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Introduzione
Il lavoro presentato tratta l’argomento dell’Inquiry Based-Science Education
(IBSE), approccio pedagogico incentrato prevalentemente sull’apprendimento per
scoperta; in questo particolare caso verrà trattato rispetto all’introduzione e
presentazione di circuiti digitali nella Scuola Primaria. Si presenterà come un lavoro
di ricerca in cui si andrà a studiare e analizzare nello specifico l’utilizzo degli
strumenti ed esperimenti ideati per le classi campione. Si introdurranno, in
particolare, le metodologie pedagogiche più adatte a questo tipo di costruzione
dell’apprendimento da parte dell’alunno. I risultati della ricerca portata avanti
potranno dare conferma dell’efficacia dell’approccio IBSE nella Scuola Primaria,
in confronto ad una didattica di tipo tradizionale e prevalentemente trasmissiva.
Nel primo capitolo, si farà un breve excursus storico sull’evoluzione
dell’apprendimento per scoperta, partendo da Herbart per arrivare appunto al più
recente approccio dell’Inquiry Based-Science Education. Quest’ultimo verrà
descritto dettagliatamente, facendo riferimento alle sue principali funzioni e
illustrandone le fasi principali. Si tratta di una metodologia che al suo interno
accoglie altresì strumenti necessari per l’adeguato raggiungimento delle finalità
postesi, a tal proposito verranno infatti presentate anche le metodologie dello
sfondo integratore, in particolare quello narrativo, e del Cooperative Learning.
Nel secondo capitolo della tesi, l’attenzione si sposterà sulla parte strettamente
scientifica e fisica che ha permesso la costruzione degli strumenti ideati nei progetti
di ricerca. Si introdurranno le principali nozioni dell’elettromagnetismo, partendo
dalla definizione di carica elettrica, per arrivare infine a definire i circuiti elettrici.
Il capitolo terzo è incentrato prevalentemente sulla parte di sperimentazione vera e
propria portata avanti sul campo. Inizialmente si andranno a descrivere i tre progetti
ideati e realizzati per costruire gli strumenti e gli esperimenti indirizzati alle classi
selezionate come campioni. L’intera progettazione si concentrerà sugli elementi di
elettrostatica, studiati e analizzati precedentemente nel secondo capitolo, per
passare infine alla costruzione e calibrazione di un VU METER (digital sound-
decibel meter). Tutti gli strumenti ideati e realizzati verranno successivamente
utilizzati nel momento di sperimentazione nelle classi; si è operato sul territorio
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della provincia di Cagliari, in tre Scuole Primarie, più precisamente, in due classi
prime, tre classi terze e tre classi quinte, per un totale di centocinquantacinque
alunni. Nelle conclusioni verranno illustrati i risultati ottenuti dalla ricerca,
sottolineando il momento della autovalutazione e valutazione finale degli studenti
stessi. Si tratta comunque di una valutazione autentica, una valutazione che verifica
non solo ciò che l’allievo sa, ma ciò che sa fare con ciò che conosce, fondata su una
prestazione reale e adeguata dell’apprendimento. Si considera un reale
accertamento della prestazione perché da essa si capisce se gli studenti sono in
grado di usare in modo intelligente ciò che hanno appreso. Uno degli obiettivi
fondamentali di questa valutazione è certamente quello di inserire gli alunni nella
vita reale, dove non devono portare cumuli di nozioni bensì competenze e abilità
definite e finalizzate. La convinzione è che l’apprendimento scolastico non si
dimostra solamente con una trasmissione e un’accumulazione di definizioni, ma
con la capacità di generalizzare, di traferire e di utilizzare la conoscenza acquisita
in contesti reali e propri della vita quotidiana.
Lo scopo della tesi è quello di introdurre, nella Scuola Primaria, un approccio adatto
a rendere interessante l’apprendimento della fisica, attraverso l’esperienza diretta
del bambino che, toccando con mano i fenomeni che lo circondano, scopre e
interagisce con aspetti caratteristici e complessi della materia. Con l’utilizzo di
questo approccio, oltre ad aumentare l’interesse e i livelli di prestazione degli
studenti, si va a stimolare anche la motivazione nell’insegnamento da parte dei
docenti, che utilizzano nuove strategie per coinvolgere appieno i propri alunni nella
trasmissione di nuovi apprendimenti.
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1. L’apprendimento per scoperta: quando imparare diventa
un’esperienza
1.1. Premessa
Il ruolo docente si è recentemente identificato nella figura del facilitatore che, grazie
alle proprie competenze, indirizza e guida i discenti nella costruzione dei propri
apprendimenti. La figura del facilitatore rappresenta un fondamentale modello da
seguire per gli alunni. Un educatore deve essere innanzitutto una persona che risulti
appassionata rispetto a ciò che fa, persuaso dalla bontà della propria professione e
della propria disciplina di insegnamento. È a questo livello, positivo o negativo, che
l’insegnante costituisce una figura von la quale gli studenti si identificano e si
confrontano. Secondo Bruner l’insegnante, nello svolgimento della sua funzione di
strumento di comunicazione, di modello e di figura di identificazione, può ricevere
largo aiuto da una varietà di mezzi e di modalità di lavoro capaci di allargare
l’esperienza, di chiarirla e di personalizzarla.
