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Ancor più risentì dell'invenzione dell'apparecchio televisivo, tentando
comunque di ritagliarsi, seppur a fatica, il suo piccolo spazio nel mondo dei
mass media. Nel corso degli anni settanta iniziarono però a nascere numerose
emittenti private di piccole dimensioni, le quali, seppur inizialmente penalizzate
dalla carenza di fondi e di sponsor che finanziassero la loro crescita, invasero
letteralmente il mercato con un linguaggio completamente rivoluzionato rispetto
a quello a cui il pubblico si era abituato fino ad allora.
La strategia del parlato spontaneo e della comunicazione immediata dal
ritmo incalzante si contrapponevano nettamente ai canoni del periodo,
conquistando le fasce di pubblico più giovani che erano ansiose di novità e di
sentirsi rispecchiate nei nuovi mass media. Iniziò così una vera e propria guerra
degli ascolti che, a partire dagli anni ottanta, con la nascita di Audiradio,
condusse la Rai ad una differenziazione spiccata rispetto alle sue concorrenti,
scegliendo un livello di programmi mediamente più alto ed un target
generalmente di età maggiore, restando fino ad oggi l'unica emittente a produrre
ancora radiodrammi. Il genere drammaturgico, però , richiedendo ingenti
investimenti e offrendo poche garanzie di successo e di ascolti, è spesso stato
penalizzato nella partizione delle risorse economiche, dovendosi accontentare di
scarse opportunità di sperimentazione e quindi di realizzare prodotti di livello
sicuramente non eccellente.
Gli ultimi casi degni di nota e che si può dire abbiano segnato il passaggio
dalla vecchia drammaturgia si possono contare sulle dita di una mano. I titoli
sono in realtà già i pilastri della nuova drammaturgia radiofonica, avendo portato
uno spiraglio di luce e una boccata d’aria nuova nel settore: gli audiofilm Il
mercante di fiori e Alcatraz di Diego Cugia, Fabio&Fiamma di e con Fabio
Visca e Fiamma Satta e Radio Bellablù ideato da Sergio Ferrentino e scritto a
quattro mani da Massimo Carlotto e Carlo Lucarelli. Da questo contesto si può
dedurre che la mancanza di idee sia ormai il problema principale dei mezzi di
comunicazione moderni, sia per la televisione che per la radio. Proprio per
questo forse la Rai ha dato vita ad un'iniziativa unica nel suo genere, che ha
come scopo principale quello di far uscire allo scoperto nuove proposte e,
magari, anche nuove menti creative. Il progetto si chiama UNIRai, riformat in
3
FM ed è il risultato del connubio tra la necessità di nuove idee, da una parte, e
dall’altra la volontà di Sergio Ferrentino di dare anche a studenti universitari la
possibilità di mettersi a confronto con una vera realtà lavorativa e creativa allo
stesso tempo. Il progetto, che ha preso il via nello scorso anno accademico
2004/2005, ha visto la collaborazione di Radio Rai con tre Istituti Universitari
italiani: lo Iulm di Milano, il Suor Orsola Benincasa di Napoli e l'Università
degli Studi di Padova, grazie alla quale anche la sottoscritta ha potuto
partecipare all'iniziativa. Il suo principale promotore è stato Sergio Ferrentino,
che ha ricoperto anche i ruoli di ideatore, responsabile artistico e regista.
L'iniziativa ha dato la possibilità ad oltre 40 studenti di realizzare il proprio
progetto all'interno delle strutture Rai di Torino, per dar vita ad un totale di 10
puntate finali di UNIRai in cui sono stati trasmessi tutti i 22 format dei ragazzi.
Nei capitoli che seguono, oltre a fornire un quadro storico atto a
contestualizzare la nascita dell'esigenza di un progetto di questo genere, verrà
anche spiegata, nella maniera più dettagliata e completa possibile,
l'organizzazione alle spalle dell'iniziativa, che ha permesso di portare a termine il
progetto e agli studenti di entrare nel mondo della produzione radiofonica,
seppure per una breve incursione. Inoltre si darà ampio spazio all'analisi di
alcuni dei format più significativi e di maggior rilievo, con un occhio di riguardo
per il genere drammaturgico, che ha coinvolto la sottoscritta in prima persona.
