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Introduzione
Fin dalla sua comparsa nel nostro Paese, la televisione ha catalizzato l’attenzione,
la curiosità, i timori degli esponenti del mondo politico. Da tecnologia dispensatrice di
immagini e strumento dalle enormi potenzialità nei termini di accesso di pubblico, la
televisione si rivela molto di più di questo: un dispositivo comunicativo consustanziale alle
logiche di potere e la causa, insieme al complesso del sistema dei media, di un’epocale e
profonda modificazione delle regole e dei modi della comunicazione politica.
La scena pubblica diventa mediatica e anche quando si ricorre a modelli più
tradizionali come il comizio oppure ci si affida ai nuovi media e alla rete, è quasi sempre la
televisione che raccoglie, seleziona, rielabora, combina secondo il proprio linguaggio e, in
ultima istanza, amplifica il discorso politico. Anche l’anomala campagna elettorale di
questo primo scorcio di 2013, che ha portato a conclusioni ancora più anomale e
sicuramente inedite per l’Italia, è stata definita da più parti come la campagna più
televisiva dell’era repubblicana. I fattori di un legame che pare inscindibile tra candidati e
studi tv sono molteplici: la possibilità di rivolgersi ad un vasto uditorio insieme a quella di
ottenere la maggiore visibilità possibile; ma anche l’occasione di massimizzare gli obiettivi
comunicativi a fronte di una spesa che è invece relativamente ridotta, così come la
possibilità di mettere in scena il confronto democratico utilizzando però le strategie del
coinvolgimento della sensibilità e dell’emozione.
Nel presente lavoro, però, non si analizzeranno tanto le motivazioni dei
partecipanti quanto piuttosto le modalità secondo le quali i cosiddetti talk show politici
articolano il discorso politico e lo adattano alle esigenze di spettacolarizzazione a cui
nemmeno una tv dell’informazione si può ormai sottrarre. La “piazza elettronica” si è
ormai imposta come un ambiente sociale e comunicativo a tutti gli effetti, governato da
regole proprie e che si esprime nella variazione continua di regimi conversazionali e
registri stilistici. Il discorso politico e quello televisivo trovano un terreno comune
nell’adozione di una comunicazione che vada oltre una logica dell’argomentazione e della
persuasione per adottare piuttosto una logica della seduzione e dell’emozione; una
comunicazione, perciò, attenta non solo all’approfondimento dei contenuti, ma anche e
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soprattutto alla costruzione dei personaggi e alla definizione delle identità e delle
rappresentazioni di tutti i soggetti coinvolti nel dispositivo enunciativo.
Il presente lavoro si propone come un esame della programmazione della
stagione televisiva attuale di programmi di approfondimento politico e socio-economico
realizzato secondo diversi livelli di analisi. Nel primo capitolo vengono utilizzati gli
strumenti dell’analisi della conversazione ordinaria applicati ai testi televisivi per riflettere
sul concetto di genere e su come le caratteristiche formali che definiscono e differenziano
il tipo di conversazione prevalentemente adottata producano certi effetti sul complesso
della trasmissione televisiva. Nel secondo capitolo ,invece, si procede ad uno studio più
approfondito di alcune puntate campione selezionate dal corpus, cercando di effettuare
un’analisi del cosiddetto “flusso”, cioè indagando le modalità concrete e le strategie
secondo cui le trasmissioni costruiscono le immagini, segmentano l’interazione,
esplicitano le norme del genere e i valori di fondo e proiettano le caratteristiche dello
spettatore modello. In altre parole, si tratta dei modi secondo cui ciascun programma
stringe il proprio patto comunicativo con il pubblico e lo esplicita nei fatti, riuscendo in
questa maniera a differenziarsi dai prodotti concorrenti e trova il proprio posto nel
sistema dell’informazione (o nel sistema dello spettacolo?). Infine, nel terzo capitolo si
raccolgono alcuni spunti dalla letteratura semiotica per vedere in che modo i modelli
astratti elaborati da Eric Landowski sono in grado di descrivere e di fornire spiegazioni
utili alla comprensione della relazione attuale tra discorso politico e linguaggio televisivo.
