8 INTRODUZIONE
nascita di un modo diverso di guardare ai problemi tanto naturali quanto
sociali, e quindi alla realta`.
Nel secondo capitolo sono illustrati i principi fondamentali della Teoria
dei Sistemi: tali concetti, oltre a costituire un fondamento teorico per gli
strumenti di simulazione utilizzati, formano una struttura logica che ben
si adatta allo studio di ogni ambito scientifico e come vedremo, anche alla
scienza economica.
Nel terzo capitolo viene presentata l’economia come un sistema comples-
so, attraverso un punto di vista che fa ampio uso delle teorie e dei concetti
proposti nei primi due capitoli: sono anzitutto descritte la prospettiva co-
struttivista e quella evoluzionista; quindi viene analizzato il concetto di or-
dine del sistema economico e il ruolo ricoperto in tale ambito dal processo
di mercato, con riferimento alla contrapposizione fra il pensiero liberista e
quello socialista; successivamente sono proposte le idee neoclassiche circa il
comportamento degli agenti economici e la rappresentazione della realta` eco-
nomica: a queste fanno da contraltare le posizioni della scuola austriaca e
l’idea di razionalita` limitata, e a tale riguardo e` presentata la figura dell’im-
prenditore quale soggetto in grado di individuare le possibilita` offerte dagli
squilibri del mercato. Infine, e` analizzata e criticata la possibilita` di una
nuova economia non piu` di mercato, bens`ı delle organizzazioni.
Il quarto capitolo ha per oggetto la metodologia della simulazione al cal-
colatore: viene proposta una analisi del metodo scientifico e il ruolo che la
simulazione puo` ricoprire in tale contesto, con particolare riguardo all’ambito
delle scienze sociali. Sono inoltre presentate alcune metodologie e strumenti
di simulazione.
Il quinto capitolo offre una breve panoramica sulla struttura e sulle ca-
pacita` degli strumenti MATLAB, Simulink e Stateflow: alla descrizione delle
principali caratteristiche seguono alcuni esempi di semplici modelli realizzati
per mezzo di queste applicazioni. Quindi e` presentata la formalizzazione del
modello di impresa fondata sul modello jES (Java Enterprise Simulator) del
prof. Terna: tale struttura verra` riprodotta, con le modifiche atte a renderla
compatibile con i nostri strumenti.
Il sesto e ultimo capitolo descrive la forma e il funzionamento di LABSSES
(matLAB Simulink and Stateflow Enterprise Simulator): e` proposta una
dettagliata analisi della struttura degli elementi che compongono il sistema,
e delle relazioni che determinano le modalita` di interazione fra questi. Sono
inoltre descritte le possibilita` di analisi dei problemi economici e finanziari
che il modello offre, e i risultati derivanti dalla simulazione.
Capitolo 1
Sul concetto di Complessita`
L’economia puo` essere studiata in diversi modi: a seconda del metodo e
del punto di vista che adottiamo, otteniamo risultati di differente portata.
L’economia e` un sistema: e` composta da numerosi elementi e da un’incalco-
labile miriade di interazioni fra questi. Tale struttura da` per lo piu` origine a
comportamenti, aggregati e situazioni, nuove e imprevedibili sulla base delle
informazioni possedute circa i singoli componenti: in altri termini, all’interno
del sistema economico si manifesta la complessita`.
Cosa in verita` sia la complessita` e` stato a lungo oggetto di dibattito: non
e` facile darne una definizione semplice e univoca, dal momento che tante
sono le possibili prospettive da cui guardare al problema. Ma la complessita`
esiste.
In questo capitolo cercheremo di comprendere come, nel corso dell’evo-
luzione del pensiero, si sia giunti al concetto di complessita`: vedremo come
la complessita` sia una risorsa importante, in grado di risolvere questioni
che altre prospettive, altre impostazioni, semplicemente non risolvono, o che
dirimono per mezzo di soluzioni non ben giustificate. Vedremo come la com-
plessita` appartenga a tutti i campi del sapere, e come problemi apparente-
mente distanti possano in realta` essere riuniti per mezzo di unico paradigma.
L’obbiettivo sara` quello di cercare di comprendere il significato della com-
plessita`, e la sue origine: potremo cos`ı renderci conto di come effettivamente
l’economia sia un sistema complesso.
Si manifestera` allora la necessita` di studiare l’economia con metodi dif-
ferenti da quelli tradizionali: tali metodi infatti, operando per mezzo di
astrazioni e di semplificazioni apparentemente innocue, in realta` stravolgo-
no la nostra visione del problema e limitano enormemente le nostre capa-
cita` di giungere alla comprensione effettiva dei fenomeni e delle cause che li
determinano.