Verrà dunque analizzato il linguaggio utilizzato in ogni format e, ancora più in
dettaglio, la struttura della singola puntata di ognuno di essi e le modalità di
realizzazione.
Verrà dato maggior spazio al format Sognando Itaca, presentato in tutte le
sue fasi di progettazione per fornire un quadro il più possibile completo delle
diverse fasi e delle modalità di lavorazione che hanno fatto da cornice
all’esperienza radiofonica che ho vissuto in prima persona.
4
Capitolo 1
Introduzione storica
1.1 La nascita della radio
Nel 1895 Guglielmo Marconi riuscì ad usufruire della scoperta del fisico
tedesco Hertz, le onde elettromagnetiche, per trasmettere un segnale a distanza
senza l'uso di fili di collegamento, da un punto ad un altro della sua tenuta di
Pontecchio, dove erano posizionati un apparecchio trasmittente ed uno ricevente.
I primi passi della radiofonia in Italia giunsero poi in ritardo rispetto agli
effettivi progressi tecnologici del settore e, soprattutto nei primi anni, si mossero
lentamente, dimostrando il profondo divario esistente tra l'Italia e i paesi
tecnologicamente più progrediti, come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
Uno dei problemi principali fu la mancanza di chiarezza legislativa da parte
dei politici del tempo, oltre all'arretratezza tecnologica, motivi per cui la nuova
invenzione venne circoscritta al solo utilizzo in campo militare e nella ricerca
scientifica. Inoltre i primi programmi erano, se così si può dire, una semplice
trasposizione in forma audio di ciò che altri mezzi avevano già diffuso in
precedenza, ovvero le notizie dei quotidiani, i concerti di musica classica, le
conferenze, il teatro, non avendo ancora ben chiare le funzioni e le possibilità
espressive proprie del mezzo. Perciò si dovette attendere un po' prima che si
potessero vedere dei risultati degni di nota.
In ambito legislativo solo nel 1920 si ebbe una prima chiarificazione: la
legge del 30 giugno n. 395 stabilì il principio dell'interesse e del controllo
pubblico in materia di radiofonia, oltre al diritto del governo di
5
“accordare a qualsiasi persona, ente, amministrazione pubblica o
privata, a scopo scientifico, didattico o anche di servizio pubblico o
privato, l'autorizzazione di stabilire ed esercitare impianti di tale
natura a terra e su navi da diporto o di commercio, previa regolare
concessione”
1
Nonostante la guerra mondiale, che ovviamente produsse forti
accelerazioni in alcuni settori dell'industria italiana e non solo, lo sviluppo
radiofonico, settore comunque strategico, rimase ai margini. A questo punto non
era la mancanza di sviluppo tecnologico ad essere carente, e neppure la quantità
di energia elettrica necessaria per supportare tale sviluppo era scarsa, ma solo nel
dopoguerra nacquero le prime iniziative di radiocomunicazione. La complessiva
arretratezza economica fu sicuramente una prima causa del ritardo della
diffusione del mezzo, quando solo pochi imprenditori e alcuni abbienti delle
classi superiori utilizzavano il mezzo per le loro attività quotidiane, mentre
comunque privilegiavano la carta stampata come mezzo primario di
informazione.
Negli anni tra il 1910 e il 1920 in Europa il Broadcasting radiofonico,
ovvero la messa in onda di trasmissioni regolari, andava evolvendosi con una
certa rapidità. Era già nata la BBC in Gran Bretagna e stavano nascendo sia in
Germania che in Francia le radioaudizioni circolari che si installavano su un
tessuto costituito dalle emittenti radiotelevisive e radiotelefoniche, settore
fortemente sviluppato rispetto a quello italiano.
