Introduzione
Il 20 maggio 2012 una forte scossa di terremoto colpisce le provincie di Bologna,
Modena e Ferrara provocando sei morti ed ingenti danni ad edifici e monumenti storici.
Il popolare Dj Red Ronnie, contattato dai telegiornali italiani Skytg24
1
e Tg1
2
, spiega
telefonicamente che il terremoto è collegato alla profezia maya e ad “un allineamento
delle Pleiadi”.
Alcuni giorni prima, il 28 aprile 2012, sul sito del quotidiano Il Messaggero veniva data
la notizia di un singolare corso di addestramento: “Si chiama Zombie Survival Course e
promette di insegnare tutte le tecniche per sconfiggere i non morti ed essere uno dei
sopravvissuti dopo la fine del mondo, il fatidico 21 dicembre 2012 della profezia
Maya.”
3
Un anno esatto prima di questa fatidica data, nella prima pagina del quotidiano La
Stampa di Torino il giornalista Massimo Gramellini scriveva nella sua rubrica
quotidiana:
E' il 21 dicembre e il mondo finira' fra un anno: minuto piu', minuto
meno. Considerato l'anno che ci aspetta, potrebbe essere persino un
sollievo. Io la scena la immagino cosi': un ultrasuono che perfora
soltanto gli orecchi dei pigri e dei vigliacchi, i quali per la disperazione
corrono a sfracellarsi contro un muro invisibile, osservati con vivo
stupore dal resto dell'umanita'. Mi resta dunque un anno a disposizione
per smettere di essere pigro e vigliacco. Per foderarmi gli orecchi con la
cera della passione. Cosa si puo' fare in un anno che non si e' fatto mai?
Mi vengono in mente solo fantasie musicali. Ballare un tango con i
delfini, addormentarsi sopra un organo a canne suonato dal mare
(esiste, e' in Croazia), ascoltare a palla in un deserto la canzone piu'
straziante della storia, che per un punkettaro impunito come me rimane
«My way» nella versione di Sid Vicious. Pero' si possono fare cose
altrettanto sfiziose a chilometro zero. Per esempio afferrare il tempo,
governarne la fluidita' e plasmarla ai nostri scopi. Smettere di
1 Il servizio di Skytg24 è visualizzabile al link http://video.sky.it/news/cronaca/terremoto_emilia_
red_ronnie_i_maya_lo_avevano_previsto/v121657.vid, consultato in data 20 maggio 2012.
2 Il servizio del Tg1 è visualizzabile al link http://www.dailymotion.com/video/xqxzj9_red-ronnie-
in-diretta-telefonica-con-il-tg1_news, consultato in data 20 maggio 2012.
3 Il Messaggero.it, sabato 28 aprile 2012, “Usa, al via il corso di combattimento per sconfiggere
gli zombie”, consultato in data 20 maggio 2012 al link http://www.ilmessaggero.it/societa/
nolimits/usa_al_via_il_corso_di_addestramento_per_combattere_gli_zombie/notizie/193145.sh
tml.
2
lamentarsi, di fare le vittime, di aspettarsi dagli altri la soluzione dei
nostri problemi. Diventare adulti. Profondi ma leggeri. V oler bene alle
persone a cui si e' scelto di voler bene. Leggere Charles Dickens o chi
volete voi, purche' oltre alla tecnica abbia un'anima, oltre al cinismo un
sogno. E le vere profezie dei MAYA, per scoprire che il 21 dicembre
2012 non finira' un bel niente, semmai comincera' qualcosa. Qualcosa
che sarebbe meglio far cominciare gia' adesso, anche dentro di noi.
