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La descrizione della base dei dati e la costruzione del campione da trattare
sono contenute nei primi due capitoli del lavoro. Il terzo capitolo è dedicato
all’analisi dei dati che è svolta in due fasi successive: la prima per l’analisi
univariata e bivariata degli indicatori e delle categorie considerate; la seconda,
suddivisa in ulteriori due paragrafi, riguarda l’analisi esplorativa multivariata.
Le elaborazioni sono state eseguite ricorrendo all’ambiente statistico R e in
parte al programma SPAD.
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CAPITOLO 1 – La base dati
1.1 – I bilanci delle imprese in Sardegna
La base dati utilizzata per questo lavoro è stata fornita dall’Osservatorio
Economico della Sardegna ed è estratta da un sistema integrato (dati e
procedure) per l’analisi economico-finanziaria delle società regionali
denominato AGIS. L’AGIS racchiude le imprese regionali sarde sottoposte
all’obbligo di deposito e pubblicità del bilancio. Si tratta di un database
relazionale, costruito attraverso una sequenza di procedure standardizzate, che
riclassificano i bilanci originali depositati dalle società e generano indici di
bilancio.
Le imprese sono distribuite in macrocategorie di attività economica. La
Banca Dati si compone, allo stato attuale, di un database di imprese regionali
contenente circa 60.000 prospetti contabili appartenenti a 13.500 imprese sarde
con uno sviluppo in serie storica triennale per circa 2.200 imprese con livello di
fatturato superiore ai 500 mila euro e circa 7.000 senza il vincolo di fatturato.
Da questa Banca Dati sono considerati circa 9.400 bilanci di altrettante
imprese per l’anno 2003. Le imprese rilevate sono per la maggior parte
costituite nella forma giuridica di società cooperative a responsabilità limitata
(scrl) e società a responsabilità limitata (srl). Si noti che tali forme giuridiche
sono tipiche delle piccole e medie imprese e, data l’elevata numerosità del
campione, si puó affermare che le strutture di bilancio analizzate sono tipiche
delle imprese medio-piccole.
1.2 - Indicatori di bilancio continui
Di seguito saranno esposti brevemente gli indici di bilancio considerati ai
fini dell’analisi. In tabella 1.1 sono contenute le espressioni per il calcolo di tali
indicatori [6, 8].
Indice di elasticità degli impieghi
Indica il peso delle rimanenze e delle liquidità, rispetto agli investimenti
aziendali. La prevalenza degli impieghi correnti segnala un carattere d’elasticità
finanziaria nella gestione aziendale, poiché il capitale circolante si rende
disponibile per trasformarsi in denaro in un arco temporale breve, in modo così
da poter fronteggiare i fabbisogni per investimenti derivanti dalle mutuate
circostanze aziendali.
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Tabella 1.1
Indicatori di struttura finanziaria
Indice di elasticità degli impieghi
Impieghicorrente Attivo
Indice di rigidità delle fonti
Fonti
permanenti Capitali
Indice di autocopertura delle
immobilizzazioni atoimmobilizz Attivo proprio apitaleC
Indice di copertura delle immobilizzazioni
atoimmobilizz Attivo permanenti Capitali
Leverage
proprio Capitalepermanenti Capitali
Indicatori di situazione finanziaria
Indice di liquidità
corrente Passivo
Liquidità
Indice di disponibilità
corrente Passivo
corrente Attivo
Indicatori di redditività e produttività
ROE %
10021 tempoal Attivo 0 tempoal Attivo orettificat netto Risultato
ROI %
10021 tempoal Attivo 0 tempoal Attivo imposte ante orettificat Risultatofinanziari Oneri
ROS %
100netii Ricavioperativo Risultato
Turnover
100attivo Totale netti Ricavi
Per valutare se i valori di quest’indice esprimono una performance positiva,
occorre tener presente se si tratta di un’impresa mercantile o industriale e del
settore cui appartiene. Questo è naturale visto che secondo l’attività svolta è
necessaria una struttura dell’attivo più o meno rigida; ad esempio un'impresa
che raffina il petrolio avrà bisogno di un capitale immobilizzato elevato.
Indice di rigidità delle fonti
Indica il peso delle fonti stabili, rispetto ai finanziamenti. Una certa rigidità
delle fonti (prevalenza dei capitali permanenti), purché funzionale ai fabbisogni
finanziari, può essere preferibile, poiché segnala che non vi sono ingenti
passività da liquidare a breve. Nell’ambito di una struttura finanziaria
equilibrata, è importante anche che il capitale proprio sia più alto del passivo
consolidato perché non si verifichi che il rischio d’impresa gravi più sul
capitale di terzi. E’ bene ricordare che una rigidità elevata segnala anche la
necessaria presenza di oneri finanziari durevoli.
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Indici di autocopertura e di copertura delle immobilizzazioni
L’indice di autocopertura delle immobilizzazioni è la relativizzazione del
margine di struttura primario. La situazione rara ma ottimale è quella che
presenta valori maggiori di 1, in quanto il capitale proprio fronteggia i
fabbisogni per gli investimenti in immobilizzazioni e una parte dei fabbisogni
durevoli del circolante (le scorte fisse).
Nel caso in cui sia nettamente inferiore ad 1, è necessario che almeno
l’indice di copertura delle immobilizzazioni (relativizzazione del margine di
struttura secondario) sia maggiore o uguale ad 1. Se non è così gli investimenti,
che generano liquidità in un arco pluriennale, sono finanziati con fonti che
scadono a breve e quindi potrebbero sorgere problemi di liquidità.
