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TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
del periodo della Restaurazione al fine di ren-
dere evidente, sia sotto il profilo giudiziario
che urbano, l’autorità e il potere dell’Impero. I
primi carteggi che trattano della localizzazione
e del finanziamento del nuovo tribunale e delle
carceri sono datati 1858, ma è solo nel 1870
che viene individuata l’area della Madruzza.
Nel 1871 si ha il Piano d’Avviso per
l’ampliamento della città nella località alla Ma-
druzza che prevede una lottizzazione a maglia
ortogonale e assegna al lotto n. 1, quello più
prossimo alle demolite mura cittadine, la collo-
cazione del tribunale. Cominciano così le pra-
tiche progettuali ed espropriative che portano
il lotto assegnato al tribunale ed alle carcere
dalle 1720 pertiche del 1872 alle 3960 perti-
che del 1877. L’edificazione del complesso si
conclude in soli 6 anni tra il 1877 ed il 1883. In
corso d’opera, rispetto al progetto iniziale, si
ha l’innalzamento di un piano dell’ala sud e
l’apertura di due ingressi secondari sulle ali
nord e sud. L’approccio materiale all’edificio e-
sistente si è avuto con il rilievo che, a causa di
una specifica legge sulla sicurezza che ha
molto inibito la prossimità fisica all’edificio, è
stato eseguito quasi esclusivamente con tec-
niche informatiche non convenzionali salvo in
infine eseguire una verifica inctrociata con tec-
niche tradizionali.
Con il nuovo sistema procedurale si è avuta la
riorganizzazione formale-istituzionale delle
competenze in merito agli uffici giudiziari: si
sono modificate sia norme di diritto civile e pe-
nale sia norme di diritto processuale civile e
penale. Le riforme più innovative sono quelle
del passaggio da un giudizio collegiale ad un
giudizio monocratico e l’incompatibilità nel ri-
vestire più di un ruolo nell’iter processuale.
Per comprendere quali sono gli operatori e lo
svolgimento delle attività giudiziarie e con
quali dinamiche si muovono persone, materiali
e informazioni all’ interno dell’attività giudizia-
ria si è svolta una specifica analisi da cui è di-
scesa una puntuale schematizzazione.
A partire dall’analisi della nuova struttura giu-
diziaria e degli operatori interessati, si sono di-
mensionati gli ambienti fisici. La conoscenza
documentata è stata esplicitata in caratteristi-
che dimensionali e distributive attraverso la re-
dazione di schede di sintesi focalizzando gli a-
spetti principalmente strutturali per la definizio-
ne progettuale in questione. Nella schedatura
si sono suddivisi gli spazi dell’organismo giudi-
ziario a seconda che si trattasse del tribunale,
comprensivo della procura della Repubblica,
della corte d’appello, comprensiva della procu-
ra generale della Repubblica, o degli spazi
complementari. Si sono quindi privilegiate in-
formazioni relative alle dimensioni, rapportate
al numero di utenti, all’ aggregazione delle u-
nità spaziali e alla dotazione di servizi. Le ipo-
tesi progettuali, funzionali ed organizzative for-
mulate ne sono state la naturale conseguen-
za.
La scelta di riproporre il polo giudiziario a
Trento laddove ha già sede, coerentemente
con le indicazioni del vigente Piano degli Inse-
diamenti Storici che prevedono la conserva-
zione per l’edificio del tribunale e la demolizio-
ne con ricostruzione per l’edificio delle carceri,
deriva in primo luogo dalla generale consape-
volezza della opportunità, nell’ottica
dell’eliminazione degli sprechi a tutti i livelli,
della salvaguardia del costruito esistente che
è anche salvaguardia dei tessuti sociali conso-
lidati. In secondo luogo dalla precisa volontà
di mantenere nel centro storico una delle fun-
zioni più rappresentative per la vita sociale:
l’amministrazione della giustizia. In terzo luogo
la forza di questa scelta sta anche
nell’evidente convenienza funzionale nel riuni-
re in un unico complesso, seppur distintamen-
te articolato a seconda dell’organica suddivi-
sione, tutte le attività che fanno capo
all’amministrazione della giustizia e che, a
norma di legge, possono essere riunite.
La definizione del progetto architettonico na-
sce dalla determinazione di una serie di obiet-
tivi primari che con la loro presenza danno ra-
gione di essere e qualificano l’intervento. Essi
riguarano il recupero del corpo antico,
l’apertura degli spazi interni alla città e la loro
fruibilità, l’evidente riconoscibilità degli ele-
menti e delle funzioni in essi contenute, la sa-
turazione visuale del lotto e il mantenimento
degli allineamenti, la semplicità, la forza e la
staticità, la cristallinità e la trasparenza degli
elementi architettonici in cui si gestisce la giu-
stizia.
