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INTRODUZIONE
Alla base di questo lavoro di tesi, vi è l’obiettivo di analizzare lo sviluppo in età
prescolare dei bambini prematuri e/o con peso basso alla nascita. In particolare, ci si
sofferma maggiormente sulle alterazioni e sulle difficoltà presenti nello sviluppo
personale, sociale ed emotivo, che producono degli effetti importanti sul benessere
dei bambini nati pretermine, ovvero prima della 37ª settimana gestazionale.
Le motivazioni che mi spingono ad intraprendere questo percorso sono
molteplici. Innanzitutto, l’interesse verso il tema è stato incentivato da una serie di
esperienze che mi hanno portato a confrontarmi con il mancato riconoscimento e
monitoraggio, da parte delle strutture socio-sanitarie, degli effetti dell’evento
prematurità sullo sviluppo socio-affettivo del bambino; ciò comporta che anche le
famiglie e gli educatori non siano completamente informati sull’importanza di
fornire a questi bambini un supporto adeguato a lungo termine, che gli permetta di
formare un senso del Sé stabile ed auto-efficace, socialmente competente ed
“emotivamente funzionante”. Un’altra motivazione che mi ha incoraggiato ad
approfondire l’argomento riguarda l’aver constatato che, in letteratura, la maggior
parte delle ricerche si concentrano sull’analisi delle lesioni anatomo-funzionali e
sullo studio dei deficit cognitivi, caratteristici dei bambini prematuri. Tali ricerche
sono indiscutibilmente importanti ma non ci offrono una visione completa,
complessa ed integrata dei rischi associati alla prematurità, in quanto tralasciano
l’analisi di aspetti altrettanto critici per lo sviluppo del bambino, quali il
funzionamento emotivo, l’acquisizione delle autonomie, le relazioni sociali ed il
funzionamento scolastico. Il legame tra la prematurità e la presenza di successivi
deficit socio-affettivi, necessita di ulteriori approfondimenti.
Per comprendere la rilevanza del tema in questione, nel Capitolo I sono riportati
i principali studi e le principali teorie evolutive che descrivono le caratteristiche
fondamentali dello sviluppo psicologico tipico, dimostratesi predittive del benessere
psico-fisico e della qualità della vita a lungo termine. In particolare, sono descritti
tutti i dispositivi evolutivi fondamentali, quali l’acquisizione della funzionalità
esecutiva, lo sviluppo della relazione affettiva primaria, un adeguato funzionamento
socio-emotivo, che non sono prodotti diretti dei soli processi maturativi innati ma
emergono dall’interazione di tali processi con i sistemi in cui l’individuo vive,
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sistemi che possono influenzarne lo sviluppo, in senso negativo o positivo. Nel
Capitolo II, sono presentati i risultati della maggior parte degli studi pubblicati sino
ad ora sul tema di mio interesse, che confermano un’influenza negativa dell’evento
prematurità e/o del basso peso alla nascita sullo sviluppo esecutivo e motorio, su
quello linguistico e sul funzionamento personale, sociale ed emotivo dei bambini
prematuri; in aggiunta, vengono sintetizzati gli studi che hanno confermato delle
difficoltà scolastiche e comportamentali in età infantile e adolescenziale, nonché
lavorative e familiari in età adulta per gli ex prematuri. Dopo essermi documentata
sugli studi condotti a riguardo, il core della mia ricerca è stata l’analisi, descritta nel
Capitolo III, svolta sui bambini prematuri (con peso alla nascita inferiore ai 2500gr)
confrontandoli con i nati a termine (con peso alla nascita superiore ai 2500gr),
tramite l’utilizzo delle Scale Griffiths III. In effetti, uno dei punti di forza dell’analisi
che segue riguarda l’impiego delle Griffiths III, utilizzate in questo studio, per la
prima volta in letteratura, per indagare lo sviluppo socio-affettivo nei bambini
prematuri. L’analisi statistica, effettuata tramite SPSS 21 sui due gruppi suddivisi in
fasce d’età (0-12 mesi; 13-24 mesi; 25-36 mesi; 37-48 mesi; 49-60 mesi; 61-72
mesi), ha evidenziato delle differenze evolutive significative tra il gruppo
sperimentale dei prematuri (n=56) ed il gruppo controllo dei nati a termine (n=175).
In particolare, i bambini prematuri hanno ottenuto in media dei punteggi
significativamente più bassi del gruppo controllo, sia nella Scala D delle Griffiths III
che valuta lo sviluppo Personale-Socio-Emotivo (p<.05), che nella Scala A che
valuta la funzionalità esecutiva (Basi dell’Apprendimento) (p>.05). I risultati saranno
esposti dettagliatamente nelle discussioni finali.
Grazie a questo lavoro di tesi, è stato possibile approfondire lo sviluppo
personale, sociale ed emotivo dei bambini prematuri, tramite uno strumento originale
(Griffiths III), rispetto a quelli maggiormente utilizzati in letteratura, come le Scale
Vineland (Alduncin, Huffman, Feldman, & Loe, 2014).
Sulla base di quanto è stato osservato, tutti i professionisti dell’educazione e
della salute dovrebbero essere consapevoli dell'elevata prevalenza di difficoltà sociali
ed emotive nei soggetti prematuri, oltre che di una maggiore morbilità per disturbi
importanti quali l’ADHD e i disturbi dello spettro autistico. Inoltre, rispetto ai
coetanei nati a termine, i bambini prematuri sono più spesso vittime di bullismo e
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riportano più frequentemente problemi di apprendimento e prestazioni scolastiche
peggiori. L'impatto di tali difficoltà sul benessere e sulla qualità della vita a lungo
termine non dovrebbe essere trascurato, considerando che influenza negativamente
anche il funzionamento lavorativo e familiare in età adulta.
