5
palese divario tra il mondo dell’ arte e quello della fruizione1. Pur non mancando
l’interesse del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea, spesso però si finisce
per acuire il distacco fra il fruitore dell’opera e l’autore della stessa, in nome di
opere che tendenzialmente puntano a stupire/sconvolgere lo spettatore. Il lavoro
del gruppo milanese mi ha affascinato da subito per il recupero della narratività e
per la volontà di creare le opere intorno al fruitore stesso. Studio Azzurro con le sue
immagini che pur mantenendo il fascino della semplicità sono sicuramente
affascinanti, si presenta in Italia come un pioniere per l’utilizzo che fa del mezzo
tecnologico.
Il mio percorso di ricerca prende avvio con una breve introduzione sulla nascita
della videoarte in ambito americano ed europeo, analizzando i fili conduttori che
hanno portato diversi artisti ad introdurre il dispositivo elettronico nella loro arte.
In Italia l’arrivo del video (nei primi anni settanta) non riesce a sviluppare da subito
soluzioni e strutture indipendenti che permettano di consolidare queste esperienze
ma non manca comunque l’interesse da parte di alcuni artisti (fra i quali Luciano
Giaccari) e di Gallerie e Centri Video. I fermenti sessantottini si fanno sentire anche
nel nostro Paese lasciando aperte le porte ad alcuni collettivi di artisti che utilizzano
il video per dar voce allo scontro sociale ed alla lotta politica. Fra questi spicca il
Laboratorio di Comunicazione Militante, le cui esperienze confluiranno in un nuovo
gruppo che prenderà il nome di Studio Azzurro. Nel secondo capitolo ho voluto
presentare le linee guida del pensiero del laboratorio milanese attraverso una
presentazione generale delle opere, mentre nei capitoli successivi mi sono
1 ANGELA VETTESE, Capire l’arte contemporanea. La guida più imitata all’arte del nostro tempo, Umberto
Allemandi & C., Torino 2006, p.10.
6
soffermata più specificatamente sull’analisi delle opere che ritengo, in funzione del
mio lavoro, maggiormente significative. La suddivisione in videoambienti ed
ambienti sensibili punta ad evidenziare la maturazione artistica di Studio Azzurro
ed il carattere eclettico delle loro opere che attingono ai più svariati ambiti artistici e
sociali.
7
CAPITOLO I
ARTE ELETTRONICA: CENNI STORICI
1.1 Video
La parola video viene utilizzata per indicare un sistema di tecnologie attraverso
le quali si possono registrare e visionare immagini.
Mentre nel latino, da cui trae origine, il termine significa ‘io vedo’, inteso come azione di un
soggetto, oggi il video indica il nome di un dispositivo elettronico che permette di catturare e
visualizzare immediatamente delle immagini in movimento tratte dal reale.2
Il termine, quindi, che nel mondo latino evidenziava la sovranità dell’azione di
un essere vivente, ora designa le potenzialità del mezzo tecnologico. Questo
slittamento di significato evidenzia i grandi cambiamenti che hanno investito la
visione. Neologismi come videoarte, arte multimediale, digitale, interattiva, sono
entrati a far parte del linguaggio di artisti, critici e del pubblico ormai da decenni, in
riferimento alla varietà di fenomeni ed esperienze che caratterizzano l’interazione
creativa tra l’arte e le cosiddette ‘nuove tecnologie’3.
Prima della comparsa del video, è l’invenzione della fotografia a dare l’avvio a un processo di
crescente assimilazione della visione da parte della tecnologia, lo stesso processo che in seguito
ha prodotto anche il cinema e la televisione.4
2
SIMONETTA FADDA, Definizione Zero. Origini della videoarte fra politica e comunicazione, Costa &
Nolan, Milano 2005, p.5.
3 SILVIA BORDINI, Arte Elettronica, in « ART E DOSSIER », n. 156, Giunti, 05/2000, p.5.
4 Ibidem
8
Le complesse tecnologie che permettono di catturare, manipolare ed alterare i
dati visivi, hanno portato a una vertiginosa espansione dell’esperienza visiva
dell’uomo, creando un nuovo linguaggio i cui elementi essenziali sono il
movimento, la metamorfosi delle forme e l’interazione delle stesse con il suono, il
contesto spaziale ed il fruitore. Gli artisti rifiutano la tecnica tradizionale per aprirsi
a nuove sperimentazioni che mettono in discussione non solo il concetto di arte e di
tecnica ma anche il concetto di progresso e modernizzazione. L’arte diventa una
forma di comunicazione che espleta da subito un particolare tema critico facente
capo al combattuto rapporto tra macchina e uomo dei nostri ‘Tempi Moderni’ 5.
