31
2. Autorialità cinematografica e formazione artistica
Il concetto stesso di autore porta ad una serie di interrogativi molto complessi: “chi è l’Autore?
Cosa stabilisce questo status? Quali responsabilità hal’autore?”. Spesso un regista si assume
pienamente la responsabilità del prodotto ultimato laddove il film si pone il più delle volte come un
lavoro di costruzione di più parti data l’eterogeneitàdellefigurechesi muovono non solo nello
spazio diegetico del film ma soprattutto attorno ad esso. Lynch proviene da un percorso eterogeneo
la cui catalogazione risulta complessa: pittura, scultura, recitazione, regia, produzione musicale,
fotografia. Lo stesso status autoriale di Lynch ha subito delle percezioni variabili nel corso del
tempo, basti pensare come ad inizio carriera il regista era semplicemente visto con il suo
lungometraggio di debutto Eraserhead come un autore incomprensibile, iconoclasta e quasi
proibito, cosa rafforzata delle proiezioni notturne organizzate da Ben Barenholtz, produttore e
distributore del cinema indipendente che è riuscito attraverso la trovata degli spettacoli di
mezzanotte a riservare uno spazio vitale a certi film che non sarebbero mai potuti arrivare ad una
distribuzione ordinaria.
66
E, se Lynch ha rappresentato tutto questo agli esordi, risulta incredibile
pensare come sia variata la percezione del suo status semplicemente tre anni più tardi con il suo
secondo lungometraggio The Elephant Man nell’essere platealmente riconosciuto come un autore
visionario e drammatico, ottenendo ben 9 candidature agli Oscar, pur mantenendo la potenza
tematica del cinema di genere freaks fatto di personaggi assurdi e di isolamento sociale.
2.1 Conseguenzedell’autorialità:pregiudizioe aggettivazione
Il riconoscimento dell’autorescatta dapartedi un’audience seguendo dei meccanismi ben specifici.
Lapresenzadel nome“David Lynch” nei titoli di testa di un film crea fin dall’inizio delle
particolari aspettative attorno al lungometraggio.
Il fenomeno oggi è ulteriormente ingigantito dall’hype culture, ossia un’attitudine del consumatore
nel riversare aspettative fin troppo eccessive in prodotti non ancora usciti sul mercato, un
attaccamento morboso destinato a risolversi in un’inevitabile delusione quando il prodotto non
raggiungerà le pretese del consumatore. Lo stesso concetto è applicabile per qualsiasi film di Lynch,
in unasortadi “pregiudizio spettatoriale” lo spettatore è condizionato e pensa di sapere già cosa
vedrà. L’autore si fa così portatore univoco di un linguaggio, di tecnicismi e di tematiche, di
contrassegni formali che lo rendono più facilmente distinguibile agli occhi del pubblico,
consentendogli di sfuggiredall’anonimia ma raccogliendone tutto il fardello del caso. La
demarcazione di queste formule è avvalorata dall’esistenzadell’aggettivo “lynchiano”: utilizzato
generalmente per definirealtreopere cherichiamino uno stile, un modo dilavorare, un’espressione
considerata tipica di David Lynch. L’aggettivo lynchiano rappresenta un meccanismo chiaramente
distorto di ricezione: l’autorevienesovraccaricato circoscrivendo al suo interno anche altri autori,
esondando dal medium di riferimento e irrompendo nella quotidianità dello spettatore. Un film di
tutt’altro autore potrebbe presentarsi lynchiano così come una persona potrebbe definire una
situazione reale ed esperita come lynchiana. Nonostante le perplessità e i dubbi di cui si fa carico la
nozione del termine, a partire dal 2018 l’aggettivo èstato accolto all’interno dell’Oxford English
Dictionary dove viene definito come
66
Lynch, Mckenna, Lo spazio dei sogni, p. 108
32
Caratteristico, reminiscente o imitativo dei film o dei lavori televisivi di David Lynch. Lynch è noto per
giustapporre elementi surreali o sinistri con la mondanità del quotidiano e utilizzare immagini
visivamente convincenti per enfatizzare un’atmosfera trasognata di mistero o di minaccia
67
.
