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funzionale tra prodotto e corpo, è altrettanto vero che “sull’onda delle
trasformazioni che vedono la nascita di nuovi soggetti (le donne, i giovani) ed
una maggiore tensione verso la liberalizzazione sessuale, l’utilizzo diretto ed
esplicito di riferimenti erotici in pubblicità trova uno spazio espressivo proprio”
(Abruzzesi A., Colombo F., 1994). Questa manifestazione è dotata di una forza
comunicativa nuova e decisamente azzardata, capace di veicolare linguaggi e
modalità del presente in modo talvolta davvero dirompente, ma soprattutto
capace di staccarsi dal perbenismo che ancora costituisce un baluardo della
società italiana. Per questo verranno analizzati gli organismi che regolano l'etica
pubblicitaria ed alcuni eclatanti esempi del loro intervento in termini di morale,
volgarità e tutela dei minori nei confronti di un uso improprio del linguaggio
erotico.
Infine, verranno analizzate alcune pubblicità per sottolineare come la società
italiana stia cambiando e come tale cambiamento emerga e si verifichi in primis
sul piano comunicativo, ora caratterizzato dalla parziale liberalizzazione dei
costumi erotici e sessuali; in tutto questo contesto si può valutare l'emergere di
tendenze contrastanti: alcune tese verso l’innovazione, altre invece conservatrici.
Per valutare come questo sia collegato ed interagisca con il nuovo
consumatore, si riporteranno alcuni attuali esempi di pubblicità erotica, lecita e
non. Il ripercorrere lo sviluppo del messaggio erotico, il suo rapporto con il
consumatore postmoderno e le sue attuali modalità di espressione potrà chiarire
quali siano, ad oggi, le relazioni e le tecniche che permettono alla pubblicità di
rimanere una grande liberalizzatrice ed innovatrice del sociale.
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Capitolo I
PUBBLICITÀ É COMUNICAZIONE:
ARGOMENTARE E CONVINCERE
Per molti rappresenta solo una fastidiosa interruzione delle trasmissioni, per
altri invece è una delle poche cose che si salva in televisione, in realtà
rappresenta l’arte di convincere e persuadere i consumatori. E’ la pubblicità,
sempre più raffinata e sempre più legata a testimonial di eccezione. E’ accettata
dalla maggior parte di noi perché ormai si è integrata perfettamente nella nostra
vita e fa parte della nostra esperienza quotidiana. Forse più che una critica
frontale come quella che superò al suo inizio, attualmente incontra opposizione
soprattutto da parte di coloro che se ne sentono saturati. Alcuni infatti credono
che il maggior difetto della pubblicità è che ce ne sia troppa.
La pubblicità deve parlare al consumatore, promettere qualcosa, sedurlo, e per
riuscire in questo scopo deve sicuramente varcare i limiti della banale ovvietà.
Deve stabilire un contatto tra prodotto e consumatore, e creare l’occasione ed il
beneficio per cui quest'ultimo senta che non può assolutamente rinunciare
all'acquisto del prodotto. Così la pubblicità sviluppa tutto il suo lavoro nella
strategia per trovare il punto di confluenza, il nesso di unione e per avvicinare
l’uno all’altro.
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1. LA PUBBLICITÀ È UNO STRUMENTO DI
COMUNICAZIONE FINALIZZATO ALLA PERSUASIONE
La pubblicità è una forma di comunicazione che si caratterizza per il fatto che
l'emittente del messaggio pubblicitario non mira solo a trasmettere al
destinatario della comunicazione dei dati, informazioni, idee, sensazioni, visioni
del mondo, nè soltanto a provocare reazioni (siano esse di adesione o repulsione)
che appartengono al puro ambito dell'intelligenza razionale o emotiva.
Chi diffonde la pubblicità ha per scopo di "convincere" il destinatario della
comunicazione a fare o non fare qualcosa; la pubblicità inoltre è strumento di
persuasione, oltre che di comunicazione, e la finalità persuasiva attiene a
specifici comportamenti del destinatario della comunicazione che l'emittente ha
per scopo di provocare.
In particolare la pubblicità contribuisce a produrre informazioni, un
importante strumento di persuasione, dal momento che la loro quantità presente
nel sistema incide sulle decisioni degli attori del mercato, così come il costo che
ciascuno deve affrontare per procurarsele. La pubblicità infatti non offre sempre
informazioni a costo zero, giovando in tal modo al destinatario: quando essa ne
divulga di non veritiere (pubblicità ingannevole) costringe il destinatario ad
affrontare costi ulteriori per ottenerle corrette.
