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INTRODUZIONE
Il numero insolitamente alto di fenomeni atmosferici disastrosi che da
alcuni anni a questa parte stanno flagellando l‟intero pianeta, non è
dovuto a teoriche congiunture astrali, bensì ad uno specifico
mutamento delle condizioni ambientali terrestri.
L‟inesorabile scioglimento dei ghiacciai con conseguente
innalzamento del livello del mare, l‟aumento vertiginoso delle
temperature, l‟alternanza di periodi di siccità a periodi di forti piogge
ed alluvioni, sono tutti segnali di una “Terra malata”.
Le politiche di contrasto a tali fenomeni sono, ormai da molti anni,
sull‟agenda dei leader mondiali ma ciò nonostante, sono ancora troppo
pochi i progressi fatti per arginare questi eventi e salvare il mondo da
una lenta catastrofe.
Il primo vero passo in questa direzione è stato compiuto nel lontano
1992 anno in cui, a New York, nella sede dell‟ONU fu siglata la
Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico
durante i lavori della quale, nel 1997, è stato sottoscritto il Protocollo
di Kyoto.
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Il documento, di importanza centrale per tutte le politiche ambientali
degli anni a venire, ha stabilito che i paesi industrializzati riducano le
proprie emissioni di gas serra fino ad approssimativamente il 5 % al
di sotto dei livelli del 1990 entro il 2008-2012.
Nonostante le buone premesse, il “nobile spirito di Kyoto” è stato
spesso messo da parte e sacrificato sull‟altare degli interessi politici ed
industriali degli Stati, poco propensi a ridurre la loro produttività in
nome dell‟ambiente.
Sintomatico di ciò è il comportamento assunto dagli Stati Uniti, primi
produttori al mondo di gas a effetto serra, i quali hanno aderito al
Protocollo di Kyoto solo negli anni più recenti, probabilmente
spaventati da fenomeni come l‟uragano Katrina del 2005, che ha
provocato oltre duemila morti ed un danno economico per miliardi di
dollari.
L‟incapacità di compiere delle evoluzioni nelle politiche ambientali è
dovuta, quindi, a due ordini di fattori: in primo luogo, alla instabilità
del dibattito internazionale dominato dalla tutela degli interessi
particolaristici delle “potenze economiche mondiali” ,il cui numero è
in crescita a causa dell‟ascesa di Paesi come Cina ed India che
5
continuano a trincerarsi dietro la maschera di paesi in via di sviluppo
ma che, in realtà, possiedono economie in pieno boom economico.
In secondo luogo, sono pochi e male utilizzati gli strumenti giuridici
che potrebbero assistere gli Stati nelle loro politiche ecologiche.
Questa anomalia si registra soprattutto in ambito commerciale,
relativamente al settore dei biocarburanti, i quali rappresentano la vera
alternativa al petrolio i cui giacimenti sono in rapido esaurimento.
Lo sviluppo ed il sostegno al settore in esame è fondamentale per il
progresso e l‟espansione delle future azioni di salvaguardia ambientale,
poiché una diffusione su scala mondiale di questa fonte energetica
rinnovabile è utile sia per “svezzare” il mondo dalla dipendenza dal
petrolio, sia per ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto
serra, così come stabilito nel Protocollo di Kyoto.
La mancanza di una normativa internazionale di riferimento si è
avvertita con l‟adozione, da parte dell‟Unione Europea, della Direttiva
28/2009 che stabilendo criteri per la produzione di biocarburanti ha, di
fatto, imposto standard pubblici al settore con pesanti conseguenze in
termini di concorrenza ed esportazioni.
6
L‟unica soluzione prospettabile è quella di un intervento ad hoc da
parte del WTO, che metterebbe fine all‟uso sconsiderato di strumenti
giuridico-commerciali orientati a fini protezionistici ed aprirebbe la
strada ad una nuova era di collaborazione armonica, nel rispetto sia
delle basilari regole del commercio, sia delle finalità di Kyoto.
L‟Organizzazione mondiale del commercio, inoltre, è chiamata anche
a risolvere l‟annoso problema degli accordi in materia agricola, la cui
empasse sta fortemente minando il mercato dei biocarburanti.
Il brusco stop che l‟Agenda di Doha ha subìto relativamente alle
trattative sui regimi tariffari per agevolare i PVS è sintomatico della
mancanza ( e della non volontà) di un accordo internazionale che
metta da parte gli interessi dei singoli in nome di finalità globali ed
umanitarie.
Tutto ciò, assurdamente, ha riflessi sulla produzione di biocarburanti
generati da materie prime alimentari ed agricole; tale fabbricazione,
infatti, in mancanza di uno stabile regime giuridico di tariffazione per
i prodotti agricoli e alimentari provoca una innaturale distorsione del
mercato che ha incidenze disastrose sul problema della fame nel
mondo.
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Nel 2012, alla scadenza del Protocollo di Kyoto la comunità
internazionale dovrà essersi dotata di un nuovo accordo che guidi gli
Stati verso una moderna politica ecologica e sostenibile e che eviti di
commettere gli stessi errori degli ultimi anni.
