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INTRODUZIONE
Il mio lavoro costituisce il punto di arrivo di un cammino di studi finalizzato
al conseguimento della laurea in Scienze della Formazione dell’Infanzia e
dell’Adolescenza.
Il titolo è una chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo. Infatti il
percorso che ha attraversato lo sviluppo cognitivo consiste in un’idea che si
va man mano formando: la consapevolezza che l'intelligenza non è UNA ma
esistono CENTOMILA sue forme ognuna indipendente dall’altra.
Lo studio delle differenze individuali ha interessato da anni diversi ambiti,
da quello emotivo a quello motivazionale ma, soprattutto, quello cognitivo.
In quest’area ci si è interessati, attraverso i test d’intelligenza,alla
misurazione e rilevazione di differenze quantitative, basandosi inizialmente
su un concetto generale di intelligenza e, solo successivamente, in seguito a
studiosi come Gardner, ci si è soffermati sullo studio di diverse abilità o
intelligenze. Appare chiaro il tentativo di concentrare l’attenzione sempre
più sulle caratteristiche che differenziano gli individui piuttosto che sui tratti
comuni. Questa esigenza è nata dal fatto che il richiamo alle abilità generali
delle persone non sembra sufficiente a rendere conto delle loro differenti
prestazioni in compiti diversi. A partire, quindi, da studi che considerano
l’intelligenza come unica abilità generale, si è assistito ad un proliferare di
teorie che hanno volto lo sguardo a differenti modalità nell’elaborazione
dell’informazione considerando, quindi, diverse abilità che caratterizzano
ogni individuo. Da teorie uni fattoriali dell’intelligenza si è così passati ad
una concezione di pluralità dell’intelligenza.
Ciò che mi ha spinta a trattare questo argomento e ad approfondirlo
mediante una ricerca trasversale sono stati la complessità del mondo
contemporaneo e i variegati bisogni educativi degli alunni che richiedono
alla scuola l’elaborazione di nuove strategie e modalità d’intervento al fine
di personalizzare le proposte. Avere come punto di riferimento la teoria
delle intelligenze multiple significa avere una molteplice prospettiva per
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conoscere meglio gli studenti, rivolgendo l’attenzione alle differenze nei
processi apprenditivi, considerando le diversità come risorse.
In particolare il testo si articola in tre capitoli.
Il primo capitolo presenta un excursus storico sulle principali teorie dello
sviluppo umano. Lo scopo di questo primo capitolo è quello di presentare
una cornice teorica a questo lavoro. Il capitolo parte con la definizione di
sviluppo, elencando quelle che sono le differenze individuali di ogni
soggetto. Prosegue, poi, mostrando quali siano i disegni di ricerca possibili
per studiare i cambiamenti legati all’età ( disegni longitudinali e disegni
trasversali) e quali gli strumenti di indagine maggiormente utilizzati dai
ricercatori (l’esperimento, l’osservazione, le interviste e i questionari).
Dopo aver trattato la parte più pratica riferita ai metodi di ricerca, vengono
illustrate le principali prospettive e i principali approcci teorici allo studio
dello sviluppo. Sarà presentato uno dei protagonisti più importanti la quale
teoria ha avuto come oggetto lo sviluppo umano: Jean Piaget. Egli,
nonostante le critiche e le revisioni cui è stata sottoposta la sua teoria,
rappresenta sempre il principale riferimento per spiegare le basi dello
sviluppo cognitivo. Verranno illustrati anche i contributi di altri importanti
autori come Bronfenbrenner, Pavlov, Skinner, Bandura, Werner, Freud,
Gesell, Wallon.
Il capitolo si conclude con l’elogio al ruolo fondamentale della cultura nello
sviluppo umano, distinguendo i suoi due principali approcci metodologici
nell’analisi della relazione tra mente e cultura (emico ed etico) e, a tal
proposito, con la figura di Jerome Bruner che evidenzia come l’individuo
giunga alla conoscenza attraverso la cultura e gli strumenti che essa ci
fornisce.
