UN POEMA
CAVALLERESCO
IN SESTA RIMA:
IL LIBRO D’ARME E
D’AMORE CHIAMATO
“LEANDRA”
DI PIETRO DURANTE
DA GUALDO
INTRODUZIONE
La Leandra di Pietro Durante da Gualdo è da inserire in un contesto
storico, culturale e sociale tra i più densi e ricchi di avvenimenti e fermenti.
Epoca di massima fioritura artistica della civiltà europea, il Cinquecento, è
però anche un secolo segnato da profondi mutamenti e da una complessità e
varietà di fenomeni difficilmente riducibili a poche linee organiche.
E’ nel Cinquecento che maturano eventi straordinari come l’insediamento
degli europei in alcune aree del continente americano di recente scoperto, la
fine del sogno di egemonia della Spagna in Europa, la Riforma protestante, il
crollo della signoria e la perdita dell’indipendenza d’Italia. La cultura italiana
vive una situazione apparentemente paradossale, divisa tra la crisi delle
istituzioni politiche quattrocentesche ed una eccezionale fioritura culturale,
comune al resto d’Europa.
Si può assistere, dunque, ad un rinsaldarsi di quel rapporto fra lavoro
intellettuale e centro del potere politico, tratto costante di tutto l’Umanesimo.
I committenti di corte chiedono agli intellettuali di esaltare e allo stesso
tempo di esemplificare quell’ideale di uomo perfetto, proponendo la
produzione di opere letterarie, musicali, artistiche, così da fondere insieme
valori formali e aspirazione al godimento della bellezza, entrambi assiomi del
Rinascimento.
La corte è sì il principale soggetto di committenza, ma non esaurisce il
pubblico e l’ambito di fruizione dell’opera d’arte; in effetti, il pubblico a cui si
indirizza il letterato in particolare, l’intellettuale in generale, non corrisponde
più al gruppo ristretto degli appartenenti ad una singola corte, ma a tutti
coloro che fanno riferimento ad uno stesso modello umanistico.
In altri termini, un autore come Durante da Gualdo, appartenente
all’ambiente notarile di provincia ma profondamente immerso nei valori
dell’intellettuale umanista e rinascimentale, non si rivolge più ad un pubblico
circoscritto, ma ad un lettore che, nelle corti italiane come in quelle europee,
possa e sappia apprezzare i modelli formali e stilistici più diffusi, qui in
particolare, risolti nel poema cavalleresco. Non solo; egli va oltre le possibilità
e gli ambiti ristretti del “genere”, sperimentando un nuovo strumento
metrico-poetico: la sesta rima.
Infine, nell’indicare le condizioni del lavoro intellettuale nella prima metà
del Cinquecento si deve sottolineare la centralità dell’editoria. La
moltiplicazione degli editori ed il carattere ormai manifatturiero della
produzione consentono la diffusione, la proliferazione e la circolazione di più
2
e diverse edizioni, ma di qui anche le probabili cause della perdita di preziosi
strumenti per l’interpretazione complessiva dell’opera in questione.
3
CAPITOLO PRIMO
IL POEMA E IL SUO AUTORE
1.1 I DATI INIZIALI
Il Libro d’arme e d’amore chiamato Leandra è un poema cavalleresco in sesta
rima, il cui autore è Pietro Durante da Gualdo. Si tratta di un’opera ora quasi
sconosciuta, ma che ha, naturalmente, una sua storia. La prima edizione
risale al 23 marzo 1508, il luogo di stampa è Venezia, lo stampatore è Jacopo
da Lecco: a questa ‘princeps’ seguono altre ventuno edizioni veneziane, una
edizione di Lucca, una di Verona ed una senza anno né luogo di stampa!
1
1
Riporto le date di tutte le altre edizioni con i rispettivi stampatori e luoghi di stampa:
1517 Alessandro de’ Bindoni Venezia 1568 Giovanni Padovano Venezia
1521 Guglielmo da Fontaneto Venezia 1569 Alessandro de Vian Venezia
1534 Guglielmo da Fontaneto Venezia 1587 Fabio e Agostino Zoppini Venezia
1536 – 1541 – 1549 s.n.t. 1617 – 1629 s.n.t.
1550 Bartolomeo l’Imperatore Venezia 1669 Zaccaria Consati Venezia
1551 Giov.Andrea Valvassore Venezia 1678 Guadagnino Venezia
1553 s.n.t. 1683 s.n. Venezia
1556 Bartolomeo l’Imperatore Venezia s.d. Marescandoli Lucca
1562 Alessandro de Vian Venezia s.d. Bartolomeo Merlo Verona
1563 Alessandro de Vian Venezia s.d. s.n.t. : citata da N.F. Haym
1565 Alessandro de Vian Venezia
4
In tutto questo testo ebbe venticinque edizioni, la maggior parte delle quali
appartengono al XV secolo. Questo testimonia la fortuna che il poema ha
avuto, fatto del resto comune alla letteratura cavalleresca del periodo, il cui
fascino aumenta in seguito all’uscita dell’Orlando Furioso.