4
Nelle pagine interne del quotidiano l'argomento veniva ripreso in un reportage dal titolo
E se avessero ragione i Maya? Il mondo, dicevano, finirà il 21 dicembre 2012: sei
personaggi immaginano il loro ultimo anno
5
in cui veniva chiesto a Laura Pausini,
Fabio V olo, Roberto Bolle, Caterina Balivo, Francesco Renga e Christian De Sica che
cosa avrebbero fatto durante l'anno se avessero avuto la certezza che il 21 dicembre
2012 si realizzasse realmente la predizione dei Maya. Ma che cosa avevano veramente
predetto i Maya e quali sono i contenuti di questa profezia che viene proposta dai mezzi
di comunicazione di massa? Benché capiti spesso di sentirne parlare è piuttosto difficile
riuscire a capire da giornali, televisione e internet quale ruolo abbia avuto questa civiltà
precolombiana nell'intera vicenda.
Si cercherà quindi, innanzitutto, di dare una risposta a queste due domande e di
conseguenza di capire il motivo per cui questa presunta profezia del popolo maya ha
avuto una così ampia diffusione.
Per poterlo fare si è resa necessaria una prima analisi su questa civiltà precolombiana,
basata soprattutto sugli studi di J. Eric S. Thompson, che nel suo libro La Civiltà Maya
offre un quadro d'insieme dei risultati degli studi archeologici ed etnografici riguardanti
questa popolazione. Poiché il libro di Thompson è del 1966, è stato necessario verificare
anche i progressi fatti in campo archeologico nel corso degli ultimi decenni. Per questa
analisi è stato utilizzato il più recente testo scritto dall'archeologo tedesco
dell'Università di Bonn Berthold Riese. Ne è emerso che i Maya, a cui è attribuita la
profezia del 21 dicembre 2012, vissero nella zona centroamericana nel periodo
compreso tra il II sec. d.C. ed il IX sec. d.C.. Le fonti a disposizione degli archeologi
sono molto scarse, in quanto la civiltà maya classica scomparve misteriosamente nel
4 Massimo Gramellini, La Stampa, 21 dicembre 2011, p. 1.
5 Piero Negri, La Stampa, 21 dicembre 2011, p. 23.
3
900 d.C. e le uniche testimonianze scritte di quel periodo sono incise su delle stele in
pietra calcarea. A causa della scarsità di fonti archeologiche e della distruzione avvenuta
nel primo periodo della colonizzazione spagnola di quasi tutti i libri originali, la
decifrazione della scrittura glifica maya è stata molto complicata per gli studiosi che si
sono potuti avvalere solo di quattro codici superstiti, uno dei quali (il Codice Grolier) è
stato ritrovato soltanto negli anni Sessanta. Si è comunque venuti a conoscenza del fatto
che i Maya del periodo classico adottarono un sistema di misurazione del tempo molto
sofisticato che si basava sull'utilizzo di tre diversi calendari. Uno di essi veniva usato
per misurare periodi di tempo molto lunghi; il nome originale del calendario non è
pervenuto fino a noi poiché esso venne abbandonato alla fine del periodo classico. Gli
archeologi hanno chiamano questo sistema di misurazione del tempo calendario di
Lungo Computo. È proprio questo il calendario che, secondo gli studi di Thompson,
termina il 21 dicembre 2012.
Questa data è incisa su un'unica iscrizione che è stata parzialmente decifrata nel 1996 da
Stephen Houston e David Stuart, due dei maggiori epigrafisti
6
maya al mondo. La
presenza di una sola iscrizione riguardante la fine del calendario maya pone però dei
dubbi circa la veridicità del fatto che i Maya avessero previsto la coincidenza tra questa
data e la fine del mondo.
Prima di affrontare i contenuti di questa presunta profezia si è reso inoltre necessario
analizzare come a partire dal periodo della Conquista spagnola avvenuta nel corso del
Cinquecento si siano generati in Europa numerosi errori interpretativi riguardanti le
civiltà precolombiane. Ne è emerso che fino alla metà dell'Ottocento non si sapeva
neppure che i Maya fossero una civiltà distinta dalle altre popolazioni mesoamericane,
benché alcune testimonianze fossero già conservate presso i musei di alcune città del
vecchio continente come Madrid, Parigi e Dresda. È emblematico a questo proposito
che Rafinesque, il primo studioso a comprendere il funzionamento del sistema numerico
utilizzato dai Maya, nella sua ricerca pubblicata nel 1832 si riferisse genericamente
all'antica civiltà che aveva scritto il Codice conservato a Dresda. La scarsità di fonti e di
