un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
IV
Il regime di cambio brasiliano, come è noto, è effettivamente collassato nel gennaio
del 1999, in seguito ai forti attacchi speculativi che si erano riversati sulla valuta
brasiliana e che avevano provocato un’ingente diminuzione della riserve internazionali a
disposizione del Banco Central. La decisione della Autorità Monetarie di non
intervenire più nel mercato dei cambi, lasciando contestualmente il tasso di cambio
libero di fluttuare, pare quindi essere stata la conseguenza diretta degli attacchi
speculativi contro la valuta brasiliana, scatenati sia dalla trasmissione delle crisi
finanziarie internazionali precedentemente citate e sia dalla sostanziale incapacità del
governo brasiliano di mantenere i commitements circa il contenimento del deficit
fiscale.
L’obiettivo di questo capitolo è proprio quello di investigare circa la avvenuta
svalutazione del Real. Per conseguire tale obiettivo ci siamo avvalsi di un modello
elaborato da Cumby e Van Wijnbergen (1986), sviluppato in un contesto di aspettative
razionali, che presenta un’economia in cui la politica di cambio è quella tipica di un
crawling peg regime. Calcolare come è cambiata nel tempo la probabilità di collasso
del crawling peg brasiliano – considerando un periodo che va dal marzo 1995 fino al
gennaio 1999 - ci aiuta quindi nella nostra indagine circa la svalutazione del Real, cosí
come Cumby e Van Wijnbergen hanno applicato il loro modello alla economia della
vicina Argentina alla fine degli anni ’70 per investigare circa le cause dell’avvenuta
svalutazione del Peso. Nel caso dell’Argentina, Cumby e Van Wijnbergen dimostrano
come la probabilità di collasso del regime di cambio presenti valori tendenti al 100% fin
dall’aprile 1980, arrivando quindi a concludere che la svalutazione del marzo 1981
fosse una scelta pressoché obbligata e riflettesse la forte inconsistenza tra la politica di
cambio e quella fiscale. Nel ripetere lo stesso esercizio per il caso brasiliano, occorrerà
prestare attenzione alle somiglianze tra i due casi considerati, ma allo stesso tempo sarà
necessario rammentarsi delle differenze – in particolare circa la maggior sensibilità
dell’economia brasiliana rispetto a shocks esterni.
Il modello mira ad analizzare la sostenibilità di un crawling peg regime,
soffermandosi sulla credibilità di tale politica in base alla compatibilità ed alla coerenza
tra la politica fiscale e la politica monetaria. Gli agenti, non credendo necessariamente
che il tasso di cambio seguirà il cammino disegnato e annunciato dalle Autorità
Monetarie, imparano, periodo dopo periodo, a valutarne la credibilità delle politiche.
riassunto
V
All’inizio di ogni periodo, gli agenti prendono le loro decisioni di portafoglio basandosi
sulla probabilità che il crawling peg venga abbandonato prima dell’inizio del periodo
successivo. Tale decisioni, a loro volta, influenzeranno la probabilità di collasso del
regime.
Il modello di Cumby e Van Wijnberger rappresenta un’evoluzione del modello
classico di crisi di cambio sviluppato da Paul Krugman (1979). Krugman deriva, in un
contesto deterministico, la tempistica di un attacco speculativo nel caso in cui la politica
fiscale sia incompatibile col regime di cambio. Flood e Garber (1982) estendono
l’analisi di Krugman introducendo incertezza circa il futuro tasso di crescita del credito
domestico e definendo una tempistica discreta, rendendo quindi possibile
un’applicazione empirica del loro modello. Le condizioni per le quali si verificherebbe
un attacco speculativo sono derivate da Salent e Henderson (1978) e dallo stesso
Krugman; il regime collasserebbe qualora gli agenti ritenessero che posporre un attacco
speculativo provocasse un salto discreto nel tasso di cambio non appena le riserve della
banca centrale si fossero esaurite. Introducendo incertezza circa il futuro andamento del
credito domestico, Flood e Garber rendono incerta anche la tempistica di un attacco
speculativo, giacché la probabilità del collasso del regime di cambio viene valutata in
base alla probabilità che il credito domestico cresca ad un tasso sufficientemente ampio
da causare un esaurimento delle riserve internazionali.
Il paper di Flood e Garber rappresenta un importante punto di partenza per questo
lavoro. Cumby e Van Wijnberger estendono la loro analisi introducendo incertezza circa
il livello critico delle riserve internazionali superato il quale le Autorità abbandonano il
crawling peg, lasciando il tasso di cambio libero di fluttuare. Tale incertezza, a sua
volta, si riflette sugli agenti, che non conoscono quale sia il tasso di crescita del credito
domestico che causerà una caduta delle riserve sotto la soglia critica. Questa estensione
dell’analisi di Flood e Garber ha importanti implicazioni sulla tempistica del collasso
del regime di cambio. Le Autorità Monetarie, infatti, possono ora prevenire un attacco
speculativo abbandonando preventivamente il regime di crawling peg. Ciò può
succedere qualora, per esempio, la necessità di finanziare un deficit fiscale
irresponsabilmente elevato porterebbe, data la domanda di moneta, ad una caduta delle
riserve sotto la soglia critica, conosciuta dalla Autorità ma sconosciuta agli agenti.
L’analisi di Cumby e Van Wijnberger estende inoltre il lavoro di Flood e Garber in
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
VI
quanto il modello viene ora applicato empiricamente, nella fattispecie per l’economia
argentina a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. In questo lavoro, il modello verrà
applicato all’economia brasiliana tra il 1995 ed il 1999, ovvero, nel periodo in cui la
politica di cambio si fondava sul sistema del crawling peg.