L’ipotesi di intervento sull’area della Madruzza
consente la riqualifica dell’esistente edificio
del tribunale ed in secondo luogo libera
l’insieme del fabbricato delle carceri e degli
annessi magazzini che, soprattutto per il forte
grado di rigidità delle strutture, non si prestano
ad un razionale e conveniente riutilizzo. La
nuova destinazione data all’esistente edificio
del tribunale è fatta nel rispetto della sua natu-
ra imponente e rappresentativa. La sua volu-
metria è stata aumentata a livello interrato con
l’inserimento, all’interno delle ali, delle aule
per i procedimenti civili che sono denunciate
all’esterno da una copertura interamente ve-
trata sostenuta da travi in acciaio. La cesura
dal corpo delle carceri è denunciata in facciata
con un incisione verticale e con il trattamento
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TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
del paramento murario a semplice intonaco.
La definizione progettuale dei nuovi corpi di
fabbrica muove dalla maglia desunta
dall’analisi storica e dal costruito sia interno
che esterno al lotto. Si sono individuate due
zone di nuova progettazione. Una zona cen-
trale, baricentrica, che accoglie l’aulario, desti-
nato ad ospitare le due aule penali d’assise e
che per questo è investito di forti valenze sim-
boliche. A semplice pianta quadrata, caratte-
rizzato da un rivestimento esterno in pietra
calcarea bianca montata a giunto unito, è in-
serito in un disegno dell’arredo della piazza
che suggerisce un cerchio. Una seconda zo-
na, posta in testata al lotto, accoglie il com-
plesso delle procure articolato in due corpi a
sviluppo lineare paralleli a delimitare il lato est
dell’area. Il corpo ad est, più basso, è deputa-
to all’invito, con un ingresso ampio e senza fil-
tri intermedi, con un rivestimento esterno in
pietra calcarea. Il corpo più alto è interamente
vetrato e protetto da frangisole, a mostrare in
modo chiaro e limpido l’operato svolto al suo
interno. I tre complessi, quello del tribunale e-
sistente, l’aulario e le procure, sono unitaria-
mente integrati dalla piazza che individua i
percorsi, i punti di sosta ed il verde naturale
ed attrezzato. L’impostazione di progetto, con-
cettualmente unitaria, ha dato luogo così a
due espressioni architettoniche: del passato e
del presente, percepibili separatamente
dall’esterno e dall’interno, evitando la contami-
nazione di cui spesso si fanno portatori gli a-
dattamenti a rinnovate funzioni di edifici del
passato. Il modello di giustizia che si è voluto
concretizzare con questo progetto è quello in
cui, nel pur necessario ‘dramma’ ove una par-
te sacrifica ed una parte è sacrificata, ha luo-
go serenamente il dibattito fra giusto e ingiu-
sto, accusa e difesa.
La tipologia di chiusura verticale esterna scel-
ta per il fabbricato delle procure è quella a
doppio involucro trasparente (vetro a doppio
strato all’esterno, vetro monostrato interno ed
in mezzo camera d’aria areata), a indicare la
trasparente gestione della giustizia. Fra le
chiusure verticali esterne interamente vetrate,
tutte esposte al problema dell’alto valore di
trasmittanza termica del materiale, quella scel-
ta presenta superiori caratteristiche prestazio-
nali. Per la schermatura della luce diretta si è
dimensionato un sistema di frangisole interatti-
vo che, con una serie di automatismi ottimizza
le condizioni di irragiamento solare esterno e
quelle di comfort ambientale interno
all’edificio.
L’aulario, per le funzioni che deve contenere,
è fra gli edifici progettati quello che presenta
caratteristiche strutturali e morfologiche più ri-
levanti. Ipotizzato con una ossatura metallica
rivestita in pannelli lapidei, per le grandi cam-
pate di solaio ha rappresentato un elemento
notevole di cui si è reso necessario un predi-
mensionamento strutturale.
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 13
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA
NELLA STORIA
Un edificio pubblico nasce per mostrare la sua
unicità all’interno del tessuto urbano, facendo-
si univocamente identificare tra gli altri, o piut-
tosto deve essere un semplice contenitore di
funzioni pubbliche, magari solo ben distribuite,
ma uniformato a quello che è il suo contorno
cittadino? E questo vale anche per gli edifici
con funzioni ‘scomode’ per la società come
possono essere i tribunali e gli istituti di pena?
Robert Jacop, in un articolo apparso nel 1995i,
si chiedeva se esistesse un’architettura speci-
ficatamente adatta all’amministrazione e
all’esecuzione della giustizia. Se decidiamo di
focalizzare l’attenzione ai soli edifici rivolti al
dibattimento ci si può chiedere quali regole co-
struttive e distributive siano state utilizzate per
i luoghi giudiziari che, più in passato di oggi,
hanno assunto un investimento semantico e
hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella
società civile.