6 L'epigrafia è una branca dell'archeologia che studia le iscrizioni su bronzo e marmo.
4
testimonianze ha fatto sì che questi errori si reiterassero nel tempo ed ha contribuito alla
creazione di numerose teorie che in seguito, grazie al lavoro degli archeologi, sono poi
state smentite. Queste teorie derivano principalmente dalla convinzione occidentale che
i Maya non fossero stati in grado di raggiungere un così alto livello di civiltà da soli, e
che quindi avessero subito una qualche influenza da parte delle antiche civiltà del
Vecchio Mondo. Tale pregiudizio ha avuto origine subito dopo la scoperta delle
Americhe con il tentativo della Chiesa di giustificare, per mezzo delle Sacre Scritture, la
presenza di discendenti di Noè (in quanto unico sopravvissuto al Diluvio) anche
dall'altra parte dell'Atlantico. A causa di questo pregiudizio si devono le successive
teorie riguardanti le origini dei Maya, che sono stati fatti discendere dalle civiltà di
Atlantide e dell'Antico Egitto. L'accostamento dei Maya agli Egizi ha comportato che
alla civiltà precolombiana fossero attribuite teorie che in passato erano già comparse nel
dibattito riguardante le lingue perfette e l'ermetismo rinascimentale. L'analisi di questi
aspetti si è basata sugli studi di Roberto Pellerey e di Umberto Eco su questi argomenti.
Alcune interpretazioni di testimonianze maya rapportabili all'ermetismo sono state
proposte nella seconda metà del Novecento da alcuni scrittori vicini ai movimenti New
Age ed alla fanta-archeologia, quali Erich V on Däniken, Frank Waters, Terence
McKenna, Adrian Gilbert e Maurice M. Cotterell e John Major Jenkins. Dalle opere di
questi autori sono derivati i contenuti della profezia maya di cui parlano oggi i mass
media. Al fine di confrontare la versione archeologica della profezia maya con quella
New Age sono stati analizzati sia lo studio del 1996 degli epigrafisti statunitensi
Stephen Houston e David Stuart, che due dei testi New Age più influenti a questo
riguardo: The Mayan Prophecies di Gilbert e Cotterell e Maya Cosmogenesis 2012 di
Jenkins.
Dopo aver preso in considerazione i sistemi interpretativi che hanno portato come
risultato la profezia del 2012 ed i suoi contenuti, si è analizzato il meccanismo che ha
portato alla sua diffusione attraverso i media. A questo proposito sono stati descritti il
prodotto di intrattenimento che a livello mondiale ha avuto maggiore diffusione, e cioè
il film realizzato dalla Sony Pictures 2012 del regista statunitense Roland Emerich e gli
articoli pubblicati sui maggiori quotidiani nazionali italiani.
5
Per quanto riguarda la confutazione scientifica alle teorie New Age e millenariste è stato
utilizzato il testo di Mariano Tomatis 2012. E' in gioco la fine del mondo, nel quale per
ognuna delle principali tesi catastrofiste legate alla profezia dei Maya è puntualmente
descritta l'analisi scientifica.
In merito ai conteggi relativi al calendario maya di Lungo Computo è stata presa in
considerazione la correlazione Goodman-Martinez-Thompson (o correlazione G-M-T)
che fissa la data di inizio il giorno 11 agosto 3113 a.C. e la sua fine il giorno 21
dicembre 2012 d.C. del calendario gregoriano. Questa precisazione si rende necessaria
poiché, alla luce delle testimonianze archeologiche, non tutti gli studiosi sono d'accordo
sul giorno di inizio del calendario maya
7
. Inoltre esiste anche un secondo problema di
tipo teorico, che riguarda l'esistenza o meno dell'anno 0: se si ritiene che dall'anno 1 a.C.
si passi all'anno 1 d.C. la data corretta di inizio del calendario di Lungo Computo è il
giorno 11 agosto 3114 a.C., se invece si considera la presenza dell'anno 0 l'inizio è
fissato esattamente un anno prima. Anche nei testi analizzati in questa tesi compaiono
spesso date diverse tra di loro: in Maya Cosmogenesis 2012 di Jenkins la data di inizio è
il giorno 11 agosto 3114 a.C., mentre in The Mayan Prophecies di Gilbert e Cotterell la
fine del calendario viene fissata il 22 dicembre 2012.