9
10 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
Avremo cos`ı bisogno di nuovi strumenti, e nuove prospettive, da cui
guardare al problema economico.
1.1 Meccanicismo, finalismo, olismo
I filosofi dell’antica Grecia furono i primi, per quanto ne sappiamo, a tentare
di dare una spiegazione riguardo al modo in cui la realta` e` strutturata, ed
e` a questi che il pensiero filosofico e scientifico sviluppatosi nel corso dei
secoli deve le due maggiori raffigurazioni mentali della realta` naturale: tali
raffigurazioni si basano una sui concetti di elemento e struttura, l’altra su
quello di processo.
1.1.1 L’antichita`
L’atomismo di Democrito, risalente al V secolo a.C., e` il primo dei gran-
di sistemi della storia, e sorge dalla necessita` di risolvere le difficolta` poste
da pensatori quali Anassogora e Zenone riguardo al concetto di infinita di-
visibilita` delle grandezze geometriche. Secondo il paradosso del molteplice,
l’infinita divisibilita` di un segmento dimostrerebbe che il segmento stesso e`
costituito da un’infinita` di punti: ammettendo che ciascuno dei punti abbia
una grandezza diversa da zero, si dovrebbe giungere alla conclusione che la
loro somma, ovverossia il segmento, sia infinitamente grande. D’altronde
se si considera che i singoli punti abbiano grandezza nulla, ne consegue che
anche la loro somma e` nulla, e pertanto il segmento scompare1.
Democrito dirime la questione compiendo una distinzione fra il suddivi-
dere matematico, che a suo dire non trova corrispondenza nella realta` ed
e` proseguibile all’infinito, ed il suddividere fisico, che e` invece condizionato
dalla natura dell’oggetto della divisione e non puo` pertanto superare un certo
limite. La suddivisione fisica puo` infatti avvenire fintanto che ha per oggetto
corpi composti, ma non puo` avvenire sugli esseri semplici: questi sono gli
atomi, eterni, intrasformabili, indivisibili e impenetrabili. Dividere un corpo
significa separare gli atomi che lo compongono; in nessun caso puo` significare
dividere i singoli atomi. Il concetto di atomo e` un concetto fisico, cos`ı come
e` fisico lo spazio in cui sono immersi: un vuoto concepito come mancanza
di materia, al cui interno gli atomi si muovono ed entrano in contatto; uno
spazio che separa sempre due atomi distinti, seppur di poco, anche qualora
questi appaiano legati in un unico corpo indivisibile.
1Saranno Leibniz e l’avvento del calcolo infinitesimale, ormai nel Seicento, a dirimere la
questione: l’idea sara` quella di poter ottenere un risultato finito sommando infiniti termini
di grandezze infinitesime
1.1. MECCANICISMO, FINALISMO, OLISMO 11
Tramite il concetto di atomo e le sue proprieta`, il pensatore di Abdera
giunge alla spiegazione delle sensazioni. Gli atomi sarebbero forniti di due
sole qualita`: grandezza e forma geometrica. Pertanto, gli aggregati di atomi
possono differire per la grandezza, la forma, il numero e la posizione dei
singoli elementi. Dal movimento degli atomi traggono origine i singoli corpi
e le variazioni cui questi sono sottoposti. Ogni percezione sensibile e` dovuta
a contatto: effluvi di atomi partono dai corpi e giungono ai nostri organi
di senso. Tutto dunque si fonda sul moto degli atomi: ed e` fondamentale
come Democrito non ritenga necessario ricorrere a cause o principi esterni
agli elementi primi per dare una spiegazione di tale moto, ma lo consideri
piuttosto come un semplice stato naturale, che non necessita spiegazione ma
che anzi aiuta a spiegare la formazione dei corpi e i mutamenti ai quali sono
sottoposti. L’ampia cosmogonia democritea e` senza ombra di dubbio la piu`
rigorosa concezione naturalistica dell’antichita`, ed e` strutturata in modo da
fornire una precisa spiegazione per ogni tipo di fenomeno: e` un materialismo
permeato da un profondo carattere meccanicistico, dal momento che le uniche
leggi esistenti sono di tipo meccanico. Tali leggi consentirebbero di ricavare
con esattezza il comportamento dei corpi a partire dalla disposizione iniziale
dei loro atomi: quella di Democrito e` dunque una concezione strettamente
deterministica dei processi naturali, priva di qualsivoglia grado di liberta`.