Un rapido sguardo al passato più recente por-
ta all’identificazione di una tipologia architetto-
nica: dal Palazzo Giustizia di Bruxelles (1860-
1884) di Etienne-Luois Boullée, a quello di Ro-
ma (1888-1911) opera di G. Calderini, si sco-
pre una ricerca di monumentalità che trae ori-
gine dalla Francia della fine del Diciottesimo
Secolo e si estende immediatamente in tutta
Europa, in Inghilterra e nel Commonwealth
con qualche variante, negli Stati Uniti, in Ame-
rica Latina e in Africa Settentrionale.
In tutto l’Ottocento le caratteristiche proprie di
questi edifici si identificano nella “facciata rigo-
rosamente simmetrica, in un ingresso maesto-
so inserito in un portico a colonne con fronto-
ne”ii. Da queste immagini emergono due do-
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 14
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
mande: da dove proviene questo modello e
perché si è sviluppato quasi all’unisono in
quelle parti del mondo che si caratterizzano
da un’ampia spinta di ricerca di democrazia?
FUNDAMENTA IACERE
Dalla lettura degli edifici e degli scritti che i
progettisti ci hanno lasciato emergono due
considerazioni : la prima riguarda la monu-
mentalità portata all’eccesso con il compito di
ammonire i cittadini che il luogo ove si trovano
e che stanno guardando è dedicato al giudizio
degli uomini, e che lì si difendono le leggi che
li governano; la seconda deriva dall’archetipo
che trae origine dalla Roma Imperiale e dalle
sue Basiliche, soprattutto a quella codificata
da Vitruvio nel De Architectura. I caratteri clas-
sici molto simili al tempio greco-romano pos-
sono in parte indicare la volontà di ricreare un
luogo di ‘culto della giustizia terrena’, in cui,
come davanti a Dio, tutti gli uomini sono ugua-
li: il Tribunale come casa della dea Atena.
Nella trattazione giunta fino a noi fatta da Vi-
truvio, l’opera architettonica per essere tale
deve avere tre proprietà: la firmitas, ovvero la
capacità di sopportare il proprio peso e i pesi
caricati, l’utilitas, cioè l’idonea funzionalità de-
gli spazi nei confronti delle attività che saran-
no svolte al suo interno, e la venustas, tutto
ciò che riguarda le esigenze estetiche e le cor-
rette proporzioni classiche. Queste indicazioni
riguardano la buona progettazione di tutti gli e-
difici, soprattutto se pubblici, non andando
quindi ad aggiungere nulla di nuovo al tema
progettuale trattato in questa sede. Continuan-
do nella lettura dell’opera vitruviana si arriva al
capitolo relativo ai Fori e alle Basilicheiii, nel
quale sono contenute queste indicazioni:
… Il luogo per le basiliche, le quali vanno
annesse ai fori, conviene sceglierlo
nell’aspetto più caldo, acciocché i nego-
zianti possano nell’inverno radunarvisi
senza soffrire il rigore delle stagioni. La lo-
ro larghezza non si farà minore del terzo,
né maggiore della metà della loro lun-
ghezza, se non nel caso che la natura del
luogo lo impedisse, e obbligasse a mutare
simmetria. … Le colonne delle basiliche
sembra doversi fare tanto alte, quanto so-
no larghi i portici; ed ogni portico sarà lar-
go la terza parte dello spazio di mezzo. …
iv
In seguito lo stesso autore da indicazioni me-
triche, visibili nella pianta allegata, di un possi-
bile schema basilicale da lui realizzato a Fano
e aggiunge un nuovo elemento:
… Dentro poi quel tempio di Augusto vi ha
il tribunale in forma di semicerchio scemo,
che è largo in facciata piedi XLVI, e la cui
curvità s’interna per XV piedi; e ciò perché
i negozianti che sono nella Basilica non
abbiano a disturbare coloro che stessero
in colloquio co’ magistrati. …v
La pratica giudiziaria ordinaria imperiale era
semplice: chi aveva qualcosa da reclamare
nei confronti di qualcuno si presentava davanti
ai magistrati riuniti in semicerchio ed espone-
va i fatti. Se le richieste erano ritenute lecite,
gli stessi chiamavano in giudizio la seconda
parte in causa che doveva difendersi. Tutto si
svolgeva all’interno dell’abside (tribunal = tri-
buna) per impedire che i rumori del mercato in
corso disturbassero eccessivamente gli astan-
ti.
