computer. Virtuale si è detto, ma pur sempre mondo. In effetti, attraverso
un computer è quasi possibile riprodurre tutti gli oggetti e perfino le
esperienze del mondo reale.
L’ipertesto così descritto è, dunque, frutto contemporaneamente delle
discipline umanistico-linguistiche e degli studi scientifico-tecnologici.
In questo lavoro, la prospettiva d’analisi che adotterò riguarda l’ipertesto
in quanto realtà linguistica e comunicativa. Tuttavia, non potrò
prescindere, almeno in parte, da considerazioni legate alla tecnica ed alla
tecnologia. Il computer, infatti, è il nuovo supporto di scrittura del testo
elettronico e per questo lo plasma, così come il supporto rappresentato dal
libro modella il testo tradizionale.
Per l’ipertesto si può, dunque, parlare di un testo nuovo, connesso ad un
nuovo spazio di scrittura. In effetti, la mia analisi si propone di essere
proprio di tipo testuale e di tipo spaziale. Considererò l’ipertesto un testo
e, successivamente, in quanto tale ne esaminerò l’aspetto formale,
strutturale, quello che gli deriva dal fatto di essere textum, cioè una trama,
un intreccio, insomma, una rete.
Nel primo capitolo, mi ripropongo in primo luogo di dimostrare
effettivamente la testualità dell’ipertesto, non darla per scontata. Per fare
ciò utilizzerò come strumento d’analisi la linguistica testuale di Eugenio
Coseriu. Grazie ad essa metterò in luce il fatto che le caratteristiche
ipertestuali della reticolarità, della multisequenzialità e dell’interattività
sono presenti anche nei testi tradizionali, anche se in modo, in un certo
senso, implicito. Testo ed ipertesto mi sembrano avere, infatti, due
testualità diverse, l’uno evocativa, l’altro esplicita, ma pur sempre
testualità.
Una volta dimostrata la (nuova) testualità elettronica, mi occuperò di
illustrarne le più importanti implicazioni. Queste sono state a lungo
studiate nell’ambito del dibattito teorico sviluppatosi intorno all’ipertesto.
Per dare conto, quindi, dell’anarchia del testo elettronico, della perdita
d’unicità del singolo testo e della ridefinizione del ruolo d’autore e del suo
rapporto con il lettore riproporrò in modo critico le posizioni di due
studiosi di letteratura americani: G. P. Landow e J.D. Bolter.
Per illustrare le caratteristiche ipertestuali e le loro conseguenze, entrambi
questi autori hanno ripreso nozioni elaborate dalla teoria letteraria e
linguistico-semiotica. Nella seconda parte del primo capitolo cercherò,
dunque, di illustrare il perché Landow veda convergere in particolare
l’ipertesto e la teoria decostruzionista di J. Derrida e Bolter, invece, ritenga
possibile analizzare il testo elettronico a partire dalla semiotica di C.S.
Peirce. Questa prima parte è senz’altro quella che manifesta più
fortemente un’impronta di tipo teorico.
Una volta identificato l’ipertesto come testo a tutti gli effetti, nel secondo
capitolo mi sarà possibile prenderlo in considerazione in quanto
tecnologia. In altre parole analizzerò l’ipertesto in quanto nuova tipologia
testuale caratterizzata da specifiche tecniche espressive e comunicative.
Per dare ragione della nuova modalità di scrittura e lettura ipertestuale
sarà necessario assumere una prospettiva strutturale e spaziale. Lo spazio
di scrittura elettronico, infatti, è multidimensionale ed è tale a causa del
supporto utilizzato. La scrittura elettronica deve necessariamente tenere
conto dei limiti impostigli dalla macchina computer. Dal momento che
essa permette di visualizzare sullo schermo il testo in modo solo
frammentato, la sua macrostruttura rimane ad un livello più profondo,
invisibile e, tuttavia, ne costituisce una necessaria premessa logica.
