2. Fonti energetiche rinnovabili
2.1. Nozione e tipologie
Tecnicamente sono dette energie rinnovabili (o anche fonti di energia rinnovabile) quelle
sorgenti di energia ricavate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono
“esauribili” nella scala dei tempi “umani”, o comunque sono così percepite dall'uomo o dalla
società. È quindi qualsiasi fonte energetica che si rigenera alla stessa velocità con cui si usa.
3
Le fonti rinnovabili sono basate sulle grandi forze o sui grandi cicli naturali che assicurano,
anno dopo anno, nuova energia e sono considerate virtualmente inesauribili.
Si distinguono le fonti rinnovabili tradizionali, caratterizzate da uno sfruttamento diffuso e
intensivo, dalle fonti rinnovabili non tradizionali, il cui utilizzo è recente ed ancora poco diffuso.
Secondo la definizione della Legge n. 10 del 9 gennaio 1991 (Norme per l’attuazione del
Piano energetico nazionale in materia di un uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di
sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) sono fonti rinnovabili di energia: «il sole, il vento,
l’energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti
organici e inorganici o di prodotti vegetali. Sono inoltre considerate fonti di energia assimilate alle
fonti rinnovabili: la cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di
calore), il calore recuperabile nei fumi di scarico e da impianti termici, elettrici e da processi
industriali, nonché le altre forme di energia recuperabile in processi, in impianti e in prodotti, ivi
compresi i risparmi di energia conseguibili nella climatizzazione e nell’illuminazione degli edifici
con interventi sull’involucro edilizio e sugli impianti».
Un’importante caratteristica delle fonti rinnovabili è che presentano un impatto ambientale
trascurabile, per quel che riguarda il rilascio di inquinanti nell’aria e nell’acqua, anche se ci sono
significative differenze da fonte a fonte. Nel lungo termine, la produzione di energia da fonti
rinnovabili potrebbe consentire la drastica riduzione dell’uso dei combustibili fossili.
La biomassa è, fra le energie rinnovabili, quella con il più alto potenziale per contribuire ad un
futuro approvvigionamento energetico sostenibile, per almeno tre ragioni fondamentali:
3
ξ è fra le energie rinnovabili che hanno il maggior rendimento al minor costo;
ξ la maggior parte delle tecnologie e delle infrastrutture sviluppate per i combustibili fossili
possono essere riconvertite all’uso di biomassa e dei prodotti da essa generati;
ξ la gran varietà di prodotti combustibili solidi, liquidi e gassosi che si possono ottenere dalla
biomassa permette una larga flessibilità d’uso.
Quando si bruciano le biomasse (ad esempio la legna), estraendone l’energia immagazzinata
nei componenti chimici, l’ossigeno presente nell’atmosfera si combina con il carbonio delle piante e
produce, tra l’altro, anidride carbonica, uno dei principali gas responsabile dell’effetto serra.
Tuttavia, la stessa quantità di anidride carbonica è assorbita dall’atmosfera durante la crescita delle
biomasse. (fig. 2-1)
Figura 2-1 Assorbimento ed emissione di CO
2
tramite biomasse
Fonte: http://www.umweltzentrum-fulda.de/energiefibel/bilder/biodiesel.gif
La biomassa utilizzabile a fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono
essere utilizzati direttamente come combustibili ovvero trasformati in combustibili solidi, liquidi o
gassosi.
3. Filiera del biodiesel
3.1. Premessa
Le varie fasi che compongono l’intera filiera, a partire dai semi oleosi, sono le seguenti:
1
(fig. 3-1)
a. produzione di semi oleosi;
b. processo di estrazione;
c. esterificazione;
d. utilizzazione.
Figura 3-1 Filiera del biodiesel
33
Nel presente capitolo saranno descritte le prime tre fasi. Gli utilizzi del biodiesel sono
molteplici e in continua crescita. Per la vastità dell’argomento si rinvia al successivo capitolo.
Nella figura, di cui sopra, sono citati anche gli oli usati, trattati alla fine del capitolo, che
possono essere utilmente inseriti nella filiera del biodiesel a partire dal trattamento. Essi
consentono, quindi, notevoli economie di costo rispetto alle piante oleaginose, in quanto permettono
di saltare le prime due fasi, che rappresentano le voci più influenti del prezzo finale del biodiesel.
