gongorismo in Italia, battistrada un Polifemo
1
tradotto
da A. R. Ferrarin nel 1936. L’editore parmense Guanda nel 1942 pubblica
(in Luis de Góngora y Argote, Poesie con testo a fronte, versione e
introduzione di Mario Socrate) 14 tra i più letti sonetti di Luis de Góngora;
nel 1944 Bernardo Sanvisenti dà alle stampe una versione in prosa delle
Soledades
2
; il 1948 vede Sergio Solmi introdurre una traduzione di
Gabriele Mucchi
3
), e Leone Traverso tradurre i Sonetti
4
, nello stesso anno
in cui Giuseppe Ungaretti fissava in Vita d’un uomo. Da Góngora e da
Mallarmé
5
i suoi travagli poetici di più di un decennio di traduzioni dallo
stesso poeta spagnolo
6
.
1
GÓNGORA, La favola di Polifemo, versione metrica di A. R. Ferrarin, Baruffaldi, Mantova
1936.
2
B. SANVISENTI, Le Soledades del Góngora, studio testo e versione, Principato, Milano-
Messina 1944.
3
GÓNGORA, Sonetti e frammenti, tradotti da Gabriele Mucchi, Meridiana, Milano 1948.
4
LUIS DE GÓNGORA, Sonetti, a cura di Leone Traverso, Cederna, Milano 1948 (ne esiste
una riedizione con presentazione e note di Oreste Macrì, Passigli, Firenze 1993).
5
G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. VI. Da Góngora e da Mallarmé, Mondadori (I poeti dello
“Specchio”), Milano 1948.
6
Traduzioni ungaretttiane da Góngora, già apparse su «L’Italiano» di Bologna,XII, giugno
1932 (sette sonetti) e sulla «Gazzetta del Popolo» nel 1933 (due strofe della Fábula de
Polifemo y Galatea) , erano state riunite nel volume Traduzioni, Novissima, Roma 1936
(nsieme a versioni da Saint-John Perse, William Blake, Essenin, Jean Paulhan, Affrica: due
canti popolari africani).
6
Questa “résurgence de Gongora” (rubo un titolo a Elsa Dehennin)
7
coincide con un nuovo interesse da parte della critica verso il poeta
“culterano” per antonomasia, proprio quando Alda Croce pubblica sulle
riviste «La Critica» e «Quaderni della critica» i suoi studi, approfonditi ed
estesi, sulla poesia gongorina
8
. È però da segnalare che Ungaretti, senza per
altro spiegarne i motivi, è piuttosto critico verso la Croce, se in una lettera al
« caro De Robertis» la rimprovera quasi di onniscienza in materia
gongorina: «[...] e forse avrai visto anche la mia risposta alla Signorina Alda
Croce, [...] credono di sapere tutto (...) e perfino di Góngora!».
9
L’immagine che la studiosa vuole offrire dello Spagnolo (quasi una
presentazione informale) è - prima che letteraria - umana, dal momento che
«la più urgente, se non la più ardua, necessità della critica è dunque di porre
il problema della poesia di Góngora come umanità»
10
. Ciò che il poeta
esprime, ogni sua immagine, ha «il carattere di intuizioni»
11
, la sua arte è il
naturale svolgimento dunque del rapporto poeta-mondo, laddove il suo
mondo intimo è rappresentato proprio dalla libertà della fantasia: Góngora
nell’esprimere, cioè, la sua ispirazione diviene il creatore della sua stessa
poesia; del fuggevole e del provvisorio, della fatalità e dello sfiorire,
dell’insicurezza e della certezza della morte, ed è una poesia che «se hará
obsesiva en […] Ungaretti»
12
, il quale sarà “sedotto” da Góngora e dal
7
ELSA DEHENNIN, La résurgence de Gongora et la genération poéique du1927, Disdire,
Paris 1962.
8
A. CROCE, La poesia di Luis de Góngora, in «La Critica», 3, 4, 5, 6, 1944, e in
«Quaderni della Critica», 1, 2, 3, 1945; 4 e 5, 1946.
9
G. UNGARETTI, Lettera a Giuseppe De Robertis, 2 gennaio 1949, in G. Ungaretti - G. De
Robertis, Carteggio, Introduzine, testi e note a c. di Domenico De Robertis, Il Saggiatore,
Milano 1984.
10
A. CROCE, art. cit.
11
Ibid.
12
J. P. BUXÒ, Ungaretti traductor de Góngora, Universidad del Zulia, Facultad de
Humanidades y Educación, Maracaibo 1968.
7
Barocco («Ammetto oggi ancora che sia questa riconseguita libertà
d’immaginazione uno degli aspetti seducenti del Barocco»)
13
.