1.2 Fluxus
Le prime esperienze di videoarte si sviluppano nell’ambito di Fluxus, un gruppo
formatosi ufficialmente nel 1962, i cui membri pur vivendo in diversi luoghi del
mondo, erano legati da un nuovo modo di concepire l’arte e da un insieme di
influenze connesse ad artisti come Marcel Duchamp e John Cage. Fu intorno ai corsi
tenuti da quest’ultimo che tra gli anni cinquanta e sessanta alla New School for Social
Research di New York, prese forma l’avanguardia che contribuirà a raccogliere le
forze che parteciperanno di lì a poco alla nascita del Fluxus6. Il termine compare per
la prima volta nel 1961 su un invito a tre ‘dimostrazioni-letture’ sulla Musica antiqua
5
Si pensi al film diretto ed interpretato da Charlie Chaplin, Modern Times (Usa, 1936), dove i gesti
ripetitivi ed i ritmi disumani legati alla catena di montaggio minano l’integrità psico-fisica di Charlot.
6 ALESSANDRA VACCARI, Fluxus, o l’arte in movimento, in « ART E DOSSIER », n. 55, Giunti,
03/1991, p. 35.
9
e nova organizzata da George Maciunas. L’elezione di John Cage a padre spirituale
del gruppo, permette di individuare proprio nella musica lo strumento di
espressione principale: le prime performance organizzate tra il 1960 e il 1961, nello
studio di Yoko Ono e nell’A/G Gallery di George Maciunas, consistono infatti
principalmente in concerti o in esibizioni dove la musica ha un ruolo chiave
(diversamente dalle mostre, forma normalmente utilizzata dagli altri gruppi
artistici). Ad accomunare i fondatori di questo nucleo, vi è la convinzione che la
musica è in primis una filosofia di vita piuttosto che una mera esercitazione di
tecnica, ed inoltre che la stessa poteva essere creata non solo con gli strumenti
musicali ma anche attraverso mezzi meccanici ed elettronici. Le prime serate
vennero definite dagli stessi organizzatori con il termine neo dada, per sintonizzarsi
con quel non-movimento che aveva determinato un decisivo spostamento di
significato dal fare opere d’arte al fare arte7.
Di Dada si apprezza il rifiuto del feticismo legato all’oggetto artistico; ma si comprende anche
che, per svincolarsi dall’iperbolico sistema dell’arte contemporanea, è necessario inventare un
sistema diverso che l’artista possa controllare in modo totale.8
Come affermava Maciunas infatti non bastava più « impadronirsi dei mezzi di
produzione » ma era anche necessario « impadronirsi del sistema di distribuzione »
del mondo dell’arte9. Attraverso la sua musica e il suo teatro, Fluxus, esprimeva un
desiderio di trasfert delle responsabilità dall’artista al pubblico: arte e vita
7
VACCARI, Fluxus, o l’arte in movimento cit., p. 35.
8 Ibidem
9 Ibidem
10
convogliano nello stesso mare attraverso percorsi diversi che il gruppo ha cercato di
delineare10.
Un clima simile a quello che ha preceduto la nascita del Fluxus negli Stati Uniti,
si respirava già in Europa negli anni Cinquanta (in particolare dal 1958) con la
nascita di esperienze molto significative fra cui: gli happenings di Jean-Jaques Lebel,
gli enviroments di artisti come Wolf Vostell e l’attività di gruppi di musicisti tra cui
Nam June Paik, a cui prenderà parte successivamente anche Joseph Beuys. Le due
realtà (americana ed europea), furono destinate ad incontrarsi con l’arrivo di
Maciunas in Germania che entrò subito in contatto con artisti tra i quali Paik stesso.
Sostenitore del carattere internazionale dell’esperienza artistica, Maciunas cominciò
a coltivare l’idea di realizzare un festival che contemplasse l’intervento di un gran
numero di artisti provenienti da Europa, Asia e Stati Uniti11. Il primo Fluxus
Internazionale Festspiele Neuester Musik, prese forma a Wiesbaden (Germania), nel
settembre del 1962. L’evento dimostrò la capacità di « artisti diversi per nazionalità,
background culturale, temperamento artistico e posizione nel cosiddetto mondo
dell’arte »12, a lavorare insieme. Anche dopo il ritorno di Maciunas a New York,
l’attività del gruppo continuò fino al 1968 per divulgare il messaggio di un’ arte le
cui componenti innovative e dissacranti di stampo neodada, in aggiunta alla ricerca
di una cultura alternativa al sistema dell’arte, costituivano il background su cui
emergerà la videoarte.
