Introduzione
Se si considera la vita di Oprah Winfrey cominciando dalla sua
data di nascita, ci si rende subito conto di una clamorosa coincidenza.
Il 1954, anno di nascita di Oprah Winfrey, è infatti l’anno in cui la
storica sentenza della Corte Suprema americana nel caso Brown vs
Board of Education, dichiarando incostituzionale la segregazione
razziale nelle scuole pubbliche, dà il via ad uno stravolgimento nella
società americana e ad una nuova fase nei rapporti tra la maggioranza
bianca della popolazione statunitense e la minoranza nera. Tuttavia
molta strada dovrà ancora essere percorsa perché si possa parlare in
maniera compiuta di integrazione, non solo per quanto concerne la
razza ma anche la disparità tra i sessi. La vita di Oprah Winfrey ne è
una testimonianza diretta. La sua attenzione al tema della
discriminazione è testimoniata sia dalle numerose puntate dell’Oprah
Winfrey Show dedicate a tale argomento, sia dal suo attivismo in
campo umanitario a sostegno dell’educazione femminile in Sud
Africa, senza dimenticare il suo esordio al cinema con il celebre film
Il colore viola, che le è valsa una nomination agli Oscar come
migliore attrice non protagonista.
Tutto ciò ha contribuito in maniera determinante al suo
clamoroso successo, ma non spiega come Oprah sia riuscita ad
assurgere al rango di opinion leader più acclamata – e più pagata –
degli Stati Uniti, tanto da aver spinto la critica giornalistica e
accademica a parlare di spiritual leader e di “chiesa” in riferimento
alla sua figura e al suo show. Difatti molti altri celebri conduttori, che
hanno o hanno avuto un significativo consenso in termini di
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popolarità ed audience, hanno dato largo spazio a queste tematiche,
ma nessuno di loro è stato definito carismatico (nel senso di persona
capace di influenzare in maniera così profonda l’opinione pubblica).
Considerando poi che l’opinione pubblica in questione è quella di un
Paese rimasto unica grande superpotenza e la cui storia è stata scritta
in larga parte dai movimenti di base, si può convenire che la capacità
di Oprah Winfrey di influenzare il popolo spazia ben oltre un
travolgente successo economico e una grande notorietà.
Oggetto di questa indagine è, dunque, Oprah Winfrey. Non si
tratta, tuttavia, di un’ulteriore biografia o di una ricerca concernente
le sue numerose attività imprenditoriali che l’hanno portata ad essere,
secondo la rivista Forbes, la donna di spettacolo più ricca del mondo
con un patrimonio stimato intorno ai 1500 milioni di dollari. A questi
dati si farà ovviamente ricorso, poiché sono componenti essenziali
per capire la figura di Oprah Winfrey. Essi verranno utilizzati per
comprendere come le violenze sessuali subite, la perenne lotta con il
proprio corpo, l'iniziale condizione di estrema povertà, la dispersione
familiare e la cultura della chiesa battista abbiano plasmato la
conduttrice e come quest’ultima abbia a sua volta modellato il suo
show scostandosi dai canoni classici del daytime.
Lo scopo di questa tesi è cercare di capire come Winfrey sia
riuscita a trasformare se stessa in un guru mediatico ed il suo talk
show da intrattenimento televisivo a programma capace di modificare
l’opinione politica americana. Il suo endorsment a favore di Obama
ha senz’altro contribuito al successo del candidato democratico alle
presidenziali del 2008, ma sono soprattutto le sue prese di posizione
su singole tematiche quotidiane a scuotere la coscienza dell’America
e a spostare gli equilibri, arrivando anche ad intimorire una parte
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della popolazione. Basti pensare all’accusa da parte di alcuni
allevatori, ai tempi dell'epidemia della mucca pazza, di aver
condizionato il mercato della carne. In quell'occasione Oprah è
riuscita a trasformare il procedimento a suo carico non solo in un
successo legale personale, ma anche in un momento di denuncia
sociale su un tema particolarmente sentito dalla popolazione, quale
l’alimentazione con i pericoli alla salute ad essa connessi. Non va
tralasciata nemmeno l’imponente influenza esercitata da Oprah
Winfrey nel campo editoriale. Attraverso la sua rivista O e l’Oprah’s
Book Club è riuscita ad imporre sul panorama internazionale libri
rapidamente diventati bestseller, a testimonianza del fatto che anche
nel campo culturale Oprah è una figura in grado di modificare le
tendenze della società.
Naturalmente non sono mancate critiche alla sua persona e
verranno analizzate anche queste. Si pensi, in particolare, all’accusa
di moralismo facile e giustizialista rivoltale in occasione di una sua
intervista a Lance Armstrong, il ciclista vincitore del Tour de France
caduto in disgrazia per l’uso di sostanze dopanti. Tuttavia anche
queste critiche, in realtà, evidenziano come sia imponente la capacità
di Oprah Winfrey di essere ascoltata dall’America e come la
conduttrice sia in sintonia con quella parte dell'opinione pubblica
americana – la gran parte per essere precisi – profondamente legata al
concetto di integrità e moralità, e che deplora ogni trucco o
mistificazione per conseguire un risultato.
