6
tutta la collettività (Moane, 2003). L’integrazione di genere nei vari
livelli dei processi decisionali introduce la prospettiva femminile,
questa integrata con la prospettiva maschile fornisce una chiave di
lettura in grado di interpretare la realtà nel suo complesso e
facendosi carico di più punti di vista (Mangano, 2004). Non a caso
nei Paesi in cui l’integrazione di genere ha avuto degli incrementi
significativi già da tempo, si hanno degli sviluppi positivi sia a
livello economico che sociale (Sommestad, 2001).
La ricerca, qui presentata, si propone di esplorare la relazione che
intercorre tra i generi soffermando l’attenzione proprio su questa
dimensione. Alcuni autori (Burr, 1998; D’Amico, Bimbi, 1998),
infatti, sostengono che per molto tempo le donne non sono state
considerate dalle ricerche psicologiche e sociologiche come attori
dotati di soggettività propria e spesso è prevalsa la tendenza ad
interpretare la differenza tra i sessi o come scarto biologico
costitutivo – legittimante la differenziazione sociale delle donne – o
come divergenza dalla norma rappresentata dai modelli maschili,
presupposti come universali.
Nella ricerca sono state prese in considerazione alcune variabili
come l’orientamento politico, il genere, le motivazioni che
potrebbero spingere all’attivismo politico ed alcuni costrutti
psicologici come il bisogno di chiusura cognitiva (Kruglanski e
Webster, 1996) e l’orientamento alla dominanza sociale (Pratto,
Sidanius, Stallworth, Malle, 1994), per indagare il ruolo che tali
variabili svolgono in relazione all’integrazione di genere.
Nel primo capitolo viene descritto il problema dell’integrazione di
genere e l’evoluzione di tale fenomeno nei processi decisionali,
facendo riferimento alla questione della discriminazione sessuale,
alle risorse che potrebbero essere utili come strumenti per una
maggiore emancipazione politica della donna ed ai risvolti che
l’ingresso della donna in politica apporterebbe nel quadro culturale.
Nel secondo capitolo viene effettuata una rassegna critica della
letteratura sull’argomento trattato. Vengono analizzate le ricerche
che mettono in relazione l’orientamento politico con la propensione
7
a votare un politico donna, le motivazioni che potrebbero spingere
gli individui a fare politica, il bisogno di chiusura cognitiva e
l’orientamento alla dominanza sociale.
Il lavoro, qui presentato, tenta di gettar luce sulle precedenti
ricerche inerenti al costrutto di orientamento alla dominanza sociale
con particolare attenzione alla relazione tra il genere e
l’orientamento alla dominanza sociale, nonché viene esplorata la
relazione tra integrazione di genere, intesa come dimensione di
cambiamento, ed il bisogno di chiusura cognitiva.
Nel terzo capitolo viene presentata la ricerca, descrivendo il
campione utilizzato e le ipotesi avanzate in seguito alla rassegna
della letteratura, per poi illustrare la metodologia e gli strumenti
utilizzati durante l’indagine fino ad arrivare alla codifica ed
elaborazione dei risultati.
L’ultima parte è dedicata alla discussione dei risultati sia in
riferimento alle ipotesi dell’indagine che alla letteratura esaminata,
inoltre, vengono trattate le possibili direzioni future della ricerca.
8
CAPITOLO PRIMO
DONNE E POLITICA.
IL BISOGNO DI CHIUSURA COGNITIVA E
L’ORIENTAMENTO ALLA DOMINANZA
SOCIALE ASSOCIATI ALL’EMANCIPAZIONE
POLITICA DELLA DONNA
1.1 Perché studiare il genere?
Prendendo in esame gli aspetti della vita quotidiana, si comprende
immediatamente che non ve n’è alcuno che non sia connotato
secondo il genere. Le differenze di comportamento e di trattamento
fra donne e uomini, ragazzi e ragazze vengono continuamente
sottolineate e messe in discussione (Addis, 1997).
Queste differenze, che possono sembrare sottintese, sono oggetto di
studio da parte degli psicologi, soprattutto in ambito sociale e di
comunità, proprio perché sottendono delle dinamiche molto più
complesse e allo stesso tempo problematiche a livello sociale che
meritano la giusta attenzione da parte della comunità scientifica
(Acker, 1994).