Solo nel 1923 si ebbe qualche sostanziale mutamento della situazione
italiana perché si assistette ad una forte concorrenza nell'ambito della produzione
di impianti e apparecchi per la radiotelegrafia: tre grandi gruppi, uno francese
con “Radio Italia”, uno tedesco con “Radio Elettrica” e uno italiano con la
Società Italiana Servizi Radiotelefonici (SISERT), diretta emanazione della
Società Italiana Marconi, si batterono per assicurarsi una posizione preminente
nei servizi radiotelefonici che il governo Mussolini e l'attuale legislazione
intendevano affidare in concessione al miglior offerente.
1
L. n. 395 del 30 giugno 1920, art. 1 comma 2
6
Le trasmissioni regolari ebbero inizio il 6 ottobre 1924 dai microfoni
dell'URI (Unione Radiofonica Italiana), dalla quale poi derivò l'EIAR, l'Ente
Italiano Audizioni Radiofoniche.
Il 1 agosto 1925 la stazione radiofonica di Milano mandò in onda il primo
segnale orario e il 19 giugno 1927 andò in onda la prima radiocronaca sportiva:
il Gran Premio di trotto di San Siro.
Nel 1928 la URI assunse ufficialmente la denominazione di EIAR e venne
costituito un comitato superiore per la vigilanza sulle radiodiffusioni, di cui
fecero parte rappresentanti del mondo economico, della cultura e del
giornalismo, nominati dal capo del governo su proposta del Ministero.
7
1.2 Il periodo fascista
La musica è la grande protagonista del periodo fascista: classica, leggera,
concertistica ecc. Le trasmissioni musicali accentrano tutta l’attenzione dei
tecnici, preoccupati del perfezionamento acustico e del potenziamento
dell’emissione raggiungendo, per l’epoca, risultati importanti. Sul versante della
programmazione culturale, ovvero quei servizi che spaziavano dal varietà
letterario alla conferenza erudita, dalla divulgazione medica al racconto di
viaggi, il condizionamento del regime e la limitatezza di orizzonti dei suoi
dirigenti, preoccupati più di attrarre e divertire l'ascoltatore che di istruirlo,
impedirono un'agevole divulgazione di tematiche più propriamente culturali. Un
esempio lampante fu la trasmissione Il cantuccio dei bambini, dove la musica
trasmessa era quella di Bach e di Mozart, mentre i valori insegnati alle nuove
generazioni erano, ovviamente, quelli patriottico-borghesi che rispecchiavano
quelli dei fortunati genitori che possedevano un apparecchio radiofonico in casa,
appartenenti a classi abbienti e sostenitrici, nella maggioranza dei casi, del
regime stesso.
In un'epoca come questa, in cui Arnheim scrive molto sul nuovo medium e
sulle sue potenzialità, la radio stava ancora cercando una sua forma: la
discussione verteva, nel suo paese, sulla domanda se il mezzo dovesse adeguarsi
alle esigenze di un pubblico vasto ma ignorante, abbassando il livello culturale e
di impegno della programmazione, oppure se avesse come compito primario
quello di educare anche gli ascoltatori meno colti ad un ascolto di programmi di
alto livello, dalla musica classica all'informazione, alla letteratura. Ai suoi tempi,
e in un paese come la Germania, inoltre, il mercato era costituito esclusivamente
da una stazione radiofonica che avrebbe potuto senza grossi ostacoli proporre
una programmazione di alto livello, dato che chi stava dall'altra parte non aveva
alternative verso cui orientarsi. Avrebbe così potuto contribuire alla riduzione
del divario culturale esistente tra le diverse classi sociali, ma già all'epoca le sue
speranze non vennero soddisfatte, ma l'invenzione di programmi sempre più
leggeri (o almeno meno impegnati, secondo i canoni di allora), ottenne tanto
8
successo che diventò una pratica diffusa e resistente, fino ai massimi livelli
raggiunti ai giorni nostri, dove molti dei programmi hanno come unico scopo
quello di intrattenere l'ascoltatore senza richiedergli il minimo sforzo cerebrale
per seguire il filo del discorso.