Il secondo capitolo si apre riferendo il ruolo fondamentale delle interazioni
sociali, considerate promotrici dello sviluppo cognitivo e osservate sotto
un’ottica conflittuale poiché è all’interno del “conflitto” tra due punti di
vista differenti, su uno stesso compito, che avviene lo sviluppo. Si osserva il
passaggio da un’idea di conflitto cognitivo, sostenuta da Piaget,
propriamente intraindividuale che avviene tra mente e ambiente all’idea di
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conflitto socio-cognitivo che si articola negli studi di prima, seconda e terza
generazione. In esse fanno capolino concetti come “connotazione sociale”,
“diritto sociale”, “contesti istituzionali”, “cornici culturali”, dimostrati
tramite alcuni esempi di ricerche.
Segue poi il tema dell’intelligenza che rappresenta la cornice teorica che
accompagnerà una ricerca, presentata nel capitolo successivo. Si inizia con
il fornire una spiegazione di che cosa sia l’intelligenza e di come questa,
attraverso dei test, venga misurata portando ad avere come risultato il
quoziente intellettivo. Lo scopo iniziale dei test d’intelligenza era quello di
individuare i bambini con difficoltà a scuola ma, con il passare del tempo,
furono utilizzati come strumento per classificare e selezionare individui
secondo le loro differenze intellettive. L’intelligenza, infatti, era considerata
da molti ricercatori come una dote innata, posseduta in misura diversa dai
vari gruppi etnici e i risultati ottenuti da diversi test d’intelligenza,
somministrati ad individui di etnia diversa, confermavano queste idee
razziste. A proposito di ciò diversi studiosi hanno cercato di superare la
concezione di intelligenza e i limiti dei test applicati ad essa. Si percorrono,
quindi, le principali teorie sull’intelligenza a partire da Robert Sternberg e la
sua teoria triarchica che si articola in intelligenza componenziale,
intelligenza esperienziale, intelligenza contestuale. Si passa per Charles
Spearman e la teoria monofattoriale che esplicita l’esistenza di
un’intelligenza generale o fattore g misurabile con un unico punteggio che
permette di classificare gli individui secondo una scala lineare di capacità
cognitiva. Si giunge, infine, alla teoria delle intelligenze multiple di
Howard Gardner la quale confuta l’esistenza di una facoltà comune di
intelligenza a favore di diverse sue forme, ognuna indipendente dalle altre.
A tal proposito Gardner parla di nove tipi di intelligenze: intelligenza
linguistica, intelligenza musicale, intelligenza logico-matematica,
intelligenza spaziale, intelligenza cinestesico-corporea, intelligenza
interpersonale, intelligenza intrapersonale, intelligenza naturalistica e
intelligenza esistenziale.
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Nel terzo capitolo vengono presentati i dati relativi ad una ricerca condotta
presso l’VIII circolo didattico “Don Milani” di Salerno. In tale ricerca viene
indagato come diverse abilità cognitive possano comparire, maturare,
rimanere invariate o sparire nel passaggio dalla scuola dell’infanzia a quella
primaria.
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I CAPITOLO
ESPLORANDO IL MONDO DELLO
SVILUPPO UMANO
“Quando si affronta il tema del bambino
e lo si collega al tema dello sviluppo
sembra quasi di affrontare un problema di per sé in via di soluzione,
dal momento che bambino e sviluppo sono una sola realtà,
dal punto di vista esistenziale,
non potendo il bambino sottrarsi allo sviluppo come al suo più grande
destino.
E che lo sviluppo, che sul bambino incombe,
sia un’evidenza del tutto chiara ed attesa
è testimoniato dalla fiducia con la quale si affrontano problemi di ritardo o
di disfunzioni,
la cui risoluzione viene affidata ai cambiamenti
che lo sviluppo indurrà nel bambino” (Boggi Cavallo, 1996, pag. 9).