Per quanto riguarda la descrizione analitica del modello, si faccia riferimento integrale
al capitolo 2. Riassumere la costruzione e la risoluzione del modello risulterebbe
inevitabilmente un’operazione priva di significato, vista la completezza nei dettagli che
sarebbe richiesta. Pur tuttavia, possiamo a ripercorrere a parole il lavoro effettuato,
coscienti dei limiti che inevitabilmente comporta una simile operazione.
Partendo dalla funzione di domanda di moneta ed ipotizzando che valgano sia la parità
scoperta dei tassi d’interesse e la purchasing power parity e che il tasso d’interesse
internazionale segua un random walk, otteniamo la funzione standard della domanda di
moneta popolare nell’approccio monetarista al tasso di cambio (equazione 3).
La credibilità del crawling peg dipende inevitabilmente dal tasso di crescita del
credito domestico, le cui aspettative sono costruite attraverso il modello di Muth (1960).
Ad una maggiore crescita attesa di tale aggregato, infatti, è associata una diminuzione
delle riserve internazionali a disposizione della Banca Centrale e, di conseguenza, una
minor sostenibilità a medio-lungo termine del regime di cambio (si veda l’equazione 6).
Il criterio per il quale le Autorità Monetarie decidono se continuare a mantenere il
crawling peg oppure lasciare il tasso di cambio libero di fluttuare è il seguente: il
crawling peg sarà abbandonato qualora le riserve internazionali cadano sotto una soglia
minima, che si ipotizza che possa essere negativa ed il cui valore non è conosciuto dagli
agenti. La soglia minima per le riserve, di conseguenza, è caratterizzata da una
distribuzione probabilistica. L’incertezza circa tale valore è una dei motivi per cui la
risoluzione analitica del modello è risultata di notevole complessità.
Per la risoluzione del modello, si è dimostrato d’aiuto focalizzare la nostra attenzione
sul tasso di crescita del credito domestico. Per ogni periodo considerato, infatti, esiste
un dato valore di tale tasso di crescita che provocherebbe la caduta delle riserve
internazionali sotto la soglia minima e, di conseguenza, l’abbandono del crawling peg.
riassunto
VII
Occorre quindi arrivare, in un contesto di aspettative razionali, ad una derivazione
esplicita del valore del tasso di crescita del credito domestico che provocherebbe il
collasso del regime. Una volta ottenuta la serie storica dei tassi-soglia (condizionata ai
possibili valori del valore minimo delle riserve internazionali necessarie affinché il
crawling peg possa essere mantenuto), ricavare la probabilità di collasso dei regime di
cambio richiede la sola risoluzione dell’equazione (13). Circa i dettagli della
determinazione del tasso di crescita-soglia del credito domestico, si veda il capitolo 2
(sezione 4): la complessità della risoluzione matematico-statistica del modello rende
davvero impossibile qualsiasi tentativo di riassumere a parole.
Dopo essere pervenuti alla risoluzione teorica del modello in un contesto di aspettative
razionali, è necessario applicarlo concretamente al caso brasiliano. Elaborando e
ricomponendo le serie storiche grezze, in base alla metodologia illustrata nella
descrizione del modello, abbiamo ricavato le serie storiche di tutti gli aggregati utili al
fine della risoluzione del modello. Il vantaggio della semplicità del modello è che,
affinché si giunga ad una stima delle possibilità di collasso del regime di cambio, sono
sufficienti i parametri a e b della funzione di domanda di moneta, il parametro λ del
modello di Muth e la varianza σ
2
del tasso di crescita del credito domestico. Una volta
stimati tali parametri, sarà possibile pervenire alle probabilità di collasso.
Circa i metodi di stima dei parametri sopra elencati, per brevità facciamo ora
riferimento integrale alla sezione 5 del capitolo 2. Occorre comunque sottolineare la
meticolosità con cui si è prodotta la stima della funziona di domanda di moneta:
l’inclusione di due variabili dummies, la scelta delle variabili strumentali adoperate e
l’ipotesi che il termine erratico segua un MA(2) sono tutte frutto di un complesso e
meticoloso lavoro econometrico atto ad assicurare la migliore delle stime possibili dei
parametri a e b.
Nel grafico 1 sono presentate le conclusioni del modello. Il modello riesce a catturare
l’evoluzione della politica di cambio brasiliana e a prevedere la crisi del crawling peg
del gennaio 1999. I risultati sono interessanti e plausibili. E’ infatti proprio nel periodo
antecedente alla decisione di svalutare la valuta brasiliana che la probabilità di
abbandono del regime di crawling peg mostra il suo valore più alto (maggiore al 75%).
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
VIII
La decisione di abbandonare il regime di cambio, di conseguenza, appare più come una
necessità oggettiva che come una libera scelta di politica economica.
Grafico 1: le probabilità della crisi:
Crawling peg brasiliano:
le probabilità del collasso
0%
10
%
20
%
30
%
40
%
50
%
60
%
70
%
80
%
1
9
9
5
:
0
5
1
9
9
5
:
0
7
1
9
9
5
:
0
9
1
9
9
5
:
1
1
1
9
9
6
:
0
1
1
9
9
6
:
0
3
1
9
9
6
:
0
5
1
9
9
6
:
0
7
1
9
9
6
:
0
9
1
9
9
6
:
1
1
1
9
9
7
:
0
1
1
9
9
7
:
0
3
1
9
9
7
:
0
5
1
9
9
7
:
0
7
1
9
9
7
:
0
9
1
9
9
7
:
1
1
1
9
9
8
:
0
1
1
9
9
8
:
0
3
1
9
9
8
:
0
5
1
9
9
8
:
0
7
1
9
9
8
:
0
9
1
9
9
8
:
1
1
probabilità di collasso del crawling peg tasso di interesse domestico
In base ai risultati ottenuti:
i. appare evidente come la sostenibilità a medio-lungo termine del regime di
cambio sia stata minata dalla sostanziale incapacità del governo nel mantenere
gli impegni presi in materia di contenimento del deficit fiscale. La media
aritmetica della serie storica del tasso di crescita mensile del credito
domestico risulta infatti essere pari a 3,13%, valore corrispondente al 44,79%
annuo: è proprio a partire dalla crescita sostenuta del credito domestico che si
può spiegare l’aumento della probabilità di una crisi di cambio.
ii. il modello ci mostra come l’economia brasiliana si sia dimostrata sensibile
agli shocks esogeni, come quelli rappresentati dalla crisi asiatica del 1997 e
riassunto
IX
dalla moratoria dei pagamenti russa del 1998. Comparando le due serie
storiche riportate nel grafico, risulta evidente come ai due picchi fatti segnare
dal tasso d’interesse in corrispondenza delle due crisi finanziarie
(rispettivamente, seconda metà del 1997 e seconda metà del 1998) segua un
altrettanto evidente aumento della probabilità di collasso del regime di
cambio.
