INTRODUZIONE
Come si fa a proteggere il dono politico più prezioso dei nostri tempi,quello della
democrazia? Certamente non con la sua esportazione forzata,né con la difesa miope di un
modello rappresentativo già antiquato,né con l’assegnazione di un potere politico a una
sfera separata,dominata dai politici e dai partiti. No,per proteggere la democrazia bisogna
rianimarla e ripopolarla. Bisogna creare una democrazia all’altezza del momento
storico,una democrazia partecipata,di genere,economica e non solo politica,–che esce dal
“palazzo”ed entra nella cultura della gente,una democrazia diversa,più quotidiana e
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incisiva.Una democrazia deliberativa.
Ma che cosa significa “democrazia deliberativa”? Significa sostanzialmente far si
che,attraverso un dialogo e un confronto quanto più possibile estesi nell’arena pubblica,le
differenze e i conflitti politici non siano soltanto fattori di divisione,ma si tramutino in
altrettante occasioni costruttive .Paradossalmente,proprio nella diversità di opinione,non
importa quanto lacerante e minacciosa,i processi democratici possono trovare la loro
forza e le nazioni fondare la loro integrità politica.
Una buona Costituzione fornisce a coloro che hanno convinzioni etiche e religiose
opposte i mezzi per trovare un accordo anche nel caso di questioni politicamente
esplosive,come per esempio religione,aborto,omosessualità,corruzione.
Non c’è democrazia senza il libero confronto delle idee,senza che sia assicurata a tutti
pari dignità e la possibilità di far valere e conoscere le proprie opinioni.”Nel dialogo,i
concetti inesatti vengono corretti,quelli destinati a durare diventano più forti e vitali. Non
dobbiamo avere paura del confronto,in famiglia,a scuola,con chi appartiene ad altre
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culture”.Democrazia è partecipazione,è consuetudine alla discussione,al
dialogo,confronto dialettico costante,attitudine critica. E’il contrario della
sopraffazione,dell’intolleranza,del disprezzo del pensiero altrui,tipico dei regimi totalitari.
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P.Ginsborg,”La Democrazia che non cè”
2
Quirinale,25 Marzo 2003 :intervento del Presidente Carlo Azeglio Ciampi
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Tuttavia,oggi,quanto sono in salute i regimi democratici?Una analisi dei nuovi Partiti
sorti in Europa occidentale,le cosi chiamate Nuove Destre,ci fornisce, ad esempio,una
prima risposta a tale interrogativo:diversamente dalle vecchie estreme tradizionali,le
Nuove destre in apparenza rispettano le forme della democrazia
rappresentativa,dissimulando razzismo e intolleranza. In compenso,condividono una
sguaiata polemica antipolitica e subdolamente puntano,inneggiando al popolo sovrano,ad
abusare del principio di maggioranza. Le Nuove destre sono figlie dei maltrattamenti cui
la democrazia è stata sottoposta da parte delle sue classi dirigenti. Come la mucca
pazza,Le Nuove destre costituiscono una malattia piuttosto grave,spesso sottovalutata e
comunque evitabile,in quanto effetto di malaccorte scelte politiche,per le quali la
democrazia,abbandonando al suo destino il demos,è entrata in recessione.
E’fondamentale,inoltre,affinché si possa sviluppare e mantenere una democrazia salutare,
che ci sia un sistema che non anestetizzi la nostra capacità di pensare in modo
indipendente,un sistema che agisce per mezzo della propaganda la quale si regge su due
pilastri:il primo sforna fiction,soap,reality show e sport per distrarre gli interessi della
gente dai problemi reali e dispensare l’impressione di vivere nel “migliore dei mondi
possibili”.Il secondo indirizza le opinioni dei lettori e spettatori,formando
convenientemente le nuove classi dirigenti. Il risultato è quello di assopire le coscienze e
impedire una reale partecipazione. Anche nelle scuole,nelle università,il pensiero
indipendente e la riflessione critica sono nel complesso scoraggiati.
La Democrazia Deliberativa e le sue prassi,si possono considerare a tutti gli effetti più
che validi strumenti per curare i mali radicati nelle moderne democrazie.
Il sondaggio deliberativo,ad esempio,si pone come alternativa al sondaggio d’opinione.”Il
sondaggio d’opinione registra quel che la gente pensa quando non pensa,ed è necessario
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invertire questa tendenza”.Bisogna costruire sempre più numerosi gruppi di cittadini
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J.S.Fishkin “La nostra voce”
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informati e quindi capaci di dare giudizi meditati sulle grandi questioni in modo che la
loro opinione possa anche diventare una realistica indicazione di rotta per la classe
politica. Per fare ciò Fishkin ha elaborato il metodo del “Deliberative Polling”che
consente di ottenere opinioni più ponderate.E’ necessario compiere il passaggio da
un’opinione grezza ad una informata e consapevole dato che fino ad oggi i sondaggi sono
stati una raccolta di pareri fatti su un’informazione inesistente.