1. Sul palcoscenico dello sviluppo
Spiegare lo sviluppo vuol dire rendere ragione degli stessi processi della
vita.” (Quaglia-Longobardi, 2007).
Ogni teoria dello sviluppo cerca di rispondere ad una serie di domande
(Camaioni-Di Blasio, 2011).
La prima si chiede quale sia la natura del cambiamento che caratterizza lo
sviluppo. Ad essa si possono trovare due risposte diverse: c’è chi considera
il cambiamento in maniera quantitativa, vedendo lo sviluppo come processo
di graduale accumulo di cambiamenti e c’è chi lo considera in maniera
qualitativa, intendendolo come la comparsa di nuove capacità o la
trasformazione di quelle già presenti (Camaioni-Di Blasio, 2011).
Tra le teorie che adottano l’ipotesi quantitativa troviamo il
comportamentismo che vede il bambino come un organismo plasmato dalle
esperienze e dall’apprendimento; l’ipotesi qualitativa, invece, è adottata
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dalle teorie organismiche che vedono il bambino come costruttore delle
proprie capacità e lo sviluppo si ha per influenze interne (Camaioni-Di
Blasio, 2011).
Una seconda domanda si incentra su quali siano i processi che causano il
cambiamento che porta allo sviluppo. Per rispondere ad essa ci si concentra
sul ruolo che viene attribuito ai fattori genetici e a quelli ambientali nel
processo di sviluppo. Secondo le teorie comportamentiste è l’influenza
generata dall’ambiente che modella il comportamento determinando la
natura e il ritmo delle abilità che si sviluppano (Camaioni-Di Blasio, 2011).
Altre teorie sostengono invece che il bambino si sviluppi in base al corredo
genetico in suo possesso (Camaioni-Di Blasio, 2011).
Le teorie organismiche, invece, si trovano in una posizione intermedia
poiché ritengono che lo sviluppo sia dato dal’interazione tra un individuo
dotato di determinate competenze e le componenti ambientali (Camaioni-Di
Blasio, 2011).
Un’ultima domanda alla quale ci si trova a dover dare risposta durante lo
studio dello sviluppo è se tale cambiamento sia continuo e graduale o
discontinuo e improvviso. L’idea di un cambiamento continuo si sposa con
le teorie che vedono tale cambiamento come quantitativo mentre la visione
di uno sviluppo discontinuo si lega alle teorie che vedono lo sviluppo sotto
una luce qualitativa.
Secondo alcuni studiosi la continuità dello sviluppo si ha all’interno di uno
stesso stadio mentre la discontinuità nasce nel passaggio da uno stadio
all’altro; secondo altri studiosi, tra i quali troviamo Piaget, invece, la
continuità è data dalla presenza di funzioni che restano invarianti nel corso
dello sviluppo mentre la discontinuità è data dal modificarsi delle strutture
cognitive tra uno stadio e l’altro (Camaioni-Di Blasio, 2011).
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1.2. Differenze nello sviluppo: il mio, il tuo, il loro
Nel momento in cui ci troviamo a dover studiare lo sviluppo, difficile è
capire se bisogna osservare gli schemi comuni a tutti gli individui oppure le
differenze individuali. Alcune teorie classiche, come, per esempio, Piaget, si
basano sulla concezione stadiale dello sviluppo cognitivo ma hanno
riscontrato diversi limiti tra i quali quello di trascurare le differenze
individuali. Queste non consistono solo nella velocità di acquisizione ma
anche nelle modalità che portano alla costruzione di capacità che si
sviluppano. Le differenze individuali consistono nel temperamento, la
popolarità, lo sviluppo del linguaggio (Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.2.1. Il temperamento
Per quel che concerne il temperamento, “definito come lo stile di
comportamento di un individuo quando interagisce con l’ambiente”
(Camaioni-Di Blasio, 2011, pag. 22), due studiosi americani, Chess e
Thomas, hanno condotto una ricerca su 138 individui dalla nascita fino ai 10
anni. Essi hanno dimostrato come l’uomo nasca con un profilo
temperamentale già visibile alla nascita. Misurando, ad esempio, il livello di
attività è stato riscontrato come esso sia alto o basso alla nascita e mantenga
le stesse caratteristiche con il passare del tempo (Camaioni-Di Blasio,
2011).