Appartiene ad un’epoca precedente, il VI secolo a.C., il padre di un’altra
corrente di pensiero: Eraclito di Efeso. Questi ha una mentalita` piu` di
mistico che di scienziato, ed e` orientato verso una visione etico-religiosa dei
fenomeni, piuttosto che verso una loro spiegazione chiara e definita. Eraclito
e` fermamente convinto dell’esistenza di uno stadio intermedio tra essere e
non essere, lo stadio del divenire. Considera che l’unita` dell’essere scaturisca
dalla sua stessa molteplicita`: per unita` egli intende il divenire, e questo deriva
dall’esistenza degli opposti, e` l’unita` dei contrari. In un celebre frammento
(Abbagnano, 1960):
E’ la stessa cosa in noi il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il
giovane e il vecchio; poiche´ queste cose mutandosi son quelle, e quelle
a loro volta mutandosi son queste.
I contrari costituiscono dunque un tutt’uno inscindibile che alimenta una
realta` in divenire, una realta` che, secondo il celebre adagio, e` come un fiume,
che non permette mai di immergersi due volte nella stessa acqua. L’universo
si trasforma, varia e scorre nell’attuazione della profonda razionalita` del logos,
la sostanza o causa del mondo, definita da Eraclito ‘la sola legge divina che
domina tutto cio` che vuole e basta a tutto e prevale su tutto’. Egli rimane
pero` un profondo razionalista, e ritiene sia indispensabile superare i sensi per
12 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
giungere alla ragione: questa e` infatti la sola in grado di far cogliere l’unita`
nella molteplicita`.
Il concetto di divenire venne ripreso anni dopo, nel IV secolo a.C., da uno
dei piu` grandi filosofi greci: Aristotele. Nella propria metafisica lo stagirita
assume le nozioni platoniche di materia e forma, che costituiscono un sinolo,
un tutt’uno che compone la sostanza di ogni esistente. Introduce inoltre una
seconda distinzione, quella tra potenza e atto, volta a spiegare la struttura del
movimento: ogni movimento e` passaggio dalla potenza all’atto. Aristotele
riunisce le quattro nozioni considerando che la materia possiede in potenza le
forme che poi possiedera` in atto. Tale concezione introduce un dinamismo a
noi gia` noto: ogni oggetto, essendo potenza che tende ad attuare una forma,
e` una sostanza che diviene. A differenza pero` di quanto avviene nel divenire
eracliteo, in cui la sostanza e` immersa in un fluido generico e indeterminato,
la sostanza e` qui potenza di un ben preciso atto. L’atto e` fondamentale,
non esiste divenire, non esiste passaggio da potenza ad atto, senza un atto
preesistente: ogni forma si realizza attraverso una forma gia` realizzata. Tale
genere di divenire deve dunque svilupparsi tra una materia priva di forma,
su cui Aristotele non si sofferma molto, e una forma pura, priva di materia,
che e` invece il cardine del sistema aristotelico: questa pura forma e` dio,
motore dell’universo, immobile in quanto interamente atto. L’intero universo
e` subordinato ad un unico fine, che e` dio, e da dio dipendono, come abbiamo
visto, l’ordine e il movimento dell’universo: tutto cio` che e` per natura esiste
per un fine, e il fine e` la stessa sostanza o forma, o ragion d’essere, della cosa,
fino a giungere al fine supremo, la forma assoluta e pura. Questa e` la dottrina
finalistica, la dottrina che ammette la causalita` del fine: il fine e` l’unica causa
dell’organizzazione del mondo nonche´ la causa dei singoli eventi.
E’ evidente la profonda differenza fra le due impostazioni. Peraltro, nei
secoli a venire, numerosi pensatori effettueranno delle commistioni fra i due
ordini di idee: a prescindere da questo, restano ben distinti i due pilastri
di pensiero che si contrapporranno fin quasi ai giorni nostri. Democrito e`
convinto di poter spiegare il mondo mediante le sole cause meccaniche, il
moto e il contatto degli atomi: il fine resta cos`ı un problema. Aristotele
invece realizza una metafisica di impostazione fermamente teleologica: nella
spiegazione razionale il ruolo principale e` dato alla causalita` finale, e il fine
e` dunque il principio di spiegazione.
Con l’avvento del cristianesimo, il concetto della provvidenza divina di-
verra` il fondamento del finalismo: l’uomo diverra` il fine del creato, tutto il
resto essendo destinato a servirgli. Di ogni singolo fenomeno verra` indivi-
duata la finalita` sulla base del principio che dio non puo` compiere nulla di
inutile. Da queste idee prende il via l’impoverimento e il progressivo abban-
dono dello spirito scientifico e della ricerca scientifica originale, in favore di
1.1. MECCANICISMO, FINALISMO, OLISMO 13
campi di ricerca caratterizzati dalla prevalenza di elementi mistici e fideistici,
quali quelli della magia e dell’alchimia, fino a giungere alla scomparsa del-
l’atteggiamento razionale verso la realta` naturale ed umana: si entra cos`ı nel
cupo periodo del Medioevo.
