4
Nonostante il display, fulcro di questa piccola “rivoluzione”, si
trovi inserito nel telefono cellulare, che da status symbol è
diventato la protesi necessaria per un numero sempre crescente di
persone, e che si colloca a pieno titolo in quelle tecnologie che
hanno cambiato e cambiano tuttora il modo di comunicare, la
“rivoluzione” del display si è compiuta silenziosamente nelle
tasche della gente.
Il display del telefono cellulare, il piccolo schermo che è inserito
in questo oggetto così popolare, non ha mai suscitato particolare
attenzione. Eppure, a mio avviso, è lui il protagonista, l’artefice,
il luogo che ha reso possibile l’attualizzarsi di tutta una serie di
nuove modalità di comunicazione, grazie anche all’onnipresenza
garantitagli dall’essere integrato nel telefono cellulare.
Nel corso del primo capitolo si inquadrerà nel contesto attuale
questa “rivoluzione”, definita silenziosa poiché compiuta grazie
al supporto visivo, in una società dominata in modo sempre
maggiore dall’ambito del suono tanto da essere definita il luogo
dell’oralità secondaria, della riscoperta dell’oralità, di alcune
caratteristiche, cioè, di quelle culture ad oralità primaria, che
sembravano ormai completamente sommerse dall’avvento della
scrittura, della stampa, del computer. La radio, la televisione, il
telefono e, più di tutti proprio il telefono cellulare, si inseriscono
in questa tendenza dando un notevole impulso alla
comunicazione di tipo orale fino a portarla alle dimensioni di un
fenomeno culturale.
Si vedrà, quindi, come si caratterizza questa tendenza al ritorno
dell’oralità, si inquadrerà in tale contesto il ruolo del telefono
cellulare, per poi focalizzare l’attenzione sul display e sulla sua
5
natura ibrida in grado di richiamare anche alcuna caratteristiche
dell’espressione orale pur attualizzandosi grazie al supporto del
codice scritto.
La conclusione del primo capitolo, e tutto il secondo e il terzo
capitolo, vedranno l’attenzione concentrata sul fenomeno degli
“sms”, ovvero brevi messaggi di testo che si scambiano
attraverso il telefono cellulare e che si sono affermati in maniera
imponente non solo come modalità di comunicazione prediletta
dal pubblico giovanile, ma anche, e soprattutto, come fenomeno
culturale. Ci si soffermerà, dunque, nel secondo capitolo,
sull’analisi dell’inedito linguaggio che li caratterizza, e, nel terzo
capitolo, sulle conseguenti implicazioni a livello sociale.
Nel quarto capitolo la prospettiva d’analisi si amplierà, al fine di
andare oltre il fenomeno degli “sms” e comprendere tutte le
modalità comunicative che si compiono nel display, da quella di
interfaccia utente, recante tutta una serie di funzioni in continua
evoluzione, a quella di supporto alla comunicazione telefonica, a
quella, infine, destinata ad avere un ruolo di sempre crescente
impatto, che vede il display come porta d’integrazione con il
computer, e, in particolare con Internet.
Ultimata l’analisi delle nuove modalità di comunicazione
inscritte nel display, nel quinto capitolo si tenterà, alla luce degli
elementi acquisiti, di trarre delle conclusioni proponendo alcune
ipotesi sull’influenza esercitata da queste nuove modalità di
comunicazione sull’individuo e sulla società.
6
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa avventura: i
miei genitori, sempre al mio fianco, il mio relatore Ugo Volli e Francesco
Marsciani che mi ha seguito e tutti coloro che, con fiducia, mi hanno
affidato i loro messaggi. (Barbara B., Barbara S., Carla, Carlo, Daniela,
Daniele, Danilo, Elena, Gabriella, Giangi, Gianluca, Gianluca T., Luigi,
Michele, Noella, Silvana, Teresa.)
7
1. Un magico display tascabile
1.1. Oralità è scrittura
Le trasformazioni della parola, in principio dallo stadio “orale-
aurale”
1
a quello scritto , e, in seguito da quello scritto alla
stampa e all'elettronica, hanno comportato e comportano tuttora
dei mutamenti nei modi stessi del pensiero e della percezione,
dell'organizzazione mentale e del discorso; mutamenti che
restano indipendenti dai contenuti espliciti e dunque dalla
consapevolezza degli individui su cui si imprimono. Queste
irresistibili trasformazioni scaturiscono dalla natura autoriflessiva
dell'intelligenza che la porta ad interiorizzare anche i suoi
strumenti esterni, i quali, diventano parte del suo proprio
processo di riflessione.