Tener conto delle differenze temperamentali è molto importante poiché gli
adulti e l’ambiente risponderanno ai bambini in modo diverso a seconda se
sono calmi o vivaci. Secondo Chess e Thomas a contare è la compatibilità
che vi sarà tra genitore e figlio: se entrambi avranno uguale temperamento
vi si instaurerà un clima di sintonia; viceversa, se vi saranno differenti stili
di temperamento, le cose non andranno bene (Camaioni-Di Blasio, 2011).
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1.2.2. La popolarità
Altro aspetto importante nell’evidenziare le differenze individuali è quello
della popolarità che appartiene o meno a ragazzi e adolescenti nelle
relazioni con i coetanei. Ad incrementare tale popolarità, oltre alle
caratteristiche fisiche e all’aspetto esteriore, assume un ruolo importante il
comportamento. Coloro i quali sono etichettati come ragazzi popolari
avranno un comportamento di tipo positivo con gli altri, assumendo
atteggiamenti solidali e per nulla aggressivi (Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.2.3. Il linguaggio
Ultimo aspetto decisivo nell’individualità è dato dal linguaggio. Tutti i
bambini hanno un ritmo di acquisizione diversa della lingua materna
(Camaioni, 2001a). Troveremo, infatti, bambini che pronunceranno la loro
prima parola verso gli 8-9 mesi e bambini che, invece, lo faranno verso i 18-
20 mesi. Tali ritardi o anticipi sono comunque considerati nella norma
(Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.3. L’ecologia dello sviluppo
Fino agli anni ’70 gli studiosi tendevano a considerare il contesto solo in
relazione al rapporto madre-figlio o all’interazione tra compagni di gioco
(Camaioni-Di Blasio, 2011).
In seguito è stata allargata la nozione di contesto considerando così lo
sviluppo come calato in esso.
Urie Bronfenbrenner è il fondatore dell’approccio ecologico allo sviluppo,
studiando l’adattamento progressivo tra individuo e ambiente. Egli definisce
ambiente ecologico individuando all’interno di esso una serie di strutture
concentriche divise in quattro livelli (Camaioni-Di Blasio, 2011).
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1.3.1. Il microsistema: famiglia, scuola, coetanei
All’interno del primo livello troviamo il microsistema. Esso descrive la
situazione ambientale in cui l’individuo è immerso e all’interno della quale
egli si sviluppa. Tra tali situazioni abbiamo il rapporto con i familiari, le
relazioni tra coetanei e con gli insegnanti (Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.3.2. Il mesosistema: relazioni tra microsistemi
All’interno di questo secondo livello troviamo le relazioni tra le singole
situazioni ambientali. Considerando, ad esempio, l’apprendimento di un
bambino nell’imparare a leggere e scrivere, si nota che ciò può dipendere
non solo dal modo in cui gli viene insegnato ma anche tra i legami che
esistono tra scuola e famiglia (Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.3.3. L’esosistema: condizioni di vita e di lavoro
Il terzo livello appartiene all’esosistema. Esso concerne le situazioni di vita
e di lavoro degli “enti” che circondano il bambino. Ciò significa che il suo
sviluppo è influenzato anche da eventi accaduti quando il bambino non è
neppure presente (Camaioni-Di Blasio, 2011).
1.3.4. Il macrosistema: politica sociale e dei servizi
Nel quarto livello trova posto il macrosistema. Esso comprende la comunità
socio-culturale in cui è immerso l’individuo. Introdurre, ad esempio, un
nuovo tipo di assistenza alla maternità influenzerà sia il rapporto madre-
figlio ma anche il futuro sviluppo del bambino (Camaioni-Di Blasio, 2011).