1.1.2 La critica del finalismo e il nuovo meccanicismo
Si dovra` attendere il ’3oo e Guglielmo Ockham per vedere una prima critica
del principio finalistico, ma saranno la rivoluzione scientifica e il meccani-
cismo moderno di Galileo, Bacon e Descartes a ridestare una corrente di
pensiero tesa a scardinare sistematicamente il fondamento teleologico della
concezione della realta` che aveva imperato per quasi mille anni.
La disciplina scientifica che ha i maggiori sviluppi fin dalla nascita del
mondo moderno e` senza ombra di dubbio la meccanica, poiche´ trattando
dei corpi in generale, del loro movimento o del loro equilibrio, permette di
astrarre da ogni altra considerazione e di ricondurre l’analisi a condizioni piu`
semplici (come peraltro ancora oggi si fa in piu` campi di ricerca, compreso
quello economico). Tramite una prospettiva del genere diviene possibile sta-
bilire in maniera inequivocabile i principi e alcune relazioni fondamentali che
governano la meccanica: il passo successivo e` quello della generalizzazione,
che da` una portata universale a tali principi dando luogo al meccanicismo.
La realta` naturale viene cos`ı ridotta ad una struttura di corpi in movimento,
analizzabile in tutte le sue parti semplicemente mediante le precise regole dei
movimenti fra queste.
Una delle scoperte che piu` contribuiscono a muovere il pensiero verso
questa direzione e` quella del principio d’inerzia: elaborato in principio da
Galileo, trova una definizione rigorosa solo con Newton. Ma e` Descartes il
primo ad adottarlo in maniera sistematica, tanto da farne il punto di riferi-
mento di una dottrina che e` la piu` ampia, definita e organica formulazione
del meccanicismo. ‘Ciascuna cosa, in quanto e` semplice rimane per quanto
e` in se´, sempre nel medesimo stato, e non e` mai mutata se non da cause
esterne’: tale enunciazione del principio permette di valutare ogni fenomeno,
singolarmente o in relazione con altri, sulla base della sola nozione di cau-
sa esterna. Ogni fenomeno viene cos`ı a risolversi in una serie di operazioni,
magari complicate, ma comprensibili e definibili in maniera univoca: nel con-
tempo i corpi perdono qualsivoglia specificita`. Subentra cos`ı una concezione
dinamica della realta` alla tradizionale concezione statica dei fenomeni, che
li vedeva correlati e strutturati unicamente in vista dei fini generali della
natura. La macchina diviene modello teorico di indagine, un modello ope-
rativo che da` concretezza ad una astratta struttura della realta` che si fonda
14 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
sui principi meccanici: la ricerca scientifica e` sinonimo di ricerca del modello
meccanico che sostituisce il fenomeno reale che si vuole analizzare.
Nei secoli successivi le idee meccanicistiche saranno riprese dal materia-
lismo (ad eccezione di quello dialettico, che vi si opporra`) che le estendera`
a tutta la realta`, comprendendo anche la psiche umana. Ma il meccanici-
smo diverra` soprattutto sinonimo di determinismo, ovvero della concezione
di una realta` pervasa da una rigorosa causalita` necessaria che invade tutti i
fenomeni della natura. In particolare sara` il francese Pierre-Simon Laplace
(1749-1827), ormai nell’Ottocento, a tracciare in linea di principio il piano
generale e rigoroso di una spiegazione meccanicistica dell’intero universo, ba-
sandosi sulla presunta illimitata applicabilita` delle leggi della dinamica e sulla
ipotetica integrabilita` di tutte le equazioni differenziali volte a descrivere i
singoli fenomeni verso cui tali leggi conducono. Le linee generali del mecca-
nicismo scientifico saranno tracciate da Laplace in maniera cos`ı perfetta, da
arrivare a costituire l’ideale della ricerca scientifica ottocentesca, e il punto di
riferimento storico per chiunque voglia discutere di meccanicismo universale
e di determinismo. E’ infatti celebre il passo, in cui egli offre la propria lucida
e rigorosa visione di universo deterministico, e che permette di qualificarlo a
pieno titolo come padre di tutti i riduzionisti (Geymonat, 1970):
Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come
l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro.
Un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da
cui e` animata la natura e la collocazione rispettiva degli esseri che la
compongono, se per di piu` fosse abbastanza profonda da sottomettere
questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti
dei piu` grandi corpi del’universo e dell’atomo piu` leggero: nulla sareb-
be incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai
suoi occhi.