“La scrittura, sicuramente, ha trasformato la mente umana più di
qualsiasi altra invenzione creando ciò che è stato definito un
linguaggio ‘decontestualizzato’, un linguaggio cioè che ha perso
contatto con il suo autore”
2
. Ma oralità e scrittura, parola- azione
contro parola- ricordo, evento contro situazione, mutamento
contro stasi, danno vita ad un legame peculiare di cui troviamo
traccia già nel Fedro, in cui il Socrate di Platone enumera,
servendosi della scrittura, i danni cagionati proprio da
1
R. Loretelli, introduzione all’edizione italiana di: W.J.Ong, 1982.Ed.
italiana, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna,
1982, p.8.
2
W.J. Ong, Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, London
and New York, Methuen, 1982.Ed. italiana, Oralità e scrittura. Le
tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1982, p.119.
8
quest'ultima. Eppure, alla nostra cultura, ormai profondamente
segnata dall’interiorizzazione della scrittura, non è concesso di
comprendere in toto la portata e i modi della peculiarità di questo
legame nelle trasformazioni accorse alla parola dalle culture ad
oralità primaria ad oggi. Tuttavia, comincia ad essere possibile,
oggi, secondo Ong (1982), evitare i pregiudizi tipografici e
vedere i processi dall'esterno nella loro genesi storica, poiché la
cultura della stampa sfuma ora nell'era elettronica, caratterizzata
da quella che è stata definita “oralità di ritorno” o “neooralità”
3
,
che, pur essendo per molti versi differente da quella primaria, ci
riporta nel mondo del suono, della simultaneità temporale,
dell’estroversione.
1.2. L'oralità di ritorno
Secondo Walter J. Ong (1982) la nascita di questa nuova cultura
dominata dall’oralità secondaria è da ricercarsi nella
trasformazione elettronica della parola che ha, da un lato
proseguito e accresciuto quel coinvolgimento della parola nello
spazio già avvenuto ad opera della scrittura prima e della stampa
poi, e dall'altro dato vita al telefono, alla radio, alla televisione e
ai vari tipi di nastri da registrare.
Questa nuova oralità, quindi, riscopre caratteristiche dell’oralità
primaria quali, per esempio, la mistica partecipatoria, il senso
della comunità, la concentrazione sul momento del presente e
3
W.J. Ong, Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, London
and New York, Methuen, 1982.Ed. italiana, Oralità e scrittura. Le
tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1982.
9
l'utilizzazione delle formule, ma, presenta anche dei caratteri
distintivi in quanto si tratta, oggi, di un'oralità più deliberata e
consapevole, permanentemente basata sull'uso della scrittura e
della stampa. L’oralità di ritorno, quindi, pur generando un forte
senso comunitario, dal momento che chi ascolta le parole parlate
si sente parte di un gruppo mentre la lettura di un testo scritto o
stampato fa ripiegare gli individui su di sé, genera un senso di
appartenenza a gruppi enormemente più ampi rispetto a quelli
delle culture ad oralità primaria, genera cioè il “villaggio
globale” di McLuhan. È un senso del gruppo, quello attuale,
cosciente e programmato, l’individuo, cioè, sa di dover essere
socialmente attento, contrariamente a ciò che accadeva all'uomo
orale, per il quale non esistevano altre alternative possibili.
L’oralità primaria, dunque, non ancora “contaminata” dal
pensiero analitico, originato dalla scrittura, rende spontanei,
quella secondaria, invece, attraverso la riflessione analitica,
sancisce la spontaneità come positiva e la promuove.
Continuando nella definizione di neooralità, Franco Ferrarotti
definisce neooralità di massa “l’insieme di fenomeni quali: la
crisi logica della scrittura, la quasi completa scomparsa delle
lettere, cioè della comunicazione epistolare tra gli individui, la
potenza della televisione”
4
. Tali fenomeni portano all’emergere
della neooralità e la differenziano, nello stesso tempo, dall’oralità
classica, “storicamente affermatasi prima della scoperta dei
caratteri mobili da parte di Gutenberg”
5
. Ancora secondo
4
Il Tam Tam del terzo millennio, edizione speciale fuori commercio per
Tim, Telecom Italia Mobile.pp.218-237.
5
Il Tam Tam del terzo millennio, edizione speciale fuori commercio per
Tim, Telecom Italia Mobile.pp.218-237.