Si tenta infine una breve delineazione delle tendenze evolutive oppure delle resistenze al
cambiamento che sembrano caratterizzare il genere televisivo in esame, così come
appaiono emergere in seguito all’analisi, ma soprattutto così come sono interpretate e a
loro volta rielaborate nei discorsi sociali e nei testi che circolano nella semiosfera.
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CAPITOLO I
Il talk show nella programmazione attual e d ella tv generalist a
1. Il genere e il talk show
E’ possibile affermare che il genere sia stato la più fortunata “invenzione”
dell’industria culturale. L’incontro sul mercato di artisti e intellettuali con un vasto
pubblico ha comportato, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, la necessità di
espandere le capacità delle opere artistiche di piacere e interessare: se un maggior
numero di consumatori è in grado di “acquistare” cultura, allora essa deve il più possibile
soddisfarne i gusti e le aspettative.
Questo oggetto culturale deve allora essere facilmente riconoscibile ancora prima
della sua fruizione e deve essere in grado di generare fedeltà nel pubblico, ma soprattutto
deve sfruttare tutti i canali mediali disponibili per promuoversi ed emergere nell’ambito
di un’offerta sempre più massiccia e variegata, pena la difficoltà a sopravvivere nella
società moderna e soprattutto nell’attuale società dell’informazione.
L’etichetta di genere raggruppa prodotti culturali secondo alcune loro
caratteristiche pertinenti, ma offre anche uno schema teorico, che però non è da
considerarsi esaustivo, ma piuttosto regolativo, entro cui collocare e meglio definire un
prodotto. La distinzione può avvenire a diversi livelli perché coinvolge le proprietà dei
prodotti culturali sotto i profili della forma (linguaggio, tecnica, modalità di realizzazione),
del contenuto (narrazione, ambientazione, tematiche) e della funzione comunicativa (la
classica triade che riassume la missione della televisione pubblica: informare,
intrattenere, educare).
Il genere (letterario, cinematografico, televisivo, musicale, etc.) rappresenta allora
il crocevia tra le esigenze di creatori-autori, produttori-distributori e consumatori.
“… anche se sfuggenti e continuamente sottoposti a ridefinizioni e revisioni, i generi continuano a
essere una vera e propria bussola per il sistema dei media in generale e per la televisione in
particolare.” (Grignaffini 2004: 20-21).
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Tutti gli attori coinvolti negli scambi che avvengono nello spazio culturale trovano
quindi nel genere un terreno comune, un criterio per tracciare percorsi nell’ambito della
circolazione sociale dei testi così come una riserva di formule, immagini, personaggi cui
attingere per creare un prodotto che sia condivisibile e comprensibile. Per chi crea,
l’ideazione è più semplice e gli schemi a disposizione non rappresentano soltanto un
limite all’autorialità, ma possono anche rappresentare il fertile terreno per variazioni ed
ibridazioni, mentre per chi produce il margine di rischio è più contenuto, perché si può
fare affidamento su ricette già sottoposte al giudizio del pubblico. Per quanto riguarda
l’apparato distributivo, grazie alla grammatica dei generi esso riesce a meglio organizzare
l’offerta, la promozione, la definizione dei target di riferimento. Il pubblico, infine, riesce a
meglio orientarsi entro un’offerta sempre più abbondante, adattando i gusti individuali
alle modalità convenzionali secondo le quali l’industria struttura i prodotti culturali (cfr.
ibid.: 22-26).
I generi della televisione si sviluppano, sin dalle origini del medium, in stretta
continuità con i generi dei mezzi di comunicazione e delle forme di spettacolo che lo
precedono: la radio in primis, ma anche il teatro di prosa e di avanspettacolo e
soprattutto il cinema. I codici tratti da altri contesti vengono nel corso degli anni elaborati
come modelli espressivi autonomi propri della televisione.
