II
vasto ed importante fenomeno delle AIC in Africa occidentale;
l’organizzazione di molto materiale, troppe volte ripetitivo e con pochi
spunti interessanti che potessero gettare luce sul fenomeno Aladura nel
suo complesso e sulla realtà enormemente scismatica e plurima della C &
S; la definizione della storia religiosa contemporanea di una parte
dell’Africa subsahariana.
Molte informazioni inerenti allo sviluppo attuale della Chiesa e alla sua
diffusione in USA ed Europa sono state reperite con l’ausilio di internet,
oltre che con lo spoglio di molte riviste contemporanee.
L’analisi della C & S è stata avviata affrontando diversi quesiti
riguardanti la religiosità africana, l’impatto con la cultura bianca, la
decolonizzazione. Da principio ci siamo posti la seguente domanda: qual’è
(o meglio qual’era) la realtà religiosa dell’etnia yoruba nell’Africa
occidentale del ventesimo secolo? Ci siamo chiesti come si siano
trasformate localmente forme religiose estremamente plastiche, quelle
stesse di una etnia che, trasportata in epoca schiavistica, aldilà
dell’Atlantico, ha saputo difendere e ricreare il proprio credo in modo
sincretico, dando vita al Candomblè, alla Macumba e all’Umbanda in
Brasile, alla Santeria a Cuba, allo Changô a Trinidad e nelle Antille
3
e alle
diverse congregazioni religiose negli USA.
La nostra ricerca è partita dalla constatazione della fondamentale
importanza della religione presso la popolazione africana a livello
esistenziale e in termini pratici; ci siamo chiesti se il cristianesimo dei
bianchi, durante la colonizzazione, momento storico in cui è sorta la C & S,
3
R. Bastide, Le Americhe Nere, Firenze, Sansoni, 1970, p. 143.
III
potesse assolvere le stesse funzioni della religione tradizionale, e se e
come gli africani avessero trovato le risposte ai loro quesiti o se fossero
stati in grado di riformulare il cristianesimo in termini tipicamente africani.
Avanzando con l’analisi storico-religiosa della Nigeria, ci siamo resi
conto che non stavamo affrontando una etnia “vergine” e intatta rispetto
alla cristianizzazione, ma una etnia già da tempo evangelizzata e
“contaminata” dall’occidentalizzazione anche se ancora legata alle proprie
tradizioni religiose.
La C & S è nata in un contesto di evangelizzazione protestante che
abbiamo verificato non essere propriamente “sentita”, in senso africano,
dalla popolazione, e si è diffusa presso i nigeriani in un periodo di grande
disillusione religiosa, dovuta all’epidemia influenzale del 1918-19 e
soprattutto in seguito alla peste bubbonica del 1924-26, che il
cristianesimo e le sofisticate medicine occidentali non erano riuscite a
contrastare.
Per capire a fondo la C & S, ci siamo chiesti come e su quali basi le
Chiese africane si fossero sviluppate e come avessero determinato la loro
realtà autonoma.
Ci siamo chiesti se le Chiese dell’Africa occidentale avessero
principalmente sostenuto la protesta anticolonialista e i movimenti politici
per l’indipendenza come è accaduto in Africa orientale e in Sud-Africa. O
piuttosto se fossero sorte per dare voce e anche ruoli notabili ad individui
marginalizzati e sottoposti allo smembramento della loro realtà socio-
familiare e culturale.
IV
Inoltre, ci siamo domandati quanto la tendenza all’autonomia, propria
dei protestanti, abbia influito nella creazione di nuove forme ecclesiali
guidate da africani e soprattutto quale percorso abbia portato alla
determinazione dell’autonomia religiosa dell’Africa occidentale.
Le risposte a tali quesiti sono state trovate nelle interessanti ricerche di
studiosi come V. Lanternari, G. C. Oosthuizen, L. Sanneh, E. B. Idowu e H.
W. Turner.
L’analisi sulle AIC Aladura ci ha resi curiosi anche riguardo ai seguaci,
alla loro provenienza e alle loro aspirazioni esistenziali in realtà di neo-
inurbamento e di rottura del passato tradizionale. Una risposta a tale
quesito è stata fornita dallo studio di J. D. Y. Peel e dalle recenti inchieste
di E. Isichei.
La C & S è nata dall’incontro di due forti personalità: l’anziano profeta
analfabeta Moses Orimolade e la giovane e avvenente Christianah Abiodun
Akinsowon, in seguito ad una eccezionalmente prolungata trance di
quest’ultima.