7 Per la definizione della correlazione G-M-T e le diverse teorie in merito all'inizio del calendario
di Lungo Computo si rimanda al par. 1.3.1, p. 24.
6
1 I Maya: storia e testimonianze
1.1 Cenni storici
La civiltà maya si sviluppò nel territorio centroamericano nella parte meridionale dello
stato del Messico corrispondente alla penisola dello Yucatan e all'altopiano del Chiapas,
negli stati del Guatemala e del Belize e nelle regioni orientali dell'Honduras e di El
Salvador (fig. 1).
Thompson
8
suddivide la storia della civiltà maya in tre periodi: il preclassico o
formativo dal 2000 a.C. al II secolo d.C.; il classico tra il 200 d.C. e il 900 d.C. ed infine
il postclassico o messicano durato fino alla conquista spagnola del XVI secolo.
Nel periodo preclassico, nell'area geografica maya, diverse popolazioni tra di loro
eterogenee si unirono in confederazioni tra di loro indipendenti. Questa prima civiltà
maya venne influenzata dagli Olmechi che a partire dal 800 a.C. ebbero un ruolo
fondamentale nel radicare elementi comuni nelle diverse popolazioni della regione
mesoamericana
9
, primi fra tutti i Maya e gli Aztechi. Fu probabilmente grazie alle
relazioni commerciali ed agli scambi culturali con gli Olmechi, i quali in cambio di
materie prime e prodotti agricoli portarono oggetti artistici e artigianali, che iniziarono a
svilupparsi tra i Maya conoscenze tecniche, religiose ed artistiche. Il potere politico e
religioso veniva gestito da una casta nobiliare che incentivò la creazione di monumenti
in pietra calcarea, lo sviluppo delle conoscenze astronomiche e matematiche e l'utilizzo
dei sistemi di misurazione del tempo.
Dopo la caduta dell'impero olmeco, la cui capitale La Venta venne distrutta intorno al
400 a.C., la civiltà maya iniziò a svilupparsi in modo maggiormente autonomo. Pur
persistendo la tradizione precedente comparvero alcuni elementi caratteristici come
testimoniato dai ritrovamenti dei primi esempi di piramidi e sculture. A partire
8 J. Eric S. Thompson, The Rise and Fall of Maya Civilisation, 1966, in Italia La civiltà maya, ed.
1994, Torino, Einaudi.
9 Mesoamerica è il termine con il quale gli studiosi definiscono le aree del centro America aventi
caratteristiche culturali e sociopolitiche comuni (vedi a questo proposito la fig. 1).
7
dal 200 a.C. nella regione montuosa e costiera meridionale sorsero anche le prime vere
città maya, tra cui Izapa, sulla costa pacifica del Messico, e Kaminaljuyú, situata dove
sorge l'odierna Città del Guatemala. Da questi centri si assistette ad una veloce
espansione che raggiunse a nord le pianure del Petén, dove sorse il grande centro di
Miraflores.
Nel 250 d.C., probabilmente a causa dell'eruzione del vulcano Ilopango in Salvador
10
,
iniziò la decadenza di questi centri. Le piogge di cenere e pomice seguite all'eruzione,
coprirono un raggio di 75 km, provocando la migrazione delle popolazioni verso le zone
più fertili dei bassopiani, dove ebbe inizio l'epoca classica della civiltà maya.
L’economia era fondata principalmente sull'agricoltura ed in particolare sulla
coltivazione del mais che venne resa intensiva grazie all'utilizzo di nuovi sistemi di
10 Berthold Riese, Die Maya Geshichte- Kultur- Religion, München, Beck, 1995 trad. it. I maya, Il
Mulino, Bologna, p. 37.