La cadenza ad appuntamenti che caratterizza la struttura a palinsesto, ma anche
la serialità che diventa la cifra caratteristica della televisione per quanto riguarda
l’articolazione e l’elaborazione dei contenuti
1
, trovano un’adeguata forma di
esplicitazione proprio nella distinzione delle trasmissioni secondo generi facilmente
riconoscibili. In Italia è a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, periodo segnato
nell’ambito del sistema televisivo dalla riforma della Rai e dai primi esperimenti di tv
locali, che il genere diventa centrale dal punto di vista della programmazione e della
fruizione, poiché si assiste ad un ampliamento senza precedenti dell’offerta, dando l’avvio
ad una tendenza che si affermerà nel decennio successivo con la creazione di un duopolio
1
“Questo fenomeno, di un flusso programmato, è quindi forse la caratteristica che definisce la
radiodiffusione, allo stesso tempo, come tecnologia e come forma culturale.” (Williams 1974 tr.it.:
139)
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di fatto e cui ancora si assiste oggi con la diffusione della tv satellitare e come
conseguenza della transizione dalla tecnologia analogica a quella del digitale terrestre.
L’instaurarsi della concorrenza tra le reti e l’ampliarsi della proposta di programmi spinge
a privilegiare l’aspetto della serialità in tutti i tipi di trasmissioni per catalizzare
l’attenzione e fidelizzare settori specifici di pubblico a seconda della fascia oraria. La
televisione non è più rivolta ad un pubblico generalizzato ed omogeneo, bensì le reti
riconoscono e strutturano target determinati ed organizzano i loro palinsesti di
conseguenza.
Nell’orizzonte televisivo attuale la concorrenza si sposta ad un livello
internazionale e il genere diventa format, modello di programma televisivo codificato in
un prodotto standardizzato commercializzabile a livello globale. In quanto opera della
creatività di un singolo o di un gruppo di professionisti, il format ha il valore di proprietà
intellettuale, perciò gli autori hanno il diritto di vendere e tutelare il programma
2
. Questa
operazione si sperimenta in tutti i generi ma in particolar modo in quelli di
intrattenimento (fiction, game show, reality show, etc.). Lo schema formale fornito dagli
autori, dotato di una traccia sulle modalità di realizzazione del programma, i suoi obiettivi
e altre indicazioni sulla promozione e la collocazione (ibid.: 45), può a sua volta essere
ridefinito a seconda del contesto specifico in cui si realizza lo show e adattato alle
caratteristiche del pubblico a cui di volta in volta si rivolge, secondo un’operazione di
riformulazione e di traduzione dall’esterno all’interno che è tipicamente semiotica (cfr.
Lorusso 2010: 84).
L’espressione talk show nasce come etichetta di programmi afferenti
generalmente all’area dell’intrattenimento. Questa categoria di programmi si caratterizza
2
Sul sito della SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori il format viene così definito: “Per
Format s’intende l’opera dell’ingegno avente struttura originale ed esplicativa di uno spettacolo e
compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere rappresentata
in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o
di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli. Ai fini della tutela,
l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di
base, apparato scenico e personaggi fissi.” (online. Disponibile sul sito www.siae.it. Ultimo accesso
16 gennaio 2013).