Il progressivo deterioramento delle aspettative circa il mantenimento del regime di
cambio è quindi spiegabile sia attraverso concause endogene – il mancato contenimento
del deficit fiscale – sia attraverso concause esogene – il verificarsi di due importanti
crisi finanziarie internazionali quali quella asiatica (1997) e la moratoria dei pagamenti
russa (1998). Le implicazioni per i policy-makers sono significative. Ancora una volta,
si è dimostrato come la sopravvivenza di un dato regime di cambio dipenda
crucialmente dalle scelte di politica fiscale. Inoltre, è emersa l’esigenza di rendere
l’economia meno fragile in fronte a shocks esogeni quali una crisi finanziaria
internazionale. A questo proposito, è interessante sottolineare come il progressivo
processo di apertura dell’economia brasiliana, oltre a importanti benefici (basti pensare
al crescente ruolo del Brasile come ricettore di FDI), abbia comportato nuovi problemi
che, prima degli anni ’90, non si erano mai posti per il Brasile.
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
X
2 - DAL DEPREZZAMENTO ALL’INFLAZIONE:
UN APPROCCIO EMPIRICO
Nel capitolo precedente è stata analizzata la crisi valutaria che ha colpito il Brasile nel
gennaio 1999. Le crisi valutarie e le conseguenti ampie svalutazioni destano
preoccupazioni circa la nascita di una spirale deprezzamento-inflazione-deprezzamento.
In generale, questo timore si fonda sui precedenti storici dell’iperinflazione, ove il venir
meno di un’ancora cambiaria ha spesso provocato un acuirsi della tendenza
inflazionistica. Appare quindi doverosa una seria analisi su come il deprezzamento del
tasso di cambio si rifletta sull’inflazione. In questo capitolo questo problema è stato
affrontato da un punto di vista empirico, basandoci sull’analisi portata avanti da Ilan
Goldfajn e Sergio Ribeiro da Costa Werlang. I risultati generali derivati in questo
capitolo (così come nel prossimo) hanno un’importanza valenza per il singolo caso del
Brasile, come si potrà vedere nel capitolo cinque.
Il lavoro si è proposto di arrivare a stimare il pass-through dal deprezzamento
all’inflazione, ovvero, la misura percentuale con cui il deprezzamento del tasso di
cambio si riflette sulla crescita dei prezzi, utilizzando dati mensili riferiti a 71 paesi, per
un periodo compreso tra il 1980 ed il 1999, per un totale di 14013 osservazioni valide.
L’arco temporale presenta al suo interno una notevole eterogeneità di caratteristiche,
comprendendo le larghe fluttuazioni del tasso di cambio dollaro-yen e i numerosi
riallineamenti tra le monete europee all’interno dello SME. Nell’ultimo ventennio
abbiamo infatti assistito a periodi di relativa tranquillità così come a momenti di
violente turbolenze valutarie.
Il pass-through coefficient viene definito come la relazione intercorrente tra
l’inflazione accumulata in j periodi,
];[ jtt +
Π , ed il deprezzamento del tasso di cambio
anch’esso accumulato in j periodi,
]1;1[
ˆ
−+− jtt
e . Si noti come si sia utilizzato un lag di un
periodo, affinché l’andamento del tasso di cambio possa influire sull’andamento
dell’inflazione attraverso i veicoli di trasmissione della politica monetaria e di
aggiustamento dei prezzi e dei salari. Un pass-through coefficient pari al 100%
rappresenta una totale trasmissione del deprezzamento della valuta domestica
riassunto
XI
sull’inflazione, mentre un valore pari a zero esprime la totale anelasticità dei prezzi
rispetto al tasso di cambio nominale.
Occorre individuare quali siano variabili esplicative del pass-through coefficient. Ai
fini di questo lavoro, ne abbiamo selezionate quattro:
i. una misura del business cycle quale la deviazione del PIL da un trend stimato;
ii. la sopravvalutazione del tasso di cambio reale rispetto al suo valore
d’equilibrio;
iii. l’inflazione iniziale
iv. il grado di apertura dell’economia.
Come primo passaggio, abbiamo provveduto a stimare l’effetto del deprezzamento del
tasso di cambio nominale e delle quattro variabili esplicative scelte sull’inflazione, in
base all’equazione 1
1
:
tititititijttijtti
OPEGDPRERe
,)1(,5)1(,4)1(,3)1(,2]1;1,[10];,[
ˆ
µββββββ ++Π++++=Π
−−−−−+−+
L’arco temporale utilizzato nell’analisi è pari a 18 mesi, con rilevazioni intermedie a 3,
6, 9 e 12 mesi.
Grazie a questo esercizio, è stato quindi possibile ricavare l’effetto diretto della GDP
deviation, della sopravvalutazione del tasso di cambio reale, dell’inflazione iniziale e
del grado di apertura dell’economia sull’inflazione. Oltre ai risultati della regressione
generale, si sono inoltre operate delle distinzioni basate su criteri geografici e socio-
economici, affinché si giungesse alla stima dei coefficienti per gruppi di paesi omogenei
tra loro (es. paesi africani, economie emergenti, paesi aderenti all’OCSE,…).