8
Fig. 1: Area maya e Mesoamerica.
irrigazione. Le eccedenze alimentari che vennero a crearsi e la fioritura del commercio
di cacao, giada, ossidiana, ceramica e cotone favorirono il moltiplicarsi di nuovi centri
urbani e lo sviluppo di un’organizzazione sociale complessa al cui vertice stava la figura
del sovrano (Ahau), detentore sia del potere politico che di quello religioso.
Il centro politico e cerimoniale delle città maya era costituito da grandi complessi
monumentali (fig. 2) comprendenti piramidi, templi, altari cerimoniali, sferisteri per il
gioco rituale della palla e stele che spesso erano incise in bassorilievo con immagini e
caratteri geroglifici. Comprendeva inoltre le aree per i
mercati e la zona residenziale in cui vivevano la nobiltà,
il clero e quella parte della popolazione dedita alle
attività produttive legate alla città. Gli edifici pubblici
erano in pietra con elementi in legno e spesso erano
rivestiti di stucchi dipinti di bianco e di rosso ornati di
affreschi e bassorilievi. Dato che i Maya non
conoscevano la volta ad arco, per i soffitti e gli accessi
agli edifici o alle mura veniva utilizzata la falsa volta a
mensola (fig. 3). Le popolazioni rurali vivevano invece al di fuori dei centri urbani in
case di abitazione di legno coperte da tetti in foglie di palma intrecciate.
9
Fig. 3: Sezione di una falsa volta
a mensola nel sito di Uxmal.
Fig. 2: veduta del sito archeologico di Uxmal.
Le ricerche archeologiche e la decifrazione delle iscrizioni geroglifiche a noi pervenute,
che nella maggior parte dei casi narrano vicende dinastiche ed imprese belliche, hanno
permesso di accertare che i Maya formarono un sistema di città-stato in frequente
conflitto tra loro. Le città principali avevano influenza diretta su diversi centri
secondari, nonostante questi mantenessero alcune funzioni autonomamente.
Tikal fu la più importante città-stato maya del primo periodo classico; altri centri di
grande importanza furono Yaxchilán, Palenque e Copán. L'area in cui erano presenti i
Maya comprendeva inoltre la penisola dello Yucatan con importanti centri a Piedras
Negras, Uxmal, Chichén Itzá e Coba. A Tikal i ritrovamenti di vasellame hanno
dimostrato intensi scambi commerciali con Teotihuacán, un importante centro situato
nei pressi dell'attuale Città del Messico, che dal IV al VII sec. d.C. estese la propria
influenza in tutto il Mesoamerica. Fu forse proprio a causa delle spinte esterne
provenienti dal Messico che tra il VIII ed il IX secolo le città-stato maya decaddero
ponendo fine al periodo classico.
L'invasione di popolazioni messicane e l'instabilità politica e sociale che di conseguenza
indebolì l’autorità dei sovrani a favore dell'aristocrazia militare è solo una delle ipotesi
riguardanti le cause del collasso della civiltà maya del periodo classico. Thompson
sostiene che la decadenza della civiltà classica potrebbe essere stata causata da una serie
di eventi concomitanti tra i quali una crisi di tipo alimentare dovuta alla scarsa
economicità dei sistemi di coltivazione che prevedevano un grande sforzo per il
disboscamento di terreni che venivano coltivati soltanto per uno o due anni
11
. Anche
secondo Riese non vi fu una sola causa a determinare la fine della cosiddetta epoca
classica. L'autore, infatti, individua nell'instabilità dei confini e nel crollo delle attività
commerciali con l'esterno i principali fattori alla base di questa decadenza
12
.
A seguito della caduta della classe governante che aveva dominato durante l’epoca
classica venne anche abbandonata la pratica delle iscrizioni sui monumenti in pietra.