10
VACCARI, Fluxus, o l’arte in movimento cit., p. 35.
11 Ivi, p.36.
12 Ivi, p.37.
11
Pur avendo aperto le porte a quella che sarà l’arte contemporanea, Fluxus rimane
poco analizzato rispetto ad altri movimenti artistici appartenenti allo stesso
momento storico (si pensi per esempio alla Pop Art). A Fluxus è mancata una
storicizzazione adeguata, cosa che non sarebbe dispiaciuta agli artisti di questo
movimento che hanno spesso affermato che « Fluxus is still in flux »13 (‘Fluxus è
sempre in evoluzione’, ad affermare la mancanza di confini temporali e geografici
del movimento). L’importanza di questo gruppo è comunque indiscutibile e
costituisce oggi la base culturale per la progettazione di un nuovo museo, il Jonas
Mekas Visual Arts Center14, che sorgerà entro il 2011 a Vilnius (Lituania), appoggiato
da due giganti come la Guggenheim Foundation e l’Hermitage di San Pietroburgo15.
Il museo concentrerà la sua attenzione sulla new media art con una collocazione
permanente di opere di Fluxus in omaggio al suo fondatore, George Maciunas, di
nazionalità lituana16.
1.3 Nam June Paik e la nascita della videoarte
In ambito europeo, il primato dell’intervento artistico sul mezzo televisivo, che
diede vita a quella che oggi chiamiamo videoarte, è legato all’azione dell’artista
coreano Nam June Paik. Il suo esordio sulla scena europea avviene come performer e
13 VACCARI, Fluxus, o l’arte in movimento cit., p. 40.
14 http://www.mekas.lt/cms/en/home
15
La commissione presieduta da Thomas Krens e dal direttore dell’Hermitage Mikhail Piotrovsky,
ha decretato che la progettazione del centro sarà affidata all’architetto Zaha Hadid.
16 Hadid batte Fuksas e Libeskind. Per il nuovo centro d’arte in Lituania, in « EXIBART_ONPAPER », n.50,
Firenze, Giugno - Luglio 2008, p.8.
12
compositore d’avanguardia, formatosi alla scuola di musica contemporanea di
Darmstadt, alla fine degli anni cinquanta.
In pochi anni però si interessa alla scoperta ed all’esplorazione delle molteplici potenzialità
racchiuse nella radiotrasmissione televisiva, sottoponendo le regolari tele-trasmissioni a
esperimenti con magneti, e nell’estate del 1962 intraprende una serie di esperimenti sui tubi
catodici sulle possibilità di modulare l’immagine elettronica.17
Paik a differenza delle esperienze precedenti che si pongono in contrapposizione
ideologica diretta verso il mezzo televisivo, utilizza lo stesso come strumento
attuando un gioco spiazzante ed ironico in cui mette in discussione la sua capacità
di riproduzione della realtà. L’esperienza che più di tutte fa ricordare Paik come
vate della videoarte è la mostra tenutasi nel marzo del 1963 alla Galleria Parnass di
Wuppertal dal titolo Exposition of Music-Electronic Television, considerata oggi la
prima esposizione di arte video18. In questa occasione, Paik assembla 12 televisori
(modificati), quattro pianoforti, un giradischi, oggetti metallici da percussione, un
mangianastri e la testa di un bue appena macellato posta all’entrata della galleria19.
Se alcuni fanno coincidere la nascita della videoarte con quest’evento, altri la
fanno risalire al 1965 dopo la messa in commercio da parte della Sony dei primi
videoregistratori portatili con telecamera, i famosi portapak (composti da due
apparecchi distinti: telecamera e registratore)20. Fu proprio con il primo modello di
telecamera portatile della Sony che Nam June Paik (1965), riprese il traffico caotico
17
FRANCESCO POLI (a cura di), Arte Contemporanea – Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50
a oggi, Electa, Milano 2003, p. 280.
18 Paik dispose tredici televisori (preparati per la distorsione delle immagini) insieme ad altri oggetti
sul pavimento, mettendo in una luce diversa l’apparato televisivo.
19
SYLVIA MARTIN, Videoarte, Taschen, Köln 2006, p.8.