Oltre che attraverso la diffusione di informazioni, la pubblicità persuade
anche mediante strumenti di "suggestione". Con questo termine si intende
riassumere molteplici tecniche pubblicitarie che fanno leva sugli aspetti meno
razionali della psiche umana, i quali incidono sulle decisioni del destinatario
della comunicazione in modo pari o addirittura superiore alla razionalità stessa.
La decisione d'acquisto infatti non è solo frutto di razionalità; il destinatario
della comunicazione reagisce ad una serie di stimoli che possono essere molto
più forti della razionalità tanto da indurlo a spendere il proprio denaro in una
reazione piuttosto che in un'altra.
La pubblicità conosce questi stimoli, li cataloga e li classifica in ragione delle
particolarità di ciascun gruppo di destinatari, ed infine li utilizza per i suoi scopi
persuasivi. Basti pensare a tal proposito al grande fenomeno della pubblicità
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subliminale, ma anche ai più piccoli fenomeni di pubblicità per suggestione che
associa beni e prodotti ad immagini di bellezza, fascino, richiamo erotico,
successo e fortuna, solo per citarne alcune. E per fare sì che la comunicazione
sia efficace, la pubblicità ci insegna ad usare immagini "forti", per il puro e
semplice scopo di colpire l'osservatore, imprimendogli nella memoria un
marchio, un prodotto. L'immagine "forte", quale potrebbe essere in questo caso
quella erotica e sensuale infatti suscita la curiosità verso il prodotto, genera un
interesse che potrà tradursi in acquisto.
In un mondo affollato di messaggi/comunicazione quindi il "gridare forte" è
un modo per farsi sentire, sovrastando le strida altrui.
L'argomento di questa tesi in particolare è volto appunto a dimostrare come
nel mondo della pubblicità vengano sempre più spesso utilizzate tecniche che
strumentalizzano gli istinti e i temi erotici per stimolare l'acquisto, e come questi
si adeguino facilmente al mutare degli atteggiamenti umani inscritti in questo
contesto tanto da anticiparne, talvolta, l'accettazione istituzionallizzata sociale.
sentimenti intimi della persona umana: basti pensare all'uso pubblicitario del
corpo umano, o meglio dell'esposizione strumentale della persona umana, che
diviene così il mezzo per il raggiungimento dello scopo persuasivo della
pubblicità.
Ecco che allora, per esempio, lo stilista Calvin Klein per aumentare il suo
marketing usa e crea delle pubblicità contenenti un appello aggressivo e a volte
persino opportunistico dell'eros.
Le sue campagne infatti divengono progressivamente sempre più
provocatorie, ma è proprio grazie a questa scelta comunicativa che Calvin Klein
ha creato una sensibilità della moda per certe categorie di vestiario che
precedentemente erano considerate prive di sessualità, come le mutande.
Oggi Klein non è più il solo ad usare l'erotismo in pubblicità anche per i
prodotti maschili. E non c'è stupirsi se si considera che negli Stati Uniti la
lingerie per uomo produce un giro di affari di circa undici milioni di dollari
l'anno, e più del 50% è acquistata dalle donne. Milton Crane, direttore marketing
dell'AmericasMart, considera questo nuovo modo di fare pubblicità naturale,
"uno dei tanti aspetti di una società sessuale".
Crane ricorda anche quando praticità e funzionalità erano le uniche cose che
gli uomini cercavano nelle mutande. "Ho un cassetto pieno di biancheria intima,
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e decido cosa indossare a seconda del mio stato d'animo". Il successo di 2(x)ist,
un marchio lanciato nel 1992 che ha soprattutto una clientela gay, mostra che gli
uomini di oggi hanno tanta voglia di esprimere la loro sensualità, anche in modo
ambiguo. "La confezione è la chiave di tutto." ha dichiarato Jeff Danzer, vice
presidente marketing della 2(x)ist, "Vogliamo che il cliente pensi che, una volta
indossato il capo che ha acquistato, apparirà come l'immagine sulla confezione.
La psicologia ha grandissima importanza negli acquisti".
