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Introduzione
La seguente tesi si propone di effettuare un’analisi amplia sul settore
calcio, in particolare in Italia. Centrando però la sua attenzione sull’aspetto
degli stadi di proprietà dei club calcistici.
Saranno analizzati casi esteri di successo e ne saranno evidenziati i
motivi per cui tali pratiche possono e devono essere applicati nel calcio
italiano.
La società di riferimento sarà la Juventus Football Club e il suo
Progetto riguardante l’ammodernamento dell’ex stadio Delle Alpi. La
società, infatti, sarà la prima a lanciarsi in un progetto simile nel nostro
Paese. Ne saranno analizzate le componenti strategiche, di finanziamento e
senz’altro sarà effettuata un’analisi contabile sull’attuale situazione
societaria. Ne saranno discussi con critiche positive e talvolta negative tutti
gli aspetti che caratterizzano il Progetto e che influiranno nella gestione
economico-patrimoniale della società. Non di meno sarà sviluppato un
commento sull’incidenza di tali iniziative sul settore, appoggiando una
teoria che dà supporto all’inizio di progetti similari.
L’elaborato sarà diviso in cinque capitoli. Il primo introdurrà la
questione in linea generale, cercando di esplorare al meglio l’attuale
situazione del calcio italiano ed europeo. Saranno anche riprese tappe e
leggi che ne hanno contraddistinto l’attuale stato. In pratica sarà un capitolo
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che delineerà le componenti critiche e non del settore, introducendo
possibili vie di correzione e di miglioramento.
Il secondo capitolo aprirà alla presentazione della società sui cui si
basa la tesi ovvero la Juventus F.C.. Ne saranno richiamate la storia e
alcuni suoi elementi distintivi. Volendo fornire uno spunto per conoscere
meglio le dinamiche societarie e per conoscere da diversi aspetti la società.
Il terzo capitolo sarà un’analisi di bilancio. Saranno riportati i bilanci
riclassificati degli ultimi tre anni, ne saranno calcolati gli indici e ne
saranno date interpretazioni contabili.
Il quarto capitolo riprenderà aspetti della strategia globale della
Juventus e, in particolare, del Progetto Stadio. Ci saranno importanti
confronti internazionali basati soprattutto sull’incidenza degli stadi di
proprietà sui bilanci delle società interessate.
Infine, il capitolo quinto si baserà sull’aspetto finanziario del
Progetto Stadio e sulle strategie finanziarie già in corso per la società
torinese. Anche qui saranno richiamati più volte casi esteri e similari. Ci
sarà, inoltre, un’importante analisi sulla gestione futura dello stadio e dei
suoi annessi che conclude con l’esposizione di un commento finale
sull’intero elaborato.
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CAPITOLO I
IL SETTORE CALCIO IN ITALIA
1.1 I numeri dello sport in Italia
Analizzare il calcio solamente secondo logiche sportive porterebbe
ad un’analisi incompleta. Lo sport, è anche, e sempre di più, un concentrato
di interessi pubblici e privati, il cui mercato in Italia ha raggiunto nel 2007
un giro d’affari pari a 2,7 miliardi di euro in crescita del 2% medio annuo
dal 2000, tra diritti televisivi (circa 1 miliardo di euro), ticketing (circa 350
milioni di euro), licensing e merchandising (circa 250 milioni di euro) e
sponsorizzazioni (circa 1,1 miliardi di euro). Un mercato dunque enorme,
che richiede, come ogni mercato, di essere gestito in modo competente,
professionale, serio e nel rispetto delle regole. All’interno del mondo dello
sport italiano, il calcio escludendo i diritti delle competizioni internazionali,
vale più della metà di tutto il mercato (circa un miliardo e mezzo di euro).
Se in passato il calcio veniva considerato come una semplice
manifestazione sportiva, nel corso degli anni il calcio da sport si è
tramutato in un vero e proprio fenomeno economico. In Italia, il business
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del calcio rappresenta per importanza, il tredicesimo settore industriale se
valutato in termini di fatturato totale. Si capisce allora, la portata di questo
settore e ancora di più se ne identifica la rilevanza riguardo al numero di
“appassionati”, che in Italia ha una percentuale della popolazione altissima.