1.1.3 Il vitalismo
A contrapporsi nuovamente alla concezione meccanicistica della realta` sara`
nell’ottocento una nuova corrente, quella vitalista, che considera i fenome-
ni vitali come irriducibili ai fenomeni fisico-chimici. Tale irriducibilita` si
manifesta in diversi aspetti: anzitutto i fenomeni vitali non possono essere
interamente spiegati con cause meccaniche, bens`ı si fondano su di una for-
za vitale indipendente dai meccanismi fisico-chimici. In particolar modo, il
neo-vitalismo ottocentesco dopo aver necessariamente preso atto della possi-
bilita` di produrre nei laboratori sostanza organiche, riconosce l’utilita` dell’a-
nalisi fisico chimica dei fenomeni vitali, ma continua a sostenere la presenza
fondativa di un elemento sconosciuto e inaccessibile, variamente denominato.
1.1. MECCANICISMO, FINALISMO, OLISMO 15
Una voce autorevole di profonda polemica contro il determinismo e il
meccanicismo in genere, e` quella del filosofo francese Henri Bergson (1859-
1941): il suo pensiero e` caratterizzato da un bipolarismo dell’essere in cui egli
esalta la coscienza interiore, capace di rivelarci un reale originario che invece
l’esperienza ordinaria e in particolare quella scientifica non arriverebbero a
conoscere. E’ in particolare sul problema del tempo che Bergson si concentra,
e sulla sua relazione con il nostro essere: egli sottolinea come per la meccanica
il tempo sia semplicemente una serie di istanti che si susseguono in un ben
determinato ordine rettilineo, ovvero passato, presente e futuro. Per la realta`
della coscienza invece, il tempo e` qualcosa di non riducibile all’istante, e`
un flusso continuo in cui i momenti si compenetrano vicendevolmente senza
poter essere separati, il tempo e` durata. La concezione meccanicistica del
tempo ha certamente un grado di verita`, e la sua esteriorizzazione consente
una buona analisi dei fenomeni che riguardano il mondo inorganico. Tale
concezione pero` confonde il tempo con lo spazio, considerando gli istanti
come qualcosa di statico invece di comprendere che ognuno di essi porta al
di la` di se stesso: di qui la perdita della percezione dei principi su cui si
fonda il concetto di durata, e conseguentemente, l’inadeguatezza a spiegare
i fenomeni del mondo organico e il profondo divenire della vita. Il filosofo
francese sottolinea come tale divenire si sottragga a ogni forma di trattazione
matematica e alla causalita`: in particolare con riferimento a quest’ultima,
parla di libero arbitrio, e considera come l’anima sia libera, essendo immersa
nel perenne fluire della durata, e come i suoi atti siano sempre la creazione di
qualcosa di nuovo e irriducibile agli stati antecedenti; ne´ l’anima e` la causa
di essi, dal momento che non e` una sostanza separata bens`ı in essi vive e si
costituisce.
Bergson critica inoltre l’evoluzionismo, accusandolo di essere meccanici-
stico e quindi incapace di spiegare il vero senso dell’evoluzione: l’universo in
verita` si evolve in quanto il suo esistere e` un progredire nella durata, e nella
durata si esprime lo slancio vitale, ovvero una forza che agisce all’infuori di
ogni schema deterministico. L’opposizione non e` solo nei confronti del mec-
canicismo, in cui tutto e` determinato da una causa passata, ma anche del
finalismo, che altro non sarebbe se non un meccanicismo rovesciato, in cui
tutto risulta determinato dal fine futuro: in entrambi i casi la determinazione
della realta` giunge da qualcosa che esiste al di fuori del tempo. Lo slancio
vitale e` invece una spontaneita` che non puo` essere ridotta a schema alcuno,
e che percio` crea perennemente:
Il cammino da percorrere si crea mano a mano che l’atto lo percorre.
Se e` sicuramente importante una prospettiva di questo genere, resta pero` il
fatto che una causa che sfugge all’osservazione in verita` non spiega nulla.
16 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
1.1.4 Un nuovo ordine di idee
Come abbiamo visto, il problema della raffigurazione mentale della realta`
ha coinvolto nella storia ogni genere di pensatori e ogni campo del sapere
umano: dalla matematica alla fisica, dalla meccanica, alla chimica e alla
biologia. E sono proprio i biologi, nel loro ricercare, a scontrarsi ancora con
il meccanicismo da un lato, e con l’insostenibilita` del vitalismo dall’altro, per
giungere ad assumere un eguale distacco da entrambe gli indirizzi.