Il problema riguarda anche l'Italia, dove nel mirino sono le affissioni di
pubblicità sexy sui bus dell'Atac a Roma: a tal proposito il Codacons accusa la
pubblicità di un centro estetico che enfatizza gli effetti delle proprie cure per la
cellulite, sostenendo che molti guidatori vengano distratti da immagini del
genere, rischiando spiacevoli incidenti.
Tale immagine, afferma il Codacons, rischia seriamente di far distrarre gli
automobilisti di sesso maschile che, per osservare quel sedere inevitabilmente
tolgono attenzione alla guida. Inoltre, secondo una ricerca pubblicata dalla
rivista "Panorama" nel novembre 2005, un maschio su cinque rivela di
distogliere lo sguardo dalla strada per rincorrere i poster di donne svestite, come
quello di Eva Herzigova nella famosa pubblicità del reggiseno "Wonderbra".
La stessa cosa potrebbe avvenire se viceversa ci fosse un'immagine maschile
in grado di attirare l'attenzione delle donne guidatrici, ad esempio un bel modello
semi-nudo come potrebbe essere il ragazzo di colore a fianco di Naomi
Campbell nella pubblicità Pirelli "Pzero", o un attore famoso e affascinante che
mostra il proprio fondoschiena.
Attrarre e distrarre in pubblicità infatti sono quasi sinonimi, sinonimi che a
quanto pare possono a volte diventare pericolosi.
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2. IL SOTTILE CONFINE FRA EROTISMO E
VOLGARITÀ
L’erotismo e specialmente la pornografia, nella società moderna, sono stati e
sono tutt’ora contenuti socialmente disapprovati e censurati, cosi che solo
raramente sono stati studiati nel dettaglio.
Questa cecità morale non ha permesso di guardare a tali fenomeni in maniera
scientifica e di non capirne uno dei ruoli poi riscoperti nella società ossia quello
di essere un contenuto strategico che ha contribuito allo sviluppo delle tecniche
pubblicitarie.
Si tenterà ora di definire concetti quali erotismo e pornografia per poi cercare
di capire come cogliere il sottile confine tra i due generi in base a criteri che
esulino i concetti di osceno, senso della misura e buon gusto, ma che si basino
sulle caratteristiche peculiari dei due universi.
2.1. L’erotismo
La parola erotismo deriva da Eroticu, voce dotta del tardo latino proveniente
dal greco Erotikòs, che deriva dal termine greco Eros, nome di uno dei più
importanti fra gli dèi greci. Eros è il principio che promuove la generazione in
senso cosmico ed è definito lysimelès, è “colui che scioglie le membra”, come
una forza che nell’attrazione esiste manifestandosi negli atti e negli effetti.
Già in Grecia vari filosofi e scrittori hanno tentato di capire cosa fosse l’eros.
Omero descrive l’Eros (o Hìmeros) come una forza esterna che afferra colui che
prova desiderio. Questa forza inonda gli organi che per i Greci sono la sede dei
sentimenti: il petto (stèthos) e il cuore (thymòs).
La predicazione cristiana contro i beni materiali terreni ha travolto anche
l’erotismo, quindi il culto di Eros, e la magia sottesa a quell’ardente desiderio
che ha dominato il mondo pagano.
Nonostante i vari tentativi, dopo millenni di storia non è stata ancora trovata
una definizione dell’erotismo poiché, l’erotismo “non è uno stato, ma un
processo e il suo divenire è sempre sintesi fra l’antico e il nuovo” (Alberoni F.,
2002): quindi in ogni epoca storica nascono nuovi elementi che ne aumentano la
sua complessità.
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Tutti coloro che hanno tentato di circoscrivere l’erotismo hanno fornito
egregie definizioni, ma comunque parziali perché non esiste un erotismo, ma più
tipi di erotismo (Bàccolo L., in Alaimo G., 1974) frutto delle diverse fantasie di
scrittori, pittori, scultori, registi, fotografi, legati anche al senso comune.
Le diverse definizioni, seppur parziali, aiutano comunque a delimitare alcuni
confini. Innanzitutto l’erotismo è una peculiarità dell’essere umano: gli animali
non conoscono l’erotismo.
L’animale vive la sessualità, ma lo fa in modo meccanico e prevedibile.
L’uomo si differenzia dall’animale poiché è un essere pensante, e questo
pensiero si fa creativo diventando fantasia. La fantasia è il motore che alimenta e
viene alimentata dal desiderio sessuale diventando una fantasia erotica,
permettendo così di bramare la soddisfazione dei propri desideri (Alberoni F.,
2002).