Il Bilancio Partecipativo è un altro pratico strumento di cui si servono le prassi
deliberative. Si sta diffondendo con rapidità in tutto il mondo suscitando dovunque
l’entusiasmo di tutti coloro che vogliono riportare le comunità al centro delle decisioni
politiche e amministrative. Sceglierlo ha un senso se è tutta la città che
partecipa,determinando un’integrazione virtuosa tra strumenti di democrazia
rappresentativa e nuove forme della partecipazione. Porto Alegre rappresenta l’esempio
tangibile dei risultati positivi ottenuti dal bilancio partecipativo.
Qualsiasi democrazia deve la sua “anima”,il suo scheletro strutturante ad uno specifico
sistema elettorale . I sistemi elettorali( e le loro leggi ) sono di vario tipo;in Italia,il
“Proportionellum”è solo l’ultimo adottato dopo una lunga serie. Ritengo che il sistema
elettorale più adatto per una democrazia deliberativa sia quello maggioritario puro in cui
viene eletto un solo candidato per collegio uninominale( Uninominale “secca”).
Nel Capitolo 1 analizzo i problemi che ostacolano la concretizzazione di una
autentica democrazia:-La disaffezione dei cittadini alla politica causata
dall’avvento del capitalismo consumista,da livelli di istruzione ancora troppo
bassi,dall’accesso limitato e ―pilotato‖all’informazione che preme verso
l’omologazione e il conformismo;-La disorganizzazione della società civile;-La
disabitudine del cittadino a trovare del tempo adeguato da dedicare alla
partecipazione attiva nella politica in una società dominata dai ritmi imposti dal
―lavora e spendi‖;-Le difficoltà che ancora oggi la democrazia partecipata
incontra a superare la dimensione locale;-La slealtà democratica delle Nuove
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Destre;-L’astensionismo elettorale accompagnato dal declino del ruolo di
mediatore e di supporto proprio dei vecchi partiti di massa;-La responsabilità dei
media nell’aver favorito un ravvicinamento incestuoso tra potere economico e
potere politico e nell’aver ―pilotato‖ i settori del pubblico culturalmente più
vulnerabili.
Nel Capitolo 2 presento la Democrazia Deliberativa come un possibile
rimedio ai mali della democrazia analizzati nel capitolo 1. Attraverso il
dialogo,un’informazione adeguata,i cittadini aiutano politici ed amministratori a
governare meglio e a colmare il divario che li separa dalla società civile.
Le buone Costituzioni sono quelle che,attraverso gli accordi parzialmente
teorizzati,permettono di superare anche i disaccordi più ostici e la polarizzazione
di gruppo,una frequente disfunzione che si presenta nelle deliberazioni ristrette e
con parchi argomentativi limitati. Le buone Costituzioni di una democrazia non
sono basate solo sulle tradizioni ma includono anche elementi di innovazione .
Nel Capitolo 3 espongo alcuni degli strumenti di cui si serve la Democrazia
Deliberativa nella sua azione pratica: Giurie di cittadini,Town Meeting,Sondaggi
deliberativi(ideati da James Fishkin),i Bilanci Partecipativi. Strumenti che
combattono quotidianamente con i problemi posti dall’inclusività,dalle
dimensioni,dalla rappresentanza,ma pur tuttavia strumenti validi in quanto ci
permettono quantomeno di avvicinarci un po’ ad un ideale di democrazia ―sana‖.
Nel Capitolo 4 descrivo la struttura dei diversi sistemi elettorali
esistenti,espongo un exurcus storico dei sistemi elettorali e delle leggi elettorali
adottati in Italia fino ad arrivare ai giorni nostri. In conclusione, faccio una
comparazione tra democrazia deliberativa e sistemi elettorali scegliendo il
sistema dell’uninominale ―secca‖come il più consono per la democrazia.
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CAPITOLO I
I MALI DELLA DEMOCRAZIA
1.1. Democrazia al bivio
Le difficoltà che la moderna democrazia incontra,e non solo in Europa,non sono
contingenti o meccaniche,né questione di mera ingegneria istituzionale. Hanno
natura più profonda,ossia la passività e l’indifferenza alla politica diffuse tra la
maggioranza della popolazione dei paesi democratici.
