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Capitolo 1
Il clima del settore alpino
1.1 Elementi del clima alpino
Il clima europeo è determinato in prevalenza dall’andamento delle correnti atlantiche e viene
mitigato dalla corrente del golfo a nord e dal bacino del mediterraneo a sud. Tutta l’Europa, in
particolare l’Europa centrale, è esposta all’azione diretta e alla variabilità delle correnti
atmosferiche occidentali, che risentono sull’Atlantico di due fulcri d’azione meteorologici:
l’Anticiclone delle Azzorre a sud e la depressione dell’Islanda a nord. Le correnti occidentali
che investono l’Europa oscillano tra due tipi predominanti di moto: uno detto “zonale” in cui
le correnti occidentali sono poco ondulate e viaggiano veloci da ovest verso est, e uno detto
“meridiano” in cui le correnti occidentali hanno oscillazioni molto ampie lungo i meridiani e
viaggiano molto lentamente da ovest a est. In particolare, se l’ampiezza delle oscillazioni è
molto accentuata da sud a nord, lo spostamento da ovest a est di queste onde è molto lento,
tanto che l’ondulazione diventa stazionaria producendo le cosiddette “situazioni di blocco”;
queste ultime sono situazioni meteorologiche persistenti di cattivo tempo su alcune zone e di
bel tempo su altre che possono protrarsi anche per settimane.
Dunque, riassumendo, il clima europeo è condizionato dall’Anticiclone delle Azzorre e la
depressione dell’Islanda e dagli apporti di calore della corrente del Golfo a nord e del
Mediterraneo a sud. Ciò provoca la presenza di tre aree climatiche caratteristiche: un’area
climatica occidentale e nord-occidentale (influenzata dalla corrente del Golfo), un’area
climatica centro orientale (di tipo continentale) e un’area climatica mediterranea (influenzata
dal bacino del Mediterraneo).
La regione alpina si trova al confine di queste tre principali fasce climatiche e ne subisce le
relative influenze. Inoltre le elevate catene montuose creano delle barriere per i flussi
atmosferici a larga scala che investono l’Europa (di cui parleremo nel prossimo paragrafo) e
“intercettano” con molta efficacia le precipitazioni, portando ad un clima complesso e
caratterizzato da un’alta variabilità spaziale. Infatti il “controllo topografico” delle
precipitazioni, combinato con il differente orientamento dei fianchi delle montagne e la
presenza di strette vallate, conduce ad un ampio ventaglio di differenti condizioni climatiche
locali. La peculiarità più importante del clima alpino è data dalla sua relazione con la NAO
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(North-Atlantic Oscillation, di cui parleremo a breve) che è il fattore base del clima europeo
soprattutto in inverno; ebbene diversi studi (Maugeri et al, 2007) hanno mostrato come
l’Europa centrale e le Alpi siano situate in una zona di scarsa/modesta influenza della NAO, la
cui importanza però varia all’interno della regione alpina. Tuttavia altri flussi di circolazione
atmosferica sembrano essere importanti localmente: ad esempio una zona di alta pressione
sulla Scandinavia può portare basse temperature nell’Europa orientale e centrale (Alpi
settentrionali) e maggiori precipitazioni nella regione alpina sud-occidentale. Infine anche
ENSO (El Niño Southern Oscillation, si veda il prossimo paragrafo) sembra avere una certa
influenza sul clima alpino (temperatura e precipitazioni), anche se più complessa e ancora
poco chiara. Infatti, per quanto riguarda l’associazione di ENSO con la temperatura alpina nel
periodo 1850-2000, quest’ultima mostra due comportamenti opposti: la temperatura invernale
(più precisamente del periodo novembre-gennaio) aumenta durante episodi estivi di El Niño
in due intervalli temporali (1868-1919 e 1977-1997) mentre diminuisce rispetto alla media nel
periodo 1925-1972. Le precipitazioni, d’altro canto, sono correlate con ENSO in maniera più
netta: in generale le precipitazioni tardo-invernali (gennaio, febbraio, marzo) diminuiscono in
seguito ad episodi di La Niña nel periodo luglio-novembre dell’anno precedente.