Al fine di evidenziare le tecniche comunicative dei diversi spazi di
scrittura ipertestuali riproporrò l’analisi svolta da G. Bettetini, B. Gasparini
e N. Vittadini. Questo studio ha un’evidente impostazione semiotica ed in
questa prospettiva descrive sia il primo momento della scrittura di un
testo elettronico, cioè quello profondo e topografico, sia il secondo, cioè
quello che riguarda l’elaborazione delle singole pagine/schermate. Di
quest’ultime viene, dunque, illustrato il linguaggio plastico e quello
figurativo, ma solo in minima parte quello verbale. Per questo motivo,
nell’ultimo capitolo, mi occuperò di una tipologia ipertestuale, il sito
giornalistico, in cui, invece, la comunicazione verbale assume un ruolo
primario.
Avvalendomi del supporto offertomi dalla teoria della rilevanza di D.
Wilson e D. Sperber tenterò di dimostrare che, a livello verbale, lo stile di
scrittura ideale per la rete è lo stile della piramide invertita. Dal momento
che questo stile è tipico delle edizioni giornalistiche ritengo che il
quotidiano on line sia in grado di sfruttarlo in modo più corretto rispetto
ad altre tipologie di siti e che possa così essere esemplificativo di un modo
di scrivere che, lo ribadisco, dovrebbe essere proprio di tutti i siti Web. In
Internet, infatti, le tipologie di siti sono molteplici, ma lo stile è ancora
uno. In altre parole, in rete non è ancora possibile rintracciare, o lo è solo
in parte, costanti grafiche o di registro linguistico che permettano di
parlare di veri e propri generi ipertestuali. Per questo motivo una realtà
specifica come quella del quotidiano on line può diventare esplicativa a
livello generale.
Per illustrare più compiutamente il mio ragionamento prenderò ad
esempio due dei maggiori quotidiani on line italiani: La Stampa web e la
Repubblica.it. L’analisi, d’altro canto, si focalizzerà sul sito giornalistico in
quanto tipologia e non sui due casi concreti, che saranno considerati solo
occasioni di verifica di ciò che sarà esposto a livello teorico. Basare il mio
studio su di una realtà concreta, sull’ipertesto in quanto testis, cioè
testimone di un messaggio specifico, a mio avviso, non avrebbe senso,
soprattutto in rete. In questo contesto in particolare, ma in quello connesso
alla tecnologia informatica in generale, la provvisorietà è talmente
accentuata che la mia analisi avrebbe probabilmente valore per breve
tempo.
Riassumendo, il fine della mia tesi sarà dimostrare la testualità
dell’ipertesto; verificarne la struttura multidimensionale; evidenziare che,
ad un primo livello, le tecnologie di scrittura sono di tipo mappale,
topografico, mentre ad un secondo livello, ad una comunicazione su base
plastica e figurativa se ne affianca una verbale caratterizzata dallo stile
giornalistico della piramide invertita.
L’assunzione di una prospettiva linguistica delimita il mio campo
d’indagine. D’altra parte, come accennavo all’inizio, i molteplici aspetti
della realtà ipertestuale e le sue implicazioni, soprattutto a livello teorico,
sono i più disparati ed affascinanti. C’è perfino chi teorizza la fine della
cultura occidentale così come la conosciamo a seguito della così detta
rivoluzione digitale. Io ritengo che la tecnologia informatica e la testualità
ad essa connessa abbiano in se stesse delle enormi potenzialità e che per
questo appaiano tanto rivoluzionarie. Rivoluzionarie tanto quanto lo è
sembrata la parola scritta a Platone o la stampa agli amanuensi.
CAPITOLO PRIMO
Introduzione
In questo primo capitolo introdurrò la discussione sull’ipertesto.
Questa parola, che fa parte ancor oggi di un lessico di specialità e non e’
entrata nella lingua dell’uso comune, fa riferimento ad una realtà con la
quale interagiscono milioni di persone ogni giorno. L’ipertesto è, in effetti,
un fenomeno di massa ed è diventato tale nell’ultimo decennio, cioè da
quando ha trovato ampia diffusione Internet. Ogni volta che ci
connettiamo alla rete stiamo, infatti, chi più, chi meno consapevolmente,
navigando in un mare d’ipertesti. Allo stesso modo, quando consultiamo
un Cd-Rom, ci stiamo muovendo all’interno di un ipertesto.
