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prospettiva cognitivo-evolutiva, dalla Social Learning Theoy e dalla teoria
psicoanalitica. Inoltre viene fatto un riferimento alla Teoria del mondo giusto e viene
presentato il filone della Justice Psychology.
Il secondo capitolo contiene una rassegna di alcuni studi che hanno indagato il senso
di ingiustizia. Le ricerche sono suddivise in base all ambito in cui sono state
condotte: lavorativo, economico, della salute, famigliare e scolastico. ¨ stato inserito
anche uno studio descrittivo sulla commonsense justice, ovvero ci che la gente
comune pensa che sia giusto e corretto.
Il terzo capitolo collega la parte teorica della ricerca a quella sperimentale, definendo
l inquadramento teorico e gli strumenti di indagine. Si chiariscono le motivazioni che
hanno spinto a scegliere l approccio della ricerca qualitativa, in particolare la
Grounded Theory, e vengono descritti il metodo dei focus group, utilizzato per
raccogliere i dati, ed il software Atlas.ti, con cui Ł stata fatta l analisi.
Nel quarto capitolo Ł definito nei dettagli l obiettivo della ricerca e vengono
presentate la composizione del campione e le procedure di raccolta e di analisi dei
dati.
Il quinto capitolo Ł dedicato interamente all esposizione dei risultati, prestando
particolare attenzione ai codici ottenuti in seguito al lavoro di codifica, alle famiglie
in cui sono stati organizzati e alle relazioni tra codici.
Con il sesto capitolo, infine, viene proposto un modello teorico sul senso di
ingiustizia da verificare in futuro. Questo capitolo ha anche lo scopo di fare una
rapida riflessione sul lavoro svolto e sui possibili sviluppi futuri.
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Sebbene questa ricerca si concluda con un ipotesi di cui non Ł ancora stata
dimostrata la validit , si ritiene comunque che il materiale raccolto possa essere utile
a fornire un contributo verso la definizione psicologica del senso di ingiustizia e che
quanto detto possa fornire degli spunti di riflessione stimolanti per le ricerche future.
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CAPITOLO PRIMO
QUADRO INTRODUTTIVO SULLA GIUSTIZIA
1.1 Definizione di giustizia
Per poter parlare di senso di ingiustizia Ł prima necessario cercare di dare una
definizione di un concetto ad esso strettamente collegato anche se opposto,
quello di giustizia.
Sebbene la parola giustizia racchiuda molteplici significati e riguardi
numerosi ambiti, un primo modo per definirla potrebbe essere la qualit di
trattare le persone equamente o in un modo che sia ragionevole.
La giustizia Ł una delle chiavi principali del comportamento umano, delle
relazioni sociali e dell organizzazione della societ . Si sono interessate alla
giustizia non solo le scienze giuridiche, ma anche la filosofia, la religione,
l economia.
Per Aristotele la giustizia rappresenta il giusto mezzo tra un eccesso e un
difetto, tra il troppo e il troppo poco. I filosofi empiristi adottano una concezione
razionalistica della giustizia, fondata su considerazioni di utilit e di convivenza
sociale. In seguito alla nascita della societ , si rendono necessarie norme di
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giustizia che garantiscano l esistenza individuale e la vita in comune. Kant
(1788) ed Hegel (1820) hanno una concezione idealistica e metafisica della
giustizia, che viene superata dai positivisti, secondo cui la giustizia Ł il risultato
dell adattamento biologico e sociale. Infine, John Rawls (1971), filosofo
contemporaneo, sostiene che uno dei diritti dovuti agli individui in virtø della
loro umanit Ł il diritto ad essere trattati in un modo che favorisca un positivo
rispetto di sØ. Egli porta avanti una concezione di giustizia secondo cui tutti i
beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale; una
distribuzione ineguale pu esserci solo se avvantag gia i piø svantaggiati.