Tuttavia, la esiguità degli oli di scarto rispetto alle ingenti necessità del parco veicoli dei Paesi
industrializzati e di tutto ciò che fa uso del gasolio (cap. 4), rende
4. Impieghi del biodiesel
4.1. Premessa
Il biodiesel presenta una notevole varietà di utilizzi. In quanto sostituto naturale del gasolio,
trova le sue applicazioni principali come carburante nei motori diesel o come combustibile negli
impianti di riscaldamento; può far parte di alcune tipologie di oli lubrificanti.
34
Recentemente, è impiegato anche nella produzione di energia elettrica, come combustibile,
in luogo del petrolio.
Il biodiesel (puro o in miscela), come carburante alternativo al gasolio da utilizzarsi nei
motori diesel, è una realtà “affermata” in molti Stati (in Francia è utilizzato normalmente in miscela
al 5% con gasolio, in Germania è utilizzato puro, negli Stati Uniti trova impiego nelle “flotte”);
tuttavia, non si può dire lo stesso per l'utilizzazione del biocombustibile tal quale in caldaie di
piccola, media o grande taglia.
In Italia però, contrariamente alla tendenza generale, la quasi totalità del biodiesel prodotto
(circa il 95%) è utilizzata proprio per il funzionamento di centrali termiche. Probabilmente la
differente destinazione del metilestere in Italia, rispetto a quanto si osserva negli altri Paesi, è nata a
seguito dei problemi tecnici riscontrati nel corso dei primi esperimenti sui motori, difficoltà che
hanno spinto il mercato verso un utilizzo alternativo.
20
Meno rinomati, seppur svariati, sono gli usi non energetici, elencati alla fine del capitolo.
I nuovi carburanti per essere accettati sia dai consumatori che dai costruttori devono essere
conformi alle norme tecniche riconosciute.
In questa direzione, un notevole impegno a livello europeo è stato profuso dal CEN
(Comitato di Normazione Europea) che, nel caso del biodiesel, ha cercato di individuare le
caratteristiche del prodotto utilizzato nelle centrali termiche per riscaldamento e quello utilizzato nei
motori diesel per autotrazione.
A livello nazionale, l’ente di normazione Italiana (UNI, Ente Nazionale Italiano di
Unificazione), ha definito i requisiti minimi, sotto il profilo merceologico per i due settori sopra
citati, con le norme UNI 10946 per il biodiesel per autotrazione e UNI 10947 per quello per
riscaldamento.
Figura 4-1 Il mercato dei certificati verdi
Fonte: Terna
Per la centrale elettrica si sosterrà un investimento di € 2.510.000; essendo un’opera
indifferibile e di pubblica utilità, in deroga alle norme locali, sarà costruita con autorizzazione
unificata. Tale autorizzazione verrà rilasciata dalla Regione Sicilia (Assessorato Regionale
all’Industria).
Nell’area saranno ubicati:
ξ 11 shelters per l’alloggiamento dei moduli generativi e all’interno dei quali si installerà la
parte tecnologica e meccanica, e i quadri di controllo macchine;
ξ 2 containers abitativi da adibire ad ufficio, sede amministrativa e gestionale della centrale.
Oltre alle suddette infrastrutture saranno realizzate tutte le opere di sistemazione esterna:
piazzali, impianti di illuminazione, recinzioni, cabine di trasformazione ed impianto di stoccaggio
del combustibile riscaldato, avente una capacità di alloggiamento pari a 4.500 tonnellate (quantità
tale da garantire un’autonomia alla centrale per un anno di esercizio, tenendo presente comunque
che il criterio di gestione della centrale prevede l’approvvigionamento semestrale di 5.500
tonnellate di olio vegetale).
5. Statistiche sui biocarburanti
5.1. Bioetanolo: biocarburante più diffuso nel mondo
Fra tutti i biocarburanti attualmente in commercio, il bioetanolo rappresenta, a livello
mondiale, quello più largamente utilizzato. Ciò è dovuto sostanzialmente al fatto che, rispetto al
biodiesel, il suo impiego come carburante per autotrazione risale già ai primi del novecento e, più
recentemente, la produzione industriale su larga scala di questo prodotto è stata avviata a partire
dalla seconda metà degli anni settanta (la vendita di automobili alimentate esclusivamente ad
etanolo in Brasile è iniziata nel 1979, mentre il primo programma federale per la promozione delle
miscele etanolo/benzina negli Stati Uniti, Energy Tax Act, risale al 1980).