Ho affermato che la parola ipertesto è poco nota. Mi sembra, dunque,
opportuno proporne una definizione ed una descrizione preliminare.
Il vocabolario della lingua italiana Garzanti, circoscrivendo la definizione
all’ambito informatico, illustra così il nome comune ipertesto:
«insieme di informazioni suddivise in più blocchi di testi, note,
illustrazioni, ecc., non collegati in modo sequenziale ma secondo gerarchie
e connessioni logiche che l’utente può percorrere variamente»
1
.
1
Vocabolario della lingua italiana, Garzanti linguistica, divisione UTET S.p.A., consultato sul
sito Internet http://www.garzanti.it/.
Questa definizione mi sembra identificare nell’ipertesto un nuovo modo
di raccogliere, gestire e trasmettere l’informazione attuabile e fruibile solo
utilizzando un computer. L’ipertesto è, infatti, anche detto testo
elettronico. Il suo spazio di scrittura e di lettura non è più il libro, bensì lo
schermo di un computer su cui appare il testo e la memoria digitale
elettronica in cui esso è immagazzinato. L’ipertesto è un testo virtuale, una
sequenza ordinata di zero e uno che vengono poi tradotti in significanti a
noi familiari solo attraverso l’uso di un hardware e di un software specifico.
Il media computer dà vita, dunque, ad una nuova testualità virtuale la cui
caratteristica principale è rappresentata dalle «connessioni logiche» che
collegano far loro i diversi «blocchi». Queste connessioni elettroniche sono
chiamate link ipertestuali e permettono di spostarsi in modo immediato da
un “nodo” informativo ad un altro seguendo associazioni logiche. Le
informazioni contenute in un nodo sono, infatti, collegate ad altre, in altri
nodi, che hanno il compito di specificarle, approfondirle, o criticarle
anche. Spesso, inoltre, la connessione è bidirezionale, vale a dire
percorribile da un nodo verso un altro e viceversa. Questa struttura viene
ad assumere la forma di una rete e costituisce l’anima dell’ipertesto.
Questa nuova organizzazione spaziale reticolare del materiale testuale è di
grande importanza perché dà ragione di un’altra caratteristica peculiare
dell’ipertesto: la multilinearità.
La stessa definizione riportata poco sopra tiene a sottolineare che i blocchi
di testo non sono collegati in modo sequenziale. La linearità è, infatti, la
modalità di organizzazione testuale tipica del libro tradizionale, nel quale
le pagine vengono scritte e lette l’una in seguito all’altra. Si dice spesso,
per esempio, che l’argomentazione di un autore segue, o perlomeno
dovrebbe seguire, un progetto globale che si snoda lungo tutte le pagine
del libro. Ma nell’ipertesto è assente una macrostruttura, potremmo dire,
lineare. In una rete non è possibile definire in modo univoco un percorso
da seguire, anche a livello logico. La struttura reticolare rende possibile
giungere allo stesso nodo partendo da punti diversi e seguendo percorsi
diversi. Essa realizza, dunque, la multilinearità. Gli utenti di Internet, per
esempio, sperimentano questa potenzialità ipertestuale (in questo caso,
forse, con un po’ di fastidio!) ogniqualvolta accedono ad una pagina Web
che hanno precedentemente visitato seguendo tutt’altro percorso.
La figura dell’utente che ho appena citato nel mio esempio ricorre anche
nella definizione data dal Garzanti
2
. Egli è, infatti, protagonista di un’altra
caratteristica ipertestuale, l’interattività.
Se si considera l’ipertesto una nuova modalità di scrittura reticolare e non
più sequenziale, questo implica anche l’esistenza di una nuova modalità di
lettura. L’utente viene ad identificarsi proprio con il destinatario
dell’ipertesto. Prendendo in considerazione le diverse modalità di lettura
2
Ivi.
o fruizione che li caratterizzano, è ancora una volta possibile mettere a
confronto il libro tradizionale e l’ipertesto. Se il lettore di un volume,
sfogliando le pagine, segue un percorso testuale che è stato definito
dall’autore in modo univoco, nell’ipertesto l’utente è chiamato a scegliere
il proprio percorso all’interno della rete di possibilità predisposte.
