Un' introduzione : La semiotica ...
Questa tesi nasce sotto il segno dell' indeterminatezza, un' indeterminatezza
che fin dal titolo vuol essere cifra formale e sostanziale riferita alle molteplici,
possibili trattazioni del nostro argomento.
Cercheremo, quindi, di delineare i tratti distintivi di "una semiotica della
bugia", da uno dei, potenzialmente illimitati, punti di vista dai quali mettere a
fuoco il macrocosmo della comunicazione menzognera.
Il punto di vista al quale ci riferiamo è quello della semiotica.
Ma la scelta di una prospettiva, come sopra, non risolve tutte le questioni e
non limita in modo netto il campo di indagine.
L'indeterminatezza di cui parliamo si riferisce, in primo luogo, anche alla
difficoltà di definire lo smisurato ambito di studi che chiamiamo "semiotica".
Non riteniamo opportuno, in questa sede, dar spazio ad una disamina
completa sull'argomento, ma siamo nella necessità di chiarire e semplificare
cosa intendiamo con il termine semiotica nei limiti di questo lavoro.
Traini
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ci conduce nella classica bipartizione tra l'impostazione strutturale
facente capo a Sassure (Semiologia) e quella interpretativa tenuta a battesimo
da Peirce (Semiotica).
La distinzione, almeno per quello che concerne gli esordi di questa disciplina,
sta nel fatto che mentre la semiologia si propone di studiare i segni arbitrari
analoghi a quelli della lingua e analizzabili sempre in significanti e significati, la
semiotica si occupa di tutti i segni, anche quelli naturali e quelli non prodotti per
significare, allargando il campo semantico e sbilanciando la prospettiva dal lato
del ricevente che può interpretare qualsiasi segno come segno di qualcos' altro.
1 Traini 2006.
2 illuminante a tal proposito per sintesi e completezza la definizione del Dizionario di linguistica
diretto da Gian Luigi Beccaria 1994.
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La strada interpretativa ci sembra più idonea e soprattutto funzionale al
nostro scopo ma non per questo rinunceremo, talvolta, ad uno scorcio di tipo
strutturalista soprattutto per quanto concerne la costruzione del testo e ad
invadere il campo del decostruzionismo con l'intento chiarire i termini della
polemica con la teoria della cooperazione interpretativa di Eco.
Proprio con l'aiuto di Eco
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porremo particolare attenzione inoltre al processo
di comunicazione il cui indispensabile sottinteso è un sistema di significazione
che permetta al segnale di non fungere come mero stimolo ma di provocare una
risposta interpretativa.
E questo processo di significazione ha come condizione indispensabile
l'esistenza di un CODICE (inteso come regola che unisce un S-CODICE ad un
altro S-CODICE secondo quella che è la distinzione esaminata nelle pagine del
Trattato di Semiotica Generale).
La scelta di un approccio prevalentemente interpretativo ci porta fin da
subito a definire un altro concetto che ricorrerà più volte nell'ambito del nostro
discorso: il TESTO.
Gianfranco Marrone
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, in un recentissimo lavoro, mutua, integrandola e
completandola, la definizione di testo che offre Wikipedia aprendo le porte del
tempio epistemologico all'enciclopedia pop per antonomasia:
«Testo, dal latino textus (con significato originario di tessuto o trama), è un
insieme di parole, correlate tra loro per costituire un'unità logico-concettuale.
Con il termine “testo” si può anche indicare un insieme di segni quali: gesti,
espressioni facciali, modi di esprimersi; in un certo senso è possibile definire il
3 Eco 1975.
4 Marrone 2010.
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testo come un qualsiasi mezzo di comunicazione. (...)»
Pur nel riconoscimento di una supremazia verbale, assumeremo il significato
piu' ampio possibile di testo riconoscendo questo status a qualsiasi porzione di
mondo accessibile ai sensi, possa essere utilizzato per comunicare, compreso
il silenzio o l'assenza di segno.
Per fare un esempio utilizzeremo la parola testo sia per riferirci al
Decameron che al Cavallo di Troia (inteso come manufatto in legno a forma di
cavallo, costruito per mentire).