Nel 1930 assistiamo ad un riorientamento dell'ente EIAR e della sua
attività, con il trasferimento da Milano a Torino della direzione generale e con la
nascita del Radiocorriere, rivista dedicata alla radiofonia, dove Arnaldo
Mussolini, fratello del Duce e dirigente dell'EIAR, indicò con chiarezza i
compiti della radio definendola “una cattedra” da cui diffondere i valori
dell'ideologia nazionalista.
Nel frattempo nasceva la consapevolezza tra le classi dirigenti delle
potenzialità del mezzo radiofonico, che cominciava a venir considerato come un
possibile tramite tra l’individuo e la massa, la sfera pubblica e quella privata, la
città e la campagna, e dunque come strumento di unificazione del paese. Il
regime si adoperò per la diffusione capillare del mezzo, arrivando a raggiungere
anche le zone più isolate del paese, ma senza adeguare la programmazione alle
esigenze di un pubblico di scarsa cultura e ottenendo, quindi, almeno in
principio, uno scarso gradimento da parte della popolazione. L'industria degli
apparecchi registrò comunque in quegli anni un vero e proprio boom, grazie alla
volontà del regime di portare un apparecchio in ogni casa e, dove questo non
fosse stato possibile, di formare gruppi di ascolto collettivi in modo da
familiarizzare all'ascolto radiofonico anche le frange più arretrate della società
italiana. Anche per questo venne istituito l'ERR, l'Ente Radio Rurale, nel 1933,
con il compito di creare una programmazione adatta anche alla gente di
campagna.
Non a caso si definiscono in questo periodo anche le prime stentate
ambizioni culturali dell’EIAR, dando nuovo impulso sia alla prosa che al
cabaret, con il supporto di un lento avvio teorico sulle potenzialità artistiche del
mezzo, grazie a figure illustri quali Enzo Ferrieri, che nel 1931 promuoverà nella
sua rivista Il Convegno, un’importante inchiesta riguardo ad un possibile uso
creativo della radiofonia tra svariati intellettuali e artisti del tempo, o Enrico
Rocca, che con il suo Panorama dell’arte radiofonica (1938), costituì il primo
9
esempio italiano di una specifica saggistica sul teatro radiofonico. Al 1929 risale
la trasmissione del primo dramma radiofonico italiano, L’anello di Teodosio di
Luigi Chiarelli, un giallo burlesco, che darà poi il via ad una fortunata serie di
trasmissioni radio-teatrali, anche se in ritardo rispetto ad altri Paesi europei:
risale infatti al 1932 l'invito dell'EIAR ad alcuni scrittori italiani, tra cui Rocca,
Michelotti e De Stefani, a scrivere per la radio, iniziativa che però fu sospesa con
l'inizio del conflitto mondiale, vedendo la fuga delle menti verso le piccole radio
libere sotto controllo del PWB, più aperte alla sperimentazione e perciò molto
proficue per creare le basi per quella che sarà la futura RAI, dove molti di loro
confluiranno.
Il ritardo, in ogni caso, rispecchiava sia la mancanza di mezzi, sia, anzi
forse soprattutto, la carenza di menti, di registi come di autori, che credessero
veramente nel nuovo mezzo e fossero disposti ad investirvi energie e denaro.