Anche in molte religioni si incontra il concetto di giustizia. Nella mitologia Ł
rappresentata da Dike o Astrea, colei che indica, custode delle leggi e protettrice
dei tribunali. Nella religione cristiana si parla di giustizia divina per indicare la
volont di Dio. L unica legge da seguire Ł quella d i Dio, in quanto quella degli
uomini Ł imperfetta e non sufficiente. Nel Vangelo di Giovanni (16, 10; versione
CEI del 1974) il mondo non trova la giustizia in se stesso e nemmeno nel piø
degno degli uomini: ma la giustizia proviene dal Padre e si trova presso di Lui.
La giustizia viene anche considerata una virtø morale, rappresentata da
un allegoria, per la quale si osserva in sØ e negli altri il dovere e il diritto.
Infine, Ł possibile parlare di giustizia sociale, intesa come l esigenza di
sopprimere la povert , le disuguaglianze, lo sfrutt amento e l oppressione tramite
un programma politico e riforme particolari dell economia e della societ . Rawls
(1971) sostiene che la giustizia Ł la prima virtø delle istituzioni sociali.
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In conclusione, sarebbe possibile affermare che ogni societ , ogni religione e
persino ogni uomo abbia una sua particolare concezione di giustizia e, di
conseguenza, di ingiustizia. Sebbene i modi per definire la giustizia e
l ingiustizia siano potenzialmente infiniti, Ł tuttavia possibile individuare dei
parametri e delle categorie comuni, che vadano al di l delle singole esperienze
personali.
1.2 Giustizia in psicologia
Sebbene si possa parlare di justice psychology solo in anni molto recenti, Ł
possibile affermare che il tema della giustizia Ł presente in numerose teorie in
ambito psicologico. Anche se molti autori non fanno nessun riferimento esplicito
al senso di ingiustizia, questo viene richiamato da concetti come sviluppo
morale, punizione o senso di colpa.
¨ possibile tracciare una rapida analisi di alcune teorie psicologiche che si sono
occupate del tema della giustizia, anche se non sempre in modo diretto e
prioritario.
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1.2.1 La prospettiva cognitivo-evolutiva
Jean Piaget
All interno della prospettiva cognitivo-evolutiva, si colloca la teoria dello
sviluppo morale di Jean Piaget (1896-1980). Egli si interessa soprattutto alla
formazione del giudizio morale nei bambini rispetto ai sentimenti morali e alla
messa in atto di comportamenti morali. Nel suo libro Il giudizio morale nel
fanciullo (1932) Piaget analizza la concezione delle regole del gioco che hanno
i bambini di diverse et , ipotizza l esistenza di d ue tipi di moralit e parla di
come la cooperazione tra bambini influenzi lo sviluppo della nozione di
giustizia.
Strumento fondamentale delle indagini di Piaget Ł il metodo clinico, che
consiste nel porre domande ai bambini relative a questioni morali sia chiedendo
un opinione su esperienze comuni e quotidiane (ad esempio dire una bugia) sia
raccontando delle storie e chiedendo di valutare il comportamento dei
personaggi.
Piaget ha una concezione stadiale dello sviluppo del fanciullo che trasferisce
anche allo sviluppo del pensiero morale. Egli individua tre fasi di acquisizione
delle norme: la prima Ł detta anomia morale (0-3 anni) e consiste nell assenza
delle regole, in quanto il bambino non ne Ł ancora consapevole; la seconda fase
Ł l eteronomia morale o morale della costrizione (4-8 anni) durante la quale il
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bambino inizia a rispettare le regole, ma solo perchØ queste sono dettate
dall adulto e sono concepite come fisse e immutabili; la terza fase, infine, viene
definita autonomia morale (dagli 8 anni in poi) proprio perchØ il bambino
obbedisce alle regole per rispetto delle aspettative e del benessere altrui ed Ł
consapevole che le regole sono flessibili e dovute al consenso reciproco.
Il raggiungimento dell ultimo stadio di acquisizione delle norme Ł dato, oltre
che dall accesso al pensiero astratto, anche dalla cooperazione con gli adulti e
con il gruppo dei pari. Se il bambino infatti vive con i fratelli e con i compagni
una vita sociale che favorisce i suoi bisogni di cooperazione, questo promuover
una morale fondata sulla reciprocit piuttosto che sull obbedienza.
