Capitolo 1. La Massa
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pubblici, le audience della comunicazione di massa).
La psicologia collettiva considera le influenze esercitate su un individuo da parte di
un gran numero di persone che individualmente possono essere estranee.
L'individuo, esposto a tali influenze (incorporato in un'entità collettiva), può subire
una modificazione radicale del proprio comportamento.
Secondo la psicologia collettiva l’individuo, quando si trova insieme ad altri, perde
le caratteristiche di controllo su se stesso, la razionalità, l’autonomia, che
normalmente lo definiscono, e tende ad imitare il comportamento di chi gli sta
accanto senza riflettere su ciò che fa: in questo modo, è pronto a commettere ogni
tipo di azione, specie se è guidato da un capo carismatico che ne indirizzi le energie.
1.1.1 Contesto storico
Negli ultimi due decenni del ‘800 nell’ambito delle scienze sociali si affermò la
problematica della società di massa. La psicologia delle folle origina da una serie di
fermenti sociali e culturali che interessarono in quel periodo gran parte
dell’Europa: industrializzazione, inurbamento delle masse contadine, incremento
della popolazione, condizioni di estrema miseria, rivolte e tumulti di piazza e le
“scoperte” degli psichiatri su ipnosi, suggestionabilità, dissociazione della
personalità.
Dopo la vivacità degli anni a cavallo dei due secoli (fine ‘800 inizio ‘900) la
psicologia collettiva attraversa, fino alla fine della prima guerra mondiale, un
periodo di flessione ideativa. Vi è tuttavia una diffusione delle idee esistenti prima
in Europa e successivamente negli USA dove la psicologia delle folle era vista come
reazionaria e anti democratica.
Negli anni successivi nelle scienze sociali si verifica una netta divisione del lavoro:
la sociologia si occupa di istituzioni e, marginalmente, di movimenti sociali; mentre
la psicologia sociale si occupa di piccoli gruppi. Questo è messo in risalto dai temi
emersi in quel periodo, dallo shock degli eventi bellici, oltre che dall’impressione
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suscitata dalla forza e dalla capacità di convincere dimostrata da regimi dittatoriali
e razzisti.
Nel secondo dopoguerra le folle scompaiono come oggetto di studio. Nasce
l’esigenza di far emergere, invece che le energie distruttive, quelle costruttive degli
individui nelle situazioni sociali: favorire la costituzione di gruppi (“piccole masse”)
per fare emergere le forze positive dell’individuo “contro le psicosi delle grandi
masse”.
Nell’ambito delle folle, la ricerca sperimentale è particolarmente scarsa, a causa di
una serie di difficoltà pratiche ed etiche di realizzazione.
1.1.2 Studi europei
In Europa, la psicologia collettiva venne studiata nella prospettiva degli istinti:
quando un individuo entra a far parte della folla gli atteggiamenti impulsivi hanno
il sopravvento sulla razionalità.
SCIPIO SIGHELE
S. Sighele (1868 - 1913), positivista italiano, sociologo, raggiunse la notorietà con
l'opera “La folla delinquente” del 1891. Con questo testo l’autore
ha iniziato la sua riflessione sulla psicologia collettiva, di cui
viene considerato uno dei pionieri.
Nell’opera, Sighele sostiene che la folla è un aggregato di uomini
eterogeneo e inorganico e si forma senza un precedente accordo,
istantaneamente; ciò che si verifica è un rapido passaggio ad una
forma organizzata: l’“unisono collettivo”. Alla base di tale meccanismo c’è la
suggestionabilità, per cui la rappresentazione di uno stato emozionale provoca la
nascita di questo identico stato in colui che ne è testimone.
Secondo Sighele la folla comporta un regresso ad uno stato inferiore per cui la
massa delle persone non è consapevole di sé stessa.
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Le folle delinquono perché prevalgono le “facoltà medie”, i sentimenti primordiali.
PASQUALE ROSSI
P. Rossi (1867 – 1905), ha scritto diverse opere, tra cui “L’animo della folla” del
1898.
Rossi, medico di professione, si trasforma in studioso di scienze sociali, trae dal
contatto diretto con la sua gente l'oggetto della sua osservazione e delle sue teorie
sociologiche. Per l’autore esiste una psiche collettiva, una dinamica psichica,
sentimenti, emozioni che fanno muovere all’azione.