Altra prospettiva è quella dello scrittore David Foster Wallace:
Il termine [lynchiano] si riferisce a un particolare tipo di ironia dove il molto macabro e il molto banale si
combinano in maniera tale darivelare la costante presenzadel primo all’interno del secondo. Ma, come
postmoderno o pornografico, lynchiano è una di quelle parole che si possono definire solo
ostensivamente, cioè lo capiamo quando lo vediamo
68
.
La definizione ostensiva di Wallace rimane la più idonea. Tralasciando il significato del termine, il
fatto stesso che questo esista è simbolo di un riconoscimento di un’autorialità, al pari di quella di
termini quali Kubrickiano, Felliniano e Tarantiniano. Tutti vocaboli entrati nel gergo di critici e
cinefili ma che possono essere utilizzati e compresi anche da estranei al cinema, come del resto
dimostral’introduzione in vocabolari quali l’Oxford English Dictionary.
2.2 La poetica di David Lynch
Un elemento fondamentale dell’approccio di David Lynch all’arte si trova nella sua idea di
architettura dei mondi piuttosto che nelle influenze di particolari scuole o autori. Quando parlo di
architettura dei mondi, mi riferisco a quanto citato anche da Matteo Genovesi il quale riporta che:
Lynch non nasconde di farsi guidare dall’istinto creativo delmomento in ogni sua scelta, acui cerca di
conferire maggiore coerenza possibile in seguito; allo stesso modo, non nasconde la volontà di creare
strani mondi in ogni sua creazione intellettuale, mondi che lui stesso comprende a pieno solo quando
inizia la fase di produzione
69
.
Nonostante il pubblico ela criticaabbiano spesso accostato il suo lavoro all’avanguardiasurrealista,
lo stesso Lynch in un’intervista dichiara di non conoscere approfonditamente i film surrealisti e di
aver guardato Un cane andaluso, il cortometraggio realizzato da Salvador Dalì e Luis Buñuel nel
1929 considerato storicamente il manifesto del surrealismo cinematografico francese, dopo la
realizzazione dei suoi primi lungometraggi. Come riportain un’intervista infatti
Non ho ancora visto molti film di Buñuel, e Un chien andalou l’ho visto moltotempodopo. Non so
nemmenogranché del surrealismo… Credo sia soltanto il mio punto di vista su quello checapita. Non
sono venuto a contatto con molte cose sofisticate
70
.
Lynch, quindi, dichiara di non aver visto molti film di Buñuel e di non conoscere in profondità il
surrealismo, sebbene le sue opere richiamino i surrealisti europei. Come dimostra un documentario
del 1987 trasmesso dalla Bbc dedicato al cinema surrealista e presentato da Lynch. In questo
documentario vengono commentate da Lynch una serie di sequenze estratte dai seguenti film:
Entr’acte di René Clair, Emak Bakia di Man Ray, The Girl with the Prefabricated Heart di Fernard
Léger, Ghost Before Breakfast di Hans Richter, The man with the Movie Camera di Dziga Vertov,
Discs di Marchel Duchamp, The Blood of the Poet di Jean Cocteau, Desire di Max Ernst
71
.
Sicuramente, una lista molto importante per comprendere quali film sono stati importanti per il
regista. Allo stesso modo, se i film già menzionati sono interessanti in quanto selezionati e
67
Oxford English Dictionary Third Edition, Settembre 2018,
https://www.oed.com/viewdictionaryentry/Entry/69513711, ultimo accesso 9 maggio 2022.
68
David Foster Wallace, Tennis, tv, trigonometria, Roma, Minimum Fax, 2011, p. 236.
69
Mattia Genovesi, Giocando con l’immaginazione. Per una lettura ludica di Twin Peaks, «Elephant&Castle», n. 23,
Settembre 2020, p. 69.