Secondo G. Morollivi, nella sua guida illustrata
e commentata del De Architectura, la struttura
basilicale era interamente circondata da un
porticato colonnato (porticus) come una nava-
ta laterale continua e di ampiezza pari a un
terzo del lato minore della navata centrale. Le
colonne di separazione del porticato dallo spa-
zio centrale dovevano avere un’altezza pari al-
Foto 2: Palazzo di Giustizia di J. Poelaert
1868 - 1883 Bruxelles
Foto 1: Palazzo di Giustizia di G. Calderini
Detto il Palazzaccio
1886 - 1910 Roma
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 15
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
la larghezza del porticato stesso. Al di sopra di
questo correva un loggiato, o verrone, ugual-
mente colonnato (in modo coassiale rispetto a
quello sottostante e alto un quarto delle stes-
so) con interposto un graticcio o parapetto di
legno sufficientemente alto da non concedere
la vista dell’interno del loggiato da pian terre-
no. La zona giudicante rimane invariata a
quella precedentemente esposta ma nella de-
scrizione della Basilica di Fano viene data
un’ulteriore specificazione:
… Vitruvio conferma in questa sua basili-
Foto 3: Pianta della Basilica di Fano
De Architectura di Vitruvio
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 16
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
ca ‘speciale’ le indicazioni generali date
poco sopra a proposito delle Basiliche
‘normali’, né poteva essere altrimenti; lar-
ga sessanta centimetri [sta parlando di u-
na lesena proiezione della colonna anti-
stante sul perimetro murario esterno del
corpo basilicale ndr] (due piedi, cioè un
decimo dell’altezza, che conforterebbe
l’ipotesi dell’adozione del corinzio come
ordine egemone in tutte le membrature
delle Basiliche, sia le minori che le mag-
giori) ed aggettanti dalla parete ben qua-
rantacinque centimetri (un piede e mezzo
cioè tre quarti della lunghezza del fusto).
…
Questo passo spiega la presenza quasi domi-
nante del corinzio come ordine architettonico,
ma non concede altre indicazioni per un con-
fronto tra Epoca Imperiale e Ottocento.
Nello stesso articolo citato in precedenza, Ja-
cob riporta che in Francia non erano presenti
indicazioni precise per la progettazione di edi-
fici giudiziari, mentre per tutti gli altri edifici
pubblici, compresi gli istituti di pena, le stesse
erano talvolta molto vincolanti. Egli continua
dicendo che “ … se l’estetica dell’architettura
giudiziaria è rimasta in gran parte implicita ciò
si deve al fatto che essa è legata al simboli-
smo della giustizia come istituzione sociale:
un simbolismo tanto più potente in quanto non
rivela tutte le sue chiavi di lettura”.vii
MEDIOEVO E SIMBOLISMO
Quali sono i simboli occidentali della giustizia
terrena? Se si entra in una sala per le udienze
pubbliche (più facilmente in una di quelle dei
tribunali minori) si può vedere che sopra la
poltrona del giudice è presente una simbolo-
gia che, a seconda dei contesti, trae origine
da modelli culturali differenti.
Durante tutto l’Alto Medioevo si assiste
all’identificazione e alla delimitazione dei primi
spazi esclusivamente riservati al giudizio terre-
no. Normalmente sono luoghi esterni alla città,
localizzati sulla cima di una collinetta o co-
munque in un luogo sopraelevato, alla cui
sommità si trova un albero, preferibilmente di
olmo, frassino o tiglio (vi sono comunque an-
che tracce che li collocano in piazze di paese).
Sotto le fronde dell’albero prendevano posto il
giudice, gli imputati e i testimoni, all’interno di
un recinto fatto di rami di nocciolo intrecciati
oppure una serie di panche poste in semicer-
chio. Le analisi storiche sull’investimento se-
mantico hanno portato alla convinzione che
l’albero fosse l’elemento inizialmente di
‘sostegno universale’viii pagano e poi di colle-
gamento cristiano della giustizia divina (il cie-
lo) con quella temporale (la terra) a cui il giu-
Foto 4: Pianta della Basilica di Fano
De Architectura di Vitruvio
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 17
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
dice doveva fisicamente ‘appoggiarsi’ per po-
ter emettere un giudizio giusto. Il recinto di
nocciolo e le panche delimitavano un’area che
ricopriva due significati: indicare il luogo pro-
tetto in cui si ritrovava la pace giudiziaria, pri-
va al suo interno di ogni tipo di violenza, e de-
limitare un ambito arcano-simbolico in cui gli
atti di giustizia si ritrovavano inclusi in una sfe-
ra magica di ricucitura dei legami sociali (il le-
gno di nocciolo ha sempre avuto un potere so-
ciale: le bacchette delle fate e dei rabdomanti,
i bastoni dei druidi).ix
Con il progredire della storia i significati si ar-
ricchiscono e si evolvono: la sostituzione
dell’albero, collegamento verticale, con il Cri-
sto dell’Apocalisse giudicatore e in seguito
con il crocefisso, mantiene la primordiale fun-
zione pressoché costante ma ne trasporta to-
talmente il significato in ambito religioso. Esso
però non cambia: la giustizia è un pilastro
dell’ordine e del rispetto sociale nella quale si
trovano ad operare Dio tramite l’uomo. La di-
sposizione fisica degli attori interessati rimane
uguale: giudice, avvocati e imputati rimangono
ancora separati fisicamente dal pubblico, posti
in uno spazio delimitato. Accusatore a destra
e accusato a sinistra indicano l’ordine di pre-
cedenza nell’esposizione: in mezzo a loro un
uomo che mette in gioco la propria salvezza
ultraterrena più degli altri mortali perché chia-
mato a dare un giudizio in nome di Dio, unica
entità che lo può emettere.x
DAL BASSO MEDIOEVO ALLA
PRIMA META’ DEL XX SECOLO
Tra il XII e il XIII secolo si incomincia a sentire
la necessità di trasferire i luoghi per i dibatti-
menti almeno al coperto: inizialmente ospitati
in luoghi già esistenti (portici di chiese, mercati
coperti [le post-basiliche?]), essi incontrano
quasi immediatamente una sistemazione at-
torno alle cattedrali o nelle sale dei castelli si-
gnorili. Nasce così un nuovo campo di contro-
versia tra signori e autorità ecclesiastiche per
garantirsi il potere di giudizio sugli uomini.