Per studiare la creazione e lo sviluppo della Chiesa cui daranno vita i
due fondatori, nel primo capitolo analizziamo il contesto delle AIC
formatesi in seguito all’impatto con la cultura e la religione “bianca”
importata dalle missioni in terra africana, per affrontare successivamente il
tema delle AIC di tipo spirituale, categoria in cui rientra a pieno titolo la C
& S.
Nel secondo capitolo si evidenzia l’ambito Aladura, identificando,
tramite la ricerca di studiosi quali H. W. Turner e J. D. Y. Peel, il significato
V
del termine, le caratteristiche delle Chiese di quest’ambito e la storia della
loro formazione durante la colonizzazione del diciannovesimo secolo. In
questo capitolo si descrive la storia di diversi movimenti religiosi africani,
come quello guidato dal profeta G. Braide o come quello sorto sotto
l’influenza della congregazione americana del Faith Tabernacle. Inoltre,
sempre nel secondo capitolo, accenniamo alla vasta propagazione
contemporanea del pentecostalismo americano come vero rivale alla
diffusione della C & S e delle altre AIC Aladura. Per completare
l’argomento abbiamo trovato doveroso analizzare la guarigione per fede,
la concezione della malattia presso la popolazione africana e le tecniche di
guarigione che i profeti Aladura con i loro movimenti hanno organizzato e
definito.
Dopo aver descritto il contesto storico-religioso dell’Africa occidentale,
nel terzo capitolo parliamo dei due fondatori della C & S, per analizzare
successivamente la prima forma organizzata della Chiesa nel quarto
capitolo, ove accenniamo anche ai primi scismi interni.
Proseguendo nella descrizione di questa giovane Chiesa, nel quinto
capitolo parliamo della sua diffusione nello Yorubaland grazie alle missioni
evangelizzatrici portate avanti da Abiodun e alla formazione di branche,
succursali autonome e indipendenti.
Per quanto riguarda il problema della continua scissione della C & S,
fenomeno che ha contribuito assai alla sua prodigiosa espansione
trattiamo l’argomento nel sesto capitolo, dove evidenziamo le cause dello
scisma tra gli stessi fondatori, i vari tentativi di ricomposizione e la
continua proliferazione di altre Chiese.
VI
Infine nel settimo capitolo affrontiamo la teologia e la liturgia della C &
S, tipica Chiesa d’impronta anglicana che fonde elementi tradizionali nel
proprio credo e nella pratica liturgica. Inoltre analizziamo il ruolo delle
donne seguaci della C & S e le diverse divisioni gerarchiche interne alla
Chiesa.
1
1. LE AFRICAN INDEPENDENT CHURCHES (AIC)
1.1 LA FORMAZIONE DELLE AIC
1.1.1 L’UOMO AFRICANO COME “HOMO RELIGIOSUS”
La Cherubim and Seraphim Church (in seguito riportata con la sigla
C & S), sorta in Nigeria nel 1925 in seno alla Chiesa anglicana e sulla
scia della formazione dell’African Church Movement
1
, è una tipica
“African Independent Church” (AIC). Molti studi sono stati effettuati
sulla formazione delle AIC, presso le popolazioni autoctone dell’Africa
subsahariana, da sociologi, analisti religiosi ed antropologi per la
grandissima diffusione del fenomeno, sviluppatosi a partire dalla fine
dell’800, e in continua crescita ed espansione a livello mondiale negli
anni più recenti
2
.
Prima di introdurre le cause e i fattori che hanno storicamente
determinato la formazione delle African Independent Churches si
deve sottolineare che nella tradizione africana la vita quotidiana era
ed è integralmente permeata dalla religione, non vi era divisione tra
vita secolare e vita religiosa. In proposito, L. Jafta parla dell’homo
religiosus come di un modello di uomo che allo stesso tempo
incorpora l’ambito secolare e quello religioso; questa perfetta sintesi
1
L’African Church Movement, secondo quanto afferma L. Sanneh in West African Christianity, London, C. Hurst &
Company, 1983, p. 177, si formò agli inizi del ventesimo secolo, per scissione dalla Chiesa Anglicana e ad opera
di S. A. Coker che rivendicava una liturgia in “senso africano” con musica e canto di inni, e una maggiore aderenza
alla cultura e società africana.