Considerando le sue umili origini, il suo disagio familiare e il
fatto di essere una donna di colore, il suo successo va ben oltre la
creazione di un programma di culto. Oprah è riuscita ad appropriarsi
e ad impersonare uno dei miti classici della cultura americana, quello
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del self-made-man (o per meglio dire della self-made-woman). Oprah
si è presentata come l'outsider capace di sparigliare le carte,
diventando un agente attivo nell’evoluzione della società ed è stata la
prima donna afroamericana in grado di farlo con questa forza, molto
prima che Condoleeza Rice e Michelle Obama s’imponessero
all’attenzione pubblica.
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CAPITOLO 1
Oprah Winfrey
1.1 Cenni biografici
Oprah Gail Winfrey è nata il 29 gennaio 1954 a Kosciusko, il
capoluogo della contea di Attala nello Stato del Mississippi. La
madre, Vernita Lee, diede alla luce Oprah all’età di soli 18 anni e
attribuì la paternità della figlia a Vernon Winfrey, un giovane
militare delle forze armate statunitensi, il quale si separò dalla Lee
pochissimo tempo dopo la nascita della bambina. Tuttavia Vernita
Lee mise in dubbio successivamente tale affermazione e sostenne che
il padre probabilmente era un' altra persona.
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Oprah, che in realtà avrebbe dovuto chiamarsi Orpah in
omaggio al personaggio biblico citato nel libro di Ruth, visse con la
madre e con i nonni materni i primi anni della sua infanzia in un
realtà povera e rurale. Infatti, sebbene Kosciusko fosse distante solo
70 miglia da Jackson, la capitale del Mississippi, era una minuscola
cittadina la cui economia si basava essenzialmente su piccole fattorie,
e aveva un tasso di popolazione afroamericana pari a circa il 36% del
1
Hellen S. Garson, Oprah Winfrey: A Biography, Westport, Greenwood Biographies, 2004, p. 12.
8
totale, molto più di quanto fosse riscontrabile in altre aree dello
Stato.
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A causa della mancanza di lavoro molti giovani afroamericani,
appena ne avevano la possibilità, abbandonavano la città o addirittura
lo Stato. Tra di essi vi fu anche Vernita Lee, che lasciò la fattoria
per trasferirsi nel Wisconsin.
Oprah Winfrey rimase, invece, presso la fattoria e fu segnata in
maniera indelebile dalla povertà, dalla paura del nonno, il quale era
avvezzo alla violenza fisica, e dalla rigida cultura battista imposta
dalla nonna Hattie Mae. Quest'ultima, benché amasse la nipote in
maniera profonda (e sarebbe rimasta per sempre una delle figure
chiave della vita di Oprah) la educò in maniera inflessibile,
punendola in maniera dura per ogni infrazione alle regole della
fattoria, anche per episodi per i quali la bambina non aveva alcuna
responsabilità. Tuttavia fu grazie all'assidua frequentazione della
chiesa battista locale alla quale apparteneva la nonna, la Faith United
Mississippi Church, che Oprah ebbe modo di evadere dalla rigidità
della fattoria. Poiché Hattie Mae le impose la lettura e la
memorizzazione del maggior numero possibile di passi biblici, Oprah
sviluppò sin dalla più tenera età una straordinaria qualità oratoria, che
ebbe modo di sperimentare per la prima volta proprio all'interno della
chiesa, recitando alcuni dei brani della Bibbia che aveva imparato a
memoria.
All’età di sei anni si trasferì nel Wisconsin dalla madre e le sue
condizioni di vita peggiorarono ulteriormente. Vernita Lee era,
infatti, estremamente povera e sopravviveva barcamenandosi tra
piccoli guadagni come donna della pulizie e assistenza pubblica.
Oprah patì, inoltre, il totale disinteresse nei suoi confronti da parte
2
Ibidem.
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della madre che le preferì sempre la sorellastra, nata durante la sua
permanenza dai nonni, grazie al fatto che avesse la carnagione più
chiara. Fu a partire da questa circostanza che Winfrey si scontrò per
la prima volta con il razzismo e lo visse in maniera ancor più
travagliata dei suoi coetanei, poiché ne fu paradossalmente vittima
all'interno della sua famiglia.
L'adolescenza fu altrettanto difficile. Divenne, infatti, ben
presto oggetto delle molestie di diversi parenti, arrivando ad essere
stuprata da un cugino e da uno zio.
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Questi eventi determinarono una
profonda dicotomia in Oprah poiché, come altre vittime di incesto,
anch'ella li visse provando “un misto di piacere e vergogna”.
4
Successivamente lo stupro avrebbe giocato un ruolo centrale nel suo
talk show diventando un leitmotiv del programma. In particolare, il
racconto in prima persona, durante la realizzazione di una puntata
dell’Oprah Winfrey Show, delle esperienze di violenza domestica
subite da Oprah quando era appena adolescente, avrebbe sconvolto i
canoni classici del talk show, rigidamente imperniato sino a quel
momento sul “distacco” del conduttore, contribuendo senz'altro al
clamoroso successo di Oprah Winfrey.
A seguito di queste brutali esperienze e delle difficili
condizioni economiche della madre, Oprah si trasferì all’età di
quattordici anni dal padre, che viveva a Nashville, nel Tennessee.
Vernon Winfrey e la sua nuova compagna Zelma crebbero Oprah in
un ambiente molto più sereno ed agiato. Il padre era un barbiere e
possedeva anche un piccolo negozio di alimentari, dove la figlia fece
la sua prima esperienza di lavoro. Il padre giocò un ruolo
3
Eva Illouz, Oprah Winfrey and the Glamour of Misery, New York, Columbia University Press, 2003, p. 28.
4
Ibidem.
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