Il calcio risulta essere in Italia lo sport più seguito. Si può quindi desumere
che il calcio sia un settore importante, in espansione, che si rivolge a un
pubblico vastissimo e che ha caratteristiche particolari rispetto a settori
“classici” dell’economia. In particolare una caratteristica, comune a molti
sport è l’affiliazione. Ovvero la capacità di tutte o alcune società di riuscire
ad affiliare, coinvolgere il “cliente” e fidelizzarlo per il resto della sua vita.
Questo è possibile perché le società non offrono esclusivamente un
prodotto/servizio, ma una soluzione ad un bisogno di aggregazione. Il
tifoso si rende quindi partecipe in tutto e per tutto delle vicende della
società. A pensarci bene, è sicuramente un fattore che le società calcistiche
dovrebbero sfruttare a loro vantaggio.
Si è parlato quindi del mercato italiano. Non meno importanti sono
altri mercati esteri, dai quali l’Italia ha da apprendere molto. A livello
internazionale, possiamo però dire che il fulcro economico del calcio sia
stabile in Europa. In particolare in Inghilterra, Germania, Italia, Spagna e
Francia. Vedremo nel seguito cosa e come l’Italia dovrà copiare da queste
nazioni. Sommariamente, nel resto del mondo, il calcio è sì uno sport molto
seguito, ma non ha ancora le caratteristiche piene di business, o quanto
meno non ha gli stessi numeri economici del vecchio continente.
Non si può tralasciare però una variabile caratterizzante il settore. Il
calcio è, infatti, oltre che uno sport e un business, un catalizzatore sociale
fortemente affermato. Tale caratteristica è comune alle diverse Nazioni.
Questo sport, così come altri, rappresenta in Italia e all’estero, un
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importante, se non il più importante, bacino di partecipazione, impegno e
passione dei cittadini nel contesto sociale. Milioni di persone partecipano ai
vari livelli di campionati di calcio, da quello amatoriale, a quello
dilettantistico sino a quello professionistico. Proprio per questa sua natura
di “sport di massa”, il calcio si presta a essere analizzato come bacino di
produzione di capitale sociale. Ovvero come luogo di formazione e di
riproduzione di legami sociali durevoli, di spirito di cooperazione, di
apprendimento collettivo, di fiducia e rispetto per gli altri, anche i più
diversi tra loro. Insomma, il calcio può essere considerato, almeno in
potenza, come una scuola di vita e di democrazia.
Le società sono sempre di più attente a questo lato della propria
attività e non poche sono le iniziative lodevoli messe in atto ogni anno.
Sono molteplici, infatti, gli aiuti per ospedali, bambini in difficoltà e altri
che si registrano.
Volendo rapportare il valore di tali iniziative al flusso di popolazione
che lo sport attrae, se ne possono capire i benefici globali. La pratica
sportiva, calcistica in particolare, attrae, di fatto, un numero sempre più
elevato della popolazione. Per un approfondimento dei numeri della pratica
sportiva in Italia, si rimanda al rapporto Istat “La pratica sportiva in Italia”.
Nel rapporto, si nota anche come molti siano i giovani e giovanissimi che
praticano sport e se ne capta, di conseguenza, la forza sociale e formativa
dello sport. A questo si aggiunge che le società più note, talvolta, vengono
a rappresentare punti di riferimento, in cui molti ritrovano comuni stili di
vita e comuni ideali e passioni.
Quel che se ne deduce è che le società godono di una fortissima
attrattiva, che va certamente sfruttata, ma che va, allo stesso tempo,
migliorata e gestita con l’adeguata accortezza.
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1.2 Da sport a business: i vari passaggi
Volendo svolgere un’indagine economica sul calcio è bene
analizzare le tappe che si sono succedute e che hanno portato al contesto
attuale. Contesto che ricordiamo è altamente professionale, competitivo e
quindi con forti implicazioni economiche. In seguito, quindi, sarà
analizzata la storia del settore, ma anche aspetti giuridici ed economici.