Nell’esplorare le cause di questa disaffezione e i possibili rimedi bisogna far
cenno alle tendenze globali in campo economico,sociale e culturale emerse negli
ultimi anni. Non tutte vanno nella stessa direzione,ma in generale hanno
contribuito in misura assai limitata a rendere la democrazia più vivace o più
presente nella vita della gente. La crescente concentrazione del capitale su scala
mondiale,conseguente a continue fusioni e acquisizioni,un processo che Marx
aveva visto con grande chiarezza,ha prodotto nuove
oligarchie,straordinariamente potenti. Le compagnie transnazionali non sono
l’unica forma economica di organizzazione presente nel capitalismo
contemporaneo,ma in termini simbolici e di prospettiva futura ne sono le migliori
rappresentanti. Sono mastodonti estremamente dinamici e rapaci dal punto di
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vista economico,ma dinosauri in termini di democrazia. Il loro è un enorme potere
che non risponde a nessuno,se non,in forma parziale,agli azionisti. Sono in grado
di spostare vaste risorse,di decidere del destino di intere comunità e di dettare le
loro regole ―flessibili‖ in molte parti del mondo. Alla loro ombra i cittadini si
sentono impotenti ma anche dipendenti.
Al contempo la straordinaria crescita del capitalismo consumista è fortemente
servita a compensare la condizione di impotenza,percepita e reale,che il neo-
liberismo ha contribuito a creare. Le famiglie e gli individui hanno cercato
conforto,protezione,distrazione e intrattenimento nelle gioie della vita domestica
e nell’acquisto di merci di ogni sorta che contribuiscono a crearla. Non c’è nulla di
male in tutto questo. Preoccupa molto però che nella vita quotidiana sia
assente,o molto poco presente,una corrispondente sfera pubblica,che i cittadini
mantengono in linea di massima privati i loro pensieri,le loro abitudini e prassi
quotidiane.
Infine,benché in tutto il mondo i livelli di istruzione siano in crescita e,grazie a
Internet e a molti altri strumenti,l’accesso all’informazione si stia
democratizzando,il mezzo che più influenza culturalmente le famiglie e,nella
maggioranza dei casi,l’unico strumento culturale presente nell’ambiente
domestico resta la televisione. Data la struttura oligarchica e la cultura
conformista della televisione globale c’è poco da sperare da queste fonti in
termini di seria trasmissione di valori pluralistici,democratici e partecipativi.
Spesso accade esattamente l’opposto.
I poteri che qui prevalgono sono talmente forti che il cittadino medio,pur se
istruito e consapevole,è fortemente tentato a rinunciare a qualunque
impegno,faticoso e di esito incerto,teso alla creazione di una sfera pubblica
democratica
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1.2 Soggetti attivi e dissenzienti
Non è Marx ma Mill,intensamente concentrato sul potenziale degli individui,a
darci le prime indicazioni sui requisiti che la democrazia esige ed è in grado di
promuovere negli individui. Scriveva che i cittadini devono essere self-
dependent,ovvero ―basarsi su ciò che sono capaci di fare in prima
persona,separatamente o di concerto,piuttosto che su ciò che gli altri possono
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fare per loro‖.Non è affatto una virtù,affermava Mill,che i cittadini siano ―un
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gregge di pecore che brucano quiete fianco a fianco‖.
Devono invece essere attivi,critici,capaci di organizzarsi e di esprimere
autonomia e autodisciplina. Per Mill nessuno doveva adeguarsi per pigrizia e
abitudine ai costumi sociali vigenti. Preferiva gli eccentrici ai conformisti,voleva
che le decisioni di ciascuno si fondassero sull’informazione e la riflessione.
Aborriva quel genere di individui che lascia al mondo in cui vive il compito in sua
vece i,che non ha bisogno di altre facoltà se non l’imitazione. E’ superfluo
evidenziare come queste riflessioni si applichino alla nostra società,basata com’è
sulla sottomissione al consumo di massa e alla dilagante passività nella sfera
pubblica.
L’indicazione da parte di Mill dell’importanza della formazione culturale e delle
generali prospettive in grado di produrre individui attivi e dissenzienti risulta molto
preziosa come base di partenza. Consente di farmi un’idea di ciò che la
cittadinanza democratica potrebbe essere,ma in questa fase storica non è.
Mill centra il problema attribuendo identità ai soggetti della trasformazione
democratica(individui attivi e dissenzienti)e contenuto alle virtù(il saper vivere
insieme come degli eguali)in base alle quali si potrebbe e dovrebbe riorganizzare
la sfera pubblica democratica.
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J.S.Mill,”Consideration on Representative Government”(1861)
5
Ibid,p.412
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1.3 La sfida della società civile
In ogni processo di trasformazione politica la famiglia come istituzione ha un
ruolo centrale. Nell’ambito del moderno capitalismo consumista le famiglie sono
in maggioranza conformiste e assorbite dalla propria realtà. Non producono, in
linea di massima, individui attivi e dissenzienti,e concedono solo una minima
parte della loro straordinaria energia e creatività alla sfera democratica pubblica.