Se si analizzano gli edifici giudiziari edificati in
questo periodo si possono trarre alcune consi-
derazioni: essi presentano un lato più lungo
dell’altro, una pianta non regolare e sono ge-
neralmente a due piani: sopra la sala del giu-
dizio e sotto le prigioni. Le celle non sono mol-
to ampie e per nulla luminose, al contrario del
piano superiore, perché la detenzione era pre-
vista solo in attesa di giudizio (le condanne,
che potevano consistere dalla semplice gogna
fino alla pena capitale, erano comunque tutte
senza detenzione). Non tutto il piano inferiore
era però occupato dai detenuti: nella parte di
questo che rimaneva libera, hanno trovato si-
stemazione attività artigiane [un altro riferi-
mento possibile alle basiliche]. Jacob riporta
che “ … talvolta questi traffici si estendono an-
che alle scale e ai corridoi del piano superiore,
Foto 5: Simbolismo del Giudizio tratto da ‘I sette Peccati Capitali’ di H. Bosch
Il magistrato, che regge il bastone della giustizia, è seduto sotto un olmo. Ai piedi dell’albero le panche delimitano un
recinto, un ‘parco’ o spazio giudiziario.
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 18
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
dando origine ad una galleria commerciale
…”xi La correlazione con le funzioni basilicali
romane può sembrare immediata, ma bisogna
considerare che tale pratica era diffusa anche
in altri luoghi sacri sin dai tempi dei Vangeli, in
quanto in essi si racconta che Gesù scaccias-
se i farisei dal tempio allora sede, oltre che di
preghiera, di giudizio divino esercitato in terra.
Tale pratica di commercio può risultare più
chiara se si considera che, soprattutto nel Me-
dioevo la religione, la vita pubblica e quella
privata tendevano a diventare una cosa unica,
in modo da far scomparire il confine tra sacro
e profano. E’ anche possibile che l’aspetto se-
vero della monumentalità di questi luoghi indu-
ceva l’uomo a cercare di mitigarlo assegnan-
dogliene uno più famigliare attraverso il mer-
cato e l’artigianato.xii Si deve attendere la Sa-
cra Inquisizione per avere spazi e luoghi adatti
alla detenzione, alla tortura, al giudizio e
all’esecuzione delle pene.
Con il XVII Secolo si assiste alla nascita di u-
na nuova tipologia funzionale per gli edifici
giudiziari. L’impianto diventa quadrilatero se
non addirittura quadrato; il servizio prestato in-
teressa un numero sempre maggiore di pub-
blico e di funzioni: tutto questo vuole la crea-
zione di una struttura amministrativa dedicata;
si ricerca un aspetto più severo
dell’architettura, con una valenza quasi peda-
gogica; avviene una separazione netta tra chi
giudica, e soprattutto tra chi commercia, e i
luoghi adibiti alla detenzione di chi deve esse-
re giudicato. Il tessuto cittadino limitrofo viene
stravolto, modificato profondamente da un edi-
ficio che non ricerca più la cooperazione urba-
na, ma vuole risaltare e sovrastare. Viene for-
tificato il piano inferiore per questioni di sicu-
rezza e salubrità dei detenuti e si crea un in-
gresso monumentale che riecheggia la tradi-
zione classica: un colonnato a uno-due ordini
sormontato da un imponente timpano, di solito
riccamente lavorato, una scalinata di accesso
che porta ad un ingresso squadrato. Viene ri-
preso anche l’ordine corinzio nelle colonne e
nelle lesene, non solo perché presente in Vi-
truvio, ma soprattutto perché come ordine
‘femminile’ incarna in ogni sua raffigurazione
la Giustizia. Tutte le superfici verticali esterne
libere vengono riempite da finestre e lesene
per non lasciare spazi vuoti che possano ge-
nerare sconforto e preoccupazione nelle per-
sone che guardano.