Dai risultati derivati da questo primo esercizio, abbiamo potuto constatare come il
pass-through coefficient mostri un andamento crescente nei primi dodici mesi
successivi al deprezzamento del tasso di cambio. Per esempio, il coefficiente a 12 mesi
eccede di 4 volte il coefficiente a 3 mesi. Il punto di massimo si raggiunge, per
l’appunto, dopo un anno, con la rilevante eccezione dell’America Latina, dove il
coefficiente continua a crescere anche nel secondo anno di riferimento. E’ importante
sottolineare come il valore assoluto del pass-through coefficient resti ampiamente
1
Per una soddisfacente spiegazione dell’equazione, si veda il capitolo 3.
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XII
inferiore all’unità, per qualsiasi arco temporale considerato (il punto di massimo è a 12
mesi, con un valore che, per la regressione generale, è pari a 0,732).
In linea con le nostre aspettative, risulta inoltre che il deprezzamento del tasso di
cambio nominale, l’inflazione iniziale e la GDP deviation siano correlati positivamente
all’inflazione. Il grado di apertura dell’economia mostra invece di influire
sull’inflazione in modo diverso a seconda dell’arco temporale considerato, mentre la
sopravvalutazione del tasso di cambio reale risulta correlato negativamente rispetto
all’inflazione. I coefficienti delle quattro variabili di controllo utilizzate sono tutti
statisticamente significativi ed hanno lo stesso segno che si pensava dovessero avere da
un punto di vista teorico. Il coefficiente di pass-through presenta valori più alti nei paesi
americani ed asiatici, riflettendo da situazione di spirale deprezzamento-inflazione-
deprezzamento che ha afflitto numerosi paesi di queste regioni. I paesi europei, africani
e dell’Oceania, al contrario, mostrano una minor sensibilità dell’inflazione al tasso di
cambio. Il pass-through è sostanzialmente meno elevato nei paesi sviluppati rispetto ai
paesi emergenti ed in via di sviluppo, come del resto conferma l’analisi comparata tra i
paesi facenti parte dell’OCSE e quelli non membri. Parallelamente, il contenimento
dell’inflazione a causa della sopravvalutazione del tasso di cambio reale appare
maggiore nei paesi emergenti rispetto a quelli sviluppati.
Dopo aver prodotto una stima diretta del pass-through coefficient, è stato interessante
soffermarci su quali siano le sue determinanti. Il pass-through coefficient dipende dalle
variabili di controllo da noi utilizzate? Come la sopravvalutazione del tasso di cambio
reale, la GDP deviation, l’inflazione iniziale ed il grado di apertura dell’economia
influenzano il pass-through coefficient? E’ infatti plausibile supporre che, per esempio,
la sopravvalutazione del tasso di cambio reale possa avere sia un effetto diretto
sull’inflazione e sia un effetto sul tasso di deprezzamento del cambio nominale che, a
sua volta, influenzerà l’inflazione. Di conseguenza, è stato opportuno procedere ad una
stima dei coefficienti inserendo nell’equazione (1) anche i cross-terms. Per semplicità,
si è ipotizzato che il pass-through coefficient sia una funzione lineare delle altre
variabili in questione.
riassunto
XIII
Di conseguenza, avremo:
tititititijttijtti
OPEGDPRERe
,)1(,5)1(,4)1(,3)1(,2]1;1[,10];[,
ˆ
µββββββ ++Π++++=Π
−−−−−+−+
con
)1(,10)1(,9)1(,8)1(,761 −−−−
+Π+++=
titititi
OPEGDPRER ββββββ
I risultati di questo ulteriore esercizio sono i seguenti. In generale, la
sopravvalutazione del tasso di cambio reale, l’inflazione iniziale, il grado di apertura
dell’economia e la GDP deviation risultano influenzare il pass-through coefficient,
seppur in misura ed in modalità differenti. Le determinanti statisticamente più rilevanti
appaiono essere l’inflazione iniziale e la sopravvalutazione del tasso di cambio reale.
Quest’ultima, in particolare, vede incrementare la propria azione all’aumentare
dell’orizzonte temporale, mentre l’inflazione iniziale raggiunge il massimo della propria
influenza dopo 6 mesi dal deprezzamento. Il grado di apertura dell’economia e la GDP
deviation hanno una significatività sostanzialmente minore e si mostrano più sensibili
all’orizzonte temporale ed al campione di paesi considerato. La GDP deviation, nello
specifico, ha importanti effetti fino a 6 mesi, dopo di che vede addirittura invertire il
proprio segno. Questo ci può anche suggerire che l’iniziale GDP gap sia correlato
negativamente col futuro pass-through dell’inflazione, quantomeno dopo un certo
intervallo di tempo. Il grado di apertura commerciale, infine, sembra essere una
variabile maggiormente significativa per i paesi dell’Africa e dell’Oceania.
Una volta determinati i coefficienti diretti ed indiretti relativi al deprezzamento del
tasso di cambio nominale ed alle quattro variabili di controllo utilizzate, abbiamo potuto
utilizzare i risultati ottenuti per confrontare le previsioni implicite nel modello con i dati
reali. In particolare, si sono considerati alcuni importanti casi di forti svalutazioni
valutarie, riferiti sia ad economia sviluppate che a paesi emergenti. L’esercizio è stato
condotto sia utilizzando i coefficienti derivati nella regressione generale, senza e con i
cross-terms, e sia con la regressione specifica della tipologia della singola economia
considerata (in base ai criteri precedentemente illustrati).
I risultati di questo esercizio di verifica ex-post sono i seguenti. Occorre innanzi tutto
rilevare come il modello, in modo particolare nell’esercizio comprendente i cross terms,
riesca a produrre delle previsioni circa l’inflazione decisamente migliori rispetto ad altri
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XIV
studi precedenti. In particolare, Goldfajn e Da Costa Werlang confrontano i risultati del
loro lavoro con quello di Borensztein e De Gregorio (1999) , constatando come vi sia
un indubbio miglioramento nella precisione delle previsioni.