La produzione mondiale di etanolo ha superato nel 2005 i 36 milioni di tonnellate, con un
aumento del 13% circa rispetto all’anno precedente. La maggior parte di questo etanolo viene
prodotta per fermentazione di materie prime di origine agricola (bioetanolo), mentre una frazione
minore - destinata quasi esclusivamente all’industria chimica per essere utilizzata come solvente
ossigenato o intermedio di sintesi - si ottiene per via sintetica a partire dall’etilene.
I principali Paesi produttori di etanolo sono gli Stati Uniti (12,7 Mt) e il Brasile (12,6 Mt),
che utilizzano rispettivamente come principali materie prime granella di mais e canna da zucchero,
seguiti nell’ordine da Cina, India e Francia. (tab. 5-1)
L’industria del bioetanolo negli Stati Uniti, basata quasi esclusivamente sulla fermentazione
del mais, è in rapida e costante espansione (fig. 5-1) e può essere considerata, a livello mondiale,
l’industria energetica con il maggior tasso di crescita negli ultimi anni. Nell’agosto 2006 poteva
contare su un totale di 101 impianti, più altri 39 in fase di realizzazione, con una capacità produttiva
complessiva superiore ai 14 Mt/anno. È importante notare che il 40% circa di tale capacità
produttiva è di proprietà dei produttori agricoli e/o delle loro associazioni.
Il bioetanolo viene impiegato per la maggior parte sotto forma di etanolo anidro, come
additivo della benzina nella percentuale massima del 10% in volume (gasohol), e la benzina così
additivata rappresenta il 40% circa del totale consumato annualmente. Il bioetanolo copre pertanto
attualmente negli USA il 3% circa dei consumi di carburanti per autotrazione.
Figura 5-4 Produzione di biodiesel in Italia. Anni 2002-2007
0
200
400
600
800
1000
1200
2002 2003 2004 2005 2006* 2007*
*stime
kt
Fonte: elaborazione su dati ENEA, 2007
Figura 5-5 Quote medie di mercato possedute dalle aziende produttive di biodiesel in Italia. Anni
2002-2004
1
39%
2%
30%
3%
8%
4%
14%
NOVAOL
ESTERECO
FOX PETROLI
DEFILU
BAKELITE
COMLUBE
ITAL-BI-OIL
Fonte: elaborazione su dati Assobiodiesel, 2005
Figura 6-1 Mercato dei biocarburanti (% di sostituzione dei combustibili fossili, come equivalente
energetico) nei Paesi dell’Unione Europea. Anno 2003
0 0,5 1 1,5
% sul totale
Svezia
Germania
Repubblica Ceca
Spagna
Francia
UE 25
Italia
Polonia
Lettonia
Slovacchia
Finlandia
Austria
UK
Paesi Bassi
Fonte: elaborazione su dati Commissione Europea, DG Energia e Trasporti, 2006
Figura 6-2 Obiettivi indicativi nazionali di sostituzione dei combustibili fossili con biocarburanti
(come equivalente energetico) nei Paesi dell’Unione Europea. Anno 2005
0123
% sul totale
Svezia
Repubblica Ceca
Austria
Belgio
Estonia
Francia
Germania
Lituania
Lettonia
Portogallo
Slovacchia
Spagna
UE 25
Cipro
Fonte: elaborazione su dati Commissione Europea, DG Energia e Trasporti, 2006
Se tutte le materie prime necessarie per produrre questi biocarburanti dovessero essere
coltivate sul territorio della UE, un simile quantitativo richiederebbe un impegno di terreni
7. Impatto ambientale
7.1. Premessa
La nostra società si trova ad affrontare due sfide fondamentali: reperire ed assicurare le
risorse energetiche per sostenere la crescita e lo sviluppo economico dei Paesi sviluppati e, ancor
più, di quelli in via di sviluppo; mitigare i processi di cambiamento climatico in atto garantendo la
protezione dell’ambiente. Trovare un equilibrio fra queste esigenze ci obbliga a realizzare una vera
e propria transizione verso un sistema energetico ed uno sviluppo più sostenibile: il prezzo del
fallimento potrebbe essere catastrofico. La tecnologia ci offre gli strumenti per realizzare questa
transizione; occorre la disponibilità a cambiare comportamenti e a mettere in atto politiche
adeguate. La decisione dell’Unione Europea del 9 marzo 2007 è un passo di grande importanza in
questa direzione.