Secondo questo autore sono tre le leggi fondamentali che spiegano i processi
psicologici della folla:
- l’aggregazione di più individui non dà mai un risultato uguale alla
somma di ciascuno,
- nella folla il pensiero si elide e il sentimento si assomma,
- gli animi della folla si accomunano in quanto hanno di più atavico.
Se la passione si assomma, può cambiare e passare a sentimenti opposti
(polarizzazione psichica).
GUSTAVE LE BON
G. LeBon (1841 – 1931) è stato uno psicologo e sociologo francese che, con "La
psychologie des foules" del 1895, diede un determinante
contributo per la comprensione del carattere delle masse e per le
strategie di persuasione per dominarle.
La descrizione della folla in Le Bon è quasi sempre negativa, le
attribuisce le caratteristiche del bambino, del primitivo e del
selvaggio; l’intelligenza dell’individuo viene annullata, affidandosi alla folla
l’individuo regredisce, le acquisizioni individuali del singolo scompaiono e con esse
il suo modo di essere specifico. In questo modo l’eterogeneità degli individui si
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annulla nell’omogeneità della folla.
All’interno della folla si manifestano tre caratteristiche: un sentimento di forza
invincibile, il contagio mentale, e uno stato di suggestione ipnotica. Nel diventare
folla vengono meno i freni inibitori e il senso di responsabilità. La folla non
possiede idee proprie, in quanto gli uomini riuniti in essa perdono la loro
individualità e la loro personalità cosciente: ciò determina un affievolimento delle
capacità critiche, mentre si sviluppa un forte senso di appartenenza ad un'identità
collettiva. Di conseguenza, la massa tende ad assimilare idee già fatte, specie se
esse hanno una forte componente ideale e una carica di profonda suggestione: la
massa è, per sua natura, dominata dall'inconscio e dall'impulsività.
Per questi motivi, all’interno di una folla le persone tendono a ricercare d’istinto
l’autorità di un capo, di un trascinatore: il leader. La volontà di tale individuo
costituisce il nucleo fondamentale intorno al quale si formano le altre opinioni. Il
leader è in grado di dare al popolo quelle risposte che si aspetta, in quanto vinto da
un desiderio inconscio di sottomissione ad un capo.
Le Bon delinea anche le caratteristiche del capo: egli deve essere un uomo di azione
e non di pensiero, deve essere dotato di grande volontà e sorretto da un ideale e da
una fede incrollabile, poiché ciò esercita sulle masse una grande forza di attrazione
e di coinvolgimento: idee semplici, affermazioni concise, proclamate
ripetutamente, sono i principali strumenti di persuasione che si basano sulla
facilità di apprendimento. Le idee e i sentimenti possiedono all’interno delle folle
un forte potere contagioso e ciò fa sì che tali opinioni si radichino maggiormente.
GABRIEL TARDE
Gabriel Tarde (1843 – 1904), filosofo francese di prim'ordine, psicologo accorto e
grande sociologo, ha sviluppato la propria produzione scientifica, rilevante e
significativa da diversi punti di vista, alla fine del XIX secolo.
Attento ai problemi scientifici della sua epoca, le idee di Tarde sono correlate a
tutte le discipline: matematica, botanica, astronomia, linguistica, economia, storia
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e scienze politiche.
Tarde si interessa di criminologia, dopo altre esperienze scientifiche, quando entra
in contatto per motivi professionali con i problemi della
criminalità. Tra le sue opere: “Foules et sects au point de vie
criminel” del 1893.
Tarde è contro l’idea che la folla sia un’entità autonoma dagli
individui; in uno studio sociologico sulle leggi dell’imitazione,
l’autore sostiene che gli individui si influenzano l’un l’altro:
l’imitazione è un processo sociale primario alla base di tutti i comportamenti umani
e fondamento dell’aggregazione; l’imitazione avviene in modo automatico ed è
paragonata all’ipnotismo. La folla nasce per volontà e determinazione di un
ideatore.
WILFRED TROTTER
W. Trotter (1872 - 1939), neurochirurgo inglese, scrisse nel 1916 “Instincts of the
herd in peace and war”.