70
Lynch, A. Barney, Perdersi è meraviglioso, p. 103.
71
Parlangeli, Da Twin Peaks a Twin Peaks. Piccola guida pratica al mondo di David Lynch, pos. 158.
33
commentati personalmente da Lynch, la presenza stessa di un commento è indicativa in quanto, per
poter essere elaborato, richiede una riflessione a posteriori. Possiamo dar per certo che Lynch abbia
osservato e riflettuto sui film presentati, interiorizzandoli.
Dalle sparse dichiarazioni del regista però emerge sempre un fattore: i suoi debiti più significativi
sono da rintracciare non nel cinema ma nella pittura. Nello specifico, da una parte, dal punto di vista
figurativo sono evidenti gli ascendenti del realismo americano di Hopper, Robert Henri e Magritte;
dall’altra, invece, dal punto di vistaconcettuale sono evidenti i debiti del neoromanticismo e free-
painting, dei due artisti emblematici di questi movimenti quali Bacon e Pollock. Come evidenziato
da Claudio Bisoni
Non di tipo figurativo ma di tipo concettuale sono i debiti verso Bacon e Pollock. Dal primo Lynch deriva
la produttività dell’opposizione narrativo/Figurale. Bacon simantiene nel campo della pittura figurativa
ma libera la figura dal suo rapporto con il referente conferendo all’immagineunavisibilità del tutto
inedita. Lynch si dimostra attratto da questa energia del nuovo che abita ancora la figurazione, ma la
inserisce in un contestodi maggioreottimismo morale,derivato anchedall’influenza di Pollock. Da
quest’ultimo il regista erediterebbe soprattuttoil vitalismo energetico e creativo, lanecessità di stare
dentro la sensazione immediata, dentrol’immagineperpoterla meglio distruggere
72
.
È proprio questo punto di vista concettuale ad essere fondante visto che Lynch non ragiona a priori
seguendo unalogica costruttivadell’immaginecinematografica ma piuttosto in modo concettuale.
Come l’autoredichiara: «Non penso alla tecnica. Sono le idee a dettare tutto. Devi restargli fedele o
sei finito»
73
.
Il cinema per Lynch si pone nei termini di una traduzione fedele delle sue idee, in un rapporto che
non è mai biunivoco: non sono le idee a doversi adattare al medium cinema ma è il cinema a
doversi adattare alle sue idee.
2.3 Autorialità in Twin Peaks
Prendendo in considerazione il caso specifico di Twin Peaks, la concezione di autorialità si fa
ancora più problematica. La serie viene fatta coincidere con la figura di David Lynch soprattutto per
un principio di coerenza interna con il resto della sua filmografia. Questo processo di
identificazione autoriale èil “trademark”, quel marchio di qualità di cui ho discussonel primo
capitolo e che conferisce autorevolezza alla serie stessa. Considerando il caso specifico di Twin
Peaks dobbiamo però tener conto, come riportano Aldo Grasso e Cecilia Penati, che
Lynch scrive e dirige solo alcuni degli episodi delle due stagioni, ma tutta la serie (grazie alla stretta
cooperazione con gli altri registi e sceneggiatori) presenta in modo ricorrente alcunidei suoi “marchi di
fabbrica”, sia visivi […] che narrativi […]
74
.
Proprio per i motivi enunciati da Grasso e Penati la serie viene generalmente identificata come “una
seriedi Lynch”. Tuttavia, se questi marcatori visivi e narrativi permettono una rapida
identificazione, bisogna considerare come la serie sia passata alla storia anche come una delle più
grandi compromissioni dal punto di vista dell’integrità artistica e creativa di un autore. Nella
fattispecie, faccio riferimento agli scontri con la produzione nella gestione del materiale narrativo
della seconda stagione che condussero alla rivelazione prematura dell’identità dell’assassino nel
settimo episodio della seconda stagione, sconvolgendo tutto il blocco centrale della narrazione. Da
72
Claudio Bisoni, Attraverso Mulholland Drive: in viaggio con David Lynch nel luogo di un mistero, Pozzuolo del
Friuli, Il Principe Costante, 2004, p. 20.
