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Proclamavano:”la lotta armata è la via principale della lotta di classe”,
gridavano di rivolte, di abbattere con la violenza il sistema ingiusto.”Tutto
subito”, era uno dei motti più diffusi Ci si scagliava contro uno Stato
dirigista,poco attento alle richieste di tutti, a causa, forse di una forte
incongruenza politica che non esitava a ripercuotersi sulla compagine
economica, sociale.
Si scagliavano contro le ancestrali metodologie politiche democristiane e,
soprattutto, contro il Partito comunista, colpevole di aver promesso per
cinquant’ anni la rivoluzione senza mai realizzarla, in nome del vero
comunismo politico sovietico;contro i sindacati accusati del declino delle
lotte dei lavoratori.
Uno dei motivi scatenanti l’azione delle Brigate Rosse fu il terrorismo
nero: la strage di Piazza Fontana, l’attentato al treno Italicus, le bombe in
piazza della Loggia a Brescia.
Violenza generatrice di altra violenza motivata però , questa volta dalle BR,
perché, dice Mario Moretti ( a capo delle Brigate nel 1981, poi arrestato) è
“inevitabile riconoscere la gravità delle nostre azioni,assimilabili senz’
altro a reati, anche gravi; non sto rivendicando-continua- un principio
della giustizia borghese o simili. E’ finita la guerriglia, è finito anche il
processo guerriglia. Ma dico- continua – che la storia delle Brigate Rosse è
un frammento di storia politica, non un frammento di storia penale. Non è
in tribunale che si può fare bensì in una sede politica,in un luogo della
6
società. La sinistra – e, da queste parole, traspare palesemente contro chi,
soprattutto le Brigate puntavano il dito – la doveva fare da un pezzo. E noi,
brigatisti avremmo parlato. Ma sugli anni ’70 la sinistra non parla, perché
dentro ci sta anche un’insorgenza armata, si voglia o non si voglia,
comunque la si giudichi”. Attribuendo le giuste responsabilità, Moretti
vuole cercare di restituire questa storia alla possibilità di una
critica,condannando, in particolare, “chi cerca di intorbidare una vicenda
che è stata piena di speranze, forse illusioni, tentativi, errori, dolore, morte
–ma senza sozzure”
1
.
E’ il 1970 l’anno di formazione delle Brigate Rosse , l’humus in cui
nascono è quello che contraddistingue il biennio 1968-69, un biennio di
lotte operaie e studentesche. Nell’area milanese, a fianco di quelli che
saranno i “gruppi storici” della nuova sinistra si formano molti Comitati
Unitari e Collettivi Autonomi. Si tratta di formazioni esterne alle
organizzazioni sindacali. Il coordinamento di un certo numero di esse,
nell’autunno del ’69, prende il nome di Collettivo Politico Metropolitano
(CPM), che raccoglie operai e tecnici presenti in due stabilimenti
particolari :Siemens e Pirelli. Ad essi si affiancano studenti di diversa
estrazione : piccola e media borghesia, figli di operai. Ad accomunare i
militanti del CPM – il cosiddetto nucleo storico delle Brigate Rosse – è il
marxismo-leninismo nella versione della Terza Internazionale , rinverdita
1
Mario Moretti, Brigate Rosse. Una storia italiana, Baldini & Castaldi, Milano 2003
7
dall’analisi maoista. Un anno più tardi il CPM darà vita al gruppo di
Sinistra Proletaria. In particolare dopo la strage di Piazza Fontana ( 12
dicembre 1969), interpretata da gran parte dei movimenti del tempo come
strage di stato intesa a dissuadere,con metodi terroristici ,il cammino delle
lotte operaie e studentesche,il dibattito già in corso sull’uso della violenza,
trova in molte formazioni extraparlamentari sollecitazione ed impulso. In
Sinistra Proletaria esso si traduce nella scelta da un lato di dare vita ad un
giornale (Nuova Resistenza), mentre dall’altro si forma alla Pirelli di
Milano, la prima Brigata Rossa (novembre 1970).
Il passaggio sul terreno del terrorismo avviene nell’autunno del ’70, in un
convegno a Chiavari, in Liguria. In quella sede vengono gettate le basi delle
Brigate Rosse che inizialmente puntano alla propaganda armata : con gesti
eclatanti, ma non sanguinari (attentati incendiari, sequestri lampo, gogne,
rivendicazioni e proclami), il gruppo armato intende scuotere le coscienze
rivoluzionarie.
Tra il novembre 1970 e il maggio 1972 nascono Brigate Rosse in alcune
grandi fabbriche milanesi (Pirelli, Sit-Siemens) ed in alcuni grandi quartieri
(Lorenteggio, Quarto Oggiaro).