2
Secondo quanto dicono E. Isichei e R. Schirmer, in un articolo intitolato “Supernatural Faith” e pubblicato nel
2003, su www.christianitytoday.com, dopo la guerra civile nigeriana (1967-1970), le Chiese Aladura nigeriane si
sono diffuse stabilmente in Gran Bretagna, Nord America e in altre parti del mondo.
2
dei due ambiti - sintesi perseguita nella religione tradizionale - è
diventata l’obiettivo che molti cristiani africani auspicano di
raggiungere
3
. In questo senso, le African Independent Churches
cercano di “proteggere i costumi e la cultura indigena come mezzi per
preservare l’identità africana e le sue origini”
4
. Jafta afferma che
l’ideale tradizionale dell’homo religiosus è stato “conservato” e
“inglobato” dalle AIC: “se le Chiese di missione enfatizzano gli
elementi confessionali e dottrinali (…) la religione tradizionale cresce
con l’individuo. (…) Essere religiosi è la prerogativa di ogni individuo
[africano]”
5
. Inoltre, Jafta afferma che “la religione è vissuta e
praticata nella vita quotidiana. (…) Le religioni tradizionali africane
sono sempre state caratterizzate dalla vitalità (…) dallo sperimentare
la vita nella sua totalità”
6
.
1.1.2 GLI STUDI SULLE AIC
Analizzando le AIC dobbiamo sottolineare che molto è stato indagato
e scritto sull’argomento da autori come B. Sundkler (1961), H. W.
Turner (1967) e M. L. Daneel (1971;1974), i quali hanno seguito la
categorizzazione delle AIC, avanzata dallo stesso Sundkler, in
3
In proposito vogliamo sottolineare la nostra distanza dal concetto di homo religiosus, essendo a favore della
visione storica (v. A. Brelich, Introduzione alla Storia delle Religioni, Roma, Ed. dell’Ateneo, 1966; cfr. D.
Sabbatucci, Sommario di Storia delle Religioni, Roma, Bagatto Libri, 1987)
4
L. Jafta, African Independent Churches in Dialogue with Schleiermacher, in G. C. Oosthuizen e I. Hexham (a
cura di), Empirical Studies of African Indepent/Indigenous Churches, N.Y., The Edwin Mellen Press, 1992, p. 144.
5
Ibidem.
6
Idem, p. 145.
3
movimenti detti Etiopisti (Ethiopian) e Sionisti
(Zionist)/Spirituali/Profetico-curativi
7
.
Per affrontare il tema delle diverse tipologie in cui sono state
catalogate le AIC dai vari studiosi e di come le AIC continuino a
svilupparsi in Africa e a diffondersi nel mondo - tema che tratteremo
nei prossimi capitoli - consideriamo lo studio di V. Lanternari, che già
nel 1960 ha ricercato e analizzato le ragioni della formazione delle
AIC. Tra queste, l’autore ha individuato ed evidenziato la
colonizzazione e le sue conseguenze; la trasformazione della società
nativa di fronte all’impatto con la cultura bianca; le missioni di
evangelizzazione cristiana (avvertite dagli africani come
manifestazioni concrete della potenza egemonica delle nazioni
occidentali); i fattori economico-sociali. Lanternari pone l’accento sul
disagio prodotto nelle società native africane nel momento del
contatto col mondo moderno dei bianchi. La sua analisi, storicamente
contemporanea all’indipendenza dei Paesi africani, e la sua lettura
del fenomeno religioso, risentono molto delle pressioni politico-sociali
dovute al colonialismo bianco.
Inizialmente, dobbiamo parlare di raggruppamenti di adepti
attorno ad un leader carismatico, raggruppamenti successivamente
trasformatisi in veri movimenti profetici, che in virtù della forte
attrattiva che esercitavano sulla popolazione africana, si sono
ulteriormente organizzati e formalmente costituiti in “Chiese”.
7
A. Anderson, A «Failure in Love?» Western Missions and the Emergence of African Initiated Churches in the
Twentieth Century, in “Missiology”, Scottdale, USA, 28, 2000, pp. 275-286.
4
Successivamente, come vedremo, queste “Chiese” si sono auto-
definite indipendenti e indigene. Di questo percorso storico che, a
partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, ha
caratterizzato quei movimenti profetici africani che si sono trasformati
in AIC parliamo nel seguente paragrafo.