La lezione principale circa i paesi emergenti è che occorre tenere in dovuta
considerazione l’effetto della sopravvalutazione del tasso di cambio reale, che ha un
forte effetto disinflattivo, al fine di ottenere una previsione dell’inflazione più accurata.
Allo stesso modo, emerge come, per i paesi europei, una delle determinanti
fondamentali dell’inflazione sia la stessa inflazione iniziale. In generale, si è verificato
come sia di grande importanza la valutazione dell’effetto che le variabili di controllo
hanno sul pass-through coefficient. E’ proprio la cooperazione di effetti diretti ed
indiretti delle variabili esplicative utilizzate nell’analisi che producono le migliori
previsioni.
Al di là dei risultati ottenuti, si rileva ancora una volta il problema che, in casi di crisi
valutarie, vi è sempre un errore di valutazione in eccesso per le previsioni circa
l’inflazione. Questa è un’osservazione che è legittimo fare per la quasi totalità dei
modelli relativi a questo tipo di situazioni. Una delle possibili spiegazioni al riguardo è
che, dopo un episodio di svalutazione, vi sia sempre un overshooting del tasso di
cambio nominale, il che produce delle previsioni sistematicamente maggiori rispetto
all’inflazione effettiva. Il tasso di cambio nominale, infatti, nel medio periodo
tenderebbe ad aggiustarsi rispetto al movimento subito successivo alla svalutazione,
così che le aspettative già incorporerebbero la normalizzazione della quotazione della
valuta domestica, inducendo un minor aggiustamento dei prezzi in relazione alla misura
della svalutazione iniziale.
Per cercare di ovviare al problema della sistematica soprastima dell’inflazione futura
in casi di crisi valutarie, abbiamo proceduto ad inserire nel modello le aspettative degli
agenti circa la crescita attesa dei prezzi. Gli agenti, infatti, non incorporano
necessariamente nelle loro aspettative la dimensione dell’iniziale overshooting del tasso
di cambio nominale; di conseguenza, l’inclusione di tali aspettative nel modello
dovrebbe produrre delle stime per l’inflazione maggiormente corrispondenti ai dati
reali.
riassunto
XV
Si è così proceduto a specificare il modello tenendo in considerazione anche le
aspettative. L’esercizio è stato effettuato sia per il modello-base e sia per quello
includente i cross-terms. Inoltre, si è provveduto ad inserire le aspettative, in alternativa,
raccolte al tempo t ed al tempo (t-1). Quest’ultima opzione si giustifica col fatto che, se
espresse prima di conoscere l’ammontare della svalutazione, le aspettative non potranno
in alcun modo essere influenzate dall’iniziale overshooting.
Osservando i risultati ottenuti, è opportuno sottolineare come, anche se statisticamente
significativo, l’effetto delle aspettative sul deprezzamento del tasso di cambio a medio
termine sia marginale. Una possibile spiegazione a ciò è che il periodo considerato
dall’analisi è molto ampio, così che le aspettative raccolte al tempo t ed al tempo (t-1)
potrebbero non rappresentare l’evoluzione del loro giudizio durante il periodo. I
risultati, inoltre, risultano coerenti tra di loro a prescindere dalla tempistica utilizzata nel
costruire le aspettative. Per quanto riguarda l’introduzione delle aspettative nel modello
completo dei cross terms, possiamo rilevare l’esistenza di un forte effetto diretto del
deprezzamento atteso sull’inflazione, parallelamente ad uno scarso apporto degli effetti
indiretti attraverso il pass-through coefficient. Questo ci autorizza a concludere che,
nella determinazione dell’inflazione, il deprezzamento atteso è altrettanto influente del
deprezzamento effettivo. Quello che cambia è semplicemente il meccanismo di
trasmissione: se le aspettative agiscono tramite l’effetto diretto sull’inflazione, al
contrario il deprezzamento effettivo si trasmette maggiormente attraverso gli effetti
indiretti delle variabili di controllo sul pass-through coefficient.
Un ulteriore passo in avanti al fine di vagliare la bontà dei risultati fin qui esposti è
stato quello di fare alcuni test di sensibilità. Un primo test è stato effettuato circa il lag
temporale della GDP deviation: si poteva ragionevolmente supporre che una misura del
ciclo economico al tempo t non possa avere un’influenza rilevante sull’inflazione al
tempo (t+12). Conseguentemente, al fine di veder confermata la nostra ipotesi, abbiamo
eseguito la medesima regressione utilizzando, però, la GDP deviation al tempo (t+6).
La significatività del dato relativo al coefficiente cross-term della GDP deviation è ora
lampante. Vediamo così confermata la nostra ipotesi relativa all’influenza dell’orizzonte
temporale sull’effetto della misura del business cycle.
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XVI
Un secondo test di sensibilità è stato condotto a proposito dell’apertura dell’economia
dei paesi. Il risultato conferma sostanzialmente i risultati illustrati in precedenza. Un
ultimo test è stato poi effettuato procedendo a costruire casualmente due campioni dei
dati delle 71 economi utilizzate. Questo esercizio è utile in quanto aiuta nel
comprendere quanto significative siano state le analisi relative ad alcuni particolari tipi
di paesi che sono state esposte in precedenza. Sia il segno che il valore assoluto dei
coefficienti dei due campioni random tendono sostanzialmente sia ad assomigliare l’un
l’altro e sia a rispecchiare i risultati derivati nell’esercizio relativo a tutti i 71 paesi. Di
conseguenza, è ragionevolmente possibile affermare che i criteri utilizzati nella
ripartizione del campione in base a criteri geografici ed economici non abbiano portato
a risultati che, anziché dalle caratteristiche delle economie raggruppate in una stessa
macrocategoria, siano state determinati dal caso.
riassunto
XVII
3 –PERCHÉ L’INFLAZIONE NON E’ ESPLOSA
IN SEGUITO AI RECENTI EPISODI DI
SVALUTAZIONE?