Egli svolge, dunque, un ruolo più attivo nei confronti del testo rispetto alla
tradizione, tanto da confondersi in parte con la figura dell’autore. Le scelte
fatte dal lettore ipertestuale, infatti, attualizzano un testo che altrimenti
rimarrebbe solo potenziale e che, tra l’altro, nell’atto di fruizione recupera
linearità.
In ultimo, la definizione qui considerata descrive i blocchi di cui si
costituisce la rete come composti non solo da testi, ma anche da immagini.
La multimedialità è l’altra grande costante ipertestuale. Essa rappresenta
la capacità del testo elettronico di riunire elementi linguistici, grafici, visivi
e sonori. Anch’essa è una caratteristica facilmente verificabile da un utente
di Internet. Egli interagisce con la multimedialità ipertestuale nel
momento in cui, per esempio, clicca su un’icona della home page di un
sito oppure osserva visualizzarsi sullo schermo immagini in movimento.
Riassumendo, a livello informatico l’ipertesto si configura come una
modalità di trattamento dell’informazione caratterizzata da specifiche
peculiarità, quali:
• la reticolarità
• la multisequenzialità
• l’interattività
• la multimedialità
1. L’ipertesto come oggetto teorico
L’ipertesto è senza dubbio una realtà informatica ma, come suggerisce il
nome stesso, esso dovrebbe rappresentare anche un nuovo tipo di
testualità. Considerando il testo elettronico in questa prospettiva, ritengo
sia necessario tentare di darne una legittimazione linguistica. Molto simili,
allora, mi sono sembrate le caratteristiche di questa nuova testualità e di
quella descritta da Eugenio Coseriu nell’elaborazione della sua linguistica
testuale
3
. Talmente simili da poter vedere nell’ipertesto uno sviluppo di
alcune prospettive da lui delineate.
Nella prima parte di questo capitolo sarà, allora, mio compito dimostrare
questa somiglianza e, di conseguenza, fornire al testo elettronico un punto
d’appoggio teorico di tipo linguistico.
Inoltre, negli ultimi decenni, l’ipertesto in quanto tecnologia ha attirato
l’interesse di numerosi studiosi di discipline umanistiche, venendo a
trovarsi al centro di un ampio dibattito. Durante lo svolgimento di questa
discussione, esso ha progressivamente guadagnato la legittimità di
3
Si fa qui riferimento in particolare all’analisi condotta in E. Coseriu, Linguistica del testo.
Introduzione ad una ermeneutica del senso, ed. it. a c. di D. Di Cesare, Carrocci Editore, Roma
2001.
oggetto teorico.
In quanto tale, il testo elettronico e le sue caratteristiche hanno assunto
una complessità e manifestato delle implicazioni che, almeno per ora,
vanno al di là delle concrete realizzazioni dell’ipertesto in quanto oggetto
informatico.
Gli umanisti sembrano considerare, in particolare, la struttura reticolare e
la centralità dell’intervento del lettore nell’atto di fruizione caratteristiche
fortemente rivoluzionarie o distruttive, a seconda delle opinioni. Esse,
infatti, sembrerebbero mettere in crisi i tradizionali concetti legati alla
tecnologia del libro portando l’ipertesto a riconfigurare non solo il testo,
ma anche la figura dell’autore, del lettore, la narrativa, la storia della
letteratura, l’educazione, ecc.
Queste riflessioni hanno guidato anche il pensiero di George Landow,
docente di letteratura inglese presso la Brown University di Providence e
per molti versi considerato il padre dell’ipertesto teorico.
Secondo Landow
4
la nuova tecnologia di scrittura elettronica, con la sua
portata rivoluzionaria, converge, rappresenta e mette in pratica quanto la
teoria letteraria ha da tempo suggerito. Pur in ambiti così distanti ed
indipendenti come quello informatico e letterario, egli vede un radicale e
comune mutamento di paradigma. In sostanza, egli sostiene che entrambe
la discipline avrebbero abbandonato i tradizionali concetti di centro,
4
Cfr. G.P. Landow, L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria.,a c. di Paolo Ferri, Bruno
Mondadori Editore, 1998.
confine, gerarchia e linearità per fare proprie, invece, le idee di nodo,
collegamento, reticolarità e multisequenzialità, cioè le nozioni cardine
della scrittura elettronica. Questo sarebbe avvenuto in modo indipendente
nei due diversi contesti considerati; partendo da problematiche molto
distanti, si sarebbe verificata una convergenza verso un'unica soluzione,
incarnata dall’ipertesto.