Fra i primi a tracciare questo nuovo percorso e` John Scott Haldane (1860-
1936), uno dei piu` importanti fisiologi inglesi. Egli sostiene che i processi di
adattamento e regolazione fisiologica, in cui appare chiaramente la tendenza
ad uno scopo, non possono essere spiegati nei termini meccanici di causa ed
effetto, bens`ı richiedono la nuova categoria della reciprocita`. Egli considera
come per una componente, il fatto di far parte di un sistema non sia essen-
ziale alla sua esistenza, dal momento che essa ha numerose proprieta` che le
appartengono prescindendo dalla sua relazione con il sistema: con riguardo
alle caratteristiche della vita pero`, le parti non sono cos`ı indipendenti. Esse
sono determinate non solo per quanto riguarda la loro azione reciproca l’una
sull’altra, ma anche per quanto e` inerente alle parti in se stesse: nel vivente
non vi e` niente nelle parti che non sia una manifestazione del tutto. In tutto
cio` che le parti fanno ed in cio` che esse sono, manifestano il tutto: e solo
in quanto determinate dal tutto esse manifestano cio` che sono in se stesse.
Questi sono i principi di quella che sara` generalmente identificata come la
concezione organicista.
Un altro studioso che ha fornito contributi importanti a questo differente
ordine di idee e` Jan Christian Smuts (1875-1950): il suo interesse scientifico
filosofico non si limita alla biologia ma si estende ad una visione piu` gene-
rale della natura, vista come un processo di sviluppo ascendente verso gradi
sempre piu` elevati di unita` e totalita`. Nella sua opera Olismo ed evoluzio-
ne (1926) Smuts considera il meccanicismo inadeguato ad una conoscenza
della natura poiche´ non e` in grado di spiegare il carattere creativo del suo
sviluppo: ‘Il grande problema della conoscenza, il vero e proprio problema
della realta` e proprio questo: come possono gli elementi o i fattori a e b
incontrarsi, combinarsi e fondersi a formare una nuova entita` x differente
da ambedue?’ Il meccanicismo infatti comporta una combinazione di parti
in relazione reciproca, tale che queste parti non perdono la loro identita` o
indipendenza sostanziale nel ruolo combinato che esse svolgono nel sistema:
ne consegue che l’azione del sistema e` la risultante delle attivita` indipendenti
di tutte queste parti; le parti rimangono e l’attivita` del sistema e` la som-
ma matematica della loro attivita`. Tale attivita` meccanica non puo` dunque
spiegare il sorgere di nuove proprieta` nel corso creativo dell’evoluzione: que-
1.1. MECCANICISMO, FINALISMO, OLISMO 17
ste nuove qualita` si producono infatti solo attraverso un processo olistico in
cui la funzione risultante non e` una semplice somma, bens`ı il cambiamento
tanto degli elementi quanto della loro risultante finale. Nel processo olistico
la sintesi delle parti costituisce il tutto, e il tutto a suo volta imprime il suo
carattere su ogni parte individuale.
Conway Lloyd Morgan (1852-1932) mantiene una posizione concorde con
quella di Smuts, ampliandola anzi con la propria teoria dell’evoluzione emer-
gente: ricercatore nel campo della psicologia animale, si occupa in particolare
del problema dal punto di vista evoluzionistico, arrivando a superare l’idea
di una graduale comparsa di nuove proprieta` nel processo di trasformazione,
in favore di un repentino salto qualitativo. Per Morgan il processo evolutivo
comporta la distinzione fra proprieta` risultanti e proprieta` emergenti. Le
prime sono, per esempio, le proprieta` additive di un composto chimico che
risultano prevedibili in base alla conoscenza delle parti: il peso, ad esempio.
Le proprieta` emergenti sono invece quelle non prevedibili in base a tale cono-
scenza e costituiscono l’effetto qualitativamente nuovo di una relazione non
semplicemente additiva o meccanica. Si pensi alla molecola d’acqua, com-
posta da due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno: conoscendo solamente
le caratteristiche dei singoli elementi non e` possibile dedurre che dall’unione
dei due gas emergera` la nuova componente liquida, appunto l’acqua.
E’ infine uno dei maggiori rappresentati dell’organicismo, il biologo in-
glese Edward Stuart Russell, a riunire le idee dei suoi predecessori e a darne
una visione metodologica: egli sostiene che l’attivita` del tutto non puo` essere
completamente spiegata nei termini dell’attivita` delle parti isolate median-
te l’analisi, e puo` essere tanto meno spiegata quanto piu` astratte sono le
parti medesime. Peraltro nessuna parte di qualsiasi unita` vivente e nes-
sun singolo processo di qualsiasi complessa attivita` organica possono essere
completamente compresi isolandoli dalle strutture e dalle attivita` come un
tutto.
Queste correnti di pensiero, intente a rifiutare qualsivoglia forma meccani-
cistica e finalistica, e orientate piuttosto a scoprire e a capire le relazioni fra le
parti e l’evoluzione di tali relazioni, hanno tracciato la via da cui sorgeranno
nuove discipline scientifiche e nuovi campi di ricerca, la via che seguiranno
alcuni fra i piu` grandi pensatori e scienziati del XX secolo, il periodo dei
piu` grandi stravolgimenti sociali e politici, e di una nuova e luminosa vita
scientifica. Tutto ruotera` ora attorno ad un nuovo paradigma: il concetto di
complessita`.