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per la realizzazione in studio (registrata o in diretta) in cui è forte la componente di
simulazione della diretta così da costruire un rapporto che sia il più possibile immediato
con il pubblico televisivo, che viene spesso interpellato e coinvolto attraverso media
diversi (i “canali di ritorno” più utilizzati sono il telefono, le e-mail, ma anche i siti Internet
dei programmi o le loro pagine sui social network). Si caratterizzano perciò per una forte
definizione del quadro spazio-temporale, nonché per la netta distinzione di ruoli
all’interno del quadro partecipativo (conduttore, ospiti, pubblico-uditori), il quale può
essere più o meno ricco e variegato. La componente di intrattenimento è dovuta ai
contenuti che hanno la funzione di divertire il pubblico e possono essere ottenuti
attraverso una grande varietà di mezzi espressivi, come performance di spettacolo
derivanti dalla realtà extratelevisiva (musica, sketch comici, danza, giochi) oppure
situazioni di vita reale o simulata appositamente costruite per creare spettacolo (talk
show, reality show, cooking show, talent show e altri format di provenienza soprattutto
anglosassone). A partire da queste caratteristiche di base, questo genere di programmi si
distingue perciò da altri prodotti generalmente di intrattenimento, come ad esempio la
fiction nei suoi diversi formati: quest’ultima, infatti, si qualifica per la sua natura
essenzialmente narrativa e per il fatto di creare un mondo chiuso e definito nelle sue
proprietà da una sceneggiatura solitamente puntuale, popolato da personaggi e quasi
sempre retto da un principio di verosimiglianza.
All’interno dell’ampio settore dei programmi di intrattenimento, il talk show
definisce tutte quelle trasmissioni incentrate nella loro totalità o solo in alcuni segmenti
sulla conversazione, quindi sull’approfondimento di temi o la conoscenza di persone e
personaggi tramite la parola nelle diverse modalità dell’interazione intersoggettiva. Oltre
alla struttura e al tipo di interazione che si instaura (vedi paragrafo successivo), i talk
show si diversificano per i contenuti trattati: così a fianco di programmi che affrontano
argomenti di tipo generale e molteplice, come ad esempio La vita in diretta
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o Pomeriggio
Cinque, ve ne sono altri che scandagliano tematiche più specifiche, dallo sport (Quelli che
il calcio, Stadio Sprint, 90° minuto, laddove il primo però inserisce elementi di varietà e
intrattenimento tra i commenti più specificamente calcistici, che risultano alla fine quasi
un pretesto per parlare in realtà di altro) alla politica (Ballarò, Servizio Pubblico, Otto e
Mezzo), dalla salute (Elisir) alla religione (A sua immagine, Le frontiere dello spirito).
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Per la collocazione di rete e di orario cfr. Tabella 2 e tabella 2.1
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Una categoria a parte è costituita dai talk show a carattere informativo, che
ibridano elementi di intrattenimento con altri di approfondimento dell’attualità. La parola
mantiene la sua funzione centrale in questo tipo di programmi, ma assume la precisa
funzione comunicativa di informare, cioè di ampliare la competenza cognitiva dei
telespettatori a proposito della realtà sociale in cui sono inseriti. D’altro canto, poiché il
confine tra i due macrogeneri dell’informazione e dell’intrattenimento è molto labile,
questi programmi non esitano ad adottare formule spettacolari per coinvolgere in
maggior misura il pubblico.
2. I presupposti e il campo della ricerca
Per quanto riguarda i talk show politici di cui si discute in questa sede, ne esistono
numerose varianti, che però si caratterizzano tutte, come appena sostenuto, per la
maggiore centralità di cui sono investiti i contenuti informativi: ciò detto, dipende
dall’impostazione data alla conversazione dalla struttura del programma e dal suo
garante, il conduttore, se il dibattito dei partecipanti su posizioni inconciliabili prende il
sopravvento, rendendo lo scambio comunicativo più simile a quello più generico o
esasperato e comunque sempre interno alle finalità dei partecipanti che si osserva nei
talk show generalisti, o se invece rimane maggiormente tangente rispetto alla traccia
prestabilita, deviando così di meno dalle questioni oggetto della “scaletta”.