73
A. Barney, op. cit., p. 90.
74
Aldo Grasso, Cecilia Penati, La nuova fabbrica dei sogni. Miti e riti delle serie tv americane, Milano, Il Saggiatore,
2016, p. 52.
34
ciò il conseguente distacco di Lynch che si disinteressò dalla serie per dedicarsi totalmente al suo
nuovo lungometraggio Cuore Selvaggio. Come ci racconta Frost:
Cercammo in tutti i modi di tenere vivo il mistero, ma incontrammo un sacco di resistenze da parte della
ABC che nel frattempo era stata acquistata da Capital Cities, un network conservatore come pochi altri in
America. Credo che la serie li mettesse a disagio, il che spiega in parte perché avessero spostato la
seconda stagione al sabato sera. Fu una mossa orribile, vistoquantoavevafatto nell’altra fascia oraria
75
.
Chiaramente non fu soltanto un problema di fascia oraria, l’uscita di Lynch dalla seconda stagione
coincide con la creazione di sottotrame ben poco riuscite e un drastico calo del picco di ascolti,
indice del fatto che il pubblico si fosse dimostrato ricettivo a tali cambiamenti e al mancato
coinvolgimento di un autore, nonostante nei titoli di testa continuasse ad essere menzionato David
Lynch come creatore della serie. Alla luce di ciò, come riportano le constatazioni di Robert Nelson
L’abituale connessione di Twin Peaks con DavidLynch [inteso] come “autore” è (..) qualcosa di ironico,
poiché (perlomeno nelle prime due stagioni) svariati scrittori e registi furono i co-autori della serie tv.
Malgrado delle notevoli differenze tra gli episodi, tuttavia, lo stile visivo e l’atmosfera (della serie
televisiva) recano infatti la firma “d’autore” distintiva di Lynch. Pertanto, Twin Peaks serve come un
esempio del tipo di entrambi (i fenomeni), un testo (..) nel quale un (post-moderno) senso di scrittura e di
testualità privo della dimensione autoriale non è incompatibile con una (moderna) firma autoriale
distintiva
76
.
Affermazione che è ulteriormente avvalorata dalla testimonianza dello stesso Lynch che, a
proposito della produzione della seconda stagione, afferma che:
Dopo Cuore selvaggio, tornai a Twin Peaks, ma non sapevo più costa stava succedendo. Ricordo solo la
sensazione che fosse un treno lanciato in corsa e che ci si doveva dedicare giorno e notte per non farlo
deragliare. Fossimo stati soltanto io e Mark a scrivere tutte le puntate sarebbe filato tutto liscio, invece
non andò così, subentrarono altre persone. Niente contro di loro, ma non sapevano granché del mio Twin
Peaks e finirono per farne una cosa irriconoscibile. Magari tornavo a fare un episodio, cercavo di
cambiare qualcosa secondo imiei desideri, ma poi si perdeva […]
77
.
Il concetto di autorialità nella serie Twin Peaks nonostante presenti questa forte incoerenza di fondo
continua pertanto ad esistere, come evidenziato da Robin Nelson infatti:
In Twin Peaks non assistiamo tanto al confronto tra due individui, tra due autori in carne e ossa, quanto al
confronto traduenozionidi “autore”, anzidi “autorialità”. A svariati livelli queste due nozioni, concepite
rispettivamente da Lynch e da Frost, non paiono distanti. […] Kristine Thompson e Linda Williams
rilevano appunto come idue creatori di Twin Peaksfiniscano con l’intrecciare saldamenteil concetto di
autorialità e quello di serialità televisiva. L’autore èdunqueper Lynch e Frost colui che con
consapevolezza azione, e regola i meccanismi narrativi, pragmatici, comunicativi della fiction televisiva
di serie
78
.