10
Ferrarrotti, per quanto riguarda il peculiare legame che lega
l’espressione orale e la tecnologia della scrittura, nessun mezzo,
né il messaggero personale, né tantomeno la lettera, può
compensare l’importanza della voce, ma, la voce permette una
duplicità, un’ambiguità di fondo che non si può controllare. Per
questo la civiltà della neooralità che si sta affermando è una
civiltà impoverita dall’assenza di corpo.
Ultimata la definizione del contesto culturale attuale, è giunto il
momento di addentrarsi nelle problematiche da affrontare nei
prossimi capitoli, senza trascurare, però, prima, di inquadrare il
telefono cellulare in tale contesto. Questa operazione ci
permetterà di avere tutte le premesse necessarie per focalizzare
l’attenzione sul display, reale oggetto di questa tesi.
1.3. Il telefono cellulare nella cultura della
neooralità
Il telefono cellulare si colloca a pieno titolo negli strumenti di
questa nuova cultura “dando voce” al ritrovato desiderio di
oralità. Il telefono cellulare portatile, ancora secondo Ferrarotti,
si pone come uno strumento fondamentale, capace di incidere
sulle abitudini di vita. È uno strumento attraverso cui la presenza
della viva voce diventa la risorsa essenziale dello scambio
comunicativo. L’elemento che però viene a mancare, nello
scambio di notizie e informazioni che si realizza con questo
mezzo specifico, è quello della corporeità, come già accennato in
precedenza .
11
Essendo, sicuramente, in presenza di un grande fatto di costume,
per capirlo è necessario, per Ferrarotti, analizzare le conseguenze
che l’affermazione della neooralità comporta. Primo: il fatto di
parlare al telefono e fare determinate dichiarazioni lascia sempre
aperta la possibilità di negazione. Secondo: le stesse affermazioni
possono essere fraintese. La lettera ottocentesca, che ha dominato
il campo fino alla seconda guerra mondiale, lasciava al contrario,
una traccia inequivocabile, una traccia firmata, che rispondeva ad
uno schema più ufficiale ed impegnativo. In quest’ambito della
riflessione vale il paradosso secondo cui tanto più la
comunicazione è facilitata tanto più perde di spessore e
significato. Il rischio, a questo punto, è che un eccesso di
comunicazione finisca col non fornire alcun elemento di
informazione. Se la scrittura consentiva la riflessione
nell’atmosfera raccolta dello studio privato in cui ci si fermava a
misurare le parole sul foglio bianco, la comunicazione vocale
attraverso il telefono cellulare abolisce tutto questo, pur restando
uno strumento fondamentale per uno scambio di informazioni sul
piano fattuale. Tutto quello che si guadagna in estensione, quindi,
si perde in profondità.
L’idea di uomo rispondente al modello socratico dell’homo
sapiens, consegnataci dalla nostra civiltà tecnica ma anche
umanistica, non è più quella prevalente. Andiamo, secondo
Ferrarotti, verso l’homo sentiens, modello che privilegia
l’emotività sul raziocinio logico. L’individuo che discende da un
tale modello è un essere che vive nel gruppo e che ha bisogno di
comunicare perché in questo si realizza. Il telefono cellulare,
12
rappresenta, all’interno di questa prospettiva, un rafforzamento di
questa tendenza.
L’inserimento di uno strumento come il telefono cellulare nella
nostra cultura, è stato analizzato anche da Paolo Fabbri
6
, secondo
il quale, però, prima di valutare la portata di un’invenzione di
successo, come possiamo sicuramente considerare quella del
telefonino, e di analizzare tutte le implicazioni tecnico-
linguistiche e socio- antropologiche di cui il mezzo si fa in
qualche misura portatore, è necessario cercare di capire che oggi
è avvenuto un fondamentale capovolgimento di paradigma.
Il primo passo da compiere, per Fabbri, è avere un punto di
partenza come riferimento. Tale punto di partenza si acquisisce
compiendo un passo a ritroso fino a Norbert Wiener, autore di
Introduzione alla cibernetica, al fine di recuperarne un’idea di
fondo secondo la quale la grande mutazione genetica che stiamo
vivendo nella nostra epoca è cominciata nel 1943 anno in cui,
nell’opinione di Fabbri, sono accadute tre cose che risulteranno
cariche di sviluppi successivi: viene sganciata la prima bomba
atomica, nasce il paradigma cibernetico, nascono i primi lavori di
Prigogine sulla termodinamica.
Accadimenti per cui oggi la spiegazione scientifica non ha, in
una società dominata dal paradigma della complessità, un
carattere puntuale e definitivo, ma acquista, invece, un profilo
ipotetico- deduttivo problematicamente aperto, soggetto alla
falsificazione.