Tutto ciò potrà avvenire solo attraverso una ben condotta
cooperazione internazionale in grado di creare e sviluppare nuovi
strumenti giuridici atti ad aiutare e tutelare sul piano legale, sociale ed
economico, il pianeta nella più difficile delle sfide.
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1- I CAMBIAMENTI CLIMATICI: NUOVA SFIDA PER IL
VENTUNESIMO SECOLO.
1.1- Cambiamenti climatici, problema determinante non solo in
chiave ambientale.
“A defining issue for the twenty-first century”
1
, ovvero un “problema
determinante per il ventunesimo secolo”. Con queste parole gli autori
Hunter, Salzman e Zaelke interessandosi al processo legislativo
internazionale ambientale, hanno definito i cambiamenti climatici.
Non è possibile, infatti, descrivere questa nuova sfida mondiale
esclusivamente come una “semplice” questione ambientale. I problemi
giuridici, economici, politici e sociali rappresentano una vera e propria
sfida nella sfida che i governi mondiali devono affrontare per poter
creare un‟effettiva strategia di lotta ai cambiamenti climatici.
La pericolosità di questa situazione dipende da un lato dal fatto che
essa, dati i molteplici risvolti appena elencati, rappresenta un‟ inedita
e non ancora ben compresa minaccia per l‟intera umanità, e dall‟altro
1
Cfr: Hunter, Salzman, Zaelke, “International environmental law and policy”, New York, 2002.
9
dal fatto che si rende necessaria una completa e costosissima revisione
delle economie dei Paesi più sviluppati, i quali sono ancora dipendenti
da energie non rinnovabili.
2
Infatti a partire dalla scoperta del “buco dell‟ozono” sul Polo Sud, nei
primi anni ‟80, gli scienziati sono stati concordi nell‟affermare il ruolo
determinante che le emissioni di biossido di carbonio e altri gas hanno
sull‟atmosfera, tanto da soprannominarli “gas a effetto serra”
intendendo, così, la loro capacità di creare un innalzamento della
temperatura terrestre, principale causa appunto dei cambiamenti
climatici.
L‟unica modalità per arginare il fenomeno è quella di svecchiare i
sistemi di approvvigionamento energetico dei Paesi industrializzati
tramite l‟utilizzo, sempre più massiccio, di fonti energetiche
rinnovabili e meno inquinanti.
Nonostante l‟assoluta certezza scientifica che siano proprio le attività
umane a causare tale disastro, solo a partire dagli anni ‟90 le Nazioni
Unite hanno mosso i primi “passi verso il riconoscimento e la
risoluzione del problema”
3
giungendo, nel 1997, all‟approvazione del
2
Cfr: Cameron, Zillman, “ Kyoto from principles to practices”, introduzione di David Freestone.
3
Cfr: “(…)steps towards recognizing and addressing the issue. (…)”, idem.
10
Protocollo di Kyoto, documento chiave per la strategia di lotta ai
cambiamenti climatici.
1.2- 1992-1997: da Rio de Janeiro a Kyoto, attraverso il Mandato di
Berlino.
Il primo vero passo che le Nazioni Unite hanno compiuto verso la
creazione di una strategia contro i cambiamenti climatici è stato mosso
nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro dove 193 parti hanno aperto la
Convenzione sul cambiamento climatico, in seno alla Conferenza su
ambiente e sviluppo.
Essendo l‟obiettivo primario della Convenzione quello di
"raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in
atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze
antropogeniche dannose per il sistema climatico"
4
,si intuisce come
nel 1992 finalità primaria delle Nazioni Unite non fosse quella di
invertire le emissioni di gas a effetto serra, ma piuttosto di
stabilizzarle.
5
4
Art. 2, obiettivo,“UNFCCC”.
5
Cfr: Cameron, Zillman ,“Kyoto from principles to practices”: introduction “UNFCCC,THE
Kyoto Protocol, and the Kyoto mechanisms”, “The road to Rio and the UN Framework
Convention on climate change”.
11
Infatti, l‟articolo ben lungi dal voler ottenere un rapido effetto,
richiede che la stabilizzazione sia raggiunta “entro un lasso di tempo
sufficiente per consentire all'eco-sistema di adattarsi naturalmente ai
cambiamenti climatici, per garantire che la produzione alimentare
non sia minacciata e per fare in modo che lo sviluppo economico
proceda in maniera sostenibile”
6
.
Il concetto di sviluppo sostenibile, poi, identifica una novità assoluta
nelle nozioni chiave della lotta ai cambiamenti climatici; elaborato per
la prima volta nel “Rapporto Brundtland ” del 1987
7
, è sinonimo di
“sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Un punto di vista importante, quindi, nella strategia ecologica
mondiale: non basta soltanto mettere in atto misure idonee a limitare
ed eliminare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, ma è
necessario che queste misure rispettino l‟ambiente circostante in modo
da non sconvolgerlo ed evitare, quindi, che in futuro altre generazioni
vedano pregiudicate le loro possibilità di sviluppo.
6
Art 2, obiettivo “UNFCCC”.
