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INTRODUZIONE
Lo scenario in cui gli operatori economici e finanziari operano è ormai,
da qualche anno, caratterizzato da profondi cambiamenti legati
essenzialmente ad una rapida evoluzione delle tecnologie, ad una
sorprendente innovazione finanziaria ed al conseguente sviluppo dei
mercati. Proprio la crescita dei mercati ha comportato nuove opportunità
di investimento, sia per gli investitori che per le imprese, con la
possibilità di investire i propri risparmi in diverse parti del mondo grazie
all‟utilizzo di strumenti sempre più innovativi. Il sistema finanziario ad
esempio ha subito profonde modificazioni che hanno comportato
miglioramenti in termini di liquidità, dinamicità ed efficienza.
Tali cambiamenti hanno però avuto un forte impatto sul rischio assunto
dagli investitori e sul modo di analizzarlo e misurarlo. Si giustifica in
questo modo il rinnovato interesse per il tema del rischio di credito,
anche a seguito di gravi casi di insolvenza a livello mondiale, come ad
esempio il caso Enron negli USA, il caso Parmalat in Italia, per non
parlare poi dell‟attuale crisi economica e finanziaria. Ecco che in questo
ambito si afferma sempre di più il concetto di rating.
Il rating costituisce uno strumento fondamentale per gli investitori. Esso
viene adottato abitualmente nelle strategie di investimento, nonché dalle
autorità di vigilanza al fine di un maggior controllo sull‟intermediazione
mobiliare. Inoltre con l‟introduzione dell‟accordo di Basilea II si è posto
l‟obiettivo primario di aumentare e garantire una certa stabilità del
sistema bancario internazionale. Per fare ciò, l‟accordo pone al centro
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della nuova regolamentazione il concetto di rischio nonché gli effetti che
la rischiosità delle esposizioni possono avere sulla gestione complessiva
della banca. Per questo motivo i ratings, prodotti sia dalle agenzie
esterne che quelli prodotti internamente dalle banche, vengono utilizzati
come parametri per la determinazione dei requisiti patrimoniali bancari.
I giudizi delle agenzie sono il risultato di un complesso processo di
analisi che si basa su un ampio set di informazioni sia qualitative che
quantitative. Il rating è comunque un giudizio che mira essenzialmente a
misurare la qualità del credito di un issuer (Stato sovrano, impresa,
banca o collettività locale) o di un issue, dove per qualità del credito si
intende generalmente la capacità di fare fronte al pagamento del capitale
e degli interessi relativi alla emissione di titoli di credito durante tutta la
vita del prestito.
Tutte le più importanti agenzie internazionali (Moody’s, Standard &
Poor’s e Fitch) nell‟assegnare i loro ratings usano una scala alfa-
numerica simile tra loro per i differenti issuer localizzati in diversi paesi.
Ma una delle più grosse difficoltà nell‟attribuzione di tali giudizi sta
proprio nel fatto che le determinanti del rischio di credito possono
differire per settore industriale e/o localizzazione geografica delle
aziende. Non a caso una delle preoccupazioni più rilevanti riguarda
l‟idea che i ratings non incorporino in un singolo giudizio le
caratteristiche uniche aziendali del rischio di credito e le caratteristiche
“istituzionali” associate a ciascun paese o associate a ciascun settore
industriale.
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Le agenzie di rating, allora, devono cercare il più possibile di fornire
degli strumenti che permettano di poter comparare la qualità del credito
delle diverse emissioni e dei diversi emittenti. Ciò non è un problema di
facile soluzione. Infatti le agenzie, come esse stesse ammettono, da un
lato cercano di adottare una metodologia generalmente valida per ogni
issuer/issue, ma dall‟altro lato cercano di applicare nello specifico questa
stessa metodologia tenendo conto delle differenti caratteristiche
geografiche e/o settoriali di un‟azienda. Ecco perché sono sempre più
numerosi gli studi sulla consistenza dei ratings.
La nozione di consistenza, e tantomeno la sua valutazione, non sono
concetti di immediata comprensione, ricordiamo infatti che il rating
rappresenta un giudizio sulla qualità del credito. Ma la credit quality non
è una variabile osservabile, quello che è possibile osservare sono solo
sue specifiche dimensioni quali la probabilità di default ed il probabile
ammontare recuperabile in caso di default da parte del cliente (loss given
default).
Testare la consistenza dei ratings non è quindi agevole, anche se non
impossibile. Infatti una prima metodologia adottabile può essere quella
di misurare se i ratings assegnati agli issuers in differenti settori
industriali, regioni geografiche e periodi temporali, abbiano performance
consistenti lungo specifiche dimensioni del rischio di credito. In
alternativa è possibile utilizzare una famiglia di modelli che va sotto il
nome di ordered response models (probit, logit, etc). In questo lavoro
adotteremo quest‟ultima metodologia.