20
Nel 1971 l’apparecchio elettronico viene arricchito di nuove funzioni (play, rewind e forward) e
l’anno successivo viene messa in commercio la Camcorder che assemblava in un solo apparecchio
telecamera e registratore.
13
nel giorno della visita di Papa Paolo VI a New York, video che venne riproposto la
stessa sera al Cafè Au Go Go del Greenwich Village21 (quest’opera venne sancita da
molti come il primo video d’arte della storia). Altri ancora identificano la sua nascita
con il primo ‘Manifesto dello Spazialismo’, nel 1947, in cui Lucio Fontana auspicava
un’arte che superasse i propri confini concettuali e spaziali per diffondersi via etere,
avendo intuito le prospettive dischiuse della televisione come mezzo per l’arte e la
comunicazione. Nel successivo ‘Manifesto del movimento spaziale per la
televisione’ (1952), inoltre, Fontana riconosce nel dispositivo elettronico un mezzo
da esplorare a cui assegna, « un ruolo strategico di connessione e trasmissione delle
nuove esperienze in campo artistico »22.
E’ soltanto con le televisioni ‘distorte’23 create da Paik che si delineano delle
pratiche d’intervento concreto sul mezzo. Le televisioni di Paik non entrano in
funzione semplicemente accendendole ma generano situazioni collettive e
coinvolgono direttamente lo spettatore mettendo così in discussione non solo le
modalità di utilizzo e fruizione del mezzo, ma anche quelle relative alla produzione
e alla circolazione dell’informazione e della cultura. Il processo di manipolazione
del segnale elettronico ed il senso della metamorfosi delle immagini che caratterizza
l’arte di Paik, si espleta grazie ad un procedimento tecnologico/creativo che mira ad
interagire con i più disparati campi di sperimentazione artistica quali musica,
scultura, pittura, cinema: lo spazio ed il tempo si affiancano nell’immaterialità
21 Il Greenwich Village è un quartiere prevalentemente residenziale situato nella zona occidentale del
centro (downtown) della circoscrizione di Manhattan a New York. Il nome è spesso abbreviato in
Village.
22
MARIA ROSA SOSSAI, Artevideo. Storie e culture del video d’artista in Italia, Biblioteca d’arte
contemporanea, Silvana Editoriale, Milano 2002, p.14.
23 L’artista programma il disturbo direttamente sulla televisione avvicinando al tubo catodico una
calamita.
14
dell’immagine elettronica così come la costruzione di spazi, installazioni ed
happening.
1.4 Immagine e tecnologia
L’utilizzo del video da parte degli artisti, si sviluppa in contrapposizione alla
nozione di arte come espressione della soggettività dell’artista-vate, l’interesse si
sposta così verso il mondo, gli oggetti che lo popolano e le sue dinamiche sociali.
Cambiano i luoghi dell’arte che esce dalle gallerie per invadere gli spazi della vita di
tutti i giorni e cambiano soprattutto le opere d’arte, che si sviluppano come eventi e
azioni. In questo contesto il confronto con la televisione, che rappresenta ormai una
realtà quotidiana, diventa inevitabile. Salta subito agli occhi degli artisti la
demarcazione tra la realtà della televisione e le possibilità della stessa come mezzo
di comunicazione, le cui potenzialità non sono ancora state sfruttate appieno. La
critica dell’industria culturale al potere ideologico ed economico della televisione e
la nozione di ‘cultura alta’, sono alla base dei diversi movimenti artistici e di
pensiero che si sviluppano in questo periodo. Il primo approccio degli artisti con la
televisione si inserisce quindi in questo generale dibattito.
E’ dai primi anni settanta che, in effetti, la ricerca video che si sviluppa seguendo diverse linee,
saggia la possibilità di stabilire un originale linguaggio espressivo utilizzando il medium
dell’audiovisuale elettronico.24
24 VITTORIO FAGONE, L’immagine video. Arti visuali e nuovi media elettronici, Feltrinelli, Milano 1990,
p.5.
15
La svolta è data dalla più grande rivoluzione tecnologica del nostro tempo:
l’ingresso dei computer nel mondo della tecnica che dà il via all’età
dell’informatizzazione.