Leverage o rapporto d’indebitamento
E’ importante chiarire che il leverage nel modo in cui è calcolato parte da 0,
e non da 1, come solitamente avviene. Infatti (come risulta in tabella 1.1), non è
calcolato con la solita formula “Fonti/Capitale proprio”, ma con la formula
“Capitali permanenti/Capitale proprio”; essa coincide in pratica con
“(Fonti/Capitale proprio)-1”.
Il leverage va analizzato sotto due aspetti:
Come indice di solvibilità e quindi di dipendenza dal capitale finanziario.
Valori bassi indicano un’adeguatezza del capitale proprio ed una
probabile buona solvibilità a garanzia del rimborso per i terzi.
Come leva finanziaria.
Tanto più è maggiore, tanto più influenza (negativamente o
positivamente) la redditività del capitale proprio (ROE). Il senso positivo
o negativo della leva dipende dal differenziale fra la redditività del
capitale investito nella gestione operativa (ROA) ed il costo medio
dell’indebitamento: l’effetto leva sul ROI è positivo se il ROA è
maggiore del costo medio dell’indebitamento; viceversa è negativo se il
ROA è minore del costo medio dell’indebitamento. Inoltre, quest’indice
è collegato all’effetto paratasse (o scudo fiscale): all’aumentare del
leverage aumenta il risparmio d’imposta dovuto alla deducibilità degli
oneri finanziari dall’imponibile fiscale.
Da queste argomentazioni è chiaro, quindi, che valori troppo alti del leverage
non indicano segnali positivi; per contro anche valori troppo bassi non
permettono in talune circostanze all’impresa di avvantaggiarsi dell’effetto leva
positivo e dello scudo fiscale. Secondo gli analisti finanziari, un valore standard
accettabile del grado di dipendenza finanziario è compreso fra 2,5 e 3 (nel
nostro caso quindi fra 1,5 e 2). Naturalmente questo è un orientamento di
massima, poiché la valutazione dell’indebitamento di un’impresa va fatta
considerando l’ambiente e le condizioni in cui opera ed i soggetti che apportano
capitale.
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Indice di liquidità o quoziente di liquidità
Indica la capacità dell’azienda di fronteggiare gli impegni finanziari scadenti
nel breve periodo. Questa capacità è presente qualora l’indice sia maggiore di 1,
anche se è comunque necessario per evitare problemi di liquidità studiare
meglio la natura delle scadenze (all’interno dei 12 mesi) di crediti e passività a
breve.
Indice di disponibilità
Indica la capacità dell’azienda di fronteggiare gli impegni finanziari con
l’attivo circolante. Poiché è da considerare il fatto che il realizzo delle giacenze
di magazzino si concretizza con la vendita (e l’incasso), un valore di
quest’indice uguale o maggiore a 2 rappresenta una buona situazione.
ROE – Return on equity o redditività del capitale proprio
E’ l’indice più sintetico che esprime la redditività aziendale e cioè
l’attitudine dell’impresa a remunerare il capitale investito attraverso la
produzione di reddito. In pratica indica il tasso (%) di remunerazione del
capitale conferito in azienda dai soci a titolo di pieno rischio. Tanto più assume
valori elevati e tanto migliore è la redditività; va però, confrontato anche con la
redditività degli investimenti alternativi che potrebbero “fruttare”
maggiormente.
ROI – Return on investiment o redditività del capitale investito nella gestione
caratteristica
Esprime la capacità dell’impresa di realizzare redditi dall’attività
caratteristica. In pratica indica il tasso (%) di remunerazione dei capitali
impiegati nell’attività economica che costituisce il suo oggetto primario.
ROS – Return on sales
Esprime la capacità di ottenere dai ricavi di vendita un margine lordo
positivo dopo aver coperto i costi della gestione caratteristica. Qualora questo
tasso (%) sia nullo, i ricavi coprono solo i costi di gestione. Se è negativo,
invece, i ricavi non coprono neanche i costi di gestione.
Turnover –Tasso di rotazione del capitale investito nella gestione caratteristica
Indica quante volte nel corso dell’esercizio il capitale investito nell’attività
caratteristica “gira”, ossia si riproduce nell’impresa per effetto delle vendite.
Quest’indice varia secondo l’attività svolta e il settore di appartenenza.
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1.3 – Indicatori di bilancio nominali
L’insieme di indici precedentemente esaminati definisce un insieme di
variabili continue per le quali ha senso studiare le correlazioni.
Oltre alle variabili continue sono utilizzate alcune categorie (variabili
nominali):
“Forma giuridica” con le seguenti modalità: consorzio, società in
accomandita semplice (sas), società cooperativa a responsabilità limitata
(scrl), società consortile per azioni (scrtpa), società consortile a
responsabilità limitata (sctrl), società in nome collettivo (snc), società per
azioni (spa) e società a responsabilità limitata (srl).
“Provincia” in cui ha sede l’impresa con le seguenti modalità: Cagliari
(CA), Oristano (OR), Nuoro (NU) e Sassari (SS).
La sede giuridica può essere diversa dall’area operativa dell’impresa, in
particolare questo è vero per le imprese che operano fuori dalla Sardegna
o per le imprese di servizi che operano su tutto il territorio Sardo.
“Provincia nuova” con le seguenti modalità: Cagliari, Carbonia-
Iglesias, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Olbia-Tempio, Oristano e
Sassari.
Lo studio della “Provincia nuova” può dare all’analisi maggiori
informazioni di quante se ne avrebbero fermandosi allo studio delle
province così come istituite nel vecchio ordinamento.
“Settore economico”. E’ in questo studio la variabile (nominale) di
principale interesse. I settori economici in cui operano le imprese
analizzate sono elencati in tabella 1.2.
Tabella 1.2
Settori economici delle imprese analizzate
Agricoltura
Commercio
Costruzioni
Energia, gas e acqua
Industria (in senso stretto)
Servizi
Non classificate (N.C.)