In altri Paesi il genere radio-drammatico aveva già visto da qualche tempo
un felice sviluppo: il primo radiodramma europeo fu mandato in onda dalla BBC
nel 1922, dopo solo quindici mesi dall'inizio delle trasmissioni, mentre in
Germania il primo radiodramma in assoluto fu trasmesso già nel 1925, opera di
Rolf Gunold dal titolo Spuk, seguito poi dai primi monologhi scritti da Hermann
Kesser tra il 1929 e il 1933, tra cui citiamo Strassenmann. La sua giustificazione
per questa scelta stilistica fu che “nessuna forma di espressione è più sincera del
soliloquio”, scoprendo così un nuovo stile radiofonico all'avanguardia che fu poi
ispirazione per successivi esperimenti, fino all'istituzione del Premio radiofonico
annuale nel 1952 intitolato ai ciechi di guerra, pubblico ideale per il mezzo, con
nomi del calibro di Bertolt Brecht, che già aveva conquistato il pubblico con il
suo famoso Il volo oceanico nel 1929.
Nel frattempo in Svizzera altri grandi si cimentavano nella scrittura per la
radio, tra cui Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt, mentre in Francia il radio-
monologo era già nato nel 1924 con Agonie di Paul Camille, che vinse anche il
primo Concorso per radiodrammi nel paese, e nel Regno Unito si giunse a
pubblicare una raccolta di radiodrammi e un testo su come scrivere per la radio
scritti da Val Gielgud.
10
Per quanto riguarda gli Stati Uniti non si può non citare il famoso
esperimento di Orson Welles, che annunciò al mondo un'invasione di creature
extra-terrestri durante la trasmissione di un suo radiodramma nel 1938,
dimostrando le grandi potenzialità del medium. In generale è d'obbligo
sottolineare come questo paese sia stato l'apripista per molti altri, in particolare
per il nostro, grazie al forte sviluppo, sia tecnico che stilistico, che il mezzo visse
prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Questi sono piccoli segnali che la
radiofonia, in altri Paesi, come gli Stati Uniti in testa, aveva già raggiunto una
penetrazione massiccia e un livello di sviluppo che giunse da noi con un ritardo
giustificato prima dalle difficili condizioni economiche in cui versava il paese e
poi dalle scelte strategiche del regime di Mussolini.
Nel frattempo, gli sviluppi generali e la guerra d'Etiopia, spinsero il
governo fascista a mantenere il pieno controllo dell'informazione per evitare il
diffondersi di malumori interni allo stato italiano. Nel settembre 1935 un nuovo
decreto demandò la sorveglianza dei programmi radiofonici al nuovo Ministero
per la Stampa e la Propaganda, fino a quando, nel maggio del 1937, questa
funzione non venne rilevata dal Ministero per la Cultura Popolare, sotto l’egida
di Galeazzo Ciano, che iniziò una campagna mediatica propagandistica sempre
più intensa, la quale tuttavia non giovò al prestigio e alla credibilità dell'EIAR.
Tale difficoltà nella gestione dell'opinione pubblica si rifletteva sui contenuti
della programmazione, che si irrigidivano sempre più su tematiche di “grandeur“
nazionale ed esaltazione delle imprese dell'esercito. Inoltre, con l'avvicinarsi
della seconda guerra mondiale, il regime aumentò l'uso del mezzo a fini
propagandistici, ma allo stesso tempo il conflitto contribuì alla diffusione del
mezzo per ricevere notizie dal fronte, a da parte dei nuclei familiari che avevano
componenti impegnati nel conflitto. In questo periodo vennero creati due nuovi
programmi, oltre ai già esistenti bollettini di guerra: Cronache dal regime e
Commenti ai fatti del giorno. Però la credibilità dell'EIAR però continuava a
scendere e, assieme anche alla nascita e allo sviluppo di frange della popolazione
che non volevano allinearsi ai dettami del Regime, iniziò a svilupparsi una
maggiore attenzione per le emittenti che verranno poi considerate illegali e di cui
verrà proibito l'ascolto, tra cui la famosa Radio Londra, oltre a Radio Mosca e
11
Radio Milano Libertà. In ogni caso la “militarizzazione” delle radio controllate
dal regime fu fortissima e ogni programma considerato frivolo o poco necessario
ai fini di informazione sullo stato delle battaglie o della guerra venne soppresso.