1.2 Fattori di influenza
Differenti regioni della Terra sono sottoposte a diversi regimi meteorologici determinati da
alcune zone di alta e bassa pressione semipermanenti; queste ultime sono così chiamate
perché nel corso dell’anno variano di poco la loro posizione geografica. Ciò si spiega
considerando che in inverno l’oceano è più caldo della terraferma, e questo provoca una
modesta attività convettiva; d’altronde le zone continentali sono generalmente fredde e di
conseguenza su di esse si sviluppano zone di alta pressione. Dalla primavera e per tutta
l’estate, al contrario, l’aria sui continenti comincia a scaldarsi, con la conseguenza che le zone
di alta pressione continentali scompaiono e in alcuni casi sono sostituite da regioni di bassa
pressione, mentre le zone di alta pressione delle Azzorre e del Pacifico si espandono. Le più
importanti aree di pressione semipermanenti sono:
•
l’alta pressione delle Azzorre (e la sua parte più occidentale situata nei Carabi
costituita dall’anticiclone delle Bermuda)
•
la bassa pressione dell’Islanda e delle Aleutine
•
l’alta pressione siberiana.
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A volte una singola zona oscilla tra due regimi: è il caso del Pacifico meridionale soggetto a
El Niño e dell’Europa settentrionale che invece risente principalmente della NAO
(oscillazione del nord Atlantico).
Per quanto riguarda El Niño, nel Pacifico equatoriale normalmente gli alisei (i principali venti
occidentali) spingono le acque oceaniche verso ovest, producendo una corrente che richiama
le acque profonde e ricche di nutrienti sulle coste dell’America meridionale, dove si stabilisce
quindi alta pressione; al contrario le acque calde in prossimità dell’Australia e dell’Indonesia
causano correnti ascensionali di aria umida associate ad intense precipitazioni. Siamo in
regime normale. Se (per ragioni ancora da chiarire completamente) gli alisei si indeboliscono,
la loro spinta non è più in grado di frenare l’impulso dell’acqua calda indonesiana che
comincia a defluire verso oriente, il richiamo di acqua fredda sulle coste americane è bloccato,
e quest’ultime, che prima erano fresche, aride e pescose, diventano più calde e umide e
soggette a bassa pressione, mentre si stabilisce alta pressione nella zona indonesiana: è
arrivato El Niño!
Talvolta dopo un episodio di El Niño può capitare che i venti alisei si rafforzino. Ciò porta un
incremento della differenza di temperatura tra Pacifico occidentale e orientale dovuto ad un
raffreddamento molto più marcato del normale delle acque a ridosso delle coste americane,
con un conseguente aumento delle precipitazioni sull’Indonesia: questo fenomeno è detto La
Niña ed avviene con frequenza minore ed intensità più bassa di el Niño. El Niño e la Niña
sono considerati come parti di un unico fenomeno che si ripete con una periodicità di 4-7 anni
e che i meteorologi chiamano ENSO (El Niño Southern Oscillation).
La NAO, invece, agisce così: quando sulle regioni settentrionali prevale la bassa pressione, le
perturbazioni sono deviate verso nord. In questa fase, nota come positiva, nelle regioni
dell’Atlantico nord-occidentale prevalgono condizioni fortemente perturbate e con inverni
freddi. Le regioni mediterranee, al contrario, risentono di un regime invernale più mite. Nella
fase negativa avviene l’opposto. Ma come si istaura questa oscillazione? Ormai tutti gli
studiosi concordano che ad innescarla è un’ulteriore oscillazione, nota come oscillazione
artica (AO) o oscillazione quasi biennale (QBO). Si tratta di questo: i venti in stratosfera
prendono la forma di una corrente ad anello che avvolge i Poli. Questi venti, particolarmente
intensi durante l’inverno, non sono costanti ma variano d’intensità con periodi di qualche
mese. Durante la loro fase più intensa tendono a propagarsi verso il basso influenzando
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pesantemente i venti che spirano a bassa quota e dunque le direzioni in cui si muovono le
perturbazioni.
1.3 Indici e PCA (Principal Component Analysis)
Nello studio della climatologia, spesso per sintetizzare la dinamica di complessi movimenti
dell’atmosfera si ricorre a “indici” di circolazione atmosferica per evidenziarne alcuni aspetti.
Poiché la dinamica della circolazione, seppur complessa, presenta delle caratteristiche di base
che tendono a ripetersi (anche se in maniera irregolare e imprevedibile), certi aspetti si
possono schematizzare come “oscillazioni“. L’indice più importante per quanto riguarda
l’Atlantico e l’Europa è l’indice di oscillazione del Nord Atlantico (NAO), di cui abbiamo
accennato nel paragrafo precedente. Altri indici da tenere in considerazione per spiegare la
dinamica climatica europea sono: SCAN, EA, EAWR, AO, ABI, EBI e (alcuni recenti studi
sembrano suggerirlo) anche quello legato ad El Niño.