L’autore ha postulato un istinto gregario innato secondo il quale
vanno spiegati tutti i fenomeni collettivi. Gregario è per definizione
ogni individuo che appartiene a un gregge e che, per questo fatto,
dipende in tutto da un capo ed è privo di iniziativa autonoma.
Questo istinto si esprime nella tendenza degli esseri viventi della stessa specie a
stare insieme. L’istinto gregario è primario, non scomponibile ulteriormente e sue
espressioni sarebbero rintracciabili nella paura di stare solo del bambino piccolo o
nel timore di scostarsi dalle opinioni della massa.
Trotter esprime un modello rigidamente deterministico: l’uomo, come gli animali,
è guidato nell’agire dai propri istinti. Gli uomini temono fisicamente e
psicologicamente la solitudine, e ,sensibili al richiamo del branco, nelle situazioni
di panico si comportano con l’emotività e la violenza di un branco di animali.
Connessa con l’istinto gregario c’è in particolare l’inclinazione a sottomettersi
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all’autorità di un capo, in una forma che è in qualche modo biologica e quindi
naturale.
Secondo Trotter, vi sarebbero quattro istinti fondamentali: l’autoaffermazione, la
nutrizione, la sessualità, la gregarietà. A volte l’istinto gregario si può contrapporre
agli altri producendo un sentimento di colpa, collegato al sentimento del dovere.
WILLIAM MCDOUGALL
W. McDougall (1871-1933), di ambiente e formazione anglo-americana, è
considerato un teorico delle masse e il primo psicologo sociale.
Anche questo autore, come W. Trotter, si rifà all’istinto gregario
nella spiegazione dei fenomeni collettivi sviluppando però un
ragionamento più articolato.
Per McDougall gli istinti forniscono l’energia che attiva il
comportamento umano che è, però, intelligente, intenzionale,
rivolto ad un fine. Il comportamento umano non è quindi determinato dall’istinto
in modo totale, in quanto l’energia fornita dagli istinti si esplica in numerose
direzioni e l’istinto gregario è solo uno dei moventi dell’agire umano.
Il concetto chiave della teorizzazione di McDougall è quello di mente collettiva: la
coscienza che il gruppo ha della propria esistenza e della propria specificità rispetto
ad altri gruppi.
Nell’opera “The group mind” del 1920 l’autore ha ipotizzato la possibilità di passare
attraverso l’organizzazione dalle forme primitive incontrollate di eccitazione
collettiva a gruppi e masse di livello superiore grazie all’affermarsi di una volontà
comune e di uno scopo condiviso che consentirebbero di dare continuità, di
differenziare le funzioni in un contesto organizzato e quindi, di maturare un
sentimento di gruppo.
Secondo l’autore, vi sono due modelli di gruppo. Un primo modello in cui la folla si
conduce come un bambino indisciplinato, selvaggio e passionale in cui vi è
comunque un certo grado d’influenza reciproca tra i membri attraverso la “risposta
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simpatetica primitiva”; un secondo modello in cui tale “risposta simpatetica” si
poteva strutturare e in questo modo organizzare la primitiva e informe mente della
folla.
I fattori che consentono alla folla di evolvere, o fattori di organizzazione, sono
cinque:
- i membri del gruppo sono in rapporto stabile e non solo passeggero o
casuale,
- in tutti i membri del gruppo si sviluppa un concetto chiaro del gruppo
e dei suoi compiti,
- il gruppo può venire a trovarsi in un certo contrasto o anche in lotta
con altri gruppi,
- nel gruppo si organizzano un complesso di usi e costumi che creano
una tradizione,
- si forma un’organizzazione e divisione del lavoro nell’ambito del
gruppo.
Il realizzasi di queste cinque condizioni favorisce il costituirsi della mente collettiva
ed elimina gli inconvenienti psichici ad essa legati.
Il concetto della mente di gruppo, oltre a risolvere il paradosso del gruppo come
strumento di regressione e contemporaneamente di civilizzazione, farà da base alla
riflessione posteriore sui gruppi.
SIGMUND FREUD
Sigmund Schlomo Freud (1856 – 1939) è stato un neurologo, psicoanalista e
filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della
moderna psicologia.