Infine, si possono menzionare le due forme di moralit individuate da Piaget:
il realismo morale e il relativismo morale. Durante il realismo morale, che
prevale fino agli 8 anni, le norme sono rigide e immutabili e la loro validit Ł
determinata dall autorit di chi le emana e dalla s ua capacit di farle rispettare
con adeguate sanzioni. Con il relativismo morale, invece, le norme diventano
modificabili e fondate e mantenute dal consenso reciproco, l intenzionalit e il
contesto assumono maggiore importanza nella valutazione.
La teoria di Piaget Ł stata criticata per l universalit delle tappe dello sviluppo
morale e perchØ tiene poco conto di come il contesto socio-culturale influenzi i
modi e i tempi in cui le diverse nozioni di moralit si sviluppano e concorrono a
determinare il giudizio morale.
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Lawrence Kohlberg
All interno della prospettiva cognitivo-evolutiva vi Ł un altro autore che ha
dato un grande contributo allo studio dello sviluppo del giudizio morale:
Lawrence Kohlberg (1927-1987).
Nei suoi numerosi saggi, egli mantiene la concezione stadiale dello sviluppo
proposta da Piaget e pone un parallelismo tra gli stadi dello sviluppo intellettivo
e quelli dello sviluppo del giudizio morale.
Il metodo di indagine utilizzato da Kohlberg Ł quello dei dilemmi morali,
famoso Il dilemma di Heinz , che consiste nel raccontare una storia e nel
chiedere cosa dovrebbe fare il protagonista. Si analizzano sia la struttura delle
risposte (il modo in cui il soggetto ragiona sulle scelte fatte e le giustifica) sia il
loro contenuto (il giudizio su come dovrebbe comportarsi il protagonista).
Kohlberg individua tre livelli di giudizio morale ognuno diviso in due stadi. Il
primo livello Ł detto preconvenzionale ed Ł il livello della maggior parte dei
bambini sotto i nove anni, di alcuni adolescenti e di molti criminali; il primo
stadio in cui Ł suddiviso presenta un orientamento premio/punizione, che
consiste nel cercare di non infrangere le regole per evitare una punizione, mentre
durante il secondo stadio si ha un orientamento individualistico e strumentale
con la consapevolezza che ognuno ha i propri interessi e ci che Ł giusto o
sbagliato diventa piø relativo.
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Il secondo livello Ł chiamato convenzionale e di questo fanno parte la maggior
parte degli adolescenti e degli adulti. Si suddivide in un primo stadio in cui
prevale l orientamento del bravo ragazzo , dove il rispetto delle norme Ł
fondamentale, e in un secondo stadio caratterizzato dall orientamento al
mantenimento dell autorit e dell ordine sociale, i n cui si Ł consapevoli che le
norme morali sono legate al proprio ruolo nella societ e che vanno rispettate in
quanto garantiscono l ordine sociale.
L ultimo livello Ł denominato post-convenzionale ed Ł raggiunto da una
minoranza di adulti, solitamente dopo i venti anni. Durante il primo stadio Ł
presente l orientamento del contratto sociale, in cui vi Ł la consapevolezza della
relativit delle norme, che sono create e modificab ili in base ad una sorta di
contratto sociale; l ultimo stadio, invece, Ł caratterizzato da un orientamento
della coscienza e dei principi universali durante il quale le poche persone che lo
raggiungono si impegnano personalmente a favore di principi etici universali,
che possono non essere scritti nelle leggi e dei quali ognuno risponde alla
propria coscienza.
Un osservazione molto importante Ł che le proprie convinzioni morali non
vengono sempre attualizzate nel comportamento. Possono verificarsi situazioni
di conflitto tra giudizio morale ed interesse personale, in questi casi vengono
attuati dei compromessi sulla base di una personale valutazione delle
circostanze, ad esempio i bambini possono essere convinti che non Ł giusto dire
bugie, ma lo fanno quando si trovano nella situazione di voler evitare un castigo.