Sono molti ancora oggi gli atteggiamenti e i rituali che demarcano
la differenza fra i sessi, ad esempio il linguaggio corporeo maschile
e femminile e il modo in cui essi interagiscono non sono semplice
espressione di differenze convenzionali di stile, ma messaggi
importanti sul modo in cui gli interlocutori sentono di poter
occupare lo spazio fisico e comunicativo e sulle variabili di potere
implicite nelle transazioni uomo-donna (Contarello, 1994).
9
Dai dati dell’Osservatorio di genere
1
sulle differenze tra uomo e
donna emerge che nelle organizzazioni aziendali, sia pubbliche che
private, i manager sono perlopiù uomini che si avvalgono di
assistenti e personale di segreteria femminile
(www.arcidonna.org/indexweb/arcidonna/html/print.php?sid=823).
Anche in settori dominati dalle donne su un piano puramente
numerico, come l’insegnamento o l’assistenza infermieristica, gli
uomini hanno una probabilità superiore alla media di raggiungere
posizioni apicali (Burr, 1998). Melamed (1995) afferma che il
successo per una donna implica un processo differente rispetto al
successo ottenuto da un uomo ed è strettamente correlato alla
tipologia del contesto organizzativo.
Secondo Brown (1997), in un’epoca dove si insiste
sull’integrazione fra gruppi e si parla di eguaglianza sociale, tutto
ciò dovrebbe indurre a riflettere sui processi di categorizzazione dei
ruoli.
Esaminando alcuni Paesi della Comunità Europea è rilevante che in
Gran Bretagna l’Equal Pay Act (1970) e il Sex Discrimination Act
(1975), e in Italia l’art. 37 della Costituzione sulla parità di
trattamento economico, la legge 903 del 1977 sulla parità uomo-
donna nei rapporti di lavoro e l’istituzione della Commissione per
le pari opportunità,
2
dimostrano la presenza di una società capace
di riconoscere le ineguaglianze e disposta a ristabilire gli equilibri
(Norgaard, York, 2005). Sono proprio questi i segnali che
dovrebbero essere colti dalla comunità, e soprattutto dalle donne
per avviare una maggior integrazione nei settori dove la
differenziazione è maggiormente accentuata, come in politica
(Vingelli, 2004). Francescato (1998) sottolinea l’importanza di
cogliere i mutamenti scaturiti dall’evoluzione della società affinché
si possa superare il predominio maschile nella sfera pubblica. Una
causa del malessere dell’attuale società può essere imputata all’aver
1
È un osservatorio che monitora la presenza femminile nei processi decisionali
ed è gestito dall’associazione Arcidonna. Raccoglie dati ed ogni tipo di
informazioni utili allo sviluppo dei processi di emancipazione delle donne.
2
In particolare con la legge 10 aprile 1991, n. 125, Azioni positive per la
realizzazione di pari opportunità tra uomini e donne nel lavoro.
10
conservato una divisione tra i generi che nella civiltà odierna
impone limitazioni culturali sia per gli uomini che per le donne
(Francescato, 1998).
Le scienze sociali hanno, pertanto, un duplice e importante compito
da svolgere: la spiegazione delle differenze e delle disuguaglianze
di genere e la definizione di strategie di cambiamento. Solo cosi è
possibile avere delle nuove linee di ricerca che possono avere
implicazioni dirette nell’individuazione delle possibilità e delle
condizioni di cambiamento (Hantrais, 2000).
Burr (1998), afferma che la possibilità per gli psicologi di
intervenire efficacemente sulle disuguaglianze di genere è in
funzione della consapevolezza circa il rapporto che lega le
differenze di genere alla dimensione di genere
3
. Ciò induce a
riflettere sul fatto che “occorre stabilire in che misura le
disuguaglianze di genere si fondano e si basano sulle differenze fra
i sessi oppure sulla relazione fra i sessi” (Burr, 1998, pag. 18). In
sostanza sia Burr (1998) che Hantrais (2000) richiamano
l’attenzione sulla dimensione di genere come portatrice di
esperienze storicamente determinate piuttosto che sulla
differenziazione fra i generi come mezzo per sottolineare la
diversità tra l’uomo e la donna. L’importanza di studiare il genere
scaturisce proprio dalla necessità di porre maggiore attenzione alla
costruzione sociale dell’appartenenza di sesso e porla in relazione
alla società nella quale è inserita (Hantrais, 2000).