Reca la data dell'anno 748 d.C. l'ultima iscrizione ritrovata a Palenque, mentre a Copàn
la data è l'800 d.C. e a Uaxactùn e Chichén Itzá è l'889 d.C..
11 J. Eric S. Thompson, op. cit., p. 108.
12 Berthold Riese, op. cit., p. 105.
10
Anche le pianure centrali vennero gradualmente abbandonate e durante il successivo
periodo postclassico le popolazioni superstiti subirono gradualmente influssi e
migrazioni di popoli di lingua nahuatl provenienti dal Messico centrale. I Maya
messicanizzati della costa del Golfo del Messico, denominati Maya Putún, con l'aiuto di
guerrieri toltechi nel X secolo occuparono Chichén Itzá e dominarono la penisola dello
Yucatan fino al 1200 circa. Il loro influsso culturale introdusse nuovi elementi religiosi
di derivazione tolteca, quali ad esempio il culto del serpente piumato (Kukulkan o
Quetzal-Coatl) e l'accrescimento del potere nelle mani di caste militari, come quella
dell'Aquila e quella del Giaguaro, che aumentarono di importanza a discapito della casta
sacerdotale.
Chichén Itzá perse intorno alla metà del XV secolo la sua egemonia a favore del vicino
centro di Mayapán, ma successivamente l’unità politica dell'area yucateca si dissolse in
una moltitudine di stati minori. Nella regione montuosa meridionale, il postclassico vide
affermarsi i regni dei Quiché e dei Cakchiquel che al momento della conquista spagnola
controllavano anche una parte della costa pacifica.
I Maya meridionali vennero sottomessi dagli Spagnoli nel 1527, mentre quelli dello
Yucatan, sconfitti dalla spedizione di Montejo il Giovane nel 1540-46, si rifugiarono
nella foresta del Petén. Alcuni Maya resistettero agli spagnoli fino al 1697 sull'isola nel
lago di Tayasal.
1.2 Studi ed esplorazioni
1.2.1 Tipologia delle fonti
Per i tre secoli successivi all'arrivo dei conquistadores le testimonianze scritte
riguardanti le popolazioni mesoamericane che giunsero in occidente erano di due
categorie: quelle inviate dagli emissari laici al Re di Spagna e quelle dei funzionari
ecclesiastici. Gli scritti degli emissari spagnoli riguardavano principalmente i resoconti
sulla conquista e sull'opera di colonizzazione del Nuovo Mondo, anche se spesso
venivano accennati alcuni particolari riguardanti la cultura delle popolazioni locali. Lo
11
stesso Hernan Cortés, comandante della spedizione di conquista dell'impero azteco, in
una lettera inviata alla Corona Spagnola il 30 ottobre 1520 spiega il funzionamento
amministrativo per il pagamento dei tributi. Nella lettera il militare spagnolo accenna
anche al sistema di scrittura descrivendolo come formato da “caracteres y figuras”:
[…] Nei domini di questi signori [Moctezuma, Ndt] aveva dispiegato le
sue forze, in quelle gente al suo servizio, nei suoi governatori ed
esattori di servizi e rendite che ogni provincia gli versava, e c'era il
conto e l'ordine di ciò che ognuno era costretto a versare, perché hanno
caratteri e figure, scritte sulla carta da loro prodotta, e attraverso le
quali essi si capiscono.
13
L'indecifrabilità di questi caratteri e soprattutto il fatto che non avessero una
corrispondenza fonetica come accade con le lettere europee, fece però credere più a
delle illustrazioni finalizzate a tenere a memoria determinati eventi piuttosto che ad una
vera e propria scrittura. Questa considerazione parve anche ribadita dal riconoscimento
sui testi scritti di alcuni glifi che i conquistatori spagnoli avevano già visto come
emblema delle città visitate in precedenza.
L'opera dei missionari ecclesiastici non fu di minore impatto per le popolazioni indigene
rispetto a quelle laiche e le testimonianze degli ecclesiastici che erano stati inviati nelle
Americhe per convertire al cattolicesimo le popolazioni indigene, sono molto importanti
per comprendere la visione della civiltà maya che ha attualmente la cultura occidentale.