In ogni caso, l’oggetto specifico di cui trattano fa sì che questi programmi si
allontanino dall’area dei programmi di intrattenimento per sconfinare nella maggior parte
dei casi nel genere dell’informazione, ma anche in quello culturale-educativo (Grignaffini
2004: 103). Poiché l’informazione si assume come funzione sociale propria quella di
selezionare i fatti rilevanti che accadono nel mondo esterno per farli conoscere allo
spettatore, il tono di questi programmi, così come il loro atteggiamento nei confronti del
pubblico, è tendenzialmente serio e gli effetti comunicativi ricercati sono la verità, il
dinamismo, ma anche la prontezza con cui affrontano e dibattono le questioni che
occupano i titoli di quotidiani e telegiornali assieme ai protagonisti stessi di quei fatti. Il
fatto poi che quasi la totalità dei talk show politici hanno come loro conduttore un
giornalista, con il quale il programma viene pressoché ad identificarsi, costituisce
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un’ulteriore garanzia di credibilità a quanto in quella sede viene discusso, affermato,
annunciato. La contaminazione, cui si assiste in Italia a partire dai primi anni Ottanta
quando politici e campagne elettorali approdano nei salotti della tv
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e non soltanto più
nella sobria e sostenuta Tribuna Politica in onda sulla Rai fin dagli anni Sessanta, tra i
modelli di comunicazione realizzati dal talk show e la decisa prerogativa conferita agli
elementi giornalistici ed informativi ha creato così un tipo di programmi dal carattere
coinvolgente e dallo stile molto riconoscibile: la conversazione intimistica e la cosa
pubblica convergono a creare un fenomeno in cui sfumano i confini semantici tra
audience ed elettorato e del quale né la politica né la televisione sembrano più poterne
fare a meno. Da quel momento in poi al politico viene richiesto, ed egli stesso non può più
esimersi, di esprimersi in modo diverso e di ampliare oltre i confini degli obiettivi più
strettamente politici il suo lessico, il suo stile e la sua apparenza.
La tipologia e l’analisi della programmazione di talk show proposta da Pezzini
assume come proprio criterio di riferimento la conversazione ordinaria (Pezzini 1999: 31-
36) e quindi il confronto tra quest’ultima, caratterizzata da un grado maggiore o minore di
spontaneità e, in ogni caso, dall’impossibilità di essere totalmente predeterminata e
prevedibile, e lo “spettacolo della parola”, che in quanto programma televisivo si
caratterizza per la sua natura necessariamente mediale (oltre che mediata), simulata e
soggetta a vincoli testuali precedenti la sua messa in onda (scrittura, scenografia, regia,
etc.).
L’autrice rileva come, nonostante queste differenze strutturali, la mimesi o la
simulazione della spontaneità della conversazione ordinaria sia una delle maggiori finalità
e il tratto principale dei programmi basati sulla parola e il dialogo. La spettacolarità, e
quindi il loro essere più o meno esplicitamente costruiti per un pubblico extratelevisivo
che per sua stessa natura non può partecipare all’interazione messa in scena, comporta
però, in secondo luogo, la necessità di stabilire delle regolarità e di lavorare su questi
elementi di riconoscimento (il genere appunto) che fanno riferimento o rielaborano la
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La prima significativa apparizione di un politico in un salotto televisivo, quindi al di fuori della
controllata cornice dedicata alla tribuna politica, è la partecipazione nel 1976 di Giulio Andreotti,
allora Presidente del Consiglio, a Bontà Loro, condotto da Maurizio Costanzo su Raidue, che tra
l’altro è considerato il primo esperimento di talk show della televisione italiana. (Novelli 2005: 251)
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competenza comunicativa dei partecipanti all’interazione conversazionale e soprattutto
del pubblico, che ne è il vero destinatario finale.
Partendo da queste premesse, Pezzini elabora una griglia di analisi che tiene
conto dei seguenti elementi strutturali e delle rispettive variazioni, in base ai quali ritiene
possibile determinare una tipologia più specifica dei programmi televisivi che vengono
fatti rientrare nella vasta categoria di genere del talk show.
Alcuni dei caratteri, afferenti in particolar modo al piano dell’espressione, che la
scheda di analisi (Tabella 1, tratto da Pezzini 1999: 171-172) mette in evidenza sono i
seguenti:
Tipo di testualità: è il numero dei partecipanti insieme alla simmetria o
dissimmetria dello scambio comunicativo a definire il tipo di conversazione
come monologo (o interpellazione), dialogo o polilogo. Inoltre la struttura di un
programma può essere fortemente omogenea per argomento, partecipanti,
durata oppure eterogenea e modulare con diverse rubriche, più partecipanti e
interventi, inserti testuali di altro tipo: è la scelta tra le variabili possibili a
definire il modello dell’interazione, l’effetto comunicativo che si vuole suscitare
e, in fondo, la “personalità” del programma.