18 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
1.2 Complessita`
Abbiamo visto come nel corso dei secoli, diverse rappresentazioni della realta`,
e diverse concezioni di materia, causalita`, spazio e tempo si siano avvicen-
date e scontrate. Invero, numerosi aspetti di tutte queste teorie meritano
ancora oggi un’estrema attenzione: e` ben noto che gli atomi esistano, anche
se nella gerarchia della materia non occupano quel luogo di elementi primi e
indivisibili che Democrito gli aveva attribuito; resta peraltro fuori di dubbio
che il mero moto degli atomi non puo` essere in grado di spiegare l’ordine e
il funzionamento dell’universo. E’ peraltro difficile non soccombere all’im-
pressione che gli elementi cooperino in qualche modo, per giungere tramite il
loro comportamento ad una unita` di natura coerente: nessuno scienziato al
giorno d’oggi puo` pero` accettare di adagiarsi sull’idea di un universo inten-
zionale, permeato da un volere divino e superiore, quale poteva essere quello
aristotelico. In breve, ancora oggi persiste un profondo dualismo filosofico.
Parmenide sosteneva che nulla puo` prodursi dal nulla. I suoi seguaci ar-
rivarono a sostenere che nessun cambiamento reale puo` avvenire nel mondo
fisico, essendo le differenze che percepiamo delle illusioni: giunsero cos`ı alla
concezione di un universo incapace di creare qualcosa di nuovo. Partendo da
considerazioni del genere, diviene difficile accettare l’idea di una generazione
spontanea dell’universo: o e` sempre esistito, o e` stato creato da un’intelli-
genza soprannaturale. Quest’ultima e` stata la concezione ripresa da molte
religioni: i teologi cristiani avanzano l’idea di una creazione ex nihilo possi-
bile solo a dio. In verita`, tramite la fisica quantistica la scienza e` stata in
grado di dimostrare come la materia possa crearsi senza causa apparente: i
processi quantistici sono intrinsecamente impredicibili e indeterministici, e
le trasformazioni spontanee sono inevitabili. Gli effetti quantistici sono nor-
malmente limitati agli atomi e ai loro componenti, ma il linea di principio
possono applicarsi a qualunque cosa e possono anche rappresentare un modo
di indagare l’universo: non e` assurdo considerare la possibilita` che l’universo
si sia creato dal nulla per mezzo di un processo quantistico.
Nonostante gli enormi progressi compiuti con la teoria della relativita`,
il principio di indeterminazione e la teoria quantistica, la fisica e` ancora un
campo di ricerca in cui, quanto avviene, avviene necessariamente: i campi
sono oggi considerati le vere entita` fondamentali, e le particelle sono conside-
rate solo delle perturbazioni. Ma un sistema resta descritto in termini di stati
che si evolvono in maniera deterministica in accordo con le leggi dinamiche
fissate: questo come gia` detto, e` un approccio che ha dato, da` e continuera` a
dare, numerosi successi. Il problema che sorge pero`, e` il medesimo che si eb-
be con meccanica e meccanicismo: una troppo entusiastica generalizzazione.
Lo scopo dei fisici teorici e` quello di formulare un’espressione matematica,
1.2. COMPLESSITA` 19
una lagrangiana di un sistema costituito da campi e particelle: tale formu-
lazione, una volta ottenuta, equivarrebbe ad una spiegazione del sistema. I
riduzionisti sono convinti di poter trovare una formula che, essendo in gra-
do di rappresentare correttamente la dinamica di tutti i campi e di tutte
le particelle osservate, sia la spiegazione dell’intricata complessita` dell’intero
universo.
Abbiamo pero` incontrato qualcuno che ha posto un obiezione fondamen-
tale a questo modo di ragionare, ricordandoci l’esistenza di una dimensione
che appare dimenticata: Bergson ci ricorda il tempo. Cos`ı come l’abbiamo
vista, la fisica ci offre un futuro completamente determinato dal presente: il
futuro e` gia` contenuto nel presente, e si puo` assegnare all’universo uno stato
immobile nel tempo contenente tutte le informazioni necessarie per il futuro
che verra`, e per il passato che e` stato. Ma non e` cos`ı: Bergson ci insegna che
L’universo non e` stato creato, ma viene creato continuamente.
Cresce, forse indefinitamente...
La visione di un mondo attivo e in evoluzione e` sorretta dall’osservazione:
i mutamenti che si verificano attorno a noi equivalgono a qualcosa di piu`
del semplice riordinamento degli atomi di Democrito. Un riordinamento si
verifica: ma in un modo che distingue il passato dal futuro. Forme e strut-
ture nuove vengono continuamente alla luce, e l’universo si evolve seguendo
una precisa direzione nel tempo: l’universo compie una trasformazione uni-
direzionale, si muove in un’asimmetria che punta dal passato al futuro. Piu`
avanti analizzeremo con piu` precisione questo aspetto, e la sua connessione
con i concetti di determinismo e indeterminismo.