Le società calcistiche, come tutte le società sportive, furono costituite
originariamente per consentire la pratica atletico-agonistica dei propri
membri e furono inquadrate nell’ambito delle associazioni. Le spese e gli
oneri erano contenuti e le entrate erano costituite, in larga parte, dai
contributi volontari di soci e sostenitori. I bilanci erano commisurati a
dimensioni ridotte e preventivabili all’atto della costituzione
dell’associazione.
Lo scenario mutò per il concorso di molteplici fattori (sociologici,
storici, culturali, politici, tecnologici). Accadde, quindi, che l’associazione
sportiva, non essendo in condizioni di far fronte alle spese crescenti con il
semplice contributo volontario degli associati, iniziò a rivolgersi al
mercato, assumendo gradatamente caratteristiche e struttura di tipo
imprenditoriale.
Fino alla realizzazione della Riforma del 1966, la legge definiva
genericamente le compagini sportive come società, ma vietava loro lo
scopo di lucro. Tale mancanza faceva, comunque, rientrare i sodalizi
sportivi, compresi quelli calcistici, tra le associazioni non riconosciute.
Con la Riforma del 1966, la F.I.G.C., per attuare il proprio proposito
di far assumere la forma societaria ai sodalizi sportivi militanti nei
campionati nazionali di serie A e B, emanava due provvedimenti:
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- il 16 settembre 1966, il Consiglio Federale scioglieva gli organi
sociali delle associazioni e società sportive, e nominava i liquidatori
con il compito di liquidare i sodalizi sportivi per farlo poi costituire
in forma di S.p.A;
- il successivo16 dicembre 1966 il Consiglio Federale definiva uno
Statuto tipo obbligatorio per tutte le società professionistiche dei
campionati maggiori.
La volontà di trasformare le associazioni in società di capitali era
dettata anche da esigenze di assicurare una più cauta e trasparente
amministrazione, nonché la possibilità di controllo da parte delle autorità
competenti.
Un ulteriore passo importante lo si compie con l’emanazione della
Legge 23 marzo 1981, n. 91. Il bisogno di emanare tale Legge è avvertito
per l’inadeguatezza delle norme giuridiche e per risolvere un altro grande
problema, il deficit di bilancio. Con la 91/1981 il problema relativo allo
scopo di lucro, in capo ai singoli azionisti di società di calcio, sembrava
trovare definitiva soluzione. È opportuno evidenziare che, con la novità
introdotta, non s’era manifestata la volontà di vietare ai club finalità
lucrative “oggettive”, cioè la possibilità di creare degli utili, ma
esclusivamente quelle “soggettive”, ossia la possibilità di dividerli. Se ne
desume che la partecipazione a queste società dovesse essere motivata
dall’intento di contribuire alla promozione e al potenziamento dello sport.
L’eventuale vantaggio economico del socio, quindi, non derivava
direttamente dalla gestione dell’impresa comune, ma dal prestigio e dalla
notorietà che conseguivano alla partecipazione sociale e si trattava di
benefici che non erano commisurati al successo economico dell’iniziativa,
ma ai risultati dell’attività sportiva.
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Il quadro delineato dalla Legge 91/1981 con la sua anomalia della
mancanza di finalità lucrative soggettive, mutò profondamente
all’indomani della “ Sentenza Bosman” del 15 dicembre 1995, i cui effetti
però si fecero sentire dal 1996, anno di emanazione della Legge 586/1996
del 18 novembre. Tale Legge sancisce il passaggio del mondo dello sport
professionistico ad un sistema “business oriented”. Possiamo quindi
definire quell’anno come vero spartiacque tra quello che possiamo
considerare il vecchio calcio e il nuovo calcio, inteso come nuovo sistema
di regole che trasformano il profilo del settore calcistico italiano. Oltre che
in quello sportivo, la Sentenza ha comportato profonde innovazioni anche
in quello legislativo. Ha sancito l’abolizione della indennità di preparazione
e promozione e, dopo lunghi anni di dispute giurisprudenziali, ha fatto
ufficialmente confluire le società sportive nell’ambito delle società d
capitali consentendo alle stesse di conseguire finalità lucrative soggettive.