Le edizioni della Leandra finiscono nel 1683 e non si hanno più notizie
dell’opera nei secoli successivi. Le tracce si perdono dopo questa data, e
l’opera di Pietro Durante viene solamente citata in alcuni testi critici relativi
alla storia della letteratura italiana
2
.
L’autore, Pietro Durante da Gualdo, non era uno scrittore di professione,
bensì un notaio. A monte di questo successo, dunque, non si ritrova la fama
dell’autore o la grandezza artistica dell’opera, ma il numero di edizioni è un
dato storico che rende interessante questo libro. E’ probabile che la chiave
del successo che la Leandra ha avuto sia da ritrovare nell’incontro tra il
genere di appartenenza, il poema epico cavalleresco, e l’uso inconsueto della
sesta rima per un genere che è tradizionalmente composto in ottave.
2
Cito quali sono:
- G.M. Crescimbeni, Dell’istoria della volgar poesia, Venezia, L. Basegio, 1730, V, pp. 228-229
- F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II Milano, 1742, p. 227 e p. 231, IV Bologna,
1739, p. 333 e p. 572
- G. Melzi, Bibliografia dei romanzi e poemi cavallereschi italiani, Milano, 1838
- F. Foffano, Il poema cavalleresco, in Storia dei generi letterari italiani, Vallardi, Milano, 1904, II vol.
- M. Beer, Romanzi di cavalleria. Il “Furioso” e il romanzo italiano del primo ‘500, Bulzoni
- F. Calitti, Pietro Durante, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma. Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
1960
5
1.2 CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTORE
Le notizie riguardanti Pietro Durante da Gualdo sono piuttosto scarse.
Appartenne ad una famiglia di notai ed il suo nome si alternava
frequentemente con Piero o Piero Antonio. Nacque a Gualdo Tadino, in
provncia di Perugia, presumibilmente intorno al 1450. Come per la data di
nascita, così anche la data di morte non è esatta, ma rilevata intorno al
1510, mentre è certo che nell’anno 1507 si interrompono i rogiti notarili
scritti di sua mano, che iniziano nel 1472 e che ora sono custoditi
nell'Archivio Notarile di Gualdo Tadino. La sua professione, dunque, fu quella
di notaio, ed i suoi due figli, Magio e Massimino, la continuarono come
eredità di famiglia, rogando rispettivamente dal 1527 al 1551 e dal 1524 al
1525.
La discreta notorietà di Pietro Durante da Gualdo è legata comunque
all’opera già presentata precedentemente, la Leandra, ed infatti la data della
prima edizione è il 1508, esattamente un anno dopo l’interruzione della sua
attività di notaio. Durante si dedicò e si appassionò al lavoro intrapreso, ed il
suo intento era quello di creare un’opera unica nel suo genere:
effettivamente ci è riuscito, poiché non si hanno notizie, nella vastissima
6
produzione letteraria che va dai cantari ai poemi cavallereschi attraverso due
secoli ed oltre, di un’altra opera che sia stata scritta in sesta rima.
1.3 IL CONTENUTO
L’argomento della storia è il seguente: Gano, invidioso di Rinaldo, nipote di
Carlo Magno, vuole che il re lo mandi ambasciatore al Gran Can di Tartaria in
modo che il paladino sia ucciso, secondo gli accordi presi fra i due. Rinaldo,
avendo scoperto il tradimento, insieme con Orlando, si scaglia contro i
sostenitori di Gano, uccidendoli, ed a causa di questo Carlo Magno li fa
bandire dal suo regno. Così Rinaldo e Orlando, insieme ad Ulivieri ed Uggieri
il Danese, si recano in Pagania.