Alla luce dei risultati derivati nel capitolo precedente, è stato naturale domandarci
perché, negli ultimi importanti episodi di svalutazione, l’inflazione sia sostanzialmente
rimasta su livelli così moderati. Seguendo il lavoro di Burstein, Eichenbaum e Rebelo,
abbiamo cercato di rispondere a questo interrogativo. L’analisi è stata sviluppata in due
passaggi:
i. si sono analizzate le caratteristiche principali del comportamento dei prezzi in
seguito ad episodi di svalutazione successivi al 1990;
ii. si è dimostrato che i costi di distribuzione e la sostituzione nel consumo domestico
delle importazioni con beni locali di minor qualità siano variabili rilevanti nello
spiegare il comportamento dei prezzi in seguito ad episodi di svalutazione.
Il lavoro empirico si è basato sui dati relativi alla Finlandia, alla Svezia, al Messico,
alla Corea del Sud, alla Tailandia, alla Malaysia, alle Filippine, all’Indonesia ed al
Brasile. Osservando il l’evoluzione degli indici dei prezzi in questi paesi, emergono 6
caratteristiche generalizzabili:
i. coerentemente con l’analisi di Mussa (1986), il tasso di inflazione misurato dal
CPI è decisamente contenuto, se comparato con il deprezzamento osservato
nel tasso di cambio nominale;
ii. il tasso d’inflazione misurato dal CPI è basso sia per i beni tradables che per
quelli non-tradables;
iii. dopo la svalutazione, i beni non-tradables vedono diminuire fortemente il loro
prezzo relativo rispetto ai beni tradables;
iv. il prezzo delle esportazioni e delle importazione ha un’evoluzione molto più
simile a quella del tasso di cambio nominale che a quella del CPI;
v. l’inflazione misurata dal WPI è più alta di quella computata col CPI ma ben al
di sotto dell’andamento dei prezzi delle importazioni e delle esportazioni;
vi. il comportamento del CPI è simile a prescindere dall’inclusione nel paniere di
beni sottoposti al controllo governativo;
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XVIII
vii. il tasso di crescita del PIL reale diminuisce (fa eccezione il solo caso del
Brasile) e, in un orizzonte di medio-lungo periodo, si verifica un aumento
sensibile del surplus commerciale. Questo aumento è composto
qualitativamente da una forte diminuzione delle importazioni e da una
sostanziale – ma più moderata - crescita delle esportazioni
Una spiegazione plausibile del perché l’inflazione si sia mantenuta su valori moderati
in seguito ad episodi di svalutazione deve essere necessariamente coerente con le
osservazioni riportate qui sopra.
Per procedere nell’analisi degli episodi considerati, ci siamo confrontati con un
esercizio di price accounting. Abbiamo preso esogenamente i dati relativi
all’evoluzione dei prezzi dei beni non-tradables, così come il peso che essi hanno nel
paniere del CPI. Abbiamo inoltre assunto che fosse verificata la parità di poteri
d’acquisto relativamente ai beni tradables, così come avviene nei modelli-standard dei
due settori. Calcolando il CPI, coerentemente a queste ipotesi, abbiamo potuto osservare
come i valori ottenuti non siano in linea con quelli osservati nei dati effettivi.
L’inflazione implicita nel modello è infatti ben superiore a quella effettiva.
Abbiamo allora ipotizzato che la vendita al dettaglio dei beni tradables richieda alcuni
servizi di distribuzione (trasporto, vendita all’ingrosso, vendita al dettaglio,..) la cui
evoluzione dei prezzi segue invece quella dei beni non-tradables. Questa ipotesi già
avvicina il tasso d’inflazione implicito a quello effettivo.
E’ importante sottolineare come la maniera in cui sono stati introdotti i costi di
distribuzione non è equivalsa ad un semplice aumento del peso relativo dei beni non-
tradables ai fini del calcolo dell’indice CPI. Questo perché l’introduzione dei costi di
distribuzione fa sì che la parità dei poteri d’acquisto non sia più verificata per i beni
tradables.
Un ulteriore assunzione che abbiamo fatto è stata quella relativa ad alcuni beni che,
convenzionalmente, sono classificati come tradables ma, in sostanza, altro non sono che
beni domestici prodotti per i mercato domestico come imperfetti sostituti (di minor
qualità) di beni importati. E’ questo il caso, per esempio, del vino locale rispetto al vino
riassunto
XIX
francese. Considerando questa tipologia di beni come non-tradables, l’inflazione
implicita nel modello diminuisce ulteriormente.
L’ultimo passaggio nel nostro esercizio di price accounting è consistito nell’ipotizzare
che, in seguito ad una svalutazione, la quota di mercato dei beni tradables prodotti sul
mercato domestico aumenti rispetto alle importazioni. Questo effetto, che Burstein,
Eichenbaum e Reselo definiscono come �flight from quality”, inizialmente non
verrebbe misurato dal CPI, in quanto esso si riferisce ad un paniere fisso di beni, che
viene riaggiustato solo periodicamente. Di conseguenza, l’inclusione del flight from
quality nel calcolo dell’inflazione dovrebbe produrre un ulteriore downward bias,
avvicinando ulteriormente l’inflazione implicita a quella effettiva. In effetti, i dati
empirici mostrano come l’inflazione implicita risulti ora maggiormente prossima a
quella effettiva.
Basandoci sulle considerazioni fino a qui esposte, abbiamo potuto concludere che un
minor tasso di crescita del prezzo dei beni non-tradables (rispetto ai beni tradables), la
presenza di costi di distribuzione nonché di beni imperfetti sostituti delle importazioni e
del flight from quality producano un minor tasso di crescita del CPI. La domanda che ci
siamo a questo punto posti è stata la seguente: “queste osservazioni costituiscono un
fenomeno di equilibrio generale”?