Tutte queste mutazioni segnano la rottura tra
ambiente giudiziario e ambiente urbano, dove
nascono e si perpetuano i reati e le attività u-
mane. Ci troviamo davanti ad un nuovo modo
di fare architettura per il dibattimento, un mo-
do che si sviluppa dalla nascita dell’idea di un
recupero della monumentalità del Tempio pa-
gano in onore di una dea, la Giustizia, che si è
salvata dal Cristianesimo perché portatrice di
valori universali. Universale non sta a signifi-
care affatto che in ogni luogo l’arbitrio della
legge sia lo stesso ma, almeno nella civiltà oc-
cidentale, è un recupero del desiderio comune
di garantire e di essere garantiti dagli altri. La
fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento so-
prattutto in Francia, segnano l’inizio di grossi
cambiamenti negli assetti istituzionali delle na-
zioni, ed è quindi normale che il cittadino vo-
glia sentirsi protetto anche visivamente dalla
giustizia. In quest’ottica le grandi piazze, aper-
te con squarci nel tessuto urbano, hanno il do-
vere di facilitare la vista del Palazzo di Giusti-
zia. In seguito l’architettura si affina e la fac-
ciata principale viene ripetuta anche sugli altri
lati “ … perché la giustizia, uguale per tutti, de-
ve mostrare su ogni lato lo stesso volto”.xiii Nel
corso di tutto l’Ottocento incominciano a na-
scere ovunque le strutture che ancora oggi im-
personano nell’immaginario collettivo l’idea di
giustizia: grandi colonnati con frontoni impo-
nenti e maestosità delle strutture.
L’ETA’ CONTEMPORANEA
Il secolo entrante è pieno di sorprese: la se-
mantica cambia tanto che alcuni Palazzi ven-Foto 6: Piazza del Maggior Consiglio Bormio
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 19
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
gono demoliti, come per esempio quello di Lil-
le progettato nel 1835 da Lepsus e sostituito
nel 1964 da quello progettato da Willerval e
Spenser. L’architettura contemporanea si pre-
figge il compito di riunire il cittadino con
l’apparato giudiziario, tentando di non presen-
tare più manufatti simbolicamente e fisicamen-
te monumentali ma edifici ‘liberi’, quasi acco-
glienti, integrati con il tessuto urbano, e so-
prattutto depositari nuovamente del fonda-
mento della legittimità e della responsabilità
della giustizia nel controllo della società. I pro-
gettisti che lavorano già su molti aspetti della
vita pubblica e privata sono direttamente chia-
mati a promuovere il rinnovo nell’architettura
giudiziaria. Edifici simbolici in una città in fer-
mento devono diventare fari per la collettività.
Entrare in un tribunale diviene un atto quasi
quotidiano per la maggior parte della popola-
zione, che vi accede soprattutto per svolgere
pratiche amministrative.
I tribunali di provincia ricoprono egregiamente
questo nuovo compito: si confondono/
diffondono nel contesto urbano affiancando la
nuova biblioteca, l’edificio della banca locale o
nazionale o riqualificando un vecchio com-
plesso. Le città minori si animano e si attivano
di uno spirito vivace per portare un’ennesima
opera architettonica nel loro tracciato urbano,
come nell’intervento di Anconaxiv in cui viene
promossa una coesistenza tra due espressioni
architettoniche memori di periodi differenti. Il
progetto, di concezione unitaria, rimane salda-
mente inserito nell’ambiente circostante a li-
vello stradale e si evolve storicamente e spa-
zialmente in verticale “ evitando la contamina-
zione di cui spesso si fanno portatori gli adat-
tamenti a rinnovate funzioni di edifici del pas-
sato”.xv Naturalmente un’impostazione più ra-
dicale, quasi di rottura del legame storico con
il circondario, può dare un notevole contributo
all’architettura della città, come accade a Léri-
daxvi in Spagna, ove il Palazzo di Giustizia pro-
muove nuove tecnologie e utilizzo di materiali
innovativi in un ambiente ostile
all’urbanizzazione ma tuttavia ancora in siner-
gia con il complesso fortificato alle sue spalle.
Foto 7: Palazzo di Giustizia di Baltard
1835 Lione
Foto 8: Palazzo di Giustizia di G. Cannella, F. Cle-
mente, A. Sandroni
1975 - 1986 Ancona
Foto 9: Palazzo di Giustizia di I. Gardella
1963 - 1994 La Spezia
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 20
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
Anche espressioni di completo isolamento sto-
roco-spaziale risultano appropriate, come a La
Speziaxvii, ma solo se valorizzate con un im-
pianto esterno che ne permetta l’analisi com-
pleta.
Un discorso differente riguarda le capitali e
tutti quei luoghi che ricoprono significati collet-
tivi che vanno oltre l’amministrazione della
giustizia in senso stretto. Opere come quelle
realizzate a Chandigarhxviii e Brasiliaxix, esula-
no da quello che è stato analizzato fino ad o-
ra. Si tratta di grandi impianti istituzionali di
ampio respiro che devono rappresentare una
nazione e un popolo agli occhi di tutti coloro
che li vi entrano. Il Palazzo dell’Alta Corte di
Giustizia (non più del semplice tribunale) vie-
ne affiancato da quello del Parlamento e dal
Segretariato, nell’opera di Le Corbusier, o in-
serito in una piazza, come quella dei Tre Pote-
ri di O. Niemeyer, con il Palazzo del Governo
e il Parlamento. In questi luoghi l’uomo sem-
plice è chiamato a stupirsi, l’uomo attento a
imparare.