La prima azione delle BR che abbia un certo peso avviene nella notte del
25 gennaio 1971: otto bombe incendiarie vengono collocate sotto altrettanti
autotreni sulla pista prova pneumatici di Lainate dello stabilimento Pirelli.
Tre autotreni vengono distrutti dalle fiamme.
8
La prima azione BR che ha come obbiettivo una persona avviene a Milano
il 3 Marzo 1972, quando l’ingegnere Idalgo Macchiarini, dirigente Sit-
Siemens, viene prelevato di fronte allo stabilimento, fotografato con un
cartello al collo e sottoposto ad un interrogatorio di alcune ore sui processi
di ristrutturazione in corso nella fabbrica.
Il 2 Maggio 1972, a Milano, scatta la prima rilevante operazione di Polizia
contro le BR. La maggior parte dei militanti ricercati,tuttavia, riesce a
sfuggire all’arresto. Da questo momento la semiclandestinità si trasforma
per la nascente organizzazione in vera e propria scelta clandestina laddove,
dice Moretti, questa scelta apparirà come rilancio (“La guerriglia, proprio
perché si trova in una situazione limite,è come un nervo scoperto nel corpo
sociale, avverte con assoluta certezza i rapporti di forza e come
cambiano”
2
) profondo, nell’ animo dei militanti e come inizio della
sconfitta allo stesso tempo: “ Magari avremo sbagliato la risposta, ma
avevamo capito che si stava marciando verso la sconfitta. O almeno lo
percepiamo, la ragione ce lo dice. E però noi siamo nati dentro
un’offensiva, non conosciamo il reflusso. La nostra esperienza di militanti
di quegli anni, proprio anagraficamente, non sa che cosa sia arretrata. Sa
solo rivendicare più spazi, più libertà di muoversi,più rottura delle idee
ricevute Rilanciamo”.
3
2
Ibidem
3
Mario Moretti, Brigate Rosse. Una storia italiana, Baldini & Castaldi, Milano 2003
9
Nell’agosto-settembre 1972 le BR , sul modello organizzativo proposto in
Uruguay dall’organizzazione guerrigliera urbana dei Tupamaros,
costituiscono a Milano e a Torino due colonne, ognuna delle quali
composta da più brigate operanti all’interno delle fabbriche e dei quartieri;
nell’autunno del ’73 c’è necessità di articolare il lavoro in settori,ne
vengono definiti tre:
– settore delle grandi fabbriche;
– settore della lotta alla controrivoluzione;
– settore logistico.
Questa suddivisione oltre a maturare il movimento rivoluzionario dal punto
di vista ideologico-politico, in concomitanza alle lotte operaie Fiat nelle due
città, conduce le due colonne ad una riflessione congiunta tesa a dare
respiro strategico all’organizzazione, proiettando la sua forza contro le
istituzioni politiche e contro lo Stato. La fase della propaganda armata è
finita. Comincia l’attacco al cuore dello Stato: ciò consente un’ accezione
più appropriata delle BR, nonché quella di movimento anarchico.
Dalla necessità di coordinare a livello nazionale i Settori nascono due
Fronti: il Fronte delle grandi fabbriche ed il Fronte della lotta alla
controrivoluzione.
Il 18 aprile 1974, a Genova, ha luogo il primo sequestro rivendicato dal
FdLC del magistrato Mario Sossi; nel corso del sequestro le BR chiedono
10
la liberazione di alcuni detenuti della formazione armata genovese e
diffondono l’opuscolo :”Contro il neo-gollismo portare l’attacco al cuore
dello Stato”.
Tra il 1973 e il 1974, le BR allargano i loro rapporti organizzativi in varie
regioni: in Veneto nasce la terza colonna cioè quella veneta; in Liguria la
nuova colonna genovese; nelle Marche si stringono relazioni con esponenti
dei Proletari Armati in Lotta, alcuni dei quali daranno vita al comitato
marchigiano delle BR.
Nell’estate del ’74 l’espansione delle BR, seguita alla campagna Sossi,
porta alla decisione di creare un terzo Fronte –il Fronte logistico- al fine di
affrontare , in modo più adeguato,il coordinamento dei settori logistici di
ciascuna colonna.
Le BR continuando ad assumersi la piena responsabilità anche delle azioni
mortali ( 17 giugno 1974 a Padova le BR compiono la prima azione mortale
contro due persone), ribadiscono che la questione centrale dell’intervento
armato è sempre la lotta allo Stato e non l’antifascismo militante: ed è
proprio il “movente politico”,in termini puramente dogmatici a fare la
differenza con i comuni movimenti ad esse coevi. Nel documento
dell’estate del 1974 (“Alcune questioni per la discussione
sull’organizzazione”) si legge: “All’origine della nostra storia c’è un
nucleo di compagni che, operando scelte rivoluzionarie,si è conquistato nel
combattimento un ruolo indiscutibile di avanguardia...Oggi con la crescita
11
dell’organizzazione e della sua influenza… questo nucleo storico è di fatto
insufficiente. Si propone pertanto alla discussione dei compagni la
formazione di un consiglio rivoluzionario che raccolga e rappresenti tutte
le tensioni e le energie rivoluzionarie maturate nei fronti, nelle colonne e
nelle forze irregolari. Questo consiglio dovrà essere la massima autorità
nelle BR”.