La politica propagandistica dai toni forti ebbe una certa efficacia, in particolare
riguardo all'antisemitismo, che la maggioranza degli Italiani finì per accettare,
sia in quanto caposaldo dell'ideologia fascista, sia in quanto giustificazione per
un odio verso un popolo che si riteneva colpevole delle difficoltà economiche
del Paese prima del conflitto.
Dopo le prime sconfitte del Regime in Grecia e in Africa del nord, inoltre,
le autorità crearono una strategia di censura che ometteva, o mitigava in caso di
evidenti impossibilità di alternativa, le notizie che mettessero in cattiva luce le
scelte o le strategie militari, cosa che comunque non giovò nel lungo periodo né
al regime, né all'EIAR, che seguitava nella sua perdita di stima e credibilità.
Oltre al problema delle radio dichiarate clandestine sopra citate, nel 1942 il
sindaco italo-americano La Guardia iniziò a parlare al popolo italiano dagli studi
della NBC, tornando a dare fiducia al popolo italiano che ormai temeva il peggio
per la fine della guerra. Alla conclusione del conflitto, l'8 settembre 1943, il
popolo ascoltò dalle voci radiofoniche di Radio Londra l'annuncio dell'armistizio
dell'Italia, che segnò così la fine del regime fascista e l'inizio della rinascita del
paese. Da questo momento in poi tutte le stazioni prima dichiarate illegali
aumentarono le loro trasmissioni, prime tra tutte quelle nate nel sud del Paese,
mentre le trasmissioni delle stazioni di regime tacquero per due giorni
consecutivi. Subito dopo i tedeschi disattivarono i canali I e II e alcuni dei loro
dipendenti decisero di collaborare con la radio della Repubblica di Salò , mentre
andava aumentando la sua netta dipendenza dal governo nazista, che la
sosteneva esclusivamente per ovvie ragioni opportunistiche. Così, nel frattempo,
si venne già a creare una prima divisione tra il Nord, dove i repubblichini di Salò
riuscirono a tenere relativamente sotto controllo la situazione per un breve
periodo, e il Sud, dove già stavano crescevano sempre più emittenti sostenute
dagli alleati.
12
1.3Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla nascita della tv
Dopo lo sbarco a Pantelleria e l'occupazione della Sicilia la propaganda
anglo-americana concentrò tutti i suoi sforzi nell'attuare quella che fu poi
definita la “penetrazione psicologica” dell'Italia. La propaganda si sviluppò su
due temi centrali: l'inevitabilità della sconfitta militare del Regime e
l'invincibilità delle forze di liberazione, incoraggiando la resistenza passiva e il
sabotaggio dello sforzo bellico italiano, evitando la ridicolizzazione delle forze
armate, del popolo e l'incitamento ad una rivolta prematura dello stesso. Questa
era solo una parte della strategia di divulgazione ideologica portata avanti dagli
americani nel nostro Paese, giustificata anche dal fatto che, fino alla conclusione
definitiva del conflitto, l'Italia era ancora un paese nemico. In breve tempo però ,
già a partire dal 6 agosto 1943, cominciarono, ad esempio a Bari, le prime
trasmissioni con testi scritti da antifascisti italiani, sempre e comunque
supervisionati dal Psychological Warfare Branch (PWB) americano, organo che
continuò ad avere una forte influenza durante un lungo periodo. L'impegno della
propaganda americana dette i suoi frutti, ma il pubblico italiano, dopo anni di
informazione fascista e di controinformazione delle emittenti estere, in
particolare di Radio Londra, sempre preferita tra gli antifascisti, aveva imparato
a scegliere i propri percorsi rispetto all'offerta, ad esempio evitando di dare
l'appoggio al re, auspicato invece dalle forze alleate. Durante tutto il periodo di
guerra antifascista dei partigiani la PWB influenzò non poco le trasmissioni,
anche da Roma, una volta liberata, per poi salire lungo lo stivale man mano che
la liberazione del paese avanzava.