E’ come se,per incanto,si fossero separate dalla politica.
Le famiglie devono essere collegate alla società civile tramite robuste reti di
associazioni autonome. Queste ultime,a loro volta,devono essere collegate agli
organi di governo democratico da nuove forme di democrazia che combinino
elementi di rappresentazione e partecipazione. In ciascuna delle tre sfere-quella
familiare,della società civile e dello stato democratico- saranno gli individui attivi
e dissenzienti a giocare importantissimi ruoli di connessione .
Anche la partecipazione alla società civile -elemento fondante di una democrazia
ringiovanita- deve trovare il suo spazio nella vita degli individui.
La società civile è caratterizzata da una miriade di organizzazioni spontanee che
si formano e si sciolgono autonomamente-circoli,club,reti di base,movimenti e
iniziative analoghe. Alcune acquisiscono grande stabilità e forza,come nel caso
di Amnesty International,altre possono avere vita più breve e modesta e agire
soprattutto a livello locale. La società civile ha vissuto una crescita straordinaria
nei paesi democratici negli ultimi venti anni. Nello stesso periodo sono nate
estese reti internazionali di Ong che,a dispetto di gravi difficoltà,stanno dando
corpo al concetto di una società civile globale.
Tuttavia, le organizzazioni della società civile presentano numerose pecche.
Spesso proprio il loro carattere fluido e informale,che tanto affascina e attrae su
un certo piano,rappresenta un grave difetto sotto una diversa prospettiva. In
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assenza di regole formali è facile per i singoli individui sfruttare la loro posizione
di figure carismatiche fondatrici o simili,per cercare di controllare le
organizzazioni o di porsi al di là delle critiche. Purtroppo l’autocontrollo e
l’autodisciplina individuali cosi eloquentemente invocati da Mill spesso
scarseggiano,non solo nella sfera politica stretta,quella partitica,ma anche tra chi
è attivo nella società civile. E se vengono a mancare vincoli e regole,le
prospettive che un’associazione ha di sopravvivere non sono buone. In realtà
un’organizzazione gerarchica prospera assai più facilmente di una votata ai
principi delle solidarietà orizzontali e alla diffusione del potere. Costruire la
società civile richiede particolari doti di pazienza e tenacia nonché un’innata
cultura della democrazia.
Pur con le pecche attuali,spesso considerevoli,le organizzazioni della società
civile rivestono un ruolo preziosissimo in termini di contributo alla democrazia. Il
loro intento è di strappare gli individui da vite eccessivamente privatizzate,di
creare cerchie più ampie di cittadini,di diverse convinzioni
politiche,critici,informati e partecipi,che dialoghino con i politici su una
determinata base di parità e di mutuo rispetto. Cercano,in altre parole,di dar vita
a un sistema di connessioni.
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1.4 Democrazia economica,tempi e
dimensioni
Le cause della crisi attuale non sono esclusivamente politiche e sociali. Una delle
più importanti è l’economia. Gran parte della letteratura sulla democrazia,in
particolare quella di stampo liberale,condivide la tesi che le evidenti disparità di
ricchezza e potere tra i singoli cittadini nelle moderne democrazie abbiano scarso
peso sulla qualità di queste ultime. E’ vero esattamente l’opposto. Se i cittadini
godono di pari diritti nella sfera politica ma vivono manifeste sproporzioni in
quella economica,la democrazia rischia di uscirne profondamente incrinata.
Spesso le democrazie di più lunga data vengono definite ―mature‖. Ma se, come
nel caso americano,sono caratterizzate da drastiche ineguaglianze economiche
che si ripercuotono direttamente e incisivamente sulla democrazia politica
attraverso meccanismi quali i finanziamenti elettorali e le lobby
imprenditoriali,meglio forse allora definirle ―troppo mature‖.
Marx aveva già condannato un sistema politico in cui tutti gli uomini erano
all’apparenza liberi ed eguali politicamente ma in cui in realtà restavano
profondamente divisi da ineguaglianze di reddito e di opportunità di accesso al
potere. Per Marx la democrazia politica ed economica dovevano avanzare di pari
passo.
Oggi siamo davvero lontanissimi da una qualsiasi forma di democrazia
economica. A dire il vero siamo palesemente regrediti, in alcuni campi,in misura
drammatica.
Democrazia economica è partecipazione,è possibilità per chi lavora di far sentire
la propria voce. I cittadini attivi e dissenzienti non possono operare solo in un
movimento di riforma all’interno della società civile e delle istituzioni politiche.
Devono anche,secondo modalità ancora da inventare e definire,farsi portatori
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