3
Per dimensione di genere si intende la costruzione sociale della appartenenza di
sesso e fa riferimento al modo sessuato con il quale gli esseri umani vivono e si
percepiscono nella società.
11
1.2 Discriminazione di genere e contraddizione sessuale
Il problema della discriminazione di genere ed il suo superamento
non può essere affrontato senza contemporaneamente assumere
l’esistenza di una differenza, di una diversità che deve in qualche
modo trovare ragione e collocazioni del proprio esistere (Del Re,
2000). La costruzione delle pari opportunità tra donne e uomini
tende ad accettare il quadro culturale acquisito dalla società ed a
causa di ciò confligge con esigenze positive di riconoscimento dei
processi “globali” di cambiamento, unici strumenti nelle maggior
parte dei casi capaci di superare terreni di discriminazione (Del Re,
Heinen, 1997). La disparità di genere ha profonde radici sociali che
si delineano in un quadro strutturale espresso dal persistere del
lavoro femminile sottopagato, dall’enorme quantità di lavoro
domestico in aggiunta erogato dalle donne e infine dalla loro
sottorappresentaza politica (Thébaud, 1992). Secondo Allegrini
(2004), i percorsi più accettabili per costruire pratiche migliori ed
efficaci volte all’integrazione di genere sono legati
all’affermazione di una cittadinanza di genere che comprenda non
solo i diritti civili, politici e umani, come si è cercato di fare in una
prima stesura della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea (aprile 2000), ma anche i diritti sociali sessuati. La
European Women’s Lobby
4
, criticando i lavori della Convention
per la carta dei diritti, afferma che la discriminazione patita dalle
donne è diversa da quella subita da altri gruppi deboli della società,
in quanto le donne soffrono di discriminazioni multiple e
complesse, estese e più durevoli nel tempo rispetto ad altri tipi di
discriminazione. Secondo Del Re (2004), promuovere
l’uguaglianza tra donne e uomini è uno dei compiti e degli obiettivi
prioritari dell’Unione Europea dopo il trattato di Amsterdam
5
:
4
La European Women’s Lobby è una larga coalizione europea di organizzazioni
non governative di donne e rappresenta circa 2700 associazioni dei 15 stati
membri (www.verdi.it/document/mappe/01/07.htm).
5
Entrato in vigore il 1 maggio 1999, prevede maggiore attenzione ai diritti
dell'individuo, alla cittadinanza ed una maggiore democrazia. In particolare l’art.
141 afferma che la promozione dell’uguaglianza fra uomini e donne è inclusa
12
proibire semplicemente la discriminazione a causa del sesso non è
sufficiente, in quanto il genere è un prodotto sociale, in cui
vengono stabiliti e differenziati i ruoli sessuali e nel quale
contemporaneamente si determina una divisione dei compiti tra i
due sessi. A tale proposito, Mangano (2004) afferma che il concetto
di genere è utile e innovativo nell’interpretazione e nell’analisi
della realtà sociale e politica, perché lega la componente biologica
alla costruzione sociale dei ruoli sessuali. Inoltre, il genere, come
categoria analitica e come processo sociale, stabilisce
un’interdipendenza tra la condizione femminile e quella maschile,
nel senso che esse sono relazionali e che nessuna delle due può
essere compresa indipendentemente dall’altra (Del Re, 2000).