7
: Il “Rapporto Brundtland” (conosciuto anche come Our Common Future) è un documento
rilasciato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED) in cui, per la
prima volta, viene introdotto il concetto di “sviluppo sostenibile”. Il nome viene dato dalla
coordinatrice Gro Harlem Brundtland che in quell'anno era presidente del WCED ed aveva
commissionato il rapporto.
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Questo concetto, poi, ritorna nell‟articolo 3 della Convenzione che,
enunciando i principi ai quali gli Stati devono attenersi, sottolinea
l‟importanza del principio di “equità intergenerazionale”
8
, inteso come
necessità che gli Stati proteggano il sistema climatico non solo per i
benefici che ciò comporta nel presente, ma anche per quelli futuri, che
saranno fruiti dalle prossime generazioni.
Con una spiccata attenzione verso i risvolti futuri ma, come si è visto,
con poca propensione a cambiare immediatamente lo status quo, gli
Stati si pongono obiettivi che possono essere definiti, al massimo,
generalmente esortativi
9
. Infatti se da un lato la Commissione ha
esortato al “ritorno delle emissioni antropogeniche ai livelli
precedenti fino alla fine del decennio”
10
,dall‟altro lato non ha stabilito
alcuna modalità per il raggiungimento di tale obiettivo.
Quando il 21 marzo del 1994 la Convenzione è entrata in vigore è
risultato evidente agli occhi degli stessi Stati firmatari che fosse
necessario porre un rimedio alla eccessiva vaghezza degli obiettivi
della stessa. La Conferenza di Berlino dell‟aprile 1995 (COP1) ha
8
Cfr: Brown Weiss, “In fairness to future generations: international law, common patrimony and
intergenerational equity”, Tokyo, 1989.
9
Cfr: Cameron, Zillman ,“Kyoto from principles to practices”: introduction “UNFCCC,THE
Kyoto Protocol, and the Kyoto mechanisms”, “The road to Rio and the UN Framework
Convention on climate change”.
10
Art. 4, UNFCCC.
13
avuto proprio lo scopo di rafforzare gli obblighi delle parti e precisare
il lasso di tempo entro il quale le emissioni di gas serra sarebbero state
diminuite da parte dei Paesi industrializzati di cui all‟Allegato I della
Convenzione
11
.
Per fare ciò la Conferenza ha approvato una fase pilota avente
l‟obiettivo di consentire agli Stati investimenti in progetti di riduzione
di gas serra al di fuori dei loro confini, in modo da cominciare a
prendere coscienza delle implicazioni di un tale tipo di sviluppo.
Al fine di non lasciare lettera morta questi progetti e di garantire la
effettiva attuazione degli obiettivi della Convenzione, la Conferenza
di Berlino ha creato un apposito gruppo che si è riunito regolarmente
nel corso del COP2.
Il culmine di questo processo di evoluzione della politica ambientale
delle Nazioni Unite si è raggiunto nel corso del COP 3, tenutosi a
Kyoto nel 1997, durante il quale è stato negoziato il Protocollo di
Kyoto.
Il documento, di portata storica, rappresenta un punto di svolta per la
lotta ai cambiamenti climatici perché oltre a stabilire obiettivi
11
Cfr: Cameron, Zillman, “Kyoto from principles to practices”: cap II, “The Berlin mandate”.
14
vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra
12
per
gli Stati
13
, stabilisce diversi meccanismi dei quali gli Stati possono
servirsi per raggiungere gli scopi prestabiliti.
1.3- Caratteristiche principali e meccanismi attuativi del Protocollo
di Kyoto.
I negoziati che hanno condotto all‟approvazione del Protocollo di
Kyoto hanno avuto soprattutto il merito di definire una precisa linea
guida per la lotta ai cambiamenti climatici. Il risultato delle difficili
trattative, infatti, è stato quello di rafforzare gli obiettivi della
Convenzione di Rio e di fissare un vero e proprio calendario di azione
per la riduzione delle emissioni di gas serra da parte degli Stati di cui
all‟Allegato I della Convenzione medesima.
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12
Art 4 (1), Protocollo di Kyoto: “Tutte le Parti incluse nell’Allegato I, che abbiano concordato
un’azione congiunta per l’attuazione degli obblighi assunti a norma dell’articolo 3, saranno
considerate adempienti se la somma totale delle emissioni antropiche aggregate, espresse in
equivalenti–biossido di carbonio, di gas ad effetto serra indicati
nell’Allegato A non supera la quantità loro assegnata, calcolata in funzione degli impegni di
limitazione
quantificata e di riduzione delle emissioni elencate nell’Allegato B e conformemente alle
disposizioni
dell’articolo 3. Il rispettivo livello di emissione assegnato a ciascuna delle Parti dell’accordo sarà
stabilito
nell’accordo.”
13
Cfr: Allegato B, “Protocollo di Kyoto”.
14
Cfr: Cameron, Zillman Kyoto from principles to practices”: introduction “UNFCCC,THE Kyoto
Protocol, and the Kyoto mechanisms”, “The Kyoto protocol”.