4
8 settembre 1974 arriva il primo duro colpo per le BR con l’arresto dei due
capi del momento: Franceschini e Curcio; immediata la prima riunione
della Direzione strategica BR per decidere sulle contromosse che, ad ogni
modo, porteranno alla liberazione di Curcio nel febbraio ’75.
Dal ’75 partono i confronti tra le BR e gli altri movimenti rivoluzionari
minori: è collocabile in questo anno il primo confronto politico con i Nuclei
Proletari Armati,(NAP) che si concretizza in due momenti offensivi:
– contro le strutture dell’Arma dei carabinieri;
– con l’incursione nella sede dell’ispettorato degli Istituti di
Prevenzione e Pena di Milano (1976).
Nei volantini di rivendicazione NAP e BR rendono noto che “nel rispetto
della propria autonomia politica, entrambe le organizzazioni possono
praticare comuni scadenze di lotta e d’azione in un unico fronte di
combattimento”.
4
www.criminal.it, sezione dossier: “Progetto Memoria”
AA.VV “La mappa perduta”, Roma 1994.
12
Il biennio 1974- 1976 si verificano una serie di attentati in cui perdono la
vita tre uomini della Polizia e il Procuratore generale Coco per non aver
firmato la liberazione dei detenuti che le BR avevano chiesto in cambio
della liberazione Sossi nelle stragi di Genova ;mentre a Milano, dopo un
altro forte scontro a fuoco con la Polizia si costituisce un’altra colonna
delle BR: Walter Alasia “Luca”.
Il 1976 segnerà una svolta nella storia delle BR: con il nuovo arresto di
Curcio,catturato assieme ad altri militanti: l’impianto organizzativo sancito
nelle Risoluzioni del 1974 e del 1975 subisce una trasformazione radicale
che non resterà senza conseguenze nel dibattito interno. Più precisamente:il
Fronte delle grandi fabbriche viene assorbito all’interno del Fronte della
lotta alla controrivoluzione. Il quale verrà poi articolato al suo interno in
vari settori d’intervento. Questa trasformazione costituisce una vera e
propria “seconda fondazione delle BR”: tutti i comparti e tutte le attività
dell’organizzazione vengono ripensati per mettere meglio a punto
“l’attacco al cuore dello Stato”. Il nuovo capo delle BR ora è Mario
Moretti.
Per tutta la fine del ’76 e per tutto il ’77 continuano a susseguirsi a distanza
di tempo ravvicinata, sequestri, ferimenti, rapine Il 1 giugno 1977 prende
avvio la nuova campagna BR contro i giornalisti intesa a “disarticolare
13
la funzione controrivoluzionaria svolta dai grandi media”
5
(tra i feriti
Indro Montanelli del Corriere della sera, Emilio Rossi del TG1).
In più,l’iniziativa contro il trattamento carcerario dei prigionieri politici,
duramente irrigidito nel ’77 con l’apertura del carcere di massima sicurezza
sotto il controllo del Generale Dalla Chiesa, si sviluppa con una serie di
altri attentati mortali contro il magistrato Palma e il maresciallo degli
agenti di custodia del carcere di San Vittore Di Cataldo.
L’apice è raggiunto nel 16 marzo1978, giorno in cui le BR sequestrano a
Roma , l’onorevole Aldo Moro,presidente della DC e promotore della
formazione del nuovo governo “aperto al PCI”. Con queste azioni le BR si
propongono di intervenire negli equilibri politici generali del Paese. Nel
corso dei 55 giorni di prigionia, l’onorevole Moro scrive varie lettere, e le
BR chiedono la liberazione di 13 prigionieri politici, distribuiscono 9
comunicati ed una Risoluzione della Direzione strategica. Il sequestro si
conclude il 9 maggio 1978, con il ritrovamento del corpo dell’onorevole
Moro in via Caetani, a Roma. Questo evento segna inevitabilmente il
“potere” del partito armato, di quello cioè che è ritenuto riferimento primo
del terrorismo italiano. Si tratta di un’ulteriore “sfida” allo stato politica ed
ideologica: è un attacco al partito di Governo che, Moro, in qualità di
presidente, aveva definito – come dice Moretti – “improcessabile”.