Prima di giungere a Gerusalemme, accadono molti fatti: il primo è la lite fra
Rinaldo e i tre paladini, causata da Ulivieri, che li porta a dividersi; poi
avviene la loro riappacificazione; inoltre c’è l’incontro con Malagigi, che da
tempo ha abbandonato la Francia. Infine i quattro giungono a Gerusalemme,
dove hanno notizia che il Gran Soldano ha fatto bandire una bellissima
giostra con la promessa di dare sua figlia Leandra in sposa al vincitore. La
bella principessa è già innamorata di uno di quei signori partecipanti alla
7
giostra, il poderoso Paranimfo, che vince su tutti. Dopo molte audaci
imprese, Paranimfo deve scontrarsi con Rinaldo, ma rimane ucciso, con gran
dolore di Leandra. In breve tempo, però, l’angoscia della donna scompare,
poiché ella si innamora del cavaliere cristiano. Anche lui viene preso
dall’amore, per questo sconfigge tutti gli altri partecipanti, restando vincitore
del torneo. Come da promessa, Rinaldo avrebbe sposato Leandra, ma
proprio quando le nozze stanno per avere luogo, un messo di Gano riesce ad
avvertire Il Soldano che Rinaldo, Orlando e gli altri cavalieri, presentatisi a lui
sotto mentite spoglie, sono in realtà cristiani. A questa notizia il Soldano
pensa di catturarli e ucciderli, e confida nell’aiuto di Leandra, la quale però,
non potendo acconsentire per l’amore che prova verso Rinaldo, racconta
tutto a quest’ultimo e gli consiglia di fuggire insieme con lei e con gli altri
paladini per rifugiarsi in una rocca ben protetta nei pressi della città. Così
fanno, ma subito sono assediati dall’esercito del Soldano. I saraceni riescono
a penetrare nella rocca attraverso un passaggio segreto, così che i cavalieri
sono costretti ad uscire. Vedendo questo, Leandra pensa che Rinaldo voglia
abbandonarla, e, vinta dalla disperazione, si getta dalla rocca, mettendo così
miseramente fine alla sua vita.
I quattro paladini riescono a distruggere gli assedianti, ma capiscono che
presto il Soldano avrebbe mandato altri soldati contro di loro, quindi l’unica
8
soluzione è fuggire e nascondersi in un altro luogo più sicuro. Trovano, oltre
il bosco, una torre, ricettacolo di assassini, da cui devono comunque
difendersi. Il Soldano comanda un nuovo assedio alla torre, ma Carlo Magno,
venuto al corrente di tutto, recluta un gran numero di principi cristiani per
andare in aiuto dei paladini. Anche il Soldano ha rinforzato il suo esercito con
tutti i migliori principi saraceni, così che i due eserciti si affrontano a più
riprese, fino a che un pagano viene fatto prigioniero e grazie a questo
Rinaldo e gli altri possono essere liberati dall’assedio. Una volta giunti al
campo cristiano, tutto l’esercito fa grandi festeggiamenti.
La guerra però non è ancora finita. Così, dopo aver di nuovo organizzato
l’esercito, e dopo aver combattuto per un giorno intero senza risultati, c’è un
assalto improvviso dei cristiani al campo nemico. I saraceni, presi alla
sprovvista, sono sconfitti e Carlo Magno si dedica alla conquista definitiva di
Gerusalemme.
L’obiettivo successivo è Costantinopoli, ma, durante il viaggio per mare,
venti ostili trasportano le navi verso luoghi diversi. La nave su cui erano
Rinaldo, Astolfo e Ricciardetto si ritrova a Delfo. Lì il popolo adora gli idoli,
ma Rinaldo converte i cittadini alla fede cristiana, esortandoli poi ad armarsi
contro il duca Adriano, idolatro loro signore. Segue una dura battaglia, il
duca finge una tregua mentre in realtà sta ammaestrando una bestia
9
crudele, il minotauro, per uccidere Rinaldo. Ma nello scontro la bestia rimane
uccisa per mano del cristiano, che inoltre fa prigioniero il duca e lo porta con
sé in un nuovo viaggio verso l’India.
Nel frattempo re Carlo, Orlando e tutto l’esercito sono sbarcati, dopo la
tempesta, in Grecia, conquistandola. Dopo aver sottomesso anche
Costantinopoli, Carlo Magno ritorna in Francia con la sua gente.
Dopo altre avventure meravigliose in India, per opera della magia di
Malagigi, Rinaldo e gli altri cavalieri, tutti addormentati, ritornano in Francia
su una misteriosa nave. Si dirigono verso Parigi in cerca di Gano, e scoprono
che tutta la corte dà Rinaldo per morto insieme al suo seguito, non avendo
avuto più notizie sulla loro sorte. Rinaldo, travestito da pagano per non farsi
riconoscere, sfida Gano a battaglia, ma questi non vuole uscire allo scoperto,
anzi, gli manda contro altri paladini, fra cui Orlando, inviato da Carlo Magno.
Poiché Rinaldo passa per infedele, i due si scontrano, ma non appena
Orlando lo riconosce, si abbracciano con grande commozione, e poi, dopo la
gioia del ritrovamento, scoprono anche il tradimento che Gano ha ordito alle
loro spalle. Carlo Magno allora lo fa catturare e lo consegna alla mercè dei
paladini, che vogliono ucciderlo, ma Gano comincia a piangere a dirotto e ad
implorare perdono per il male inflitto e i tradimenti orditi sia ai paladini sia
alla corona di Francia. Rinaldo, mosso a compassione, lo perdona, ed anche
10