Abbiamo affrontato il problema avvalendoci di un modello neoclassico standard per
beni tradables e non-tradables, esteso in modo tale da permetterci di esplicitare i costi
di distribuzione, la sostituzione delle importazioni ed il flight from quality. Abbiamo
ipotizzato che, ad un certo tempo t, vi sia una stretta creditizia sia per il governo che per
il settore privato, alla quale le Autorità Monetarie rispondono con un aumento del
signoreggio. Questo genera un largo deprezzamento del tasso di cambio nominale. Allo
stesso tempo, lo shock sui prestiti del settore privato implica che il surplus commerciale
debba crescere.
Nel nostro modello, questo fenomeno è spiegato da due distinti meccanismi. Primo,
gli agenti riducono il loro livello di consumo di beni importati. Si verifica, quindi, il già
citato flight from quality. Secondo, gli agenti riducono anche il livello di produzione di
beni non-tradables, allocando una maggior quantità delle risorse a loro disposizione
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XX
nella produzione di beni tradables destinati all’esportazione. Giacché il fattore capitale
è fisso nel breve termine, il costo marginale di produzione (in dollari) dei beni non-
tradables è una funzione positiva dell’output totale. A parità di altre condizioni, quindi,
la diminuzione della produzione di beni non-tradables implica una caduta del loro
prezzo in dollari. La questione che qui assume una rilevanza critica è in che misura
questa forza sia rilevante al fine di giustificare le nostre osservazioni basate sui dati
empirici.
Per poter rispondere al precedente interrogativo, abbiamo calibrato il nostro modello
utilizzando i dati relativi alla Corea del Sud ed al Messico. In entrambi i casi, abbiamo
verificato che il nostro modello è coerente col comportamento dei prezzi in seguito ai
due episodi di svalutazione. Inoltre, il modello illustra la crescita delle esportazioni, la
caduta delle importazioni e la sostituzione dei beni importati con beni prodotti sul
mercato domestico.
Il modello, però, ha evidenziato anche alcune lacune: esso, infatti, sovrastima la
misura della crescita delle esportazioni e dell’aumento della produzione di beni
tradables rispetto a quella di beni non-tradables. Burstein, Eichenbaum e Rebelo
sottolineano come queste lacune riflettano l’assenza dal modello delle frizioni del
mercato del credito. Una piena inclusione nel modello delle frizioni nel mercato
creditizio non rispondeva però alle finalità di questo lavoro. Di conseguenza, si è
ovviato alla manchevolezza qui sopra illustrata con una simulazione in forma ridotta
degli effetti delle frizioni nel mercato creditizio. Specificatamente, si è ipotizzato che la
produttività del settore dei beni tradables cada in seguito alla svalutazione. I dati
empirici sottolineano come i nostri risultati per l’inflazione siano compatibili con questa
ulteriore ipotesi. Inoltre, le implicazioni settoriali del modello risultano decisamente
migliorate. Per esempio, nel caso del Messico, il modello è ora in grado di quantificare
con precisione la caduta della produzione in entrambi i settori considerati (tradables e
non-tradables), così come la diminuzione del PIL reale.
riassunto
XXI
4 – IL CONTROLLO DELL’INFLAZIONE
NEL BRASILE POST-SVALUTAZIONE
Nell’ultimo capitolo del nostro lavoro abbiamo analizzato la transizione
dell’economia brasiliana da un regime di cambio di crawling peg ad un sistema di
cambi flessibili. In particolare, ci siamo soffermati sull’adozione di un formale sistema
di inflation targeting come strumento di politica economica e monetaria attraverso il
quale contenere la crescita dei prezzi, in seguito all’ampia svalutazione del real occorsa
nel gennaio 1999.
Questa parte del lavoro, essenzialmente descrittiva, ha voluto essere un
completamento logico dei capitoli precedenti. Nel capitolo II avevamo indagato circa il
collasso del regime di cambio pre-esistente, arrivando all’importante conclusione che la
svalutazione del real, vista la sostenuta crescita del credito domestico e le crescenti
pressioni speculative sul Brasile, fosse inevitabile. Nei capitolo III e IV avevamo invece
presentato due modelli, tra loro complementari, riferiti alla transizione di un’economia
in seguito ad una ampia svalutazione discreta del tasso di cambio nominale. Era quindi
opportuno descrivere come l’economia brasiliana si sia comportata posteriormente ai
fatti del gennaio 1999, in modo tale a portare a conclusione sia il discorso avviato nel
capitolo II (il percorso dell’economia brasiliana in seguito alla svalutazione del real) e
sia quello trattato nei capitolo III e IV (la crescita dei prezzi in un’economia colpitala
una crisi valutaria) .
Coerentemente con i due capitoli precedenti, nei quali si era studiato empiricamente il
comportamento dell’inflazione nei più importanti recenti casi di svalutazioni delle
valute domestiche, nella nostra analisi abbiamo fatto riferimento ad un arco temporale
di 24 mesi, tra il gennaio 1999 ed il dicembre 2000, per il quale abbiamo descritto le
principali scelte di politica monetaria della Autorità brasiliane ed il comportamento dei
prezzi.
L’analisi è partita da una sommaria descrizione dell’evoluzione dell’economia
brasiliana negli anni del Plano Real (1994-1998), culminati con la svalutazione della
valuta domestica del gennaio 1999. E’ stato poi dato spazio al periodo di transizione tra
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XXII
il vecchio regime di cambio e l’introduzione del nuovo sistema formale di inflation
targeting (luglio 1999).
Proprio l’inflation targating ha apprestato uno degli argomenti principali del capitolo.