1
Spesso il metodo della lezione frontale vincola la partecipazione degli studenti
durante le spiegazioni alle dinamiche del gruppo-classe più che alle effettive
necessità didattiche di ognuno; alcuni alunni possono rimanere indietro non
riuscendo a richiedere chiarimenti, alcuni rischiano di annoiarsi non potendo saltare
precisazioni per loro superflue. Riflettendo su questa disposizione ho deciso di
svolgere uno studio approfondito sulla sezione “Centralità della persona” delle
Indicazioni Nazionali; si ricorda come il ruolo della Scuola è quello di definire le
proprie finalità, in primis, partendo dalla persona che apprende, tenendo conto del
suo percorso individuale. Le strategie didattiche devono costantemente sottolineare
l’importanza della singolarità di ogni persona, della sua identità, delle varie fasi di
sviluppo e di formazione. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti
i suoi aspetti, ed in questa prospettiva il docente è tenuto a sviluppare e impostare i
propri progetti educativi e didattici. È fondamentale che la scuola ponga le basi del
percorso formativo degli alunni, fornendo le chiavi per apprendere ad apprendere,
1
M. Martinelli, Collaborare nelle diversità. Cooperative Learning e persone con disabilità,
difficoltà e svantaggio, Mondadori Università, Milano, 2019; pag. 102.
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per costruire le mappe dei saperi, rendendole coerenti con l’imprevedibile e
incessante evoluzione delle conoscenze del discente.
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1.2. Dal metodo didattico di Herbart all’IBSE
Uno dei principali pedagogisti che si approcciò all’apprendimento per scoperta fu
sicuramente Johann Friedrich Herbart (1776-1841), che già nel XIX secolo
influenza il pensiero educativo. Nel campo della pedagogia sostiene che questa
scienza ha il compito di indagare i principi universali che presiedono
nell’educazione, nei suoi vari aspetti, e deve essere integrata da una tecnica, l'arte
educativa, cui spetta di realizzare i principi della scienza. Essa si fonda da un lato
nell'etica, che le assegna il fine, dall'altro nella psicologia, che le indica i mezzi,
svelandole il meccanismo psichico dell'alunno.
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Herbart ritiene che scopo principale dell’educazione sia lo sviluppo del carattere
del fanciullo. Tale processo si sviluppa dall’interesse degli studenti verso il mondo
naturale e l’interazione con gli altri. L’insegnamento, quindi, si basa su due aspetti
basilari: l’interesse, dove le nuove idee si collegano a quelle pregresse, e la
comprensione concettuale.
Compito dell’educatore è quello di formare il discente usando i mezzi più
appropriati e tenendo presente le circostanze esterne che lo circondano.
L’insegnante crea esperienze di apprendimento in grado di espandere i concetti che
gli studenti già conoscono e spiega ciò che non si può aspettare che gli studenti
scoprano da soli. Il modello didattico di Herbart, parte quindi dalle conoscenze
degli studenti e dalle loro esperienze pregresse. È fondamentale che l’insegnante
diventi un facilitatore a tutti gli effetti, come accennato nella premessa.
Il modello è composto di differenti fasi: nella fase di preparazione l’insegnante
guida in modo indiretto gli studenti ponendo loro delle domande in modo da
renderli consapevoli delle loro esperienze precedenti; nella fase di presentazione,
2
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Indicazioni Nazionali per il curricolo
della Scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo d’Istruzione, 4 Settembre 2012.
3
http://www.treccani.it/enciclopedia/johann-friedrich-herbart/
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verranno proposte esperienze nuove creando connessioni con quelle precedenti;
nella fase di generalizzazione, l’insegnante sarà chiamato a spiegare quelle idee che
gli studenti non sono in grado di scoprire autonomamente; infine, nella fase di
applicazione, gli studenti dimostreranno la loro comprensione applicando i concetti
appresi in contesti del tutto nuovi.
Il modello didattico di Herbart si presenta, quindi, come uno dei primi approcci
sistematici all’insegnamento.
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Nel XX secolo, la formazione dei professionisti del campo si espande ulteriormente,
arricchendo di innovazione tema dell’apprendimento per scoperta. Impossibile non
citare a tal proposito John Dewey (1859-1952) che, nel 1909 tenne un discorso
presso l’American Association for the Advancement of Science (AAAS), sostenendo
come l’insegnamento delle scienze, in quegli anni, dava troppa enfasi all’accumulo
di informazioni e non abbastanza alle scienze intesa come modo di pensare.
Recitava così nel suo scritto Esperienza e educazione:
“Imparare qui significa acquisire ciò che è incorporato nei libri e nelle teste degli
adulti. Inoltre, ciò che è insegnato è pensato come essenzialmente statico. Lo si
impartisce come un prodotto finito, senza troppo curarsi della sua origine e dei
cambiamenti che subirà certamente in avvenire.”
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Dewey sottolinea come esista un collegamento importante tra la concezione del
pensiero comune e l’investigazione scientifica. Denuncia il carattere erroneo e
difettivo dell’esperienza dal punto di vista della relazione con l’esperienza ulteriore.
Tutto dipende dalla qualità dell’esperienza che si fa. La qualità di ogni esperienza
ha due aspetti: da un lato può essere immediatamente gradevole o sgradevole,
dall’altra essa esercita la sua influenza sulle esperienze ulteriori. Compito
dell’insegnante è quindi quello di disporre le conoscenze in modo che le esperienze
impegnino il discente, non limitandosi ad essere immediatamente gradevoli, ma
promuovano nel futuro tutte le esperienze che si desiderano. È fondamentale il
cosiddetto principio di continuità dell’esperienza. Ogni esperienza fatta e subita
4
B. Scapellato, Inquiry-Based Science Education. Dalla teoria alla pratica: l’approccio IBSE per
una comprensione profonda delle scienze naturali, Pearson Italia, Milano-Torino, 2017; pag. 36-
37.
5
J. Dewey, Esperienza e educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014; pag. 5-6.