Le lezioni del professor Mario Casella in materia gongorina
14
, oltre
ad insegnarci che la poesia dell’andaluso abbraccia da Garcilaso ad Herrera
il miglior Rinascimento spagnolo, ci presentano un Góngora fisico,
tangibile, quasi vivo: a volte possiamo persino ascoltare «la stremata musica
di alcuni romances», e di sicuro riconoscere nelle Soledades
un’arte delle cose e materie, colori, suoni diafanizzati in concetti; […] ma
dove l’ispirazione di Góngora, pur restando confinata nella sua zona di pura
sensualità, appare toccare note più profonde, e nei sonetti funerari […] o in quelli
dove, accanto alle splendide immagini di rigoglio vitali, si affaccia l’ombra della
morte e del corrompimento […]. Qui, come in altri momenti della poesia di
Góngora, l’orgogliosa e un po’ fredda serenità rinascimentale, la solennità barocca
lasciano intravedere un fondo più violento e turbato che fa pensare a eredità
gotiche e moresche, a un ricco e sensuale oriente andaluso.
La critica castigliana pare però ignorare quasi del tutto i rapporti
Italia-barocco spagnolo; anche Dámaso Alonso, solerte commentatore della
poesia gongorina - Estudios y ensayos gongorinos
15
è «il frutto trentennale
di severe e appassionate indagini filologiche, stilistiche e storico-
letterarie»
16
-, pur lamentando la «deficientísima transmisión de la obra
gongorina»
17
, non si preoccupa affatto di segnalare gli scritti dell’«ultimo
rappresentante della poesia del Rinascimento»
18
nelle traduzioni italiane.
13
G. UNGARETTI, Gongora al lume d’oggi, in Aut-aut, 4 luglio 1951, pp. 291-308
(ripubblicato in Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a c. di M. Diacono e L. Rebay,
Mondadori (I Meridiani), Milano 1974. La citazione è a p. 529. Il corsivo è mio.
14
Corso di spagnolo / dalle lezioni del Ch.mo Prof. Casella, raccolte da Carmela Lomuto
A.A. 1944 XXII, Società Anonima Editrice Universitaria, Firenze 1944.
15
D. ALONSO, Estudios y ensayos gongorinos, Editorial Gredos, Madrid 1960 (ed è una
pietra miliare della critica su Góngora).
16
O. MACRÌ, Studi Ispanici, a cura di Laura Dolfi, Liguori Editore, Napoli 1996, II, p. 209.
17
D. ALONSO, op. cit., p. 87, “la carentissima trasmissione dell’opera gongorina”.
18
A. CROCE, La poesia di Luis de Góngora, cit.
8
Alonso chiarisce invece i rapporti tra Petrarca e Góngora, analizza
strutturalmente «la simetría bilateral en el endecasílabo»
19
, dedica un
saggio alla alusión e elusión
20
, e difende la claridad e belleza delle
Soledades, «puramente poéticas, estrictamente aristocráticas, como muy
pocas de las obras artísticas de los hombres»
21
.
«L’opinata tesi alonsiana di una supernatura cristallina o
cristallizzazione in un chiuso sistema iperclassistico»
22
sarà smentita da
Vittorio Bodini (che raccoglie l’eredità della Croce), per il quale «la poesia
di Góngora gronda di lacrime, almeno nell’impressione complessiva che
della sua lettura ci resta»
23
.
Il metodo di analisi bodiniano di Góngora e del suo barocco («il
Góngora oggettivo e reale è indagato e svolto dentro la categoria storica del
barocco nel mentre lo stesso Góngora la rappresenta e la incarna
soggettivamente»
24
) è semantico e “areale” e, come si conviene ad uno
studioso di poesia surrealista, nella ricerca del significante poetico vengono
in aiuto sempre più spesso simboli e metafore.
L’Ungaretti seicentista viene messo in rilievo nel 1965 da Gianni
Pozzi, che comprende la necessità interiore del poeta di «far risaltare la
elementare semplicità di quelle insolite compitazioni in versi brevi, nati, si
direbbe, da una immediatezza talmente spontanea da non permettere di
intravvedere alcun lavoro preparatorio, alcuna storia anteriore»
25
.
19
D. ALONSO, op. cit., p. 117.
20
op. cit., p. 92.
21
op. cit., pp. 66-67: “puramente poetiche, prettamente aristocratiche come davvero poche
delle opere artistiche degli uomini”.
22
O. MACRÌ, Vittorio Bodini, ispanista, in op. cit., p. 296.
23
V. BODINI, Le lagrime barocche, in Studi sul Barocco di Góngora, Edizioni dell’Ateneo,
Roma 1964, p. 23.
24
O. MACRÌ, op. cit., p. 296.
25
G. POZZI, La poesia italiana del Novecento. Da Gozzano agli Ermetici, Einaudi, Torino
1965, p. 133. Il corsivo è mio.