In questa tendenza evolutiva unidirezionale e` necessario individuare la
qualita` che sta progredendo: e` probabile che tale qualita` sia la complessita`.
Si e` infatti convinti che l’universo primordiale si trovasse in uno stato di
semplicita` estrema e fosse una struttura priva di particolari caratteristiche.
Del resto, anche in termini di cosmologia quantistica, e` piu` facile pensare che
l’universo sia apparso spontaneamente dal nulla in una condizione di sempli-
cita`, piuttosto che all’attuale stadio di elevata complessita`: tale complessita`
sarebbe aumentata con il passare del tempo, e oggi e` individuabile a qua-
lunque livello. Dopo aver concepito la possibilita` che l’universo e la realta`
si siano creati da soli, e` necessario capire cosa ha permesso, e permette, che
essi si organizzino da soli. In vero, la realta` cos`ı come noi la percepiamo
abbonda di strutture complesse: dalle conformazioni dei fiocchi di neve, mai
eguali fra di loro, alle linee costiere, agli ammassi stellari. Tali strutture
compenetrano regolarita` e irregolarita`, e sono difficili da studiare analitica-
mente dal momento che presentano un alto grado di individualita`: in breve,
20 CAPITOLO 1. SUL CONCETTO DI COMPLESSITA`
e` difficile spiegare fenomeni del genere in termini di principi generali ed esat-
ti. Nell’immaginario collettivo sta il concetto secondo cui le forme regolari,
la semplicita`, la regolarita` rappresentino la norma, e l’irregolarita` sia solo
una sorta di rumore di fondo, di fenomeno marginale e di disturbo. Eppure,
sembra vero il contrario, ovvero che la complessita` sia in effetti la regola, e
la semplicita` un caso particolare di configurazione della realta`.
Una prospettiva del genere mette profondamente in crisi la modellistica
tradizionale, ovvero quella di origine newtoniana: in genere l’analisi di un
sistema complicato viene fatta per mezzo di un modello che lo approssima il
piu` precisamente possibile ad una struttura regolare. E’ pero` evidente come,
tanto piu` l’originale e` irregolare, tanto meno la sua semplificazione puo` risul-
tare soddisfacente. E’ del resto quello che appare con sconcertante evidenza
nel momento in cui cerchiamo di esprimere tramite equazioni che fanno uso
di grandezze semplici, continue e progressivamente variabili, sistemi estrema-
mente complessi, quale per esempio e` quello economico: raramente i risultati
sono del tutto convincenti. Mentre generalmente i fisici hanno una tolleranza
all’errore in un ordine di grandezza di 10−8, gli economisti si trovano spesso
in imbarazzo non sulla precisione numerica del risultato, bens`ı sull’esattezza
o meno del suo segno. Ovvero, alla fine di una lunga e difficoltosa analisi,
rimane in dubbio se la relazione fra le due (o piu`) variabili in esame sia diret-
tamente o inversamente proporzionale. Il grado di imprecisione appare ben
differente.
Sono fondamentalmente quattro i motivi per cui i sistemi complessi non
possono essere affrontati con i metodi tradizionali. In primo luogo, l’abbiamo
gia` accennato, spesso la complessita` si manifesta in modo repentino, piuttosto
che tramite una lenta e progressiva evoluzione. La seconda ragione e` il gran
numero di componenti, da cui consegue l’alto numero di gradi di liberta` che
generalmente caratterizza i sistemi complessi. Tali sistemi inoltre sono ge-
neralmente aperti, ovvero possono essere azionati o influenzati dall’ambiente
esterno. Infine, raramente i sistemi complessi sono lineari. Cio` significa che
l’impostazione tradizionale, che considera i sistemi complessi come raccolte
complicate di sistemi semplici, non puo` essere adottato: i sistemi irregolari, o
meglio complessi, non sono analizzabili in termini dei loro costituenti sempli-
ci, e il comportamento dell’insieme non e` riducibile al comportamento delle
singole parti. Piuttosto, i sistemi devono essere trattati come entita` uniche,
come sistemi primari di per se stessi, e utilizzati per approssimare le irrego-
larita` che si intende analizzare: il sistema diviene insomma, in questo nuovo
approccio che abbiamo gia` definito come olistico, una sorta di analogo della
particella elementare dell’approccio riduzionistico. In questo modo pero`, pos-
siamo affrontare anche l’irregolare, senza essere legati necessariamente alla
semplicita`.