2 
 
INTRODUZIONE 
Considerato dalla critica araba e dagli specialisti occidentali uno dei massimi 
scrittori contemporanei, Ghassān Kanafānī è scomparso dalla scena culturale e 
politica palestinese proprio quando i suoi scritti cominciavano ad essere apprezzati e 
tradotti anche in Occidente. La sua vita riassume, nelle sue tappe fondamentali, le 
vicissitudini dell’intero popolo palestinese.
1
 Egli appartiene alla schiera degli 
scrittori della "letteratura palestinese della diaspora", espressione con cui ci si 
riferisce, generalmente, agli scrittori e ai poeti che, dopo la nakba del 1948, 
abbandonarono la Palestina per cercare possibilità di vita e di lavoro all'estero. “La 
letteratura palestinese della diaspora” rappresenta una produzione letteraria in cui 
assumono particolare rilevanza i temi della perdita della patria, della lotta per la 
propria terra, del viaggio, dell'esilio, ma anche quello della memoria costante della 
patria stessa e del ritorno. Tutte queste tematiche sono presenti e ben sviluppate nelle 
opere letterarie di Kanafānī, il quale fu anche il primo a utilizzare l’espressione Adab 
al-Muqawamah (Letteratura della Resistenza), per designare una produzione 
letteraria politicamente impegnata, caratterizzata però da una carica emotiva che 
deriva dal diretto coinvolgimento dell’autore nelle vicende narrate.
2
 
L’obiettivo di questa tesi non è soltanto quello di mostrare l’aspetto militante della 
scrittura di Kanafānī, ma di metterne in luce anche la portata rivoluzionaria nel 
contesto della letteratura araba contemporanea. Questo lavoro si articola in tre 
capitoli: il primo capitolo è dedicato al panorama letterario arabo contemporaneo, 
con un focus sul contesto storico, politico e culturale palestinese a partire dal 1948; il 
secondo capitolo si concentra interamente su Ghassān Kanafānī; la sua vita, le sue 
opere e il suo stile e il terzo e ultimo capitolo costituisce in particolare uno studio 
della sua opera, ‘Ālam Laysa Lanā, dalla quale sono stati selezionati e tradotti due 
racconti. L’opera viene analizzata ponendo l’attenzione sulle tematiche trattate, le 
caratteristiche dello spazio e del tempo e le rappresentazioni dei personaggi. 
                                                           
1    Cfr. Kanafani, G., Ritorno a Haifa. La madre di Saad, Salerno- Roma, Edizioni Ripostes, 1990, 
p.9. 
2    Ivi, p. 13.
3 
 
CAPITOLO I 
CONTESTO STORICO- LETTERARIO  
 
1.1      I CONFLITTI ARABO-ISRAELIANI 
Le vicissitudini storico-geografiche della regione palestinese hanno avuto un peso 
determinante nella vita di scrittori contemporanei come Ghassān Kanafānī, autore 
che analizzerò dettagliatamente nei capitoli successivi; infatti la storia della Palestina 
è stata e continua ad essere tuttora molto travagliata. Uno degli avvenimenti che 
segnò profondamente la vita dei palestinesi e che scatenò i successivi conflitti fu la 
Dichiarazione Balfour del 1917 con cui il governo di Londra aiutò il movimento 
sionista a realizzare i suoi piani di insediamento degli ebrei in Palestina.
3
 Solo nel 
1947, dopo una serie di rivolte da parte delle popolazioni arabe, l’ONU sancì la 
spartizione della Palestina in due Stati, quello ebraico di Israele e quello arabo di 
Palestina, mentre Gerusalemme rimase “zona internazionale” sotto il controllo ONU. 
Intanto l’Haganah, la forza armata della comunità ebraica, continuava a sferrare 
potenti attacchi contro i villaggi palestinesi e l’azione più spietata venne compiuta 
contro il villaggio di Deir Yassin (qualche chilometro a ovest di Gerusalemme), dove 
vennero uccisi un centinaio di arabi palestinesi. Dal maggio del 1948 il quadro 
cambiò completamente: il leader sionista David Ben Gurion proclamò la nascita 
dello Stato di Israele. Questo evento fece scattare la reazione della Lega araba, i cui 
esponenti (Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Arabia Saudita, Siria e Yemen), che da 
sempre si erano opposti alla formazione di uno Stato ebraico, attaccarono Israele. La 
guerra durò fino al gennaio del 1949 e si concluse con la vittoria dell’esercito 
israeliano che riuscì ad ampliare i confini del territorio originariamente assegnatogli, 
impadronendosi di gran parte dell’area che l’ONU aveva assegnato agli arabi 
palestinesi. Al termine della vicenda ben 750.000 palestinesi furono costretti a 
fuggire o furono spinti con la forza fuori dai confini di Israele, prevalentemente nel 
Libano meridionale, nella Striscia di Gaza o in Cisgiordania e altri 100.000 di loro 
rimasero a vivere entro i confini di Israele, subendo talora misure di confisca o di 
                                                           