Passo decisivo per il completamento di questo processo di ristrutturazione
fu, nel 1944, il cambio di denominazione dell’ EIAR in RAI (Radio Audizioni
Italia), in contemporanea con la costituzione di un Commissione di vigilanza,
ancora una volta voluta e sostenuta dagli Alleati, con il compito di affiancare il
governo nelle sue decisioni. Nello stesso periodo, però , la moltiplicazione delle
radio libere fece sì che ogni partito potesse diffondere le proprie idee, al punto
da arrivare in breve tempo ad una situazione di caos generale in cui l'ascoltatore
13
si trovava spaesato.
Con il netto successo elettorale del 18 aprile 1948 la Democrazia Cristiana
si aggiudicò il pieno controllo della radiodiffusione, operando, con il beneplacito
della Chiesa, in netta linea di continuità con il regime precedente: con
l’istituzione del Comitato Parlamentare di « Alta Vigilanza» Politica fu
controllato ogni messaggio ideologico che attraversava l’etere, dimostrando da
subito, grazie all’azione dell’allora Ministro delle Telecomunicazioni Giulio
Andreotti, una lampante consapevolezza delle potenzialità divulgative del
sistema massmediale. Una rigida censura, omissione di importanti notizie e pura
invenzione di altre, furono i mezzi attraverso cui il partito cattolico portò avanti
la propria egemonia politica e mediatica nell’arco dei decenni successivi,
all’insegna dell’eterno mantenimento dei valori atti a plasmare secondo le
proprie ideologie la nascente società borghese post-bellica e del mantenimento di
una concezione del popolo come strumento invece che come destinatario.
E' importante far notare che in breve tempo nacque l'esigenza di uno
strumento imparziale, così che la RAI decise di prendere come linea guida
l'obiettivo di un servizio imparziale al pubblico, soprattutto con un giornale radio
che rispettasse la realtà dei fatti e con una particolare attenzione ai problemi e
alle preoccupazioni nazionali, in modo da soddisfare maggiormente le esigenze
del pubblico. L'attività radiofonica, attraverso i programmi di informazione, le
trasmissioni politiche, quelle culturali e i dibattiti politici, iniziava ad ispirarsi ai
principi di una democrazia di massa.
Con l'avvento della repubblica e della rivoluzione democratica comincia a
cambiare anche il rapporto con il pubblico stesso: non è più possibile
considerarlo come una massa indifferenziata, ma diventa partner necessario in
un dialogo per rifondare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni e tra gli
ascoltatori e la radio Italiana. E' nel luglio del 1945 che si costituisce il Servizio
Opinioni presso la Direzione Generale della Rai, mezzo indispensabile per i
dirigenti per capire verso che direzione orientare la programmazione, anche se il
compito essenziale e primario della radio in una nazione con una democrazia
ancora tanto giovane era quello di promuovere e garantire un livello minimo di
cultura delle istituzioni. Nonostante questi buoni propositi, i risultati tardarono a
14
venire ancora qualche anno, a causa di problemi legati alle strutture carenti e
all'impossibilità di riscuotere il canone, perciò per un certo periodo, cioè fino al
1946, quando un nuovo consiglio di amministrazione si impegnò nella
modernizzazione degli impianti, si continuò la trasmissione di due programmi
differenti, uno per il nord e uno per il centro-sud.
Il nuovo assetto prevedeva una cosiddetta Rete Azzurra che comprendeva i
trasmettitori di Bari II, Venezia, Verona e Napoli II, e una cosiddetta Rete Rossa
che comprendeva i trasmettitori di Genova, Milano, Napoli e Roma.