9
Pozzi mette in luce quella «necessità di innocenza» che fu di
Góngora e di Mallarmé, e che ben presto sarebbe stata appunto di Ungaretti
(nel 1929 la poesia per il poeta è già «uno strumento che permetta allo
spirito di manifestarsi come gli pare»
26
). Il seicentismo «sapiente» del
Nostro (in contrapposizione con quello «esterno e slegato» del Govoni)
prende dunque le mosse dalla grande arte barocca che ebbe in Luis de
Góngora il maggiore esponente, e che in letteratura, così come in
architettura, «è da intendere come dominio libero ed esclusivo della
costruzione sulla materia»
27
.
Uno degli studi più organici e minuziosi (anzi il solo con impianto
monografico), sui rapporti letterari tra l’Italia e Góngora resta il lavoro di
José Pascual Buxó Ungaretti traductor de Góngora (Un estudio de
literatura comparada)
28
in cui l’autore, attento lettore di tutto il corpus
dell’alessandrino, si propone di esaminare il processo seguìto dalle
traduzioni ungarettiane sin dalla primitiva interpretazione in chiave
ermetica, fino ad un successivo inserimento di elementi storici, ideologici e
critici, che mai, comunque, oscureranno l’indubbia lettura simbolista e
metafisica della poesia gongorina. Il tramite tra questa poesia e l’Italia - è
l’opinione di Buxó - fu proprio Giuseppe Ungaretti, il quale facilitò in
misura considerevole la comprensione da parte di pubblico e critica italiani
delle motivazioni storiche ed estetiche del Barocco (ed in particolare di
quello gongorino). Il compito del poeta non fu però quello di tradurre, come
si dice, alla lettera i versi del cordovese, né di preoccuparsi di condurre i
passi di Góngora verso la perfezione stilistica o ritmica e ciò «porque
26
G. UNGARETTI, Intervista a G. B. Angioletti, in «L’Italia letteraria», 16 giugno 1929
(citata in G. POZZI, op. cit., p. 37).
27
G. POZZI, op. cit., p. 152.
28
J. P. BUXÓ, op. cit., p. 17.
10
traducir un plural por un plural o un pluscuamperfecto por un
pluscuamperfecto puede no ser más que un mecánico translado de las
apariencias de un testo, y no de su mensaje»
29
. In questo senso si potrebbe
dire che l’uomo Ungaretti nella lettura di Góngora fu «ardito a cogliere i
significati più alti di una vita sofferta»
30
.
Sin dal primo contatto con la poesia del cordobés il poeta ritrova
se stesso e le sue obsesiones - termine, questo, che ricorrerà spesso nel
lavoro di Buxó (e che corrisponde all’ “ossessivo” e alle “ossesioni” di cui
parla più volte Ungaretti in Góngora al lume d’oggi
31
- «al igual de sus
poesías originales»
32
; per lo studioso la concezione poetica ungarettiana
trova nelle parole di Góngora - esponente inconscio di una linea pura ed
ermetica al cui apice si trova Mallarmé - stimoli letterari ed umani. In realtà
Ungaretti «assimila Góngora in una folta immagine di petrarchismo europeo
nella rosa familiare dei suoi alti modelli. Michelangelo, Scève, Donne,
Mallarmé…»
33
.
In quella che lo stesso poeta-traduttore definì «il sommo del
Barocco», ovvero la Fábula de Polifemo y Galatea - continua Buxó - le
strofe XXIII e XXIV (le uniche tradotte) rappresentano «una perfecta
unidad poética y significativa, a las que nada se merma presentándolas
separadas de su amplio contexto»
34
.
29
Ibid. Il corsivo è mio, “perché tradurre un plurale per un plurale o un piucheperfetto per
un piucheperfetto può non essere altro che una meccanica trascrizione delle apparenze di un
testo e non del suo messaggio”.
30
L. PICCIONI, Le origini della «Terra promessa», in G. UNGARETTI, Vita d’un uomo.
Tutte le poesie a c. di Leone Piccioni, Mondadori (I Meridiani), Milano 1969, p. 428.
31
Cfr. G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a c. di M. Diacono e L. Rebay,
Mondadori, Milano, 1982, pp. 529, 532, 535, ecc.
32
J. P. BUXÓ, op. cit., p. 27: “come nelle sue poesie originali”.
33
O. MACRÌ, Mezzo secolo di traduzioni italiane dallo spagnolo, in Studi ispanici, cit. pp.
417-430.
34
J. P. BUXÓ, op. cit., p. 23: “una perfetta unità poetica e significativa alle quali nulla si
toglie presentandole separate dal loro ampio contesto”.