Quadro spazio-temporale: è uno degli elementi dell’ambiente extralinguistico,
ma è in grado di determinare in base alle sue caratteristiche le modalità e gli
esiti dello scambio comunicativo. Per quanto riguarda lo spazio, bisogna
prendere in considerazione le sue caratteristiche fisiche, cioè l’allestimento
scenografico, ma anche la disposizione e la distanza tra i partecipanti, nonché le
regole di comportamento che un certo luogo suggerisce a coloro che vi
interagiscono. Per quanto concerne il tempo, bisogna distinguere tra quello
dedicato ai saluti e alle presentazioni e quello dedicato alla conversazione vera e
propria, esaminare la scansione e la durata degli scambi tra i partecipanti e il
ritmo degli eventuali moduli o rubriche di cui si compone il programma. Spazio e
tempo vanno considerati anche secondo una logica esterna, quella
dell’enunciato, oltre a quella interna dell’enunciazione: ciò significa considerare
il programma in quanto tale e, quindi, la sua collocazione di rete, di palinsesto,
di fascia oraria e la sua relazione con la controprogrammazione, così come la
sua distinzione in moduli e il rapporto con le inserzioni pubblicitarie (frequenza
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e durata).
Quadro partecipativo: anch’esso fa parte del contesto extracomunicativo che fa
da cornice alla comunicazione vera e propria. In questo caso, bisogna
individuare quanti e chi sono i partecipanti all’interazione e per ciascuno
bisogna delineare le caratteristiche fisiche-estetiche, professionali, sociali e
psicologiche, ma soprattutto bisogna riconoscere quale è la relazione
sussistente tra di essi (conoscenza o legame, affinità o confronto, etc.). Una
distinzione importante sotto questo punto di vista è quella prodotta dal diverso
ruolo dei partecipanti. In generale all’interno di un talk show è facile distinguere
tre ruoli principali: gli ospiti, il conduttore (che può essere affiancato da
eventuali co-conduttori) e il pubblico (simulacro dell’audience televisiva, che
però non sempre è presente in studio o in scena). L’attribuzione dei ruoli
determina inoltre una eterogenea distribuzione del diritto di parola. E’ il
possesso del microfono che tipicamente indica quale sia il ruolo dei diversi
attori: il conduttore può parlare quando vuole e ha il potere di interpellare
chiunque, introdurre o cambiare argomento e controllare le modalità degli
scambi e i turni di parola; anche gli ospiti principali possono intervenire sempre,
ma sono, almeno teoricamente, discorsivamente vincolati dalle domande e dalle
sollecitazioni del conduttore; esperti, inviati e co-conduttori hanno solitamente
un modulo ben definito del programma a loro disposizione (“Passiamo la linea
a…”); infine il pubblico può intervenire ed interagire con gli attori principali,
nelle trasmissioni in cui ciò è previsto, solo quando riceve il microfono e solo per
un tempo solitamente limitato. A sua volta lo statuto dei partecipanti-ospiti può
modificare la natura e i contenuti dell’interazione: si possono avere perciò
personaggi pubblici, protagonisti principali di interviste; esperti o opinionisti, al
centro perlopiù di dibattiti, e persone comuni, presenti all’interno di programmi
di discussione o denuncia.
Tono o stile: i contenuti trattati insieme alle scelte degli autori e del conduttore
fanno sì che ogni interazione possa essere collocata su di una scala che va dallo
scambio più formale (solennità, professionalità, affettazione etc.) a quello più
informale (confidenzialità, familiarità, intimità, etc.). Ad ogni livello poi
l’interazione può essere gestita o costruirsi secondo uno stile differente (serietà,