L’analisi del nuovo sistema è stata effettuata sia da un punto di vista istituzionale che da
un punto di vista operativo, addentrandosi nella complessità delle scelte del Banco
Central in un momento caratterizzato da incertezza ed instabilità. In particolare, sono
state trattate esaustivamente le ripercussioni dell’adozione di sistema formale di
inflation targeting sulla struttura e sulle funzioni della Banca Centrale brasiliana.
Grafico 2: variazioni % mensili dell’indice IPCA in Brasile (1998-2000)
andamento dell'inflazione in Brasile
-1,00%
-0,75%
-0,50%
-0,25%
0,00%
0,25%
0,50%
0,75%
1,00%
1,25%
1,50%
1,75%
2,00%
2,25%
2,50%
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0
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0
v
a
r
.
%
Inflazione mensile IPCA
Il lavoro è poi proseguito con l’analisi dei principali accadimenti in materia di politica
monetaria, di cambio e di contenimento dell’inflazione fino al termine dell’anno solare
2000. Al riguardo, non sono state tralasciati gli spunti derivanti dagli effetti dei
svalutazione
del real
Inflation Targeting
riassunto
XXIII
cambiamenti nello scenario economico internazionale sull’economia brasiliana. Tutta
questa parte del lavoro non si sarebbe potuta compiere senza un’attenta analisi dei
principali documenti ufficiali del Banco Central do Brasil (primi fra tutti gli Inflations
Reports), nonché dei bollettini trimestrali pubblicati da IPEA.
2
Un ulteriore sforzo che
si è compiuto è andato nella direzione di cercare di ritrovare nella descrizione
dell’economia brasiliana quegli stessi elementi che, nei capitoli III e IV, erano stati
indicati come le concause della scarsa crescita dei prezzi in seguito ad un episodio di
svalutazione discreta del tasso di cambio.
Volendo riassumere le principali osservazioni dedotte dall’osservazione
dell’economia brasiliana ( e particolarmente della politica monetaria, della politica di
cambio e della politica di contenimento della crescita dei prezzi), abbiamo potuto
evidenziare i seguenti punti:
Primo, la politica di austerità fiscale è riuscita a supportare la sostenibilità dei nuovo
regime di inflation targeting ed ha portato il surplus primario del settore pubblico
consolidato a livelli superiori al 3% del PIL durante tutto il periodo. Inoltre, dopo aver
assorbito gli effetti della svalutazione del real, il deficit nominale è caduto a livelli
attorno al 4% del PIL, nonostante gli alti tassi d’interessi corrisposti a servizio del
debito pubblico. Durante il biennio 1999-2000, comunque, non sono mancati gli episodi
nei quali le incertezze della politica fiscale abbiano provocato degli shocks di fiducia (la
decisione della Corte Suprema nell’ottobre 1999 e l’aggiustamento del FGTS nell’aprile
2000). In questi episodi, la politica monetaria si è mossa in modo da mantenere
inalterata la propria credibilità e di rafforzare gli impegni circa gli obiettivi dell’inflation
targeting.
Secondo, lo scenario esterno ha rappresentato la maggiore fonte di potenziale
instabilità per le Autorità Monetarie, in particolare nel corso del 2000. I ripetuti aumenti
del prezzo del petrolio, la salita dei tassi d’interesse internazionali, le crisi di fiducia che
hanno interessato importante mercati emergenti (primo fra tutti quello argentino) e le
conseguenti pressioni sul rischio-paese hanno posto un freno alla discesa del tasso
d’interesse reale in Brasile, il quale, come sottolineato dallo stesso COPOM, ��
maggiore rispetto al tasso d�interesse reale d�equilibrio di lungo periodo�.
2
Istituto de Pesquisa Economica Aplicada. Si veda il sito www.ipeadata.gov.br (con l’avvertimento che
la maggior parte delle pubblicazioni sono disponibili solamente in lingua portoghese).
un modello per l'analisi delle crisi in un currency peg: il caso brasiliano
XXIV
Terzo, l’inflazione annua ha fatto registrare un picco nel dicembre 1999, iniziando poi
un processo discendente che ha caratterizzato tutto il 2000 (con le parziali eccezioni dei
mesi di luglio e agosto). L’inflazione IPCA per il 1999 (8,94%) e per il 2000 (5,97%) è
rimasta all’interno delle bande di confidenza comunicate dalla Banca Centrale,
sancendo così il successo del nuovo sistema di inflation targeting.
Quarto, a ulteriore conferma dell’analisi presentata nei due capitoli precedenti, si è
potuto osservare come il pass-through coefficient tra deprezzamento ed inflazione abbia
mostrato valori decisamente contenuti nel caso del Brasile (grossomodo attorno al 20%
sia per il 1999 che per il 2000). Inoltre, si è potuto assistere ad un atteso riallineamento
dei prezzi relativi: mentre, per il biennio 1999-2000, i prezzi dei beni non-tradables
sono aumentati di solo il 4,5%, il prezzo dei beni tradables è salito di oltre il 15% (si
veda la tabella 3 per un confronto puntuale).
Quinto, il tasso di cambio ha evidenziato una bassa volatilità e, dopo la correzione
rispetto all’iniziale overshooting, è rimasto tra valori compresi tra 1,75 e 2,00 R$ per
1US$. Inoltre, mano a mano che l’inflation targeting si è consolidato ed ha acquisito
una maggior credibilità, la volatilità è progressivamente andata scemando, diminuendo
sensibilmente nel 2000 rispetto al 1999.
Ultimo, anche le aspettative del mercato circa l’inflazione futura (monitorate
giornalmente dal Banco Central) hanno evidenziato, contestualmente al consolidamento
dell’ inflation targeting, sia un valor medio più basso e sia di una minor volatilità. Allo
stesso tempo, il grado di forward-looking nel processo di formazione delle aspettative è
altresì aumentato, così che gli shock temporanei all’offerta sono sempre stati meno
rilevanti nelle previsioni dell’inflazione di lungo periodo.