Se, esemplificando, due amanti (pensiamo ad esempio ad “Un amore
splendido” interpretato da Cary Grant e Deborah Kerr e al loro randevu infelice
sull' Empire State Building) si danno appuntamento per fuggire insieme e uno
dei due non si presenta all'incontro fissato, quell'assenza può essere di fatto
considerata come un testo che implica un'interpretazione da parte dell' amante
presente: maturerà, forse, la convinzione che l' altro ha cambiato idea.
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Quindi, affinchè si possa parlare di semiosi e quindi di interpretazione l'unica
condizione essenziale è che "ci sia un interprete che decide di attribuire dei
contenuti a una certa porzione del mondo sensibile (ossia a un fenomeno
accessibile ai sensi) la quale può essere considerata alla stregua di un testo".
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Nella nostra analisi daremo per scontata la "decisione" di comunicare in
mancanza della quale ci troveremmo davanti a fenomeni di enorme interesse
ma non pertinenti all'ambito scelto.
La semiotica a cui ci riferiamo è dunque una scienza, non esatta, che
5 Marrone 2010 (riferendosi al principio della negoziazione afferma che non esistono testi con
una loro conformazione privilegiata facendo oscillare la definizione da un piccolo segno ad
un'intera strategia per veicolare un brand.Infatti " (…) quello che è importante affinchè ci sia
significazione non è la scelta della materia che si adopera (sonorità, virtualità etc.) né la scelta
delle tematiche da comunicare, ma la relazione fra le due cose."
6 Pisanty- Pellerey 2004.
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teorizza modelli riguardanti il testo e il relativo uso che un emittente e un
ricevente ne fanno.
Questo uso è sempre frutto di un negoziato che assume le fattezze di una
cooperazione, sia essa intenzionale o passiva.
Vedremo in quali e in quanti diversi modi la cooperazione di cui abbiamo
accennato si può manifestare nel momento in cui ci si pone davanti al problema
della costruzione di senso testuale al fine di chiarirne meglio la natura e
l'importanza nell'ambito del processo di semiosi menzognera.
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Un'altra introduzione: ...la bugia
Utilizzando gli strumenti propri di una semiotica come sopra definita, cosa
intendiamo quindi con il termine bugia?
La bugia si presta per sua natura ad un' indagine interdisciplinare: la bugia è
nell'arte figurativa (basti pensare ai quadri di Magritte o al trompe-l'oeil), è nella
giurisprudenza (la falsa testimonianza è pane quotidiano di ogni Pubblico
Ministero), è nella psicologia (dove puo' assumere valenze di vera e propria
patologia), è nel marketing come canale di diffusione dei valori di un brand, è
nella sociologia come fatto consustanziato alla costruzione di valore dell' “io” e
del “tu. L'elenco potrebbe essere sicuramente molto più esteso.
Per iniziare un'indagine semiotica della bugia ci sembra di particolare
interesse citare la celeberrima affermazione di Umberto Eco nel Trattato di
Semiotica Generale.
7
Nel definire la semiotica e nel delimitare il campo di indagine Eco parla “di
una disciplina che studia l'insieme della cultura" e che spesso "può dare
l'impressione di una arrogante imperialismo".
"La semiotica - secondo Eco - ha a che fare con qualsiasi cosa possa essere
ASSUNTA come segno. È segno ogni cosa che possa essere assunto come un
sostituto significante di qualcosa d'altro. Questo qualcosa d'altro non deve
necessariamente esistere, né deve sussistere di fatto nel momento in cui il
segno sta in luogo di esso. In tal senso la semiotica, in principio, è la disciplina
che studia tutto ciò che può essere usato per mentire.
Se qualcosa non può essere usato per mentire, allora non può essere usato
per dire la verità: di fatto non può essere usato per dire nulla.
7 Eco 1975, p. 17.
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La definizione di “teoria della menzogna” potrebbe rappresentare un
programma soddisfacente per una semiotica generale”.
Parleremo di bugia in questi termini riferendoci proprio a quel "tutto" che può
essere usato per mentire, allargando quindi la prospettiva all'intero campo della
comunicazione menzognera (o, per mutuare un lessico proprio della Psicologia
della comunicazione, si potrà più correttamente parlare di discomunicazione).
Ci sembra di fondamentale importanza quanto appena riportato alla luce del
fatto che cercheremo di liberare questo lavoro dall'ingombrante presenza di un
indesiderato convitato di pietra: la morale.