6
Il Tam Tam del terzo millennio, edizione speciale fuori commercio per
Tim, Telecom Italia Mobile.pp.218-237.
13
Per capire il fenomeno telefonino, quindi, è necessario tentare di
raffrontarlo con alcune novità tecnologiche che hanno avuto
un’incidenza significativa su abitudini collettive e stili di vita
della nostra epoca. Per esempio il walk- man, uno strumento che
ha introdotto un modello di comunicazione io- io dove il
trasmettitore e il ricettore si identificano. Questo paragone serve
a Fabbri per sottolineare che il telefono cellulare possiede due
anime: da un lato è un gadget e quindi con altri gadgets va
confrontato, dall’altro è un potente strumento di comunicazione.
Determinati strumenti, infatti, nonostante i sospetti di eccessiva
gadgettizzazione che nutriamo verso di loro, sono capaci oggi di
creare persino spazi nuovi di socialità o di risolvere talune forme,
anche gravi, di handicap. È il caso del telefono.
Ma, come alcuni animali che per avvicinare la femmina hanno
sviluppato talmente tanto le penne della coda da non riuscire più
a volare, creando ciò che si definisce ipertelia o eccesso di
funzione, così si può dire che il telefonino ha creato un eccesso di
comunicazione, nel senso che si è imposto all’attenzione del
pubblico, non tanto e non solo nella dimensione di gadget,
quanto per gli eccessi di funzione cui spinge l’utente per la sua
stessa struttura tecnica. Questi elementi, però, non sminuiscono
un nucleo di valore del telefonino di grandissima importanza,
legato ad alcuni problemi specifici, direttamente connessi ai
processi della comunicazione, come per esempio i tempi morti
creati dalla natura complessa della nostra società. Esistono,
infatti, nell’ambito della vita associata, dei tempi di nessuno, che
sono in alcuni casi le ultime possibilità che di solito sfruttiamo
per restare soli con noi stessi, per riflettere e per pensare. Non
14
bisogna, però, dimenticare che molte di queste zone di vuoto
sono determinate da un ritardo di comunicazione, nel caso del
telefono tradizionale, per esempio, il fatto di essere legati da un
filo, faceva sì che rimanessero delle amplissime aree di tempi
morti, in cui il soggetto era completamente escluso dalla
comunicazione. Con il telefonino, non si realizza, nonostante
esista questo rischio, una comunicazione di solo contatto, poiché
spesso la comunicazione fatica (di puro contatto), è tale solo se
viene analizzata dal punto di vista del canale. Gli interlocutori
che parlano con un telefono hanno la necessità di verificare,
prima di tutto, se il canale attraverso cui stanno parlando è aperto
o chiuso. In realtà, attraverso questa forma, di certo particolare di
comunicazione, passa una grande quantità di informazione
reversibile. A questo riguardo, la comparsa del telefonino ha
rappresentato una svolta molto importante proprio perché ha
consentito lo sviluppo di una comunicazione reversibile,
operazione impossibile con i vecchi strumenti.
Noi siamo figli di una società dove la tecnologia ha avuto un
carattere irreversibile. La televisione, anche quella attuale, cui
erroneamente spesso viene attribuito il carattere di un interfaccia
amichevole, adatta ad interagire con lo spettatore, conserva larghi
tratti di irreversibilità. Il telefonino funziona, invece, attivando un
fenomeno di “reversibilità cumulativa di tipo conversazionale”
7
cioè, la crescita dei fattori comunicativi si realizza nel corso
stesso del processo dialogico, e, inoltre, nello specifico della
7
Il Tam Tam del terzo millennio, edizione speciale fuori commercio per
Tim, Telecom Italia Mobile.pp.218-237.
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dimensione d’uso del telefonino, il processo conversazionale è un
luogo di crescita imprevedibile dei fattori comunicativi.
Quindi, il cellulare ha offerto un modello, che poi è quello della
conversazione “faccia a faccia” di tipo orale, dove l’interazione
sociale è suscettibile di una continua crescita di tipo biologico,
non reversibile, fatta di passaggi di conversazione non
prevedibili. Questi passaggi sono ancora più interessanti in
quanto possiedono una natura vitale ed hanno delle finalità di
tipo strategico .