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CAPITOLO I: PRINCIPALI CARATTERISTICHE
DELLO SVILUPPO TIPICO COGNITIVO E SOCIO-
AFFETTIVO
Contributi teorici principali sullo sviluppo tipico
Natura e ambiente
Fino a poco tempo fa, i tentativi di spiegare lo sviluppo si sono focalizzati sulla
diatriba natura-cultura: alcuni studi sostenevano che l’influenza principale sui
processi evolutivi fosse esercitata dalla natura e quindi dai geni, altri confermavano
la predominanza dell’influenza culturale. Ad oggi, sappiamo che i geni spiegano solo
in parte la variabilità individuale, un altro 50% di essa e del nostro sviluppo è
determinato da ciò che sperimentiamo nella nostra cultura e nei sistemi principali
entro i quali ci connettiamo. Quindi, i fattori genetici e quelli ambientali non sono in
opposizione tra loro ma interagiscono e producono effetti congiuntamente (Schaffer
R. H., 2005).
In epoca prenatale, lo sviluppo che avviene a livello cerebrale supera, in velocità
e proporzione, quello di tutti gli altri organi. Questa crescita continua anche nei primi
anni di vita ma non è determinata dall’aumento dei neuroni bensì dalla formazione di
sinapsi, ovvero connessioni chimiche tra i neuroni. Le sinapsi inizialmente nascono
grazie all’attivarsi di meccanismi geneticamente determinati che avviano una miriade
di eventi elettrochimici. L’impulso che mette in azione questa catena è di natura
ambientale, dipende cioè dall’esperienza e dalle stimolazioni esterne. Le sinapsi sono
quindi modificate e riorganizzate dall’esperienza pur avendo base genetica e, a forza
di ri-trascrizioni e cambiamenti elettrochimici, rappresentativi di eventi ambientali e
relazionali specifici, finiscono per essere la costituzione biologica e chimica del
nostro Sé (LeDoux, 2002). In questo modo, alcuni aspetti del cervello saranno
geneticamente determinati, altri saranno guidati dalle particolarità dell’esperienza
individuale.
Compiti evolutivi e principali modelli di sviluppo
Durante la crescita, il bambino affronta determinati compiti evolutivi, ovvero,
deve acquisire specifiche abilità e competenze necessarie ad un adeguato sviluppo
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cognitivo, motorio, comportamentale, emotivo e sociale. Il suo impegno è sostenuto
dall’ambiente di cura, o almeno così dovrebbe essere, inteso come ambiente
familiare, scolastico o come gruppo dei pari. Secondo Sroufe, nelle prime fasi di vita
i compiti evolutivi sono così distribuiti: da 0 a 3 mesi, si affinano i primi processi di
regolazione fisiologica; a 6 mesi, inizia a formarsi la relazione di attaccamento; dai
12 ai 18 mesi, aumenta l’esplorazione e, parallelamente, la padronanza dell’ambiente
circostante: il bambino per esplorare liberamente l’ambiente fa affidamento al
caregiver, riconosciuto come base sicura; dai 18 ai 30 mesi, inizia a prosperare
l’autonomia; a partire dai 30 mesi, infine, è affinata la capacità di gestire gli impulsi
ed iniziano a svilupparsi l’identità sessuale e le prime relazioni con i pari (30-54
mesi) (Sroufe A. , 1979) (Sroufe , Egeland, & Carlson, 1999). Sroufe sottolinea
come ad ogni compito evolutivo corrisponda un adattamento del caregiver ai bisogni
del bambino; è un adattamento sensibile che mira a facilitare le acquisizioni proprie
di quella tappa. In sintesi, se il bambino parte da una situazione di svantaggio,
l’ambiente di cura può fornirgli gli strumenti adeguati al recupero, ostacolando
l’instaurarsi o lo stabilizzarsi di un deficit o di ritardo evolutivo. Queste ipotesi
teoriche sono confermate costantemente nella realtà degli interventi precoci verso
bambini particolarmente a rischio.
Vari studiosi hanno teorizzato sul modo in cui i bambini affrontano i compiti
evolutivi. Nel corso del tempo, si sono affermati modelli di sviluppo di vario tipo:
dal comportamentismo, all’approccio interattivo-costruzionista di Piaget o quello
storico-culturale di Vygotskij, sino ad arrivare al Cognitivismo con il suo modello
Connessionista ed alle più recenti Neuroscienze Cognitive.
Piaget è una figura portante in psicologia dello sviluppo. Egli cercò prima di
tutto di spiegare come si forma il nostro bagaglio concettuale, come acquisiamo cioè
concetti specifici, partendo da strutture cognitive innate e spurie; secondariamente,
indagò quali sono le risorse cognitive dominio-generali che ci permettono di
apprendere e che spiegano i cambiamenti di sviluppo: qui, entra in gioco la sua teoria
degli stadi (Carey, Zaitchik, & Bascandziev, 2015). Secondo la teoria piagetiana, i
bambini costruiscono la loro conoscenza, esplorando attivamente la realtà e
selezionandone gli elementi in sintonia con la loro organizzazione psicologica.
Secondo Piaget, quindi, il bambino sviluppa l’intelligenza attraverso la ricerca