Prendendo spunto dalla teoria della convergenza elaborata da Landow, mi
pare che anche altri autori abbiano riscontrato una somiglianza
concettuale, spesso sorprendente, non solo tra ipertesto e teoria letteraria,
ma anche tra ipertesto e altre discipline umanistiche.
Nella seconda parte di questo capitolo tenterò di dimostrare come anche
in letteratura, filosofia e semiotica sia possibile ritrovare ulteriori supporti
teorici per il testo elettronico.
1.1 L’ipertesto come modalità testuale
Prima di operare un confronto che mi permetta di dimostrare la
sostanziale coincidenza tra la realtà testuale descritta da Eugenio Coseriu
5
e l’ipertesto, mi sembra necessario illustrare compiutamente il pensiero
linguistico dello studioso rumeno. In questo modo risulterà più chiara la
base teorica da cui muoverà il mio ragionamento.
5
Eugenio Coseriu, Linguistica del testo…,cit..
1.1.1 La linguistica testuale di Eugenio Coseriu
Per arrivare a definire quale debba essere l’effettivo campo d’indagine
della linguistica testuale, Coseriu nel suo studio identifica tre diversi piani
della manifestazione del linguaggio:
• il piano universale del parlare
• il piano delle lingue o idiolinguistico
• il piano individuale del testo, inteso come il prodotto di un singolo
individuo in una data occasione
L’autonomia di questi tre diversi ambiti è confermata da Coseriu nel
momento in cui egli identifica per ognuno di essi tre diversi tipi di
funzioni con tre diversi tipi di contenuto semantico:
• la funzione designazione caratterizza il primo piano della manifestazione
ed il contenuto che essa è in grado di trasmettere è rappresentato dalle
funzioni del parlare in generale, quelle che concernono la designazione
di oggetti o stati di cose e i processi extralinguistici
• la funzione significato è tipica del secondo piano della manifestazione e
ciò che questa funzione è in grado di veicolare corrisponde a quel che
una lingua storica distingue mediante le proprie strutture
• la funzione senso identifica, infine, il terzo piano della manifestazione ed
il suo contenuto è trasmesso dalle funzioni testuali, quali, ad esempio,
esortazione, risposta, rifiuto, preghiera, constatazione, ecc.
Avendo operato questa triplice distinzione fra i diversi ambiti del
linguaggio, Coseriu afferma che solo l’ultimo di essi è competenza della
linguistica testuale. Questa sarebbe, allora, una disciplina specifica con il
preciso compito di far emergere il contenuto semantico del terzo piano
della manifestazione, cioè il senso.
1.1.1.1 Il senso del testo
Coseriu evidenzia come il senso di un testo, di regola, non coincida
immediatamente con ciò che è raffigurato tramite i segni linguistici:
«L’intero testo diviene nella sua espressione e nel suo contenuto
puramente linguistici come una sorta di veicolo per un significato su un
altro piano, per il senso»
6
.
Egli considera il senso un contenuto tipicamente testuale e, quindi,
indipendente dal fatto che venga espresso in una lingua storica piuttosto
che in un’altra. Egli ritiene anche, però, che un testo si renda accessibile
solo attraverso la comprensione dei segni linguistici. Solo teoricamente,
quindi, i diversi piani del linguaggio si lascerebbero distinguere. Tuttavia
nella prassi dell’atto linguistico e, quindi, nel testo, le loro funzioni, le loro
competenze e i loro contenuti semantici sarebbero inseparabili.
Quest’ultima affermazione permette a Coseriu di spiegare il complesso
status semiotico del segno testuale, condizione responsabile, secondo il
linguista, della veicolazione del senso.
6
Ivi, pag. 76.