Foto 11: Palazzo dell’Alta Corte di Le Corbusier
1952 - 1965 Chandigarh
Foto 10: Piazza dei Tre Poteri - Particolare
Brasilia
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 21
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
NOTE:
i
R. Jacob, La formazione storica dell’architettura giudizia-
ria, in ZODIAC 14 - Rivista Internazionale di Architettura,
dic. 1995, pp.31-43
ii
ibidem
iii
CAPO I, Del Foro e delle Basiliche, Libro Quinto, De Ar-
chitectura Marco Vitruvio Pollione
Iv
L’Architettura di Vitruvio nella versione di Carlo Amati, a
cura di Gabriele Morolli, Tomo II, pp. 118-119
v
ibidem
vi
L’architettura di Vitruvio – una guida illustrata, Gabriele
Morolli, Tomo I, pp. 67-68
vii
R. Jacob, La formazione storica dell’architettura giudizia-
ria, in ZODIAC 14 - Rivista Internazionale di Architettura,
dic. 1995 pp.31-43
Viii
ibidem
ix
R. Jacob, Immagini della giustizia. Saggio sull’iconografia
del giudizio dal Medioevo all’età Classica, Parigi 1994
x
Vangelo secondo Matteo, 7, 1-2
xi
R. Jacob, La formazione storica dell’architettura giudizia-
ria, in ZODIAC 14 - Rivista Internazionale di Architettura,
dic. 1995 pp.31-43
xii
ibidem
xiii
ibidem
xiv
di G. Cannella, F. Clemente e A. Sandoni, 1975-1986
xv
Palazzo di Giustizia di Ancona, 1975–1986 in ZODIAC
14 - Rivista Internazionale di Architettura, dic. 1995
pp.144-151
xvi
di R. Amadò e L. Domènech, 1985-1990
xvii
di I. Gardella, 1963-1994
xviii
Le Corbusier, il Campidoglio del piano urbanistico di
Chandigarh Stato del Punjab, 1950-1956
xix
O. Niemeyer, Piazza dei Tre Poteri (Tribunale Federale
Supremo, Palazzo del Governo, Parlamento) a Brasilia,
1958
Foto 12: Palazzo di Giustizia di R. Amadò, L. Doménech
1985 - 1990 Lérida
L’EDILIZIA GIUDIZIARIA NELLA STORIA PAGINA 22
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
Foto 13: Tavola originale di Ignazio Libera del Prospetto Principale del I. R. Palazzo di Giustizia
di Trento - 1876
Foto 14: Tavola originale di Ignazio Libera della Sezione AB del I. R. Palazzo di Giustizia
di Trento - 1876
Foto 15: Tavola originale di Ignazio Libera del Prospetto Nord del I. R. Palazzo di Giustizia
di Trento - 1876
LA STORIA DEL TRIBUNALE DI TRENTO PAGINA 25
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
LA STORIA DEL
TRIBUNALE DI TRENTO
Con la Restaurazione l’Impero Austro-
ungarico diede il via ad una grande ristruttura-
zione dell’amministrazione della giustizia, sia
sul profilo giuridico sia su quello tecnico-
architettonico. Le influenze francesi dei periodi
rivoluzionario e napoleonico avevano minato
la secolare staticità dei grandi imperi. La rifor-
ma giudiziaria era già stata attuatai, attraverso
la pianificazione fatta dal governo centrale di
Vienna, ma si doveva ancora intervenire sulle
‘icone’ urbane del mantenimento e del rispetto
delle leggi imperiali. Da questo partì una gran-
de campagna di ristrutturazione e di nuova e-
dificazione degli edifici adibiti al dibattimento,
per portare in ogni angolo dell’Impero la pre-
senza del legislatore. Per fare questo il Mini-
stero di Giustizia decise che gli oneri di acqui-
sto del terreno, delle spese amministrative e di
costruzione fossero interamente a carico dei
comuni che avrebbero ospitato i nuovi edifici.