Un ulteriore spunto riflessivo viene fornito da Marco Teti per il quale il concetto di autorialità in
Twin Peaks è legato alla nozione di serialità televisiva. Nel suo testo, Teti riportaun’illuminante
intervista tra Lynch e Frost dove questo fragile equilibrio sulla nozione di serialità balza subito alla
vista:
75
Mckenna, Lynch, op. cit., p. 268.
76
Robin Nelson, TV Drama in Transition Forms, Values and Cultural Chance, New York, St. Martin’s Press, 1997; cit.
in Marco Teti, Twin Peaks: narrazione multimediale ed esperienza di visione, Milano, Mimesis, 2018, pos. 1320.
77
Mckenna, Lynch, op. cit., p. 286-287.
78
Ivi, pos. 522.
35
Lynch: quando abbiamo scritto Twin Peaks, non intendevamo risolvere l’omicidiodi Laura Palmer…
Forse nell’ultimo episodio. […] Tutto quello che so è che, lo sentivo – che unavolta risolto l’omicidiodi
Laura Palmer sarebbe finita. Finita.
Frost: So che David è sempre stato innamorato di questa idea, ma sentivo cheavevamo l’obbligoverso il
pubblico di fornire una risoluzione […] Nonavevamo un evento d’impatto simile per iniziare il secondo
ciclo (cioè la seconda stagione) e questo è andato a detrimento dello spettacolo
79
.
Daunapartel’ideadi racconto infinito di David Lynch, una narrazione che si autoalimenta da sé,
ove la serialità è intesa come «azione continua che si sviluppa, che evolve nel tempo»
80
; Lynch
considera proprio questo tipo di serialità come quella desiderata dal pubblico. Tuttavia, nella realtà
dei fatti, la rivelazione dell’assassino prima ancora che da un obbligo della produzione partiva
proprio dalla stessa audience: dal desiderio degli spettatori di sapere chi avesse ucciso Laura
Palmer, di un pubblico-detective interessato alla risoluzione della crime story più che alla
fascinazione del mistero e del racconto infinito. D’altraparte, in questa rottura delle parti,
intervenne anche la spinta dello stesso Frost, in un’otticapiù pragmatica. Con un’esperienza sulle
spalle consolidatasi con la serie Hill Street Blue, Frost era convinto che il meccanismo più idoneo
fosse quello di narrazione episodica ma con lo scopo di dedicarsi agli avvenimenti, catturare
l’audience più con una moltitudine di intrecci e con una narrazione complessa per mezzo di eventi
innovativi piuttosto checon l’approfondimento psicologico dei personaggi e da qui ne deriva la
grande divergenza di fondo sulla serie tra i due creatori: l’intenzione di Frost di renderel’omicidio
di Laura Palmer e la sua risoluzione da sfondo per dedicarsi ad un evento “rigenerante”per la
seconda stagione, laddove per Lynch il mistero dell’omicidio di Laura Palmer costituiva la raison
d’être della serie stessa.
Diverso è il parere di Paolo Bertetto cheinvececonsiderainfruttuosi i discorsi sull’autorialità di
Lynch in quanto
Nel suo percorso Lynch appare infatti come un artista che persegue uno sviluppo e una intensificazione
coerente dei suoi fantasmi e delle sue ossessioni personali, salvaguardate e rafforzate con straordinaria
abilità e resistenza anche nel sistema Hollywoodiano. Per lui diventano davvero produttivi non tanto i
discorsi leggermenteobsoleti sull’autorialità, ma soprattuttole ricostruzioni diunpercorsopsichico, di un
insieme di grumi immaginari, che uno straordinario lavoro di messa in scena ha trasformato in
configurazioni visivo-dinamiche proiettate sullo schermo.
81
79
Teti, op. cit, pos. 531.
80
Ivi, pos. 553.
81
Paolo Bertetto, David Lynch, Venezia, Marsilio, 2009, p. 6.