Bataille aggiunge altri tasselli nella definizione dell’erotismo. Lui chiarisce
innanzitutto che “l’erotismo è uno degli aspetti della vita interiore dell’uomo.
Non deve ingannarci il fatto che esso cerchi senza posa un oggetto del desiderio
posto al di fuori” ( Bataille G., 1997).
La scelta dell’oggetto erotico dipende dai gusti personali, soggettivi di ogni
essere umano; ciò che scatena la passione erotica in un soggetto può suscitare
ripugnanza in un altro. Questo elemento è da tenere bene in considerazione
poiché è il punto di partenza per comprendere le diverse manifestazioni
dell’erotismo.
Bataille insiste nell’associare l’erotismo alla trasgressione poiché dopo venti
secoli di repressione legata alla dottrina della chiesa, l’erotismo trova
espressione e vigore proprio all’interno del divieto, dell’infrazione. “L’essenza
dell’erotismo è costituita dall’inestricabile associazione fra piacere sessuale e
divieto. Mai, umanamente, il divieto appare senza la rivelazione del piacere, né
mai il piacere senza il sentimento del divieto”.
L’erotismo è legato alla dimensione immanente, al “qui e ora”, nonostante i
desideri e le fantasie erotiche siano un elemento costante nella vita degli uomini
e delle donne, vissuti in maniera diversa, con ritmi e frequenze differenti. Ma
quando la voglia arriva chiede di essere soddisfatta nel più breve tempo possibile
e nel miglior modo possibile.
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Il gioco erotico “è fatto di parole e di silenzi, di apertura e di riserbo, di
energia e di spossatezza” (Alberoni F., 2002), “è fatto anche di sfumature, di
sottintesi, di non detti, dimenticando, cioè che l’erotismo non significa affatto
presentare delle situazioni più o meno scabrose, e delle ragazze più o meno
nude. E dimenticando l’elementare legge della saturazione del mercato: dare
troppo, significa stancare il pubblico prima del tempo” (Alaimo G., 1974).
Il desiderio di trasgressione si è espresso nell’arte, nella letteratura, nel teatro,
nella pubblicità, nella fotografia, nel cinema gradualmente nel tempo. Queste
opere sono state giudicate come frivole, galanti, piccanti, oscene, attributi diversi
che cambiano in base alla sensibilità dell’individuo, al contesto storico, alla
cultura, all’interpretazione dei messaggi, che cambia nel tempo e nello spazio.
Tali opere sono state poi confuse fra loro e sono sfociate in piena modernità in
un nuovo concetto, in una nuova realtà caratterizzata dalla centralità della
produzione seriale e ripetitiva, dalla merce. Trasformato in merce l’erotismo
diventa così pornografia.
2.2. La pornografia
Il termine pornografia, diversamente dall’erotismo, ha un significato preciso,
e delimita un ambito concettuale ben definito.
Innanzitutto pornografia deriva dal greco pornée che significa meretrice e
graphìa, descrizione, ossia “chi scrive di prostitute”.
Attualmente per pornografia si intende un’opera visiva (pubblicità, cinema,
televisione, foto, rappresentazione), descrittiva (romanzo, novella, ecc.) o
materiale (statua, manufatto, ecc.) che tratta di atti, atteggiamenti e situazioni
erotico-sessuale rappresentati in maniera esplicita, diretta, in un contesto
asimbolico e privo di narratività, creata allo scopo di essere consumata per
soddisfare il desiderio sessuale. Giddens la considera come “la mercificazione
del sesso” (Giddens A., 1995) o meglio come “la mercificazione del desiderio
sessuale” poiché il piacere erotico, nel momento dell’acquisto, reca l’etichetta
con il prezzo.
Essendosi sviluppata in epoca moderna, in un ottica capitalistica, la
pornografia ha considerato il sesso, l’erotismo e le fantasie erotiche, come una
merce da poter scambiare sul mercato in cambio di denaro, esattamente come
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avviene per tutti gli altri tipi di merci. Le teorie economiche concepiscono il
concetto di bisogno economico come qualcosa che viene soddisfatto
dall’acquisto di un bene economico.