La sperimentazione del computer in campo artistico, che ha avuto inizio nei tardi anni settanta,
ha coinvolto tutte le forme d’arte e di rappresentazione unite, tramite il software, in un sistema
dinamico e trasformabile.25
Con la nascita della rete Internet26 si sono allargate ulteriormente le frontiere
della comunicazione e si è venuto a creare una mondo parallelo a quello reale, una
second life, che ha contaminato anche l’ambito artistico. Come afferma Vittorio
Fagone:
I nuovi strumenti informatici presentano potenzialità linguistiche peculiari che meritano di
essere esplorate nelle due direzioni di un vitale contagio con le altre tecniche di ripresa
meccanica dell’immagine (dalla fotografia, al cinema e al video) e di una propria capacità di
sviluppare nuove sintesi figurali che vivono per sé o nella relazione multimediale del rapporto
audio-video. 27
Ne é conseguita una ridefinizione dell’immagine stessa, che ha aperto le porte ad
un concetto più ampio di interattività che coinvolge emittente e ricevente. Le opere
tendono ad assumere una capacità e spesso la necessità di nuove metamorfosi in
altre forme di arte interattiva che sfruttano così, la caratteristica del computer di
reagire in tempo reale:
25
BORDINI, Arte Elettronica cit., p.37.
26 Con il termine rete si intende la nascita del World Wide Web (WWW) e del cosidetto protocollo http.
27 FAGONE, L’immagine video. Arti visuali e nuovi media elettronici cit., p.15.
16
Immagini e suoni si modificano in stretto rapporto con la presenza e l’agire degli spettatori
trasformati a loro volta in intermediari attivi (coautori come affermano alcuni), tra strumento,
artista e opera. 28
La tecnologia viene vista come uno strumento, ciò mostra un’ evoluzione
importante rispetto al passato in cui essa veniva assunta come mito (si pensi al
Futurismo italiano nato in una società ancora legata ad un’economia agricola che
tende a dimostrarsi restia all’innovazione culturale in nome di un grandioso passato
storico, ma per qualche verso, paralizzante), in contrapposizione con la visione delle
avanguardie artistiche che si svilupperanno successivamente negli Stati Uniti e in
Europa che utilizzeranno il dispositivo elettronico come strumento di produzione
artistica. Nel dopoguerra si ha una ri-traduzione dell’arte nel linguaggio della
nuova tecnologia e l’artista assume una diversa collocazione: non è più il soggetto
della nuova imposizione tecnologica ma è l’attore di una rivoluzione in cui un
progetto estetico, può coincidere con una radicale trasformazione del campo sociale.
1.5 Momenti Evolutivi
Le numerose sperimentazioni convergono nell’identificazione di alcuni momenti
evolutivi: il primo implica la relazione tra il video (inteso come manifestazione di
una tipica attitudine sperimentale delle arti visuali contemporanee) e la televisione.
Il nuovo mezzo elettronico viene esplorato in quanto strumento capace di produrre
un’ immagine che ha una inedita capacità comunicativa, in contrapposizione con le
28 SILVIA BORDINI, Arte Elettronica cit., p.38.
17
altre immagini massificate della televisione. John Wyve nota come: « il video sia
votato a una funzione estetica mentre la televisione, destinata a una funzione sociale
di controllo e di potere, rifiuti ogni avventura della percezione »29.
La seconda fase, delimitabile agli anni settanta, vede l’adattamento
dell’immagine elettronica alle arti visuali (è il momento dell’arte concettuale,
minimalista, performance e della body art)30.
Negli anni ottanta si ha una svolta legata ad un decremento nella ricerca video
come espansione dell’area delle arti visuali, senza però segnare una battuta
d’arresto.
Come afferma Vittorio Fagone:
Il video tende a guardare con curiosità, non più con avversione, alle peculiarità del mezzo
elettronico rivelate dalla televisione: sfrutta la possibilità di un ‘contagio’ tra area performativa
e area convenzionale delle ‘belle arti’, stabilisce un va e vieni creativo con l’alone marginale
della comunicazione televisiva (sigle, spot, clip). 31
La televisione viene quindi vista come un strumento attraverso il quale la ricerca
specifica può raggiungere un pubblico più vasto. Si sviluppa inoltre, uno
slittamento dell’area tradizionale dell’arte verso contaminazioni teatrali, si pensi alla
Camera Astratta nata dalla collaborazione tra Studio Azzurro e Giorgio Barberio
Corsetti, nella quale il video diventa non solo l’elemento scenografico portante ma
agisce sulla scena, come un vero e proprio attore.
29
SOSSAI, Artevideo. Storie e culture del video d’artista in Italia cit., p.17.
30 FAGONE, L’immagine video. Arti visuali e nuovi media elettronici cit., p.6.
31 Ibidem