Nel 1950 fu istituito il Premio Italia, concorso per opere radio-drammatiche
che contribuì a incrementare la produzione e la cultura delle opere di genere,
vedendo anche la nascita di riviste specializzate e pubblicazioni, come
Radiodramma diretta da Dante Raiteri, o Il Manifesto della radiopoesia di
Jacopo Treves. Tra i nomi di maggior rilievo sono da citare Alberto Perrini, che
scrisse molti radiodrammi trasmessi anche all'estero, tra cui Taccuino notturno,
Gian Francesco Luzi, che ha dato il via ad un filone drammatico-introspettivo,
oltre ad Alfio Valdarnini che propose drammi a protagonista unico, spesso
affiancato da un alter ego consigliere, e Vasco Pratolini, con il suo La domenica
della buona gente. Degno di nota fu Centro di Fonologia musicale presso Radio
Milano, nato nel 1955 e sede di forti sperimentazioni sull'espressione
radiofonica.
Negli anni successivi, fino al 1954, anno in cui nacque la televisione, si
sono andate creando le condizioni economiche e istituzionali che permisero alla
radio italiana di divenire il primo mezzo di informazione e diffusione di una
cultura collettiva a livello nazionale, anche con la nascita del terzo canale
radiofonico pubblico, che privilegiò il genere radiodrammaturgico, e alla
massiccia diffusione degli abbonamenti al servizio, che permisero un recupero di
denaro notevole. In questi anni iniziarono ad affermarsi nomi del calibro di
Giorgio Bandini, Giorgio Pressburger e Andrea Camilleri. Anche il linguaggio si
stava modernizzando, lasciando spazio a quello colloquiale in luogo di quello
letterario usato fino ad allora.
Con l'avvento del mezzo televisivo la situazione cambiò radicalmente,
lasciando intravedere un periodo buio per il vecchio mezzo senza immagini. La
15
tv si presentò come completamento della radio, offrendo allo spettatore non solo
un'informazione più tempestiva rispetto alla carta stampata, ma anche la
possibilità di vedere con i propri occhi quello di cui si parlava.
Per molti anni la situazione vide uno stallo che pareva immodificabile, con
il monopolio della televisione ed una piccola nicchia lasciata al vecchio mezzo
radiofonico, con il costante aumento della vendita degli apparecchi televisivi e
uno stallo di quella degli apparecchi radiofonici. Come la radio aveva destato
numerose paure da parte degli editori, che temevano che il nuovo mezzo avrebbe
surclassato l'antico, diffondendo con grande anticipo notizie che la carta
stampata poteva divulgare solo il giorno successivo, e come prima ancora la
scrittura aveva innescato una forte reazione avversa nei suoi confronti perché
accusata di ridurre le facoltà intellettive e mnemoniche dell'essere umano
2
, così
la radio stessa si vide superata dal nuovo mezzo di intrattenimento e
informazione di massa, la televisione. Il vecchio medium accusò pesantemente il
colpo, dovuto anche alla fuga di cervelli, di personaggi famosi, oltre ad un vero e
proprio furto di programmi, verso un mezzo i cui potenziali erano ancora tutti
da scoprire e da sperimentare, e dovuto anche al disinteresse dei dirigenti degli
apparati pubblici che non avevano alcun interesse a mobilitarsi per far fronte al
problema. La sopravvivenza del mezzo radiofonico, dunque, si vide legata alla
capacità di differenziazione della propria offerta, di ampliare la sua
specializzazione e di assumere una grande capacità di metamorfosi e
sperimentazione espressiva. Mentre la tv andava verso la spettacolarizzazione
degli eventi, dell'utilizzo dei grandi apparati produttivi, della fabbricazioni di
miti con un misto di magia, la radio iniziò a mettersi da parte e ad accontentarsi
di una programmazione limitata alla musica colta e alla drammaturgia, senza
riuscire, ma forse senza neanche tentare, a crearsi un nuovo tipo di offerta
concorrenziale.
In questi anni la radiofonia di altri Paesi, primi di tutti gli Stati Uniti,
continuò il suo sostenuto sviluppo, che segnò in seguito la via da percorrere
anche alle piccole emittenti locali europee. La necessità venne sempre dalla
nascita della televisione, ma oltreoceano la reazione fu pronta e forte, con
2
Ong Walter J., Oralità e scrittura, pg. 7