La popolazione del nostro pianeta, stimata alla fine del secolo scorso in circa 6 miliardi,
potrebbe crescere al 2050, secondo una stima media delle Nazioni Unite, fino a 9 miliardi. Tale
incremento della popolazione mondiale ed il bisogno di migliorare gli standard di vita della parte
più povera (ancora oggi ci sono circa 1,6 miliardi di persone senza accesso all’elettricità,
prevalentemente concentrati nell’Africa subsahariana e in Asia meridionale) comporteranno un
forte incremento della domanda di energia, anche nell’ipotesi di una crescita economica molto lenta
nei Paesi già sviluppati. Alcuni scenari proiettano incrementi della domanda globale prossimi al
100% da qui al 2050 (intorno al 37% per i Paesi europei).
Questa evoluzione pone problemi molto seri. Le risorse energetiche attualmente utilizzate
derivano per l’80% da combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale) e per il resto da energia
nucleare, idraulica e biomasse, in proporzioni più o meno uguali. I combustibili fossili e lo stesso
uranio, tuttavia, sono risorse esauribili. Per il petrolio ed il gas si sono già evidenziati problemi di
scarsità, resi più acuti dalla particolare distribuzione geografica delle risorse restanti, distanti dai
centri di consumo e concentrate in zone politicamente “a rischio”. Per il petrolio, ben prima che la
produzione abbia raggiunto il suo massimo, c’è da attendersi una crescita dei prezzi accompagnata
da fluttuazioni anche brusche. Lo stesso problema dovrebbe manifestarsi qualche decennio dopo
anche per il gas. La competizione internazionale, già evidente, per risorse che diventano sempre più
scarse tenderà dunque a intensificarsi e, per l’Europa, i problemi di dipendenza energetica e di
sicurezza di approvvigionamento, non potranno che aggravarsi. Il carbone, la risorsa fossile
globalmente più abbondante, si avvia inevitabilmente ad essere utilizzato in maniera
8. Aspetti economici
8.1. Dipendenza energetica
Serie debolezze strutturali caratterizzano oggi i sistemi energetici. In primo luogo il
mixenergetico in cui, nella media dei Paesi membri dell’UE, i fossili rappresentano la fonte
prevalente (quasi l’80% nell’UE-27, circa il 90% per l’Italia). Un altro problema a carattere
strutturale è quello della dipendenza dall’estero. L’Unione Europea a 27 presenta attualmente una
dipendenza dalle importazioni d’energia per oltre il 50% del suo fabbisogno; ancora più marcata
quella dell’Italia che arriva all’84,5%. (fig. 8-1)
Vi è, infine, un problema di adeguatezza delle reti di approvvigionamento, trasformazione e
distribuzione dell’energia.
Le proiezioni dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia – organismo dell’OCSE) al
2030 indicano che la domanda mondiale di energia crescerà fino a raggiungere un incremento del
50% rispetto a oggi.
Se la composizione delle fonti dovesse rimanere quella attuale, la dipendenza dell’Europa
dall’estero raggiungerebbe il 65%, a fronte dell’attuale 50% circa.
10
Figura 8-1 Dipendenza energetica dell’Italia rispetto ad alcuni Paesi e alla media UE
Fonte: elaborazione su dati EUROSTAT, 2006
La struttura dell’offerta per aree geopolitiche evidenzia alcuni elementi che caratterizzano il
mercato petrolifero internazionale:
10
(fig. 8-2)
La materiale accessibilità di molte di queste risorse è ostacolata da problemi di natura geopolitica.