Nella scala dei bisogni di Maslow il sesso rientra nei bisogni fisiologici
primari, i più impellenti fra tutti, la cui soddisfazione è premessa perché si
origino e siano soddisfatti tutti gli altri tipi di bisogni. In più nelle società che
godono di un alto tenore di vita, i beni soddisfano più di un bisogno, ad esempio
un prodotto di alta gastronomia soddisfa il bisogno fisiologico di nutrimento e il
bisogno di stima e riconoscimento del proprio status sociale. Lo stesso si può
dire ad esempio di una videocassetta porno: soddisfa innanzitutto il bisogno
fisiologico del sesso, ma anche quello di appartenenza e di auto-realizzazione
delle proprie fantasie.
Pietro Adamo, nel suo manuale, sostiene che quando la pornografia era agli
albori e si iniziò a diffondere fra le masse, le élite iniziavano ad avere timore per
tre motivi, di carattere morale, religioso e politico.
La società moderna occidentale è fondata e ordinata sulla famiglia
monogamica: i piaceri esaltati dalla pornografia, se diffusi nella società,
rappresenterebbero un focolaio di disordine per una famiglia bene ordinata
poiché i figli non sarebbero più sotto il controllo dei genitori, ne fomenterebbe la
ribellione, causando così eventi spiacevoli (l’innamoramento, la gravidanza
inattesa o non programmata) ed impedirebbe una pianificazione familiare basata
sulla razionalità economica.
I timori di carattere religioso sono facilmente intuibili. Da sempre la chiesa
condanna i piaceri della carne, ha sempre condannato ed ostacolato l’erotismo,
con maggior impeto quindi condanna senza mezzi termini un erotismo portato
all’eccesso. A questo va aggiunto che la famiglia, insieme al matrimonio,
costituisce il baluardo da difendere ad oltranza.
Interessanti risultano i timori di carattere politico. Alla fine del Settecento la
classe nobile vedeva il proprio potere vacillare a causa dell’ascesa della classe
borghese che ereditò dal Calvinismo l’etica legata alla massimizzazione dei
benefici e del reinvestimento dei capitali. Se a questa crisi sociale e politica si
fosse aggiunto lo scandalo riguardo abitudini sessuali libertine, “re e regine, preti
e vescovi, prefetti e contesse venivano privati non solo dei segni esteriori del
potere che stabilivano un rapporto di gerarchia (la pompa, il decoro, i vestiti),
ma anche delle giustificazioni ultime della legittimità” (Adamo P., 1996).
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La borghesia in ascesa, per differenziarsi dalla perversa e corrotta nobiltà,
ebbe nei confronti della sessualità un rapporto parsimonioso, rispettando la
logica del profitto sia nell’ambito lavorativo che in quello sessuale.
Lo strumento utilizzato per combattere la pornografia è stato il concetto di
oscenità. Nella legislazione italiana, infatti, nell’articolo 529 del codice penale,
si legge: “agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli
oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore”. Il pudore
considerato dalla legge italiana è in relazione al “comune sentimento” e cioè
quello del pudore “medio del popolo in un determinato momento storico”.
È bene sottolineare che il comune sentimento, concetto vago come quello di
osceno, è limitato ad un determinato momento storico, poiché esso cambia nel
tempo.
Il concetto di pudore è stato sempre associato ad un significato erotico-
sessuale, e costituisce atto osceno l’esibizione di nudità e qualunque atto di
libidine. Il termine oscenità, nato per giustificazioni moralistiche, mette bene in
chiaro la sua finalità politica: la repressione, la censura. Infatti “nessuna corte di
giustizia, né alcun corpo legislativo, ha mai osato addossarsi la responsabilità di
elencare con precisione tutti gli “atti” che costituiscono oscenità” (Adamo P.,
1996). Ciò perché l’oscenità non è pericolosa in sé, ma solo per alcuni.
Sono gli stessi legislatori a sostenere l’idea che non sono gli atti ad essere
scandalosi, ma è in gioco l’atteggiamento mentale di chi assiste, guarda o legge
un prodotto pornografico.
Tra tutto il pubblico, alcuni sono da salvare e proteggere, e questa missione
ipocrita si esprime mediante il controllo e la repressione.
L’articolo 529 del codice penale, infatti, considera un’opera oscena se
venduta o procurata a una persona minore di diciotto anni. Ha ragione, quindi,
MacKinnon quando sostiene che “l’oscenità è un’idea morale, la pornografia è
una pratica politica, l’oscenità è astratta, la pornografia è concreta” (MacKinnon
C., in Adamo P., 1996).