La NAO viene calcolata come la differenza di pressione al suolo tra il Portogallo e l’Islanda,
perché al largo del Portogallo risiede l’Anticiclone delle Azzorre e al largo dell’Islanda risiede
la depressione dell’Islanda. Se questa differenza di pressione è positiva vuol dire che siamo in
una situazione normale, cioè quella in cui l’Anticiclone delle Azzorre e la depressione
dell’Islanda sono al posto che compete loro in generale: in tal caso la circolazione che
interessa l’Europa è quella “zonale”. Se, al contrario, la differenza di pressione è negativa
(indice NAO negativo), vuol dire che i due centri di azione non solo sono fuori posto, ma si
sono addirittura “scambiati” le posizioni geografiche. Questa situazione anomala significa che
la normale circolazione atmosferica zonale è interrotta: le correnti atmosferiche che
interessano l’Europa sono quelle meridiane (da nord a sud o viceversa con ampie oscillazioni)
e perfino invertite (da est verso ovest). Come già accennato l’indice NAO, pur chiamandosi
oscillazione, non è un fenomeno periodico, e presenta in modo semplificato la stessa
variabilità delle correnti occidentali atlantiche. Esso è inoltre utile per cogliere al volo alcuni
aspetti termodinamici della circolazione atmosferica, ad esempio:
•
quando gli scambi di calore tra Artico ed Equatore avvengono attraverso la normale
formazione di aree cicloniche extratropicali alle medie latitudini, l’indice NAO è
positivo
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•
quando c’è un accumulo eccessivo di calore alle basse latitudini e un forte contrasto
termico tra basse e alte latitudini, l’indice NAO è negativo
•
quando l’indice NAO è pressocchè invariato o poco variabile per periodi molto
prolungati (mesi o anni), c’è quasi certamente un fenomeno importante dal punto di
vista climatico.
In sintesi, un indice NAO positivo implica che le perturbazioni meteorologiche sono inserite
nelle correnti occidentali e provengono tutte da ovest (comprese tra nord ovest e sud ovest).
Tutto ciò significa che, nella stagione fredda, quando la depressione dell’Islanda scende a
latitudini più basse, il clima medio europeo è tipicamente atlantico, cioè alquanto mite e
piovoso. Nella stagione calda, quando l’Anticiclone delle Azzorre si sposta a latitudini più
settentrionali, il clima mite e piovoso interessa il centro e il nord Europa, mentre sul
mediterraneo predomina la tipica estate calda e secca governata dall’Anticiclone delle
Azzorre, con ondate di caldo anche molto intense.
Un indice NAO negativo provoca la presenza di correnti aeree meridiane, molto ondulate e
poco evolutive (situazioni meteorologiche persistenti): le perturbazioni possono provenire da
nord (tra nord-ovest e nord-est), da est, oppure da sud (tra sud-est e sud-ovest). Se le
perturbazioni provengono da settentrione portano in Europa l’aria fredda artica, con ondate di
freddo persistenti (periodi molto prolungati di gelo e temperature rigide soprattutto in autunno
e inverno). Se le perturbazioni provengono da sud, portano in Europa masse d’aria molto
calda dal Sahara e dall’entroterra africano, spesso si caricano di forte umidità nell’attraversare
il mediterraneo. Il più delle volte queste masse d’aria incontrano le catene montuose italiane
(Alpi e Appennini), e scaricano gran parte della pioggia sul versante tirrenico (dalla Campania
alla Liguria). Se superano l’Appennino, ma non riescono a superare le Alpi, anche la val
Padana può essere investita da piogge copiose e alluvionali.
L’ oscillazione artica (AO) fa riferimento ad un pattern di circolazione atmosferica centrato sul
polo nord. Essa esibisce una fase positiva (associata ad un indice positivo) con bassa pressione
sulla regione polare e maggiore pressione alle medie latitudini settentrionali, ed una fase
negativa nella quale accade l’inverso. La fase positiva è caratterizzata dalla presenza di forti
venti stratosferici sul polo, con l’aria fredda artica che rimane confinata a nord mentre
l’Europa settentrionale è caratterizzata da un clima più mite e piovoso e il Mediterraneo da un
clima piuttosto secco. Nella fase negativa, invece, l’aria fredda artica durante l’inverno
raggiunge latitudini più meridionali, portando un clima freddo e secco sul nord Europa; il
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Mediterraneo d’altro canto è investito con maggior frequenza da perturbazioni di origine
atlantica.
L’indice di ENSO è dato dalla differenza di pressione atmosferica al suolo tra le Bahamas e
Tahiti: valori positivi di questo indice sono associati a El Niño, valori negativi a condizioni
normali, valori molto negativi a la Niña. Gli effetti climatici di El Niño, come già spiegato,
sono particolarmente importanti nell’area del Pacifico, ma fino a qualche tempo fa si riteneva
che i suoi effetti in punti più remoti del pianeta, per esempio l’Europa, fossero marginali.