Oltre il 56% delle riserve accertate è concentrato in Medio Oriente e nel lungo termine crescerà la
dipendenza dei Paesi consumatori di petrolio da quelle aree. (fig. 8-3)
Figura 8-3 Produzione di petrolio* per area: dati storici e previsioni (dati percentuali)
*comprende liquidi di gas naturale
Fonte: elaborazione su dati AIE, World Energy Outlook 2006
Anche il gas naturale, i cui giacimenti in genere sono localizzati in prossimità di quelli
petroliferi, può rappresentare una fonte alternativa mediante la quale supplire alla carenza di
petrolio convenzionale in una fase di transizione. Nella produzione di gas naturale, Stati Uniti, Paesi
OPEC e Russia rappresentano quasi il 60% del fabbisogno annuale a livello mondiale. La crescita
della produzione risulta particolarmente dinamica nei Paesi OPEC, in America latina e in molti
Paesi africani; in Russia, primo produttore mondiale, la produzione cresce lentamente mentre risulta
in declino in Nord America ed Europa.
Per il carbone, a fronte dell’incremento della domanda mondiale, anche la produzione è
cresciuta per il quinto anno consecutivo. L’incremento del 5,4% rispetto al 2004 è attribuibile
essenzialmente all’impulso della produzione termoelettrica cinese e degli altri Paesi dell’Asia, a cui
è dovuto l’85% dell’incremento totale. Con ritmi più contenuti la crescita dei consumi coinvolge
tutte le altre aree geopolitiche con l’eccezione dell’Europa dove i consumi e la produzione si
contraggono.
Alla crescita dell’ultimo anno hanno contribuito prevalentemente gli aumenti della
produzione statunitense, russa ed australiana. (fig. 8-4)
Conclusione
L’attenzione dell’opinione pubblica, anche non specialistica, ai problemi energetici e
ambientali è di molto aumentata in questi ultimi anni. Al centro dell’interesse generale sta l’origine
antropica dei cambiamenti climatici e la convinzione che sia necessario intervenire con decisione
sui livelli e sulle modalità di consumo delle risorse energetiche per poter garantire un equilibrato e
duraturo sviluppo dell’umanità. Sono aumentate le preoccupazioni per la sicurezza degli
approvvigionamenti, dettate da ragioni geopolitiche e dalle prospettive di esaurimento delle fonti
fossili che, anche se non ben definite dal punto di vista temporale, si pongono comunque alla vista
delle prossime due-tre generazioni.
L’Unione Europea ha recentemente varato una serie di provvedimenti che fissano in modo
vincolante il percorso che si intende intraprendere, da qui al 2020, per contrastare gli effetti sul
clima dell’attuale livello di consumo energetico: almeno il 20% dell’energia primaria dovrà essere
prodotta con fonti rinnovabili, le emissioni in atmosfera dovranno essere ridotte di un altro 20% e
ancora un 20% è il risparmio di energia che si intende ottenere soprattutto attraverso un ampio
recupero di efficienza energetica. Si tratta di misure che incideranno notevolmente sul modo di
produrre e consumare energia e che costituiranno per diversi Paesi dell’Unione, Italia compresa,
una grande sfida per la competitività della propria economia.
Queste decisioni rappresentano una grossa opportunità per lo sviluppo e l’innovazione. Gli
investimenti in ricerca e tecnologia energetiche aumenteranno in maniera notevole dopo la
stagnazione degli ultimi 20 anni. L’industria ha finalmente ripreso a finanziare programmi di ricerca
soprattutto nel campo delle fonti rinnovabili di energia. Una nuova e lungimirante politica
energetica può dunque tramutarsi in un importante motore di sviluppo per il Paese che la realizza. È
il caso della Germania e della Spagna che hanno intrapreso con determinazione la via delle fonti
rinnovabili alcuni anni fa e della Gran Bretagna che ha annunciato di recente la volontà di
intraprendere una politica di abbattimento delle emissioni di CO
2
del 60% entro il 2050 e fra il 26 e
il 32% entro il 2020.
Anche il nostro Paese è avviato verso un cambiamento di passo sulle questioni energetiche.
Lo testimoniano la legge finanziaria 296 e il disegno di legge 691 in discussione in Parlamento.
La crescente attenzione con cui vengono seguite le questioni energetico-ambientali fa
pensare che nel futuro saranno molti e rilevanti i cambiamenti nei modelli di consumo energetici
che si verificheranno nella nostra vita quotidiana.
10