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Come è possibile intuire il problema della consistenza, proprio per le
diverse difficoltà riportate in precedenza, è un argomento attuale e molto
dibattuto sul quale ancora non c‟è un consenso unanime.
Questo lavoro si inserisce quindi in questo ambito di ricerca, in
particolare ho approfondito maggiormente l‟aspetto temporale e
geografico della consistenza.
Per quanto riguarda la consistenza temporale, numerosi articoli da parte
di diversi studiosi hanno ipotizzato che negli ultimi venti anni la qualità
del credito delle aziende statunitensi abbia subito una sorta di declino.
Tale ipotesi deriva dal fatto che si è osservato un costante decremento
dei credit ratings.
Di contro altri studi hanno attribuito tale deterioramento, non tanto al
declino della qualità del credito, ma più che altro all‟uso di credit
standards più stringenti da parte delle agenzie internazionali di rating,
ipotizzando in tal modo un certo grado di inconsistenza tra i ratings. Io
ho voluto mettere al confronto le due visioni, citando due importanti
studi, quello di Blume, Lim e Mackinlay (1998) e quello di Jorion, Shi e
Zhang (2008). Nell‟analisi da me svolta, ho evidenziato, grazie
all‟utilizzo di un modello ordered probit, come il trend temporale
negativo riscontrato negli ultimi anni venga sperimentato non solo dalle
aziende investment-grade, come affermato in JSZ, ma anche dalle
aziende speculative-grade nonostante ciò avvenga con una minore
“forza” ed una minore significatività. In aggiunta, introducendo
l‟accounting quality nel mio modello, ho riscontrato come tale variabile
abbia un impatto significativo sui credit ratings (più alta è l‟accounting
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quality, più alti sono i credit ratings ottenuti dalle aziende a parità di
misure di rischio) e il trend temporale negativo scompare, oltre ad una
consistente perdita di significatività delle stesse stime.
Invece per la consistenza geografica, ho fatto riferimento ad un
nuovissimo filone di ricerca che investiga l‟impatto che hanno il sistema
finanziario e/o “l‟ambiente legale/istituzionale” di un paese
sull‟assegnazione dei ratings da parte delle agenzie di rating.
L‟obiettivo principale di questo lavoro è testare l‟ipotesi secondo la
quale il rischio di credito di un‟azienda possa essere influenzato dalla sua
localizzazione in un paese a seconda che adotti un sistema finanziario
market-oriented o bank-oriented. In aggiunta ho voluto introdurre delle
variabili che cogliessero le caratteristiche legali/istituzionali di un paese
per verificare se anche l‟ambiente legale/istituzionale di una nazione può
influire sulla percezione del rischio di credito di un‟aziende da parte
delle agenzie di rating. Ciò che ho riscontrato, utilizzando un modello
ordered probit, è che le aziende che operano in paesi bank-based
ricevono ratings più elevati. Inoltre è plausibile sostenere la tesi che sia
il sistema legale che il sistema finanziario hanno un‟influenza sul rischio
di credito. Tale conclusione però non si riscontra per le aziende
speculative-grade, per le quali le variabili di struttura del sistema
finanziario e di sistema legale non risultano significativamente diverse
da zero.
Le tesi è strutturata nel modo seguente: Nel primo capitolo riporto
un‟esauriente trattazione riguardo i credit ratings. Qui vengono
affrontati i principali aspetti definitori e metodologici. In particolare si
descrive il concetto di credit ratings, si fa cenno all‟evoluzione delle
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agenzie di rating nel tempo e si descrivono i metodi di assegnazione del
rating. Infine si fa cenno alle recenti ricerche in questo campo
evidenziando le principali problematiche ed i più interessanti campi di
ricerca investigati.
Nel secondo capitolo, mi muovo nell‟ambito della consistenza
temporale. L‟obiettivo del capitolo è testare se aziende statunitensi che
hanno sperimentato valori simili nei propri dati contabili e che
affrontano stesse misure di rischio, sperimentino una qualche tendenza
nel tempo a ricevere livelli più bassi di rating oggi rispetto agli anni
precedenti, ciò grazie all‟utilizzo di un modello ordered probit. Qui in
particolare metto a confronto i due studi citati in precedenza (BLM e
JSZ), usando il campione di dati in mio possesso.
Infine nel terzo capitolo riporto l‟analisi effettuata esaminando come il
sistema finanziario di un paese influenzi la percezione del livello di
solvibilità di una azienda. Lo studio ipotizza che il rischio di credito
percepito di un‟azienda possa essere influenzato dalla localizzazione
dell‟azienda stessa in un paese con un sistema finanziario bank-oriented
o market-oriented.