La figura più importante a questo proposito è quella del frate francescano Diego De
Landa, poi nominato terzo Vescovo dello Yucatan. L'ecclesiastico era stato inviato nel
Nuovo Mondo subito dopo la spedizione di Montejo il Giovane con la missione di
evangelizzare le popolazioni maya. La sua reazione alle resistenze delle popolazioni
locali ad abbracciare il cattolicesimo portò prima all'arresto di numerosi governatori
indigeni ed in seguito all'esecuzione di un autodafé nell'importante città maya di Manì.
Durante questa cerimonia che avvenne il 12 luglio 1562, vennero distrutti idoli, stele ed
altari e venne dato l'ordine di bruciare tutti i libri scritti con caratteri maya
14
. Il religioso
13 A.T. Cid Jurado, Il glifo mesoamericano come problema di interpretazione e di traduzione
culturale: il caso Nahua Mexica, Università di Bologna, Tesi di Dottorato in Semiotica 1998-
99, p. 28. Traduzione italiana di A.T. Cid Jurado, corsivo mio.
14 Come riporta Maria Longhena i libri geroglifici che vennero bruciati furono trenta, Scrittura
12
descrisse così la sua opera: “Abbiamo trovato molti libri scritti con il loro alfabeto, il
cui contenuto altro non era che menzogna e superstizioni diaboliche, e li bruciammo
tutti, causando loro dolore e tristezza”
15
. All'azione di estirpazione delle false credenze
degli ecclesiastici spagnoli sopravvissero, come vedremo, soltanto quattro codici
geroglifici. Solo successivamente, forse anche per redimersi agli occhi di Re Filippo II
di Spagna, De Landa si dedicò allo studio della civiltà che aveva duramente combattuto
e nel 1566 compilò la Relacion su las cosas de Yucatàn in cui riportò quanto da lui
appreso sulla civiltà maya. La Relacion di De Landa restò depositata negli archivi di
Madrid fino al suo ritrovamento da parte dell'abate francese Brasseur de Bourbourg
nella seconda metà dell'Ottocento.
A seguito delle azioni di Conquistadores ed ecclesiastici europei le usanze tradizionali
delle popolazioni indigene riguardanti le pratiche divinatorie e terapeutiche ed i riti
legati all'agricoltura sopravvissero in clandestinità, contaminandosi spesso con la
cultura spagnola. Un esempio della fusione delle due culture ci viene dato dalla scrittura
che passò, con il tempo, dall'uso dei glifi all'utilizzo delle lettere latine. I codici maya
venivano spesso scritti su supporti vegetali facilmente deteriorabili e rendevano
necessaria la loro ricopiatura dopo un determinato numero di anni. Alcuni di questi
codici, come il Popol Vuh ed i Libri di Chilam Balam che sono arrivati fino a noi, con il
passare del tempo, iniziarono ad essere trascritti mantenendo la lingua maya ma
utilizzando le lettere alfabetiche dei conquistatori.
Il Popol Vuh, scritto nella lingua dei Maya Quiché, un'etnia della zona del Guatemala,
venne trascritto in diverse copie ed una di esse intorno al 1700 entrò in possesso del
frate Francisco Ximenez che la tradusse in spagnolo. Il Popol Vuh narra il mito della
creazione e le vicende mitologiche dei primi uomini. In questo libro si parla di tre
creazioni successive: prima di creare gli uomini utilizzando il mais, gli déi fecero due
tentativi. Dapprima utilizzarono del fango ma queste creature risultarono deboli e prive
di intelletto, per cui delusi dal risultato distrussero quanto da loro realizzato. Nel
maya. Ritratto di una civiltà attraverso i suoi segni, 1998, Milano, Mondadori, p. 11.
15 Charles Etienne Brasseur de Bourbourg, Relation des choses de Yucatan de Diego De Landa,
texte espagnol et traduction française en regarde par l'abbé Brasseur de BourBourg, 1864,
Paris, Arthus Bertrand.
13