La novità più rilevante dal punto di vista societario, introdotta dalla
legge 586/1996, senza dubbio, è stata la previsione della distribuzione degli
utili fra i soci. La norma del 1996, con riferimento allo scopo di lucro
dispone che: “L’atto costitutivo deve prevedere che una quota parte degli
utili, non inferiore al 10%, sia destinata a scuole giovanili di addestramento
e formazione tecnico sportiva”. Ciò rappresenta una novità rilevante
rispetto al fatto che, precedentemente, la legge prevedeva che gli utili
dovessero essere interamente reinvestiti nella società per il perseguimento
esclusivo dell’attività sportiva. Si è posto, quindi, fine a quella anomalia
che consisteva nella previsione di una società di capitali carente di finalità
lucrative soggettive.
La Legge ha, inoltre, ampliato l’oggetto sociale delle compagini
calcistiche, fissando che: “L’atto costitutivo deve prevedere che la società
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possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse o
strumentali”. L’ampliamento dell’oggetto sociale alle attività connesse o
strumentali ha consentito alle società sportive professionistiche di acquisire
nuove fonti di reddito in linea con una visione profit delle stesse.
Attualmente, le società Italiane sono indietro proprio in questo
ampliamento di attività, rispetto ad altre nazioni, l’Inghilterra in particolare.
Nel proseguo vedremo il come. Ora è bene sottolineare che tale norma
porta a un cambiamento delle società di calcio in società di entertainment,
ovvero società che offrono un servizio completo, non esclusivamente
calcistico.
Brevemente possiamo, quindi, elencare i principali cambiamenti
nelle regole e nel funzionamento del settore calcio nel modo seguente:
- la definitiva caduta delle barriere geografiche sui mercati;
- l’aumento del potere contrattuale dei giocatori nei confronti delle
società;
- la ricerca di nuove fonti di ricavo da parte dei club;
- la crisi dei settori giovanili dei club maggiori;
- l’ampliamento del divario tra i grandi club e i club minori.
Ai fini della nostra trattazione sarà importante soffermarci sul terzo
aspetto, le nuove fonti di ricavo.
Volendo fare una rapida rappresentazione dell’evoluzione legislativa
dagli anni ’60 ad oggi può esserci d’aiuto la tabella 1.1.
Si può notare come l’evoluzione normativa e di pari passo anche gli
aspetti economici-finanziari si sono evoluti nel tempo, passando da un
mecenatismo puro, tipico dei primi anni, ad una gestione sempre più
complessa e manageriale dei club.
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Tab. 1.1 – Evoluzione normativa e rilevanza aspetti economici-finanziari
1960-1981 1981-1996 1996-2008
Normativa di
riferimento
Statuto delle
federazioni
sportive
Legge 23 marzo
1981, n. 91
Legge 18 novembre
1996, n. 586
Forma giuridica
del club
Associazione non
riconosciuta
S.p.A. o S.r.l
S.p.A. o S.r.l.
Obiettivo/scopo
del club
Sportivo e ludico
Scopo di lucro
oggettivo
Scopo di lucro oggettivo
e soggettivo
Dimensione
economica del
settore
Limitata
Progressivamente
crescente
Estesa ed integrata con
altri settori di mercato
Orientamento del
club al mercato
Social Oriented No-profit Oriented Business Oriented
Interessi
economici da
tutelare
Poco rilevanti
Progressivamente
maggiori
Indispensabile un
controllo pubblico e
un’adeguata tutela dei
terzi
Controlli Non codificati Introdotti Accresciuti
Organizzazione
del club
Inesistente:
mecenatismo
puro
Elementare:
gestione orientata
al risultato sportivo
Manageriale/Complessa:
necessità di integrare e
conciliare sport e
business
Analizzando, invece, le conseguenza avute dopo la Riforma del
1996, in particolare riguardo lo scopo di lucro delle società sportive, ci può
essere d’aiuto la figura 1.1. Nella quale vengono evidenziate le
conseguenze dirette, ovvero quelle riguardanti la remunerazione del
capitale investito; e le conseguenze indirette, ossia i cambiamenti necessari