Vogliamo parlare di bugia cercando di evitare la storica stigmatizzazione di
questo concetto, il retaggio atavico che ci porta automaticamente ad
identificare la bugia negativamente, in una sorta di ectoplasmatico raffronto con
l'antitetico polo di valore: la verità/bene.
La morale e l'etica compaiono sistematicamente nella maggior parte dei
lavori sull' argomento.
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Non ci sembra opportuno indicare che la filigrana di un'impostazione etica
(sia in senso religioso che laico) può sottoporre un'analisi come questa al rischio
dell' errore o della ridondanza.
D'altra parte la definizione di maggior successo (il vero must definitorio della
bugia) è di un Santo: Agostino.
Martone
9
, per citare un autore fra i tanti, riporta la definizione agostiniana
incentrata sulla disposizione d'anima come conditio sine qua non per parlare di
8 Alcuni esempi: Weinrich 1976, nel saggio Linguistica della menzogna associa più volte la
menzogna alla figura di Hitler con vibranti parole di risentimento; Luigi Anolli 2003 afferma che
nonostante la tendenza alla verità, la menzogna risulta essere un "male endemico", qualche
pagina più tardi userà la definizione di "giochi sporchi".
9 Martone 1990.
9
bugia. Riportiamo la definizione proprio nella traduzione di Martone:
«[...] Il mentitore ha dunque un doppio proposito, cioè un duplice pensiero:
uno di ciò che sa o ritiene vero ma che non esprime; ed un altro pensiero che
esprime in luogo di quello, sapendolo o ritenendolo falso. Così che, pur dicendo
il falso, non si mente necessariamente, se si afferma ciò in cui si crede; si
mente invece quando, pur affermando qualcosa di vero lo si ritenga falso e lo si
enunci come vero.
Solo la disposizione d'animo, e non la verità o la falsità delle cose in se
stesse, può far decidere se qualcuno menta o no [...]
Ripetiamo dunque che mente non chi enunci qualcosa che non sa che è
falso, ma che anzi ritiene vero; bensì chi, pur dicendo qualcosa di vero, lo dice
perché lo ritiene falso"».
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Sono innegabilmente tantissimi gli aspetti importanti e illuminanti di questa
definizione, ma a nostro parere si tratta sempre e comunque di una bugia
stigmatizzata fortemente .
Noi cercheremo di dimostrare che la bugia è un testo la cui funzionalità è
sottoposta ad una collaborazione che si stabilisce, inevitabilmente e con diverse
gradazioni di intenzionalità, tra gli attori dell'atto comunicativo e tenteremo di
evidenziare come alla luce del fenomeno di interazione tra i modi di produzione
di questo testo e la cooperazione del ricevente sia possibile ampliare il campo
definitorio "classicamente" circoscritto della bugia, presupponendo che
esistano meccanismi semiotici comuni per la bugia come per la finzione
(anche nel senso di rappresentazione artistica) e l'ironia, e cercheremo di
10 Agostino 1948 a, 242,244,246 " [...] Unde enim duplex cor dicitur esse mentientis , id est,
duplex cogitatio: una rei huius quam veram esse scit vel putat et non profert, altera eius rei
quam pro ista profert sciens falsam esse vel putans [...] Iam enim diximus eunon mentiri si hoc
putat verum eumque potius mentiri qui etiam verum enuntiat cum falsum putat."
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portare una critica alle classiche tassonomie che organizzano la comunicazione
menzognera in classi aventi un minimo comune multiplo dislocato nell' ambito
della morale.
Nel corso della trattazione utilizzeremo per dimostrare le nostre tesi, alcuni
testi letterari che ci sono apparsi particolarmente significativi ed utili alla nostra
"causa".
Siamo consapevoli che questa scelta, come altre che nel corso della
redazione di queste pagine ci siamo trovati ad effettuare, è arbitraria.
Molti sarebbero potuti essere i possibili percorsi da seguire e ancora di più i
testi da esaminare. Ma l'indeterminatezza resta la cifra concettuale di un lavoro
che ha l'unica pretesa di restare opera aperta e di farsi compiutamente solo
nella volontà di chi vorrà, cooperando, colmare con maggior spiegamento di
mezzi, gli inevitabili spazi bianchi che l'intentio auctoris ha inevitabilmente
disseminato nel testo.
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