5
1.2 I MOVIMENTI PROFETICI
1.2.1 “ L’URTO” TRA CULTURA BIANCA E CULTURA AFRICANA
Lanternari, in Movimenti Religiosi di Libertà e di Salvezza dei Popoli
Oppressi, afferma che, con “l’urto” tra cultura egemonica europea e
cultura indigena africana, i movimenti profetici dei popoli indigeni si
sono imposti all’attenzione delle amministrazioni coloniali e delle
chiese occidentali. Essi hanno rappresentato, infatti, il prodotto
spontaneo dell’impatto culturale tra bianchi e indigeni, tra cultura
nativa e cultura moderna e industrializzata occidentale. Le culture
native esprimono la loro reazione nei confronti dell’oppressione dei
colonizzatori europei, la loro frustrazione, la loro necessità di
cambiamento culturale e di riforma sociale, prima su una base
religiosa e successivamente su una base organizzativo-politica, in
ragione della tradizione culturale maturata attraverso esperienze di
miseria e di assoggettamento di ogni sorta
8
.
I fattori d’urto possono essere d’origine esterna o interna alla
cultura tradizionale: “I fattori esterni agiscono come potenti
catalizzatori delle tensioni e degli squilibri già preesistenti all’interno
delle strutture sociali tradizionali (…). I fattori di tensione interna
vengono resi esplosivi dall’urto dei fattori esterni, e nascono così, fra
8
V. Lanternari, Movimenti Religiosi di Libertà e di Salvezza dei Popoli Oppressi, Milano, Feltrinelli, 2ª ed. 1974
(1ª ed. 1960; ultima ed., riveduta ed ampliata, 2003), p. 14.
6
le risposte alla conseguente situazione di crisi, i movimenti social–
religiosi”
9
.
Questi movimenti sono stati delle risposte originali e di sintesi
creativa allo sconvolgimento dovuto all’impatto con la cultura
occidentale, e sono stati estremamente plastici nel rinnovare una
cultura destabilizzata e fortemente minata nei suoi valori tradizionali.
Sono, dunque, il risultato di un incontro-scontro con una cultura
diversa, industrializzata, moderna e lontana dalla tradizione africana e
“sono l’estremo rifugio di società che rischiano di perdere, nel
processo di occidentalizzazione, la propria identità culturale, la loro
«personalità»”
10
.
Nati, perciò, da situazioni di crisi e di squilibrio, i movimenti
profetici hanno espresso l’indiretta protesta di gruppi frustrati, la loro
speranza di rigenerazione e di salvezza, e sono divenuti vie attraverso
le quali i gruppi e le società in crisi hanno potuto recuperare la
consapevolezza della propria identità comunitaria
11
.
La religione ha un posto fondamentale in questi movimenti, in
quanto essa costituisce il più diretto veicolo di comunicazione tra gli
individui ed è la base dei valori fondamentali che danno senso
all’esistenza collettiva.
I movimenti, rimanendo profondamente legati alla tradizione
religiosa indigena, con il loro anelito di libertà hanno sancito “la
9
V. Lanternari, op. cit., 1974, p. III. A proposito dell’urto coloniale cfr. J. A. Da Silva, African Independent
Churches, Origin and Development, in “Anthropos”, 88,1993, pp. 393-402.
10
V. Lanternari, Occidente e Terzo Mondo, Bari, Dedalo Libri, 1967, p. 193.
11
Cfr. J. S. Mutiso-Mbinda, Liberation and Mission in Africa in “Africa Theological Journal”, Litho Limited, Tanzania,
vol 8, n° 2, 1979, pp. 44-55.
7
funzione profana delle religioni cosiddette «primitive» e in definitiva
di ogni religione popolare: funzione volta alla risoluzione di concrete
crisi esistenziali determinate dalla dinamica storica; funzione che
consiste nell’instaurazione di forme adeguate di riscatto mitico-
rituale”
12
. Inoltre hanno promosso l’autonomismo culturale, reagendo
alla politica coloniale di assimilazione forzata.
1.2.2 AFRICA ORIENTALE ED AFRICA OCCIDENTALE
Soprattutto in Africa orientale e in Sud-Africa, l’impatto tra una
minoranza egemonica, oppressiva e la popolazione indigena ha creato
un malessere la cui radice è stata rintracciata nella sottrazione di
terre ai nativi. La questione nativista, dunque, è stata essenzialmente
caratterizzata dall’espropriazione materiale, perpetrata in modo
diretto dai coloni e dalle amministrazioni coloniali. In tale contesto il
problema delle terre ha contribuito alla nascita delle chiese
separatiste. La situazione era tale che i profeti agitatori zulu usavano
dire ai bianchi la seguente frase: “prima noi avevamo la terra e voi
avevate la Bibbia. Ora voi avete la terra, a noi è rimasta la Bibbia”
13
.