L’ITER BUROCRATICO
E AMMINSTRATIVO
All’inizio della seconda metà dell’Ottocento,
attraverso il Decreto del 26 settembre 1851 n°
12683 dell’Eccelsa Presidenza del I. R. Corte
Superiore di Giustizia austriaca, anche la città
Trento si trova ad affrontare il problema del fi-
nanziamento e della localizzazione del nuovo
Tribunale e dell’istituto delle Carceri. La corri-
spondenza tra il Municipio cittadino e la Presi-
denza dell’allora I. R. Tribunale inizia nel 1858
(Nota n° 149 del 14 maggio) con la richiesta di
promuovere la redazione “di formale tecnico
LA STORIA DEL TRIBUNALE DI TRENTO PAGINA 26
TESI DI LAUREA
Una architettura per la giustizia a Trento Gianluca Busana
progetto col fabbisogno della spesa relativa e
di passare in pari tempo a tutte quelle altre
pratiche che si rendono necessarie per
l’acquisizione dell’area da occuparsi col fabbri-
cato”. In quanto alla località in cui erigere il
nuovo fabbricatoii, sempre nella Nota, si sug-
gerisce quanto segue: “L’unica località entro il
recinto delle mura, sotto ogni riguardo la più
conveniente, mi si presenta quella dietro il Li-
ceo [Liceo Classico G. Prati N.d.R.], ove cre-
derei di mettere prospetto in Fiera [Piazza di
Fiera N.d.R.] sulla linea delle civiche mura col
fabbricato del Tribunale proseguendo la linea
stessa che fronteggia la strada pubblica a
mattina [verso est N.d.R.] con l’istituto delle
carceri, come accenna il piano d’avviso qui
compiegato. …”.iii
Gli uffici del tribunale circolare trentino erano
ospiti di quelli vescovili nel Palazzo Pretorio in
Piazza Duomo, mentre le carceri si trovavano
nel Palazzo della Tromba nell’attuale via Ca-
vour. In tal situazione nascevano le esigenze
di trovare una nuova sistemazione tale da ga-
rantire spazi sufficienti alle attività correlate
all’amministrazione della giustizia, che cresce-
vano in proporzione all’aumento della popola-
zione, e di identificare un luogo preciso per
l’amministrazione della stessa.
In seguito alla nota del 14 maggio 1858 non ci
sono tracce di significative corrispondenze fi-
no al 1870, anche se il Presidente del I. R. Tri-
bunale richiedeva sollecitudine nelle pratiche
per inviare a Vienna quanto prima gli incarta-
menti. Nel fascicolo n° 626 del tardo 13 otto-
bre 1870 si scopre che il sito designato prece-
dentemente era stato scartato perché troppe
difficoltà erano sorte negli espropri e non vi e-
rano possibilità di un futuro ampliamento. Era
stata anche proposta la riconversione del con-
vento di S. Marco (davanti al Castello del
Buonconsiglio in Vicolo S. Marco) in edificio
giudiziario, ma poi scartata per motivi non ad-
dotti. Questa nota dà però due interessanti in-
formazioni: la prima che i Ministeri di Giustizia
e delle Finanze (decreto n°11565 del 5 ottobre
1870) davano autorizzazione al Presidio di
Trento ad avviare ufficialmente le trattative per
“la destinazione di adatto sito di fabbrica per
un caseggiato nuovo ad uso di questo Tribu-
nale e prigioni”iv; la seconda invece che:
“Dandone parte al Lodevole Municipio, mi per-
metto di ricercare la sua compiacenza a voler
informare se sia qualche speranza, che possa
realizzarsi il progetto menzionato di una nuova
strada da condursi in continuazione di quella
che costeggia la Piazza d’Armi [Piazza Vene-
zia e Largo Porta Nuova N.d.R.] in linea diret-
ta con l’Orfanotrofio Sartori [le attuali scuole
Crispi N.d.R.], con la quale si renderebbe di-
sponibile un tratto considerevole della strada
attuale in aderenza all’orto ginnasiale [lo spa-
zio che era stato oggetto di interesse in prece-
denza N.d.R.] di ragione dell’Eccelso Erario, e
sembrerebbe con quest’aggiunta adatto e suf-
ficiente il sito per la nuova fabbrica”v. La rispo-
sta del Municipio non si fa attendere: “ … Mi
prego di poter riferire che questo municipio
desidera di redigere il progetto di una nuova
strada in continuazione di quella di Piazza
d’Armi fino all’Orfanotrofio Sartori in base al
disegno che verso restituzione si allega”.vi
LE MODIFICHE NELL’ASSETTO
URBANO
La struttura urbana di Trento fino alla metà
dell’Ottocento era ancora assoggettata alla
presenza delle mura medioevali che frenava-
no lo sviluppo edilizio esterno alla città stessa.
Negli anni che vanno dal 1853 al 1855 si ha
l’abbattimento di gran parte della cinta muraria
per un ampliamento degli spazi edificabili cit-
tadini. Vengono allora redatti i Piani d’Avviso,
cioè progetti urbani a piccola scala, di solito li-
mitati ad un quartiere, che fissano le infrastrut-
ture primarie e danno indicazioni sulle destina-
zioni d’uso dei lotti.
DATA SUPERFICIE COSTO NOTE
11 novembre 1872 1720 pertiche 11123,453 fiorini
3 dicembre 1872 200 pertiche 625 fiorini
23 marzo 1873 480 pertiche 1500 fiorini
20 luglio 1875 60 pertiche gratuito
13 gennaio 1877 1500 pertiche gratuito per lo svago dei detenuti
TOTALE 3960 pertiche 13248,453 fiorini di cui 3707,818 per oneri di urbanizza-
zione
14420,16ix mq