Tra i temi affrontati da Freud vi è il rapporto tra la psicologia individuale e la
sociologia. Punto di partenza è la premessa che la psicologia sociale e i
comportamenti di massa non siano altro che l'espressione delle vicissitudini
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psicologiche dei singoli individui, le quali si realizzano nell'interazione con il
gruppo familiare. Tale premessa serve essenzialmente a negare
l'esistenza di una pulsione sociale ammessa dai sociologi, e a
confermare che le uniche pulsioni esistenti sono quelle scoperte
dall'analisi - la pulsione sessuale e la pulsione di morte - che, in sé
e per sé, sono asociali.
Il tema della psicologia delle masse, che implica l'analisi dei
comportamenti che si realizzano nell'interazione con un gruppo rilevante di
persone estranee, viene trattato in “Psicologia delle masse e analisi dell’io” del 1921
ed è affrontato sulla base dei due libri sociologici di G. Le Bon e W. McDougall
sopra citati. I due testi concordano nel rilevare il fatto che l'immersione in una
massa disorganizzata induce l'inibizione dei meccanismi di controllo che governano
la vita quotidiana e, in conseguenza di ciò, lascia affiorare moduli di
comportamento regressivi e primitivi. Posto questo come dato di fatto, Freud non
accetta le ipotesi avanzate da Le Bon e McDougall, accomunate dal riferimento alla
suggestione.
Oggetto della ricerca di Freud è il fondamento dei comportamenti umani collettivi
indotti dalla coesione sociale, e cioè dal costituirsi di raggruppamenti più o meno
organizzati in vista di un fine determinato. Egli si propone di scoprire le
motivazioni profonde che inducono gli individui a comportarsi nella massa in
modo diverso da come si comporterebbero isolatamente.
All'interno di una massa e per influsso di questa, il singolo subisce una profonda
modificazione della propria attività psichica. La sua capacità intellettuale si riduce
in maniera considerevole e questo tende ad uguagliarlo agli altri individui della
massa. Cercando di dare una spiegazione ad influssi privi di fondamento logico
sufficiente, Freud introduce il concetto di libido come “l'energia delle pulsioni
attinenti a tutto ciò che può venire compendiato come amore". I legami emotivi
costituirebbero dunque l'essenza della psiche collettiva: Eros è la forza che tiene
insieme la massa. Nella riflessione freudiana assume particolare spicco il bisogno
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di essere in armonia con gli altri. L'amore nei confronti degli altri, inoltre, induce il
singolo a limitare l'amore verso se stesso, si individua così l'origine del fenomeno
massa.
Freud si occupava non solo di folle spontanee ma anche "artificiali" (collettivitá
organizzate) come la chiesa e l’esercito. Nella comunità dei credenti, come
nell'esercito, vige la medesima illusione in base alla quale esiste un capo supremo
che ama di amore uguale tutti i singoli membri della massa. Tutto risulta
subordinato a tale illusione; se venisse lasciata cadere, chiesa ed esercito non
tarderebbero a disgregarsi. Freud sostiene che quello che li tiene insieme facendone
un tutt'uno non é la mera suggestione ipnotica, bensì l'investimento libidico nei
confronti di figure da tutti amate-temute, che costituiscono un surrogato del
grande padre per i bambini piccoli, che lo adorano, lo sentono onnipotente, lo
temono molto ma al tempo stesso si sentono protetti. Per amore del capo
idealizzato i seguaci si amano l'un l'altro. Se perdono la fede in lui cessano di essere
una folla e si disgregano.
Diretta emanazione della libido è l'istinto gregario, in base al quale tutti gli esseri
viventi della stessa specie sono indotti a riunirsi in unità via via più ampie.
Il fatto stesso che ogni uomo sia un elemento costitutivo di molte masse (quella
della sua razza, del suo ceto, della sua comunità religiosa, della sua nazionalità,
ecc.) è il motivo principale della perdita d'autonomia e originalità.
SERGE MOSCOVICI
Premio Balzan 2003 per la psicologia sociale, S. Moscovici (1925) è uno psicologo
franco-romeno ed una delle figure più rilevanti nel campo della
psicologia sociale europea.
Con “L’âge des foules” del 1981 l’autore rivisita la psicologia delle
folle attraverso un’attenta discussione sui fondatori. Considera in
particolare Le Bon, Tarde e Freud. Riprendendo l’impostazione
freudiana, giunge ad una elaborazione autonoma introducendo due concetti, due