Tuttavia recenti studi (Maugeri et al 2007, Zecca et al. 2007) hanno messo in luce che le
differenze dalla media climatica delle temperature registrate in gran parte del vecchio
continente sono in qualche misura correlate alle condizioni del Pacifico equatoriale. Una delle
aree più interessate è l’arco alpino, dove si presenta la migliore correlazione con l’indice di
ENSO. In particolare gli episodi di El Niño dell’inizio dell’autunno sembrano influenzare la
temperatura dell’arco alpino nel periodo novembre-gennaio: El Niño infatti è in grado di
modificare la direzione della corrente a getto subtropicale, un fiume d’aria che scorre in media
a oltre 200 km/h a circa 10 km di quota da ovest verso est, contribuendo al trasporto delle
perturbazioni dall’Atlantico verso il continente europeo (in realtà la corrente a getto è la parte
più intensa di un flusso presente in tutte le quote, fino al suolo, che porta in Europa anche
l’aria calda che sovrasta l’oceano, mitigandone il clima invernale). Ebbene, durante un
episodio autunnale di El Niño si è osservato, nell’ultimo trentennio, un’intensificazione media
della corrente a getto di circa il 10% con un lieve spostamento verso sud, mentre la Niña ne
provoca una notevole deviazione verso nord. Quando la corrente a getto è più a nord l’aria
mite dell’Atlantico interessa più il nord Europa, dove si registrano temperature superiori alla
norma e perturbazioni intense, mentre in Europa meridionale, Alpi comprese, le temperature
sono più fredde. Quando è più a sud, invece, il flusso mitigante penetra maggiormente nel
continente, provocando temperature più alte della media soprattutto in Europa centrale e
orientale. Gli effetti estivi di ENSO, al contrario, sono più indiretti, cioè si verificano diversi
mesi dopo la conclusione di un evento di El Niño: ad esempio (sempre nell’ultimo trentennio)
durante le estati successive ad episodi invernali di El Niño è stata osservata una maggiore
tendenza dell’anticiclone delle Azzorre ad espandersi verso nord, al contrario la Niña limita
l’allungamento verso l’Europa dell’anticiclone africano, favorendo il transito di perturbazioni
provenienti dal nord atlantico (Zecca et al. 2007).
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L’indice SCAN è dato dalla differenza di pressione al suolo tra l’Europa occidentale e la
Russia orientale/Mongolia occidentale. E’ stato osservato che una sua fase positiva (presenza
di un anticiclone sopra la Scandinavia) conduce ad un aumento di precipitazioni sull’Italia
(particolarmente in primavera) e sull’Europa occidentale (specie in autunno), con basse
temperature sulla Russia centrale e L’Europa Occidentale.
Gli indici ABI (Atlantic Blocking Index) e EBI (European Blocking Index) misurano la
frequenza di episodi di blocco nell’emisfero nord: fasi positive di questi indici sono stati
associati ad un incremento di precipitazioni sulle Alpi; inoltre sono state messe in evidenza
correlazioni tra episodi di blocco ed incremento delle temperature sul fianco sud delle Alpi.
Il pattern EA (East Atlantic) è strutturalmente simile alla NAO, ma è spostato più a sud e fa
sentire la sua influenza allo stesso modo in tutti i mesi dell’anno. La fase positiva di EA è
associata a temperature maggiori della media in Europa in tutti i mesi, a maggiori
precipitazioni in Europa settentrionale e Scandinavia e ad un clima più secco in Europa
meridionale. Il contrario accade negli anni in cui l’indice EA è negativo.
Infine l’indice EAWR identifica la circolazione atmosferica nota come East Atlantic/West
Russian pattern ed è dato approssimativamente dalla differenza di pressione al suolo tra mar
Caspio ed Europa orientale. La fase positiva di questo pattern è collegata a temperature al di
sopra della media sull’Asia orientale e di molto al di sotto della media sulla Russia
occidentale e l’Africa nord orientale; inoltre comporta un regime di precipitazioni al di sopra
della media sulla Cina orientale e al di sotto della media sull’Europa occidentale.
Ma come vengono ricavati questi indici? Ebbene,una procedura standard molto usata per
identificare i flussi di circolazione atmosferici e i relativi indici è la PCA (e successivamente
la tecnica Varimax), applicata alle anomalie di pressione (queste sono ottenute sottraendo ai
valori di pressione misurati la loro media in un certo periodo temporale).
Nel seguito verranno utilizzati i dati delle serie temporali di tutti gli indici di circolazione
atmosferica appena descritti, con lo scopo di condurre il nostro studio di attribution di cui si è
fatta una breve menzione nell’introduzione.