Una semplice diversità biologica non spiega i motivi per cui le
donne sono state escluse per tanto tempo da ambiti della sfera
sociale e politica (Burr, 1998). Secondo Irigaray (1985), si tratta di
riconoscere la base biologica della differenza sessuale, che essendo
oggetto di interpretazione ha contribuito sia a formare determinate
idee sulla natura maschile e femminile, sia ad assegnare determinati
ruoli a donne e uomini. Pateman (1997) afferma che le donne nel
loro processo di emancipazione devono insistere sul fatto che non
esistono differenze sostanziali tra i due sessi che giustifichino la
negazione di opportunità per il sesso femminile, ma allo stesso
tempo devono perseguire l’esigenza di affermare le loro differenze
che, nell’applicazione rigida del principio di uguaglianza formale,
mettono le donne in una situazione di svantaggio rispetto agli
uomini. Ciò induce ad una doppia costrizione: le misure che
favoriscono un trattamento speciale come le quote di
partecipazione
6
, per un verso sono mezzi per contrastare la
nell’elenco delle finalità perseguite dalla Comunità e l’azione della Comunità a
norma del presente articolo mira a eliminare le ineguaglianze, nonché a
promuovere la parità fra uomini e donne
(http://europa.eu.int/scadplus/leg/it/lvb/a10000.htm).
6
La legge n. 277 del 1993 stabiliva che per la Camera dei deputati le liste per i
seggi in base al proporzionale dovevano essere formato da candidati e candidate
in maniera alternata. Questa legge ha avuto effetti positivi incrementando il
numero di deputate. Tuttavia nel 1995 la Corte Costituzionale ne ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale rilevandone il contrasto con il principio di
13
discriminazione che si nasconde nelle politiche di uguaglianza
apparentemente neutrali nei confronti del gender, per un altro verso
sono soluzioni insoddisfacenti poiché irrigidiscono il sistema e
rinforzano certi stereotipi sessuali che vedono le donne come
bisognose di protezione (Gaspard, 1998; Del Re, 2004). Secondo
Young (1989), l’idea della donna intesa come “sesso debole” e le
ragioni storiche addotte per l’esclusione politica delle donne,
quindi per la loro discriminazione sociale, vanno individuate
innanzitutto nell’“indipendenza” come caratteristica storicamente
attribuita all’uomo opposta alla “dipendenza” che viene invece
associata alla donna.
Introdurre il genere femminile nella politica comporta un generale
timore di sottrarlo all’esclusività della sfera familiare e rappresenta
un problema quando si cerca di connettere la dimensione di genere
con la rappresentanza politica delle donne, sia nelle pratiche che
nella strutturazione delle politiche (Fassin, Guionnet, 2002).
Lovenduski (1997), afferma che è necessario ricodificare la politica
per integrare la dimensione di genere facendo attenzione a non
escludere oppure omologare le scelte politiche esclusivamente per
uno dei due sessi. Ciò significa ridurre l’ambito di astrattezza e di
autonomia del politico, calando le pratiche e i progetti dentro la
conflittualità quotidiana dei rapporti sociali, che oltre le regole e le
maggioranze, vede corpi, sessi e bisogni esprimere esistenti
radicalità e possibili mediazioni (Vingelli, 2004). Secondo Del Re
(2000), il sistema politico necessita di uno stravolgimento dei
contenuti partendo dalle pratiche dei corpi sessuati. La sfida è
quella di incrociare i saperi critici del femminismo con
l’elaborazione delle politiche per costruire dei processi progettuali
investiti dalla dinamica di genere (Del Re, Heinen, 1997). È
necessario che i singoli Stati dell’Unione Europea si facciano
carico delle finalità e degli obiettivi del Programma di azione
uguaglianza sancito in linea generale dall’art. 3 della Costituzione (Caprara,
Cervone, 2003).
14
comunitaria
7
a medio termine per le pari opportunità tra donne e
uomini, la parità nell’economia e nelle arene decisionali (Mangano,
2004).
Lazzari (2000), afferma che partendo dal fatto che la politica
decide le sue dimensioni ogni giorno, con degli orizzonti
estremamente mobili, si tratta di pensare a delle scelta di linea
politica che tengano conto delle pratiche storicamente sperimentate
dalle donne e delle loro competenze legate al vivere quotidiano, in
quanto sono gli unici elementi che potranno garantire una via
d’uscita accettabile ed effettiva dal terreno della discriminazione di
genere e della contraddizione sessuale.
7
È un programma messo appunto dal Parlamento Europeo per l’integrazione
delle politiche attuate dalla Comunità in tutti gli Stati membri
(www.unian.it/associazioni/pariopp/mainst.htm).