Per quanto riguarda il linguaggio, infine, al contrario del telefono
che costringeva dentro spazi definiti, per cui la persona veniva
definita nel suo luogo e agiva in un ruolo che il sistema stesso
della comunicazione gli conferiva, nel caso del telefonino la
mobilità dei luoghi aumenta in misura esponenziale la possibilità
di crescita di una conversazione imprevedibile in cui gli effetti di
interazione sono il prodotto dell’interazione e non il risultato.
In sintesi: nessuno degli interlocutori parla secondo un ruolo, una
funzione ed una posizione definita. L’“io” e il “tu”, sono ruoli
intercambiabili, ed è questo uno degli aspetti più salienti della
post- modernità. Ruolo, funzione, soggettività diventano, in uno
schema siffatto, un effetto impreveduto della conversazione
stessa.
Le trasformazioni sociali, storiche e tecnologiche ci stanno
spingendo verso una ristrutturazione imprevedibile della
circostanzialità, che possiamo altrimenti definire immanenza
della relazione
8
. Si tratta, sempre secondo Fabbri, di un aspetto
8
Il Tam Tam del terzo millennio, edizione speciale fuori commercio per
Tim, Telecom Italia Mobile.pp.218-237.
16
assolutamente nuovo ed inedito, che dovrebbe essere meglio
indagato, cercando di elaborare una fenomenologia d’uso del
telefonino. Questo perché tutti gli strumenti della tecnica hanno
storicamente riorganizzato le relazioni sociali e quindi hanno
rimodellato le maniere. Il telefonino è sicuramente uno strumento
capace di ristrutturare relazioni circostanziali; basta vedere, per
avere prova di questo, come in molti casi chi lo usa finisce con
urtare le buone maniere. Il cellulare, infatti, si è progressivamente
imposto anche come strumento di riorganizzazione della
formalizzazione dei comportamenti di relazione.
Un altro aspetto della post- modernità è il venire a mancare del
forte controllo e della netta separazione tra ciò che è umano e ciò
che non lo è: oggi bisognerebbe prendere il telefonino, il
registratore e persino il pace-maker, e fare un inventario di tutte
le forme di centauro, di chimera che la tecnica ha prodotto. Il
telefonino è uno di quegli strumenti che non possono essere
descritti da un unico osservatore esterno, perché il soggetto vi è
trapiantato dentro. Bisogna capire che lo strumento non è una
protesi dell’uomo, sono semmai protesi reciproche. Quindi,
bisogna andare oltre il parallelismo con gli occhiali proposto da
Ferrarotti, perché ormai le protesi sono reciproche e siamo noi,
spesso, le protesi degli strumenti. Anche Gian Paolo Caprettini,
definisce il cellulare “una protesi, un prolungamento dell’io, lo
specchio inconsapevole di Pirandello”
9
. Quando si usavano i
telefoni fissi, bisognava andare a rispondere, ora è il telefono che
viene da te, perché incorporato.
9
La piazza universale, edizione speciale fuori commercio per Tim. pp53-59.
17
La telefonata ha sempre messo in moto qualcosa, prima metteva
in moto l’utilizzatore, che andava a rispondere, ora è il
movimento stesso che alimenta la comunicazione. Caprettini
parla anche di un “effetto telefonino” che si innesca quando si
vuole restare in contatto con qualcuno ad ogni costo, tenendo
sempre il terminale acceso. È una magia, una sorta di eco per cui
“ti amo” detto al telefonino ha più valore che detto di persona.
Quando il cellulare squilla c’è sempre una fenomenologia dello
stato di cose in cui si trova chi riceve la telefonata che influisce
sulla ritualità del dire. Infatti, non si sa mai cosa può incontrare il
segnale o per chi squilla il telefono. In questo potremmo
collegare il cellulare all’idea di compagnia virtuale.
L’ampia diffusione del telefonino e il suo costituirsi come
fenomeno culturale hanno portato, quindi, a stimolare tutta la
serie di approfondimenti dal punto di vista semiotico sopra citati.
La ricerca socio- semiotica coordinata da Gianfranco Marrone su
“la cultura del telefonino”, i cui dati sintetizzati e commentati
sono oggetto dell’analisi di Marrone nel libro “C’era una volta il
telefonino”
10
, costituiscono l’ultima tappa di tale processo di
approfondimento. Anche Marrone va oltre il concetto di protesi:
“l’idea stessa del medium come protesi dell’individuo va rivista.
Del resto, abbiamo già osservato come, sia a livello del mercato,
sia al livello delle forme linguistico- comunicative, il telefonino
sia ben più di un semplice strumento di comunicazione.
10
G. Marrone, C’era una volta il telefonino, Meltemi, Roma, 1999.