3    Cfr. Banti, A.M., L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 31.
4 
 
spostamento forzoso.
4
 Nel luglio del 1956, il generale egiziano Nasser annunciò la 
nazionalizzazione del Canale di Suez, con l’intenzione di utilizzare i proventi 
derivanti dalla gestione del Canale per la costruzione della diga di Assuan. Questa 
decisione danneggiò pesantemente la Compagnia del Canale, a capitale 
prevalentemente francese e la crisi offrì a Regno Unito e Francia un’occasione per 
intervenire contro l’Egitto: il Regno Unito intendeva riprendere il controllo militare 
del Canale di Suez, perso nel ’52, e la Francia, oltre a difendere gli interessi della 
Compagnia del Canale, voleva punire l’Egitto per il sostegno che stava offrendo ai 
movimenti indipendentisti del Maghreb. Nasser decise di chiudere il Canale di Suez 
e il Golfo di Aqaba alle navi israeliane, cosicché il porto israeliano di Eliat veniva 
tagliato fuori. Fu in questo contesto che Regno Unito, Francia e Israele concordarono 
una dura azione contro l’Egitto. L’esercito israeliano attaccò e sconfisse l’esercito 
egiziano occupando gran parte del Sinai; l’aviazione anglo-francese diede sostegno 
all’operazione, mentre reparti di paracadutisti franco-britannici presero possesso del 
Canale di Suez.
5
 Nonostante la continua resistenza dei Fidā’iyyīn palestinesi e la 
fondazione, nel 1964, dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), 
nel 1967 scoppiò un’ulteriore guerra arabo-israeliana. Nel giugno del ’67 Nasser 
annunciò nuovamente la sua intenzione di chiudere il Golfo di Aqaba alle navi 
israeliane e Israele reagì attaccando di sorpresa Egitto, Giordania e Siria nella Guerra 
dei sei giorni. In soli sei giorni gli israeliani si impadronirono delle alture del Golan, 
del Sinai, della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. La situazione peggiorò: ebbe 
inizio un secondo esodo di massa dei palestinesi. La continua reclamazione della 
restituzione del Sinai e delle alture del Golan, rispettivamente da parte di Egitto e 
Siria, non fece altro che alimentare un’ulteriore guerra, la Guerra del Kippur del 
1973, che si concluse dopo poche settimane. Al termine della guerra, Israele 
mantenne il controllo del Golan e della Striscia di Gaza ma accettò di iniziare una 
graduale restituzione del Sinai all’Egitto.
6
 Dopo dodici giorni di negoziati segreti a 
Camp David, sembrarono aprirsi prospettive di pacificazione perché nel 1979 Sadat, 
che aveva succeduto Nasser alla guida dell’Egitto nel 1970, e Begin firmarono un 
trattato di pace a Washington. Ma non si trattò che di un’illusione che si interruppe 
                                                           
4    Ivi, pp. 289-290.  
5  Ivi, pp. 358-359.  
6  Ivi, p. 361.
5 
 
ben presto. Intanto la pace israelo-egiziana provocò una dura reazione antiegiziana 
all’interno del mondo arabo. Gli accordi di pace furono duramente condannati dai 
paesi arabi, tanto che nello stesso anno la Lega araba decise di espellere l’Egitto. 
Questo accordo venne interpretato dagli islamici radicali come una prova evidente 
del completo tradimento compiuto da Sadat che venne assassinato nell’ottobre del 
1981. Nel 1982 l’esercito israeliano invase il Libano, assediando Beirut e 
massacrando i palestinesi nei campi profughi di Ṣabra e Shatila, in Libano.
7
 La 
formazione di uno stato palestinese sembrava sempre più lontana, grazie anche al 
disinteresse e all’opportunismo dimostrato da tutti i paesi arabi. A capovolgere la 
situazione fu proprio la popolazione palestinese dei Territori Occupati che nel 1987, 
prima a Gaza e poi in Cisgiordania, diedero inizio all’Intifada: una straordinaria 
sollevazione popolare che si concretizzò in manifestazioni di protesta e in 
aggressioni contro la popolazione e l’esercito israeliano. Durante l’Intifada, che durò 
cinque anni fino al 1993, gli shebab attaccarono l’esercito con le pietre, vennero 
inoltre boicottati i prodotti israeliani e organizzati scioperi totali amministrativi e 
commerciali.
8
 Nel 1993 il nuovo primo ministro israeliano Rabin e Arafat siglarono a 
Oslo un accordo che pose le premesse per la costituzione di una serie di aree che in 
Cisgiordania e a Gaza avrebbero dovuto essere affidate a un’Autorità Nazionale 
Palestinese (ANP). Questo gesto costò la vita a Rabin che venne ucciso il 4 
novembre 1995 da un estremista israeliano. I coloni israeliani però, non rispettando 
gli accordi di Oslo, non abbandonarono gli insediamenti creati in Cisgiordania e a 
Gaza e così nel settembre del 2000 scoppiarono nuovi conflitti e una nuova Intifada. 
Tra i palestinesi si conquistò un notevole seguito Hamas, un’organizzazione radicale 
che non riconosceva la legittimità dello Stato di Israele: furono opera di militanti di 
Hamas numerosi attentanti che fecero un grandissimo numero di vittime tra la 
popolazione civile israeliana così come tra i soldati dell’esercito israeliano.
9
 Nel 
2002, Stati Uniti, Unione Europea, ONU e Russia proposero un piano, che prese il 
nome di Road Map for Peace, per l’assetto di Gaza e Cisgiordania, che avrebbero 
dovuto portare al completo ritiro di insediamenti e postazioni militari israeliane e alla 
costituzione di uno Stato affidato all’Autorità Nazionale Palestinese. Nel novembre 
                                                           
7  Ivi, p. 454. 
8  http://oggipalestina.blogspot.it/p/la-vera-storia.html.  
9  Cfr. Banti, A.M., op.cit., p. 458.