L’obbiettivo delle BR – continua Moretti- era mettere la Dc con le spalle al
5
www.criminal.it, “Progetto Memoria”
AA.VV, “La Mappa perduta”, Roma 1994
14
muro, per la prima volta nella storia della politica italiana, perché le BR
erano sicure che questo fosse il sogno di molte persone. Sembrava ovvio
che un gesto al limite come un sequestro potesse rappresentare la fine del
tanto detestato “compromesso storico” Dc-Pci; ma in che modo?
Sicuramente le BR avrebbero dovuto sfruttare,da un lato, la
disapprovazione di quei militanti PCI all’accordo di Governo;
dall’altro,approfittare di quelle forzature visibili in questo “pseudo
Governo di unità nazionale”, che Moro aveva cercato di superare con un
lavoro di cesello, cercando di levigare le sfaccettature più aspre, ma che
poco convinceva i democristiani stessi.
Tuttavia tutto ciò che accadde dopo, rappresentò una mazzata per le BR,
ma paradossalmente anche per Moro e, ciò si evince dalle migliaia di
lettere scritte dal Presidente: infatti il PCI nella situazione, sembrava
avvicinarsi sempre più alla DC, contro le speranze delle BR e di Moro
stesso il quale era arrivato ad accusare il proprio partito di essere stato “
narcotizzato” dall’ influenza del PCI che lo tiene in pugno, approfittando
della sua debolezza. Moro -continua Moretti- da buon “taumaturgo” della
politica italiana lancia dei messaggi e la sua è politica anche in questa
estrema situazione:consiglia il partito di ripensare al conflitto sociale,
come se volesse assecondare le richieste dei Brigatisti ed in realtà è
assolutamente giustificabile. L’elemento preoccupante – dice Moretti- è che
dal di fuori rimangono tutti zitti, sordi, fermi ed inermi a guardare. La
15
responsabilità che dal punto di vista penale inteso in termini sempre
politici,però,è anche loro, cioè di quei politici che tanto si ritenevano un
tutt’ uno ideologico. Moro, per noi, doveva morire, ad un certo punto lui,
ormai l’aveva inteso”
6
.
Tra ottobre e dicembre del 1978 le BR continua la campagna contro il
trattamento carcerario dei prigionieri:vengono colpiti due agenti di
polizia penitenziaria ed il direttore generale degli affari penali del Ministero
della Giustizia Tartaglione. Per tutto il ’78 la presenza delle BR nelle
grandi fabbriche di Torino, Milano, Genova e del Veneto è scandita da
diverse azioni contro le gerarchie ed i dirigenti industriali. Diversi i
ferimenti intenzionali e strategici e le azioni mortali. Il 24 gennaio 1979, a
Genova, il sindacalista della CGIL, Rossa, viene colpito mortalmente. Nella
rivendicazione, le BR rendono noto che questa azione era stata concepita
come ferimento intenzionale.
Nel ’79 gli aderenti alla colonna romana escono dalle BR, esponendo le
loro posizioni nel documento “Fase: passato, presente e futuro”e
,confluiscono, nel nuovo Movimento Comunista Rivoluzionario.
Nei mesi successivi del ’79, a Roma, vengono effettuati due interventi
contro la DC: viene colpito mortalmente il consigliere provinciale Schettini
e viene attaccata la sede della Dc di Piazza Nicosia dove perdono la vita
due agenti della polizia.
6
Mario Moretti, “Brigate Rosse: una storia italiana”, Baldini&Castoldi, Roma 2000
16
Nel corso dell’estate dello stesso anno, le BR allacciano relazioni in
Sardegna anche al fine di sostenere un’eventuale evasione dall’Asinara dei
suoi militanti ivi carcerati, e di costituire una nuova colonna.
Nel luglio del 1979, i detenuti BR del carcere speciale dell’Asinara fanno
pervenire all’Esecutivo dell’organizzazione un documento di 130 pagine in
cui vengono esposte le tesi politiche che secondo la loro opinione,
dovrebbero indirizzare la loro attività dopo la campagna Moro.
E’ il primo segnale di una crisi che in breve tempo travolgerà le Brigate
Rosse.
L’Esecutivo non condivide queste tesi e rende noto ai prigionieri il suo
disaccordo.
A ottobre i prigionieri rispondono chiedendo le dimissioni dell’Esecutivo
stesso. Tra il giugno del 1978 e la primavera del 1979 viene condotta una
campagna contro gli apparati dell’antiterrorismo. In complesso, tra
carabinieri e polizia, vengono colpiti 12 militari di vario grado a Genova,
Milano e Roma.
Il 2 ottobre 1979, i brigatisti detenuti all’Asinara annunciano la loro
intenzione di smantellare il carcere speciale. Dopo una notte di battaglia,
con esplosivo, scontri a fuoco e lotte corpo a corpo, la struttura del carcere
viene resa inagibile.