Nel territorio sudafricano all’inizio degli anni dieci del Novecento,
“cinque milioni di indigeni erano ristretti nelle «riserve» in condizione
di segregazione e potevano contare su un territorio assai più limitato
di quello a disposizione degli europei, cinque volte meno numerosi”
14
.
12
V. Lanternari, op. cit., 1974, p. 14.
13
Idem, p. 15.
14
Idem, p. 16.
8
La situazione in Africa occidentale era diversa perché, secondo B.
Davidson, “l’Africa occidentale inglese sfuggì alla colonizzazione
bianca per tre motivi. Una tenace opposizione alla alienazione di terra
su vasta scala (…) fu il motivo primario. In secondo luogo, gli
interessi inglesi coinvolti nella produzione d’oltremare di raccolti
tropicali quali il cacao giunsero ben presto alla conclusione che
potevano essere perfettamente soddisfatti stabilendo un monopolio
sull’acquisto di una produzione già fiorente. In terzo luogo, si riteneva
che la malaria e il clima fossero mortali per gli europei (…)”
15
. Per H.
W. Turner
16
, in Africa occidentale non si è verificato nessun problema
inerente all’usurpazione della terra da parte dei bianchi: pochi sono
stati i conflitti razziali e l’indipendenza politica è stata raggiunta in
modo non troppo traumatico, per cui i movimenti profetici, che in
questa parte dell’Africa sono soprattutto di guarigione, presentano
una natura religiosa che l’autore definisce di tipo più “puro” rispetto a
zone come il Sud-Africa, dove i movimenti religiosi erano fortemente
legati ai movimenti di protesta e di rivolta contro il potere dei
bianchi
17
. In Africa occidentale “vediamo sorgere, in una prima fase,
una serie di movimenti neo-tradizionalisti a tinta antistregonistica. Più
tardi nasce un notevole numero di Chiese e sette indigene di tipo
carismatico, di guarigione mediante preghiera, e di «Chiese
spirituali». Dunque, diversamente da quanto accade nelle altre
15
B. Davidson, L’Africa nel Mondo Contemporaneo, Torino, Esi Editore, 1987, p. 104.
16
H. W. Turner può essere considerato, in Gran Bretagna, come il ricercatore “pioniere” dello studio delle
religioni, egli è stato il creatore e il direttore del centro studi e della biblioteca del Selly Oak College presso la
Birmingham University. Turner ha approfondito lo studio dei movimenti religiosi indipendenti africani, con
particolare interesse per la Nigeria.
17
H. W. Turner, History of an African Independent Church.The Church of the Lord (Aladura), Oxford, The
Clarendon Press, 1967, p. XIV.
9
regioni, le Chiese sorte nell’Africa occidentale, di massima, non sono
una risposta contro il colonialismo come regime di potere. Sia le sette
antistregonistiche dei primi tempi, sia le Chiese spirituali di
guarigione, vanno messe in rapporto non con fattori politici (…) ma
con fattori culturali (…). Non il problema delle terre, ma la minaccia di
spossessamento culturale” è stato il terreno d’origine di queste
Chiese
18
.
1.2.3 LA CRISI DI SPERSONALIZZAZIONE
In Africa occidentale si è assistito ad un vero sgretolamento
esistenziale che ha coinvolto non solo ogni singolo individuo ma
l’intera formazione sociale e che ha intaccato la concezione degli
africani della realtà: “(…) l’individuo si rende conto che la propria
«immagine mentale del mondo» è divenuta inadeguata a ridurre lo
stress [dovuto all’urto con la cultura occidentale] e (…) perciò egli
deve cambiare sia la propria «immagine mentale del mondo» sia il
sistema reale, onde attuare un’efficace riduzione dello stress”
19
.
Come riporta E. Mveng “(…) la crisi da parte dell’africano è una crisi
di spersonalizzazione (…). Sommariamente, il processo di
spersonalizzazione può essere descritto (…) in tre tempi: un
momento di rottura con le radici storiche della personalità; un
momento di isolamento e di abbandono, che genera un terzo
18
V. Lanternari, Dèi Profeti Contadini, Napoli, Liguori Editore, 1988, pp. 197-199.
19
V